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Messaggi del 24/03/2024

Il fioraio gentile

Post n°3996 pubblicato il 24 Marzo 2024 da namy0000
 

2023, Scarp de’ tenis, agosto

Abramo. Il fioraio gentile che anima il Tuscolano

Un chiosco di fiori caduto in disgrazia è divenuto un punto di riferimento per il quartiere romano del Tuscolano. Il merito è di Abramo, che è emigrato in Italia dall’Egitto nel 2007. «Avevo trent’anni quando sono arrivato qui a Roma e ho lavorato sempre in questo settore» racconta. Padre di tre figli, «il più grande studia in Russia per diventare dentista, mentre la femmina vuole diventare avvocatessa, e il più piccolo ha 12 anni. Loro due sono rimasti al Cairo, non li ho portati con me».

Il chiosco si trova davanti alla Basilica di Santa Maria Ausiliatrice. «Quando l’ho rilevato nel 2016 era abbandonato e c’erano pochissimi fiori. Io l’ho rilanciato conquistandomi la fiducia di tanti e tante clienti».

La pandemia è stata un momento difficile per molti negozi di vicinato, ma lui ha cercato di mantenere un rapporto con i clienti evitando di violare le restrizioni. «La sera prima del lockdown avevo lasciato dei fiori instrada davanti al banco. Ho scritto un cartello invitando a prenderli, altrimenti si sarebbero seccati. Il giorno dopo non c’erano più».

Abramo è molto attivo sui social, e sul gruppo Facebook frequentato dai cittadini dell’Appio Latino ci sono messaggi che lo ringraziano ed elogiano per un bouquet di nozze o una corona d’alloro in occasione di una laurea. Lo scorso 24 maggio, proprio in occasione della festa di Santa Maria Ausiliatrice, lui stesso ha postato un video che lo ritrae mentre lancia dei petali di fiori verso la Madonna in processione; è un segno di come si sia integrato nella comunità e partecipi attivamente alla vita quotidiana della zona.

Ma oltre ai suoi fiori, Abramo si distingue anche per le opere di bene. «Lo scorso Natale ho donato un albero di due metri e mezzo alla scuola elementare don Giovanni Cagliero; qualche mese fa ho sistemato dei fiori nelle nuove aiuole del giardino della scuola per l’infanzia di Villa Lazzaroni. Davanti la scuola di via Amulio ho innestato delle nuove piante con un amico».

Piccoli atti di gentilezza verso il quartiere che lo hanno portato ad essere scelto come testimonial del Calendario della gente gentile 2022, un’iniziativa promossa dal premio Roma Best Practice Award e il centro Civico 17. «Mi piace pensare di poter essere un esempio per tanti altri stranieri che arrivano a Roma e sono costretti a ricominciare la loro vita da zero».

 
 
 

Quel fiume africano

2024, Scarp de’ tenis agosto

Yvette Tetteh e quel fiume africano

Per sette mesi si è allenata nuotando, con ferrea disciplina, per sei giorni alla settimana. Non doveva partecipare a una gara né stracciare un record: semplicemente, voleva portare all’attenzione del mondo l’inquinamento di un maestoso fiume africano, il Volta, avvelenato dai residui degli abiti usati inviati dall’Occidente.

Ce l’ha fatta. Nuotando per quaranta giorni, su 450 chilometri, lungo il fiume e nel lago artificiale omonimo, Yvette Tetteh, trent’anni, ghanese, imprenditrice agricola e ambientalista, ha conquistato le pagine dei giornali internazionali, ottenuto interviste su radio e tv e, naturalmente, espugnato i social.

Figlia di una famiglia con radici in Ghana e in Inghilterra, cresciuta da bambina in Sudafrica, laureata in California, all’università di Stanford, Yvette è tornata nel 2015 ad Accra, capitale del Ghana, con l’intenzione di mettere a frutto i molti privilegi che sapeva d’aver ottenuto con la sua educazione. Lì ha fondato un’azienda che lavora la frutta locale e commercializza il prodotto essiccato e ha aderito alla The OR Foundation, un’associazione non profit il cui slogan è “troppi abiti, poca giustizia”, impegnata a denunciare il traffico di abiti di seconda mano, lo scarto della fast fashion, la moda veloce, che da Europa e Nord America vengono spediti in Ghana. «Si tratta di 15 milioni di capi di abbigliamento alla settimana», ha scritto L’Osservatore romano, citando le stime di The OR Foundation: «Solo il 40% di questi prodotti è rivenduto, mentre la quota restante finisce nelle discariche o, sempre più spesso, in strada, nei fossati e sulle spiagge».

Yvette Tetteh lo definisce «il colonialismo dei rifiuti del Nord globale», che finisce con l’avvelenare il Sud del mondo. Compreso, appunto, il fiume Volta, che nasce in Burkina Faso e, traversando il Ghana, sbocca nell’oceano Atlantico. Seguita da un catamarano a energia solare, dotato di un laboratorio per l’analisi delle acque, Yvette ha documentato nella sua lunga nuotata come il Volta, apparentemente limpido, sia in realtà contaminato dalle microfibre sintetiche rilasciate dai tessuti dispersi nel territorio.

In un Paese di 32 milioni di abitanti, dove almeno un abitante su quattro vive sotto la soglia di povertà, l’invasione degli scarti d’abbigliamento sta producendo più di un disastro. Ha messo in difficoltà, per esempio, i produttori di cotone, che vengono spinti fuori mercato dalla concorrenza dei “vestiti dei bianchi morti”.

Una delegazione di commercianti di Kantamanto, il mercato di Accra, ha portato al Parlamento europeo la richiesta di una regolamentazione più rispettosa del traffico di abiti smessi. Ma è stata l’impresa di Yvette Tetteh a far accendere i riflettori sull’argomento. All’arrivo ad Ada, dove il Volta sbocca nell’oceano, Yvette ha dichiarato: «Ho sentito sulla mia pelle come i corsi d’acqua della regione sono rigonfi di microfibre accumulate negli anni». Poi è tornata alla sua azienda, che in cinque anni è passata da 3 a 18 dipendenti (14 sono donne), al di sotto dei 35 anni. Un’azienda che lavora i prodotti di un centinaio di agricoltori locali, col progetto di portarli fuori dalla povertà. Con la sua ostinazione, Yvette conta di farcela. Purché il Nord del mondo smetta di avvelenare il Pianeta.

 
 
 

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