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Messaggi del 08/09/2015

Come blandire la propria coscienza e ritrovarsi a riflettere sugli effetti incontrollati della stupidità

Post n°424 pubblicato il 08 Settembre 2015 da viburnorosso

L’altra mattina mi sono ritrovata nella posta una di quelle petizioni del tipo “Firma per…” a cui segue la descrizione di una giusta, spesso giustissima, causa.

Prima le firme si raccoglievano per strada, con appositi banchetti; se si voleva sostenere una causa, toccava la noia di fermarsi e ascoltare, interrompendo magari la propria passeggiata o giro di compere, fermo restando che se non si incappava in uno dei suddetti banchetti, l’espressione della propria solidarietà diventava un atto deliberato che richiedeva tempo e partecipazione, e la volontà si sa che spesso fa i conti con una certa indolenza.
Da quando invece queste petizioni girano per la rete è tutto diventato molto più semplice. Basta cliccarci sopra per guadagnarsi immediatamente la gratificante sensazione di una solidarietà condivisa.

In un primo momento questa novità mi era sembrata esaltante – finalmente un uso intelligente dei social! come non averci pensato prima! - anche perché riusciva a mettere insieme capra o cavoli, ovvero tempo e coscienza, o indifferenza e solidarietà, insomma i due estremi tra cui oscilla la pigra coscienza civile di chi vuole esserci senza prendersi la briga di arrivarci. 

Il fatto è che di richieste come quella dell’altra mattina oramai me ne arrivano a decine, e così ad un certo punto, lo confesso, ho smesso di  leggerle, che insomma, le cause saranno pure giuste, se non giustissime, ma uno non può trovare sempre tempo ed empatia per tutto e tutti.

Alla fine ho un po’ come la sensazione che tutta questa sovraesposizione informativa abbia prodotto un qualunquismo se vogliamo ancora peggiore, in quanto non più motivato dall’ignoranza, ma dalla consapevolezza, dal momento che ora sai, mentre la cestini, che probabilmente stai ignorando una giusta, se non giustissima causa.

Vabbè, mi sono persa in un lungo preambolo, anche se in realtà non era esattamente di questo che volevo parlare. Cioè, non solo di questo.

L’altra mattina, dicevo, mi è arrivata questa petizione, e stavolta l’ho aperta senza indugi anche perché arrivava da una persona a cui tengo molto (e qui potrei spendere alcune parole sul fattore umano, ma giuro che non lo farò). La richiesta riguardava la proposta di assegnare il Nobel per la pace alla memoria di Khaled Asaad, l’ex direttore del sito archeologico di Palmira, barbaramente decapitato qualche giorno prima dell’inizio della sistematica distruzione del luogo di cui era stato studioso e custode.

Ovviamente non ci ho pensato sopra un attimo e ho subito firmato quella che mi è sembrata una giusta, giustissima causa tra le decine di altrettanto giuste, se non giustissime cause, che però, per i motivi che ho esposto sopra, non arrivano ad oltrepassare la soglia della mia attenzione.
Poi ho concluso l’operazione scegliendo dal mio elenco di contatti i nomi di quegli amici che sapevo già avrebbero condiviso l’appello, aggiungendo in calce una frase a giustificare la valenza quasi esclusivamente simbolica di quel gesto, perché in fondo, mi chiedevo, a cosa serve tutto questo? Che sia almeno per onorarne la memoria!
E così, mentre buttavo giù quella frase, mi sono ritrovata di nuovo a riflettere sul significato di questa parola.
E qui arriva la seconda parte del mio sconnesso ragionamento.

Quest’uomo, da quanto mi è dato di sapere, aveva dedicato gran parte della sua vita a conservare la Storia dell’antica civiltà di Palmira.
Se l’avessero lasciato assistere alla distruzione di quei reperti di cui cercava di tramandare la memoria, l’avrebbero privato della ragione stessa della sua esistenza, in pratica di tutto quello per cui era vissuto.
Un dolore dal quale probabilmente non sarebbe uscito vivo.
Senza contare che uccidere un uomo di 82 anni equivale solo a sollevare la biologia dal suo dovere.

Quindi, a conti fatti, la furia iconoclasta di chi cerca di cancellare la Storia, ha finito paradossalmente per offrire un servizio alla memoria.
E compiere, nella sua agghiacciante disumanità, un atto di involontaria misericordia. 

Quindi, ancora una volta, che senso ha tutto questo? 

 
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