EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura
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Messaggi di Dicembre 2016
Post n°660 pubblicato il 30 Dicembre 2016 da enodas
In qualche modo, queste sono righe paperella. Sì, suona un po' strano così, però credo che qualunque cosa trovi sempre una sua strada tra ricordi e connessioni. Così, volevo solo dire che oggi ho camminato dopo tanto tempo in una città che mi piace tantissimo, anche se vi sono stato davvero poche volte, e pure di fretta. Una di quelle dove proprio mi piacerebbe vivere. Ho camminato per poco tempo, quanto mi concedeva una giornata d'inverno, il sole basso, il cielo freddo ma limpido e, lungo la strada, il paesaggio piatto della pianura inghittito da banchi di nebbia, tra ciottoli, torri e chiese nascoste dentro altre chiese. Ma soprattutto, ho attraversato labirinti di portici, quei portici, che mi portavano chissà dove, o chissà forse lo so, mi piacerebbe, fin fuori la città, verso una collina che non ho in realtà mai raggiunto. E siccome le immagini spesso ritornano, io poi sono fatto così, ho gettato uno sguardo anche alle spalle, perché un gesto bello é sempre piacevole, anche quando lo si osserva da lontano, anche con occhi diversi. Allora, ho pensato a tante cose che rimarranno scritte nel calamaio di un inchiostro, o magari su un foglio nero su nero, non importa, perché so che valgono molto.
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Post n°659 pubblicato il 26 Dicembre 2016 da enodas
"Alcuni giornalisti si stanno chiedendo da quindici giorni perchè gli artisti che hanno esposto in Rue la Pelet si siano dati il nome di Impressionisti. E' molto semplice. Essi hanno posto la parola Impressionisti sulla porta d'ingresso della loro esposizione per non essere confusi con altri gruppi, e perchè tale parola "Nel campo del colore, hanno fatto una autentica scoperta la cui fonte non si può trovare altrove. Scoperta che consiste propriamente nell'aver riconosciuto che la luce forte scolora i toni, che il sole riflesso dagli oggetti tende, a forza di chiarore, a riportarli a quell'unità luminosa che fonde i sette raggi prismatici in un solo splendido incolore, la luce."
Un ritratto, un oggetto, uno scorcio. Storie, racconti, percorsi. Con questa idea, coe una bussola, si attraversano gli anni dell'Impressionismo, dalla sua comparsa fino alla trasforazione verso un'eredità nuova ed un'identità differente. Come ogni pagina letta d un libro, anche il percorso del mondo dell'arte non sarebbe allora piu' stato lo stesso. Organizzata ed ordinata secondo lo stile consueto dell'organizzatore, nei suoi pregi e nei suoi difetti, questa mostra sembra voler tracciare filoni come racconti, ai quali legare una nuova moderna concezione di sentimento, di percezione, di rappresentazione dell'anima.
"Mio caro amico, esco dalla vostra esposizione strabiliato, meravigliato! Posso dunque dirvi di aver visto una pittura di acqua viva, mobile come il viso di una giovane donna, acqua dove i misteri si sono rivelati, acqua che l'ombra abita ed il sole svela, dell'acqua dove tutte le ore del giorno s'inscrivono, come gli anni sulla fronte dell'uomo."
Come punto di partenza dell'anima, lo sguardo, il ritratto: il modernismo della nuova pittura abbandona i toni celebrativi e si focalizza sull'introspezione. L'esempio dell'Autoritratto di Raffaello, in una copia di Ingres d'inizio secolo ("é all'anima che gli antichi volevano parlare...") pone l'accento su un modo nuovo di pensare il ritratto. Gli occhi, prima di ogni altra cosa si riempiono di una luce nuova e raccontano... raccontano, pensieri, delusioni, speranze, malinconia. Tutto accennato, perché sia il nostro, di sguardo, a poterlo percepire, come un alito che soffi oltre la nostra immaginazione. Siano quelli di un ragazzo con un frustino in mano, una bambina vestita con costumi esotici, una amante selvaggia, o un pagliaccio al centro del circo: il loro sguardo, nel silenzio, ci parla. Dalla figura al paesaggio, nuovo, attuale, riempito di quelle stesse persone che lo popolavano ogni giorno nel proprio vivere quotidiano. Entra nelle tele degli Impressionisti quel giardino personale che riassume in sé il concetto di spazio. Qualcosa che si apre sul mondo, all'aria aperta, appunto, lungo i binari di una ferrovia, per esempio, che improvvisamente spalanca nuovi orizzonti ed apre ad un'esplosione di luce e colore. Tutto, segretamente, destinato ad evolvere in qualcosa di sempre piu' intimo e personale, quel giardino, appunto che diventerà spazio dell'anima. Come un intermezzo, oggetti, immagini senza vita sospese nella tela, nerrano una storia dell'Impressionismo meno conosciuta, ed obbiettivamente meno esplorata. Ma anche in questo esercizio, terreno comune della pittura, sperimentazioni di luce e colore suggeriscono un'interpretazione elevata della percezione dello spazio, suggerendone, nuovamente, un'idea "sospesa, silenziosa, quasi sentimentale"
"La pittura di paesaggio non rappresenta ciò che vediamo o, meglio, che notiamo osservando una determinata regione, bensì - ed il paradosso è inevitabile - essa rende visibile l'invisibile, però come un che di lontano. I grandi paesaggi hanno tutti un carattere visionario. La visione è un divenire visibile dell'invisibile.
Oltre gli sguardi silenziosi che mi hanno preceduto, infine, la seconda parte della mostra racconta per capitoli il filone piu' esplorato ed affascinante. Natura, paesaggio, ed infine un'arte, quella dell'Impressionismo che va oltre se stessa. Partendo da un'onda: quella colma di forza, natura pura traslata in immagine da Courbet.
"Quelli che dissertano sulla mia pittura concludono che sono giunto all'ultimo grado di astrazione e di immaginazione legato al reale. Sarei più lieto se volessero riconoscervi il dono, l'abbandono totale di me stesso."
E' un viaggio che volge al termine: ognuno secondo la propria inclinazione ha saputo portare se stesso ad un estremo. Temporalmente, ed artisticamente, le ultime firme, lungo direzioni differenti, saranno quelle di Cezanne e Monet. Quel "Plen Air" é stato sostituito, o meglio si é evoluto, in rielaborazione ed investigazione intima. Nascono le serie, soggetti osservati e dipinti come fossero parti di un'incredibile Aria con Variazioni. Lo spazio si sposta, appunto, entro quel giardino personale che diventa sempre più impalpabile, eterno, in un punto dove spazio e tempo sembrano trovare una dimensione comune sulla tela. Non più luogo, ma labirinto di colore, di forme, di materia, in cui lasciare l'anima alla deriva. Un'immersione totale, in cui rifulge, abbagliante, l'espressione del sentimento.
"Non ho altro desiderio che fondermi più intimamente nella natura..."
"...una mostra storica che potesse racchiudere i motivi più distintivi della ricerca mia personale e di Linea d’ombra quale strumento organizzativo. Una vasta esposizione dedicata alle Storie dell’Impressionismo, raccontata in 140 opere (soprattutto dipinti, ma talvolta anche fotografie e incisioni a colori su legno) e sei capitoli, con un forte intento di natura didattica. Per dire in ogni caso non solo quel mezzo secolo che va dalla metà dell’Ottocento fino ai primissimi anni del Novecento, ma anche quanto la pittura in Francia aveva prodotto, con l’avvento di Ingres a inizio Ottocento, nell’ambito di un Classicismo che sfocerà, certamente con minore tensione creativa, nelle prove, per lo più accademiche, degli artisti del Salon. Ma anche, con Delacroix, entro i termini di un così definito Romanticismo che interesserà molti tra i pittori delle nuove generazioni, fino a Van Gogh. Quindi mettendo in evidenza quanto preceda l’Impressionismo - e lo prepari anche come senso di reazione rispetto a una nuova idea della pittura - e quanto da quell’esperienza rivoluzionaria, e dalla sua crisi negli anni Ottanta, nasca e si sviluppi poi, fino a diventare pietra fondante del nuovo secolo ai suoi albori. ..." (dall'Introduzione alla Mostra)
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Post n°658 pubblicato il 23 Dicembre 2016 da enodas
Il mio post natalizio lo scrivo in aereo. Si', perché anche io sono uno dei centomila o giu' di li' che per andare a casa a Natale deve varcare il confine. Ho letto qualche blog giornalistico, analisi psico-socio-economiche, lettere di espatriati rimbalzate sui social media ed ovviamente molte frasi colorite sull'argomento. Una in particolare, postata da un amico, irripetibile, continua a passarmi per la testa e farmi ridere tanto era mista di ironia e rabbia.
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Post n°657 pubblicato il 21 Dicembre 2016 da enodas
Mi rendo conto che é tremendamente un strano scrivere queste righe oggi, come un corto circuito di attualità e di emozioni. Però ho deciso di scrivere comunque, sia perché ciò che scrivo si riferisce a due giorni fa - domenica, sia perché in un certo senso descrivere cosa sono i mercatini di Natale per me sono una narrazione anonima di ciò che nel piccolo é stato ferito l'altra sera.
Sono passati degli anni. Ma le luci, i riflessi, e la gente é come se fossero rimasti lì lasciati da pochi minuti, per quella sensazione indescrivibile di calore e di gioia, un po' meraviglia, che mi infonde passaggiare da una piazza all'altra di Bruxelles all'ombra del Natale. Sono passati degli anni, e li sento nell'anima, nei miei ricordi. Eppure, oggi sarà un'altra pagina, da aggiungere, da scrivere, magari disegnare. Disegnare note e luci proiettate sulle architetture della città, o un accenno di danza, un boccone caldo tra le mani, ed i ricami dei merletti alle vetrine, catturando nell'aria spezzoni di frasi in una miriade di lingue differenti. Perché anche questa é una caratteristica un po' speciale dei mercatini di Bruxelles. Ogni volta che sono venuto qui l'ho fatto in contesti diversi, con cuori diversi ed aspettative che variavano alternandosi tra sogni, condivisione e promesse. Così, ho ascoltato, osservato, assaporato, chiudendo gli occhi un istante, magari, ogni tanto, come stessi cavalcando ponti sospesi tra isole custodi di un ricordo, e riaprirli ora, balzando avanti, con un sorriso.
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Post n°656 pubblicato il 19 Dicembre 2016 da enodas
Mi viene sempre da trattenere il respiro quando parte il richiamo della savana e sotto il fuoco immaginato di un sole rossastro iniziano a profilarsi le ombre degli animali. Arrivano, sul palco, da ogni parte. In un moto lento da processione, con effetti straordinariamente eleganti. Ho pensato, in quel momento, che in qualche modo un altro piccolo frammento che custodivo da qualche parte si staccava e sprofondava un po' più giù.
Night Wait They live in you
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Post n°655 pubblicato il 15 Dicembre 2016 da enodas
5-9 Novembre Questo é un capitolo non scritto. Sì, il mio racconto inizia così, con appunti di viaggio soltanto immaginati. Come antichi disegni, salendo verso nord, svoltando a fatica tra il verde lussureggiante di una foresta tropicale, mi sono mosso seguendo il rumore assordante dell'acqua. Un salto nell'abisso, dove ogni goccia si frammenta nella schiuma sospesa nell'aria e nei colori riflessi di un arcobaleno sospeso. Sudore, sotto un'afa senza sosta, dove ogni passo pesa di più. Ho immaginato occhi, nascosti, dietro il bordo della foresta che mi faceva da ala: un'ombra, animale veloce, il canto di un uccello, od lo sbattere di occhi umani. E leggero, lontano, saliva il suono di un flauto: mi accompagnava sulle acque di un fiume, torbido e limaccioso, alla scoperta di rovine ora silenziose. Salivano, le note, sempre più intense, sempre più intrise di quell'umanità perduta il giorno in cui soldati armati e desiderosi di terre arrivarono alle missioni e disperdevano i Guarani lasciando dietro di sé l'ombra di pietre in rovina ed il silenzio delle note disperse tra le acque del Parana.
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Post n°654 pubblicato il 07 Dicembre 2016 da enodas
Mi ritrovo a scrivere dallo stesso punto in cui avevo lasciato. Come se avessi posato la penna e lasciato aperte le pagine. Forse é così, anche se in un certo senso é come se avessi avvolto un quaderno e lo avessi portato con me dentro uno zaino caricato sulle spalle. A volte, l'ampiezza di certi momenti risalta maggiormente guardandoli da fuori, che sia indietro o in avanti ne cambia invece la prospettiva, come prima o dopo una corsa. Così, voltandomi ora e scintillando il mio sguardo nelle foto che ho raccolto e che finalmente posso guardare appieno, alcuni tratti di strada assumono quella sfumatura epica che mi ha fatto desiderare questo viaggio.
"...come posto più sicuro della Terra venne scelta la Patagonia. (B. Chatwin)
Non so esattamente quando questo nome abbia iniziato ad occupare la mia mente. Ma, come all'inizio di un libro da scrivere, mi sono ritrovato in queste parole. All'inizio, era semplicemente un posto lontano, irraggiungibile ed impossibile. Poi, a poco a poco, é diventata una frontiera, un profilo sulla mappa, lo sfondo protagonista di pagine e persone, un ultimo ponte, un luogo non-luogo che traduceva in una qualche realtà quel posto lontano che avevo nella mente.
E silenziosamente, con me, avevo anche un luogo che era continente e mondo nell'anima, una ferita sotto pelle che ogni tanto reclamava la sua presenza al nominare un luogo, ad incontrare persone provenienti da quel Paese, semplicemente pensando che per la prima volta ero qui, in Sud America, in quel mondo che volevo leggere in un paio di occhi. Domande inutili perché senza risposta e senza forse nemmeno fondamento, anche se per quanto non abbia senso razionale, ogni tanto il pensiero si ferma lì.
E' riguardando le immagini che compio un altro viaggio. Ho gli occhi diversi, forse semplicemente capaci di osservare un periodo di tempo più lungo, un insieme continuo. E tutto appare un po' più grande. E' bastato uscire dall'aeroporto, alla prima cittadina in Patagonia per capire cosa quell'epica del luogo fosse intrisa nella desolante mancanza di qualsiasi variazione di ciò che avevo davanti. E lentamente germogliava la leggenda di un nome, o un numero, una distanza, una strada. Sempre più vicino, sempre interminabilmente lontano.
2 voli persi (1 internazionale)
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