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L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

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Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

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Le due cittą - Charles Dickens

Post n°950 pubblicato il 28 Dicembre 2012 da bluewillow
 

Titolo: Le due città Titolo originale: A Tale of Two Cities Autore: Charles Dickens Traduzione: Silvio Spaventa Filippi pag: circa 380 formato: ebook costo: libro scaricato gratuitamente da Liber Liber


“Era il tempo migliore e il tempo peggiore, la stagione della saggezza e la stagione della follia, l'epoca della fede e l'epoca dell'incredulità, il periodo della luce e il periodo delle tenebre, la primavera della speranza e l'inverno della disperazione. Avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi; eravamo tutti diretti al cielo, eravamo tutti diretti a quell'altra parte - a farla breve, gli anni erano così simili ai nostri, che alcuni i quali li conoscevano profondamente sostenevano che, in bene o in male, se ne potesse parlare soltanto al superlativo. Un re dalla grossa mandibola e una regina dall'aspetto volgare sedevano sul trono d'Inghilterra; un re dalla grossa mandibola e una regina dal leggiadro volto, sul trono di Francia. In entrambi i Paesi ai signori dalle riserve di Stato del pane e del pesce era chiaro più del cristallo che tutto in generale andava nel miglior ordine possibile e nel più duraturo assetto del mondo.
Era l'anno di Nostro Signore millesettecentosettantacinque.”

Pubblicato in trentuno puntate su “All The Year Round” nel 1859, “Le due città” (noto in italiano anche come “Racconto di due città”) è uno dei due soli romanzi storici mai scritti da Dickens, oltre a Barnaby Rudge, pubblicato però molto tempo prima, nel 1841.
L'ambientazione storica è quella che precede e segue la rivoluzione francese, dal 1775 a al 1793, mentre quella geografica vede i personaggi muoversi fra Parigi e Londra, le due città del titolo.
Il Dickens di “Le due città” ha una “voce” molto diversa dal solito: chiunque abbia letto questo autore  sa bene quanto ami creare situazioni melodrammatiche o commoventi, ma anche come questa tendenza sia spesso temperata dalla contemporanea presenza di scene umoristiche e da personaggi comici.
In questo romanzo, però, Dickens manda in soffitta tutta la sua vena comica, perché quella che vuole raccontare non è una storia che lasci molto spazio a trovate spiritose: il vero protagonista di questo libro è il gigantesco bagno di sangue degli anni del Terrore francese, in cui migliaia di persone furono sommariamente giustiziate, in numero così alto che per velocizzarne le esecuzioni fu inventata “madama la ghigliottina”.
La rivoluzione francese vista con gli occhi di Dickens non è l'affermazione di fondamentali diritti dell'uomo, quanto piuttosto la conseguenza prevedibile di un intollerabile livello di ingiustizia sociale che porta non alla liberazione delle masse più povere, ma piuttosto alla loro totale perdizione.
Popolani ignoranti che diventano giudici, un'era di sospetto e silenzi forzati, masse di uomini e donne che ballano selvaggiamente per le vie la spaventosa “carmagnola” che, come una danza macabra di morti, non è un'espressione di gioia, ma solo di crudele furia, strade tinte di sangue, individui che si rallegrano di come proceda rapido lo sterminio di tutti i presunti nemici della repubblica: se mai Dickens è andato vicino a scrivere pagine horror, lo ha fatto certamente nel descrivere il massacro del Terrore francese.
 E' un punto di vista  difficile da comprendere in epoca moderna, molto lontana da quella di un inglese di epoca vittoriana, ma quello che Dickens sembra dire in questo libro è che se se le classi sociali più elevate mancano nel loro compito di vigilare sulla giustizia, allora ciò che ne deriva non sarà una nuova giustizia, ma piuttosto un'epoca si selvaggio furore: non c'è speranza, secondo l'autore, che alberghi il seme dell'equità in chi cerca la vendetta per il male ricevuto, il popolo incolto lasciato a se stesso diventa solo una macchina per uccidere.
Nonostante Dickens abbia sempre difeso le classi meno agiate, non sembra in effetti riporre molta fiducia nella capacità che queste possano in qualche modo elevarsi, non almeno attraverso violenti ribaltamenti politici. In condizioni di estrema violenza, secondo Dickens, salgono al potere le persone peggiori, coloro che bramano sangue e vendetta e non hanno alcun rispetto per la giustizia.
Quello di Dickens è probabilmente un ammonimento per gli inglesi di classe elevata della sua epoca a cercare di realizzare condizioni di maggiore equità sociale, perché un popolo condotto agli estremi conosce una solo modo per sottrarsi ad un giogo insopportabile, secondo l'autore: la furia del sangue.

Il libro si apre, nel 1775, con un ricongiungimento famigliare: la giovane Lucie Manette, vissuta da sempre in Inghilterra, orfana di madre, ritrova, per interessamento del signor Lorry, impiegato della banca Tellson e amico di famiglia, il padre Alexandre, liberato dopo una ingiusta carcerazione in terra francese durata quasi venti anni. Il padre è un dottore, ma le sue condizioni psicologiche sono talmente compromesse, che egli come un automa, si dedica ancora a fare il ciabattino nella stanza nella quale è rinchiuso, nella bettola dei coniugi Dafarge, Ernest e Therese, a Saint Antoine.
La vicinanza della figlia però riporta l'uomo alla ragione ed egli ritorna un po' alla volta ad essere se stesso, sebbene abbia ogni tanto vuoti di memoria.
Le vicende che vedono muoversi i protagonisti di questo libro ruotano però attorno alla storia di Charles Darnay, un aristocratico francese, fuggito dalla propria patria perché disgustato dall'ingiustizia perpetrata dalla sua stessa famiglia nei confronti dei poveri, che in terra britannica vive insegnando le lingue.
In Inghilterra, Lucie e il padre, sono chiamati a testimoniare contro Charles, in un processo che lo vede accusato di essere una spia al servizio dell'America. I due infatti erano sullo stesso traghetto che, mentre riportava padre e figlia nella più sicura terra britannica, trasportava anche la presunta spia che si era intrattenuta a parlare con Lucie e ad aiutarla ad assistere il padre.
Il caso di Darnay sembra perduto, la folla numerosa non attende altro che di sentir pronunciare una sentenza di morte, ma l'avvocato Stryver tenta una difesa tanto insolita quanto efficace: sfruttando la straordinaria somiglianza del suo aiutante Sidney Carton con Charles Darnay, fa in modo che il teste dell'accusa cada in contraddizione, incapace di distinguere i due, e facendo in modo che la giuria pronunci una sentenza di innocenza.
Charles Darnay e Sidney Carton sono due opposti speculari: l'uno sicuro di sé, capace di reinventarsi in terra straniera una nuova identità, l'altro convinto di essere poco meno che inutile e per di più perdutamente e segretamente innamorato di Lucie, ben sapendo che questa già ama Charles.
Il tema del doppio, a partire dal titolo, è ben presente in questo volume, preso in prestito direttamente dal maestro del genere Wilkie Collins che ne fece una costante nelle proprie opere: doppi sono Darnay e Carton, immagini speculari, il dott. Manette e il suo alter ego ciabattino, doppio è pure un personaggio secondario, Jerry Cruncher, al servizio del signor Lorry, di giorno portiere e di notte profanatore di tombe.

Ad ispirare la storia di “Le due città” fu infatti la rappresentazione del dramma teatrale “The Frozen Deep” (1856) scritto principalmente da Collins, ma rivisto in parte da Dickens, nel quale l'autore de “Le due città” fu anche attore, interpretando la parte di un uomo che sacrifica la vita per salvare la donna amata e il suo stesso rivale in amore. Per giunta fu proprio durante l'allestimento di “The Frozen Deep” che Dickens conobbe Ellen Ternan, la giovane attrice per cui lasciò la moglie, suscitando non poco scandalo all'epoca. Alcuni pensano che il personaggio di Lucie Manette sia la rappresentazione fisica della stessa Ternan.

Il processo a Charles Darnay riunisce tutti i principali protagonisti del libro: da quel momento Lucie Manette e Charles Darnay cominciano a frequentarsi, mentre Sidney Carton nasconde nell'intimo l'adorazione per la donna che sa bene non potrebbe amarlo.
Lucie e Charles si sposano con la benedizione del dottor Manette, sebbene Darnay e Manette abbiano convenuto di nascondere un pericoloso segreto riguardo al vero nome di Charles.
Il motivo di tanto mistero sarà rivelato in un'epoca successiva, quando richiamato in Francia per testimoniare a favore di un suo ex-dipendente, accusato di malvessare il popolo, Charles commetterà un errore fatale: in terra francese essere un “emigrato” è un crimine, passibile di morte, infatti emigrati sono tutti gli aristocratici fuggiti dal pericolo di perdere la vita, oltre che i propri beni.
Charles finirà infatti nuovamente in prigione, questa volta in Francia, dove accoreranno per salvarlo non solo la moglie, il suocero e il signor Lorry, ma nuovamente il suo doppio Sidney Carton che compirà il più grande dei sacrifici.
Sarà in terra francese, dove Dickens allestirà uno scenario di sangue e orrore per rappresentare il Terrore, incarnato dalla ferocia di Therese Dafarge, che tutti i fili della storia verranno riannodati, stabilendo cosa leghi la famiglia originaria di Darnay, il cui vero nome è Evrèmonde, il dott. Manette e la signora Dafarge, portando nuovamente alla luce una storia di ingiustizia contro le leggi dell'uomo e quelle divine.

Questo libro è un autentico fiume di sangue e lacrime, se normalmente Dickens cerca di smuovere al pianto i suoi lettori con scene commoventi, qui il suo è un deliberato tentativo di farli piangere come bambini, attraverso una storia di estremo sacrificio per amore e il racconto della tragica fine dei molti innocenti messi a morte in modo sommario. L'obiettivo è quelli di imprimere bene nella mente del lettore le conseguenze della mancanza di giustizia sociale e di quanto siano poco controllabili le rivoluzioni che finiscono, inevitabilmente, per stritolare fra i propri ingranaggi moltissimi persone senza crimine alcuno.
I personaggi principali sembrano in un certo senso stare in disparte, quasi comparse, di fronte alla vera protagonista: la turba selvaggia della rivoluzione, la sanguinaria furia a cui tutte le ragioni devono cedere il passo, l'estrema ingiustizia nata per paradosso proprio dalla più forte sete di giustizia.
Questo è un libro con una morale davvero molto triste e in cui la speranza sembra per una volta uscire sconfitta.  Se alcuni finiscono per salvarsi, è inevitabile che altri invece si perdano e il lieto fine per una volta sembra davvero poco lieto.

Piccola curiosità: Secondo Wikipedia, “Le due città” è il libro di fiction più letto nella storia da quanto esiste la stampa, con oltre duecento milioni di copie vendute.

Note: in questa recensione sono stati usati i nomi originali dickensiani, ma nella versione letta da me questi erano stati in gran parte italianizzati, ad esempio Lucie è Lucia e Charles è Carlo.

Questa versione di “Le due città” può essere scaricata gratuitamente da qui:
Opere di Charles Dickens su Liber Liber

Di Charles Dickens ho recensito anche:

Tempi difficili
Canto di Natale

 
 
 
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