EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura
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Messaggi di Maggio 2017
Post n°697 pubblicato il 23 Maggio 2017 da enodas
Ero seduto ad ascoltare. Ed all'improvviso quella stessa musica mi ha portato indietro, un giorno preciso, una sala, un momento. Stavo terminando la quinta liceo. Ricordo la maglia che avevo. Lo ricordo perché, pur senza saperlo, file più indietro la ragazza per la quale morivo era seduta e mi aveva visto. Lo ricordo perché era l'ultimo concerto ed in qualche modo era un qualcosa che si chiudeva. E quella musica travolgente che ascoltavo in un certo senso per la prima volta mi accompagnava. Nella passione, in un senso di tristezza, in quello scontro titanico che era nel titolo, "Patetica", secondo quella radice latina, "pathos", che mi guidava dritto in una battaglia. Quest'immagine è risalita alla mente, qualche sera fa, la stessa musica, lo stesso travolgente senso delle note.
Nella storia della musica, che io ne sappia, questa voce, "Patetica", compare su due spartiti. Autori differenti, strumenti differenti. Ma in entrambi i casi, con esiti da leggenda e con una potenza tale da lasciare solchi profondi. Nel caso di Tchaikovsky, si tratta di una sinfonia, l'ultima scritta, diretta pochi giorni prima di morire in circostanze misteriose. Questa connessione, assieme alla forza della musica, alle idee che vi contiene, ed alla vita tormentata che riguarda il compositore, ha avvolto quest'opera nel mito. Che sia - suggestione - un testamento personale, prima ancora che musicale, un grido disperato, o semplicemente una sfida su uno dei temi fondamentali dell'uomo, questa musica è in effetti una battaglia tra un'indomita forza vitale ed una forza oscura ed invalicabile, di morte e oblivio. Proprio per questo uno scontro impari, raccolto da un cavaliere romantico, sceso in un combattimento che saprà di non vincere. Pathos. Ed al tempo stesso è qualcosa di universale, ineludibile. E le note che lo accompagnano, per una volta, sono assolute.
"The ultimate essence... of the symphony is Life. First part – all impulse, passion, confidence, thirst for activity. Must be short (the finale death – result of collapse). Second part love: third disappointments; fourth ends dying away (also short)."
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Post n°696 pubblicato il 19 Maggio 2017 da enodas
Se è vero che ogni saluto mi mette sempre in crisi, non importa come, dove e perché, è anche vero che oggi so che ti rivedrò presto. E sarà dall'altra parte del globo, dove, anche se sono già stato, sarà tutto più nuovo...
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Post n°695 pubblicato il 11 Maggio 2017 da enodas
No, difficilmente posso dimenticare una voce come questa, tanto ho atteso di sentirla una volta dal vivo. Ed ora, eccomi qui, tra stelle e sogni, ed un prato di fiori fatto di luci, ed un sapore lontano d’Irlanda. A tratti. Ho ricordato che la musica sia un modo per gli uomini di cercare la felicità.
“…I want more impossible to ignore, And now I tell you openly, you have my heart so don't hurt me.
“…Oh, I thought the world of you.
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Post n°694 pubblicato il 09 Maggio 2017 da enodas
Il vento, il fango, l'acqua che sale, come un destriero che mi insegue, una volta messo in cammino, sono tutti parte di questo viaggio dentro un infinito che si riassume in una linea tracciata sempre un po' più in là. Ho guardato indietro: passi affondati nel mare, un mare che non c’è, scomparso in questo paesaggio desolato eppure così profondo, come un tuffo nell'anima, vi posso camminare dentro, ogni passo osservandomi affondare. Ho guardato avanti, sapendo che improvvisa apparirà, un'isola misteriosa e silente, fatta di una lunga spiaggia bianca che separa dune coperte di erba ed acqua di mare. L'ho cercata, quest'isola fortunata, come un miraggio, giocando coi riflessi di un sole che tarda ad apparire, spazzare via il cielo plumbeo e quel vento gelido che scompare dopo essersi messi in cammino. Ancora, un passo, dove cielo e mare si fondono, perché possa diventare come questo paesaggio... libero, infinito, e leggero.
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Post n°693 pubblicato il 05 Maggio 2017 da enodas
Ho attraversato questo angolo di Francia a ritmo blando e leggero. Lasciati gli spettri di Verdun, mi sono avvicinato al confine con la Germania, ritrovando quel fiume che pochi giorni fa avevo percorso controcorrente oltre confine. In un certo senso è stato come completare un viaggio e chiudere un cerchio. Seguendo le sue rive, ho circondato le mura della città, prima di inoltrarmi in ciò che rimaneva delle strade più antiche, per giungere infine a dei colori istoriati che attraversavano l'arte dal Medioevo fino all'ultimo secolo.
Non importa sia una caffe la mattina di una domenica assolata, o le luci eleganti di una piazza da Belle Epoque una sera qualsiasi: so solo che questa atmosfera è diversa e che mi fa sentire bene. Sono scatti normali di angoli poco conosciuti, dove quasi mi trovo a fermarmi per caso. Piccoli castelli dai cancelli chiusi e fronde riflesse nell'acqua immobile. Immobile sembra l'aria, a volte, giunto in questi luoghi sperduti nella campagna, un gruppetto di case, ed un silenzio disarmante che trasforma il giorno in deserto e sopprime la sensazione del tempo.
Da una linea all'altra, da una guerra all'altra. Solo vent'anni eppure molto era cambiato anche qui, sotto le montagne. Sempre sul Fronte Occidentale, lungo quella che era la Linea Maginot. Un'ultima tappa, verso le Ardenne, verso un confine condiviso, oggi come allora. Nuovamente, la terra nasconde nel proprio ventre mostri giganteschi e città sotterranee. Sono quasi tutte in abbandono, mastodontiche opere la cui efficacia rimane discutibile col senno di poi. Mi sono calato in uno di questi labirinti sfiorando pieghe di storia, ascoltando nel silenzio il rimbombo dei passi sordi e pesanti che lasciavo dietro di me, e che morivano, come voci, assorbite dai muri, persi nelle stanze buie che si aprivano ad ogni lato. Prima di riconsegnarlo ai libri di Storia.
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Post n°692 pubblicato il 02 Maggio 2017 da enodas
“…A nessuno la terra è amica quanto al fante. Quando vi si aggrappa, lungamente, violentemente; quando col volto e con le membra vi affonda nell'angoscia mortale del fuoco, allora essa è il suo unico amico, gli è fratello, gli è madre; nel silenzio di lei egli soffoca il suo terrore e i suoi gridi, nel suo rifugio protettore essa li accoglie, poi lo lascia andare, perché viva e corra per altri dieci secondi, e poi lo abbraccia di nuovo, talvolta per sempre…” “…Abbiamo perduto ogni traccia di sentimento l'un per l'altro, non ci riconosciamo quasi più quando l'immagine dell'altro va a incidersi nel nostro sguardo di braccati. Siamo dei morti spietati che per una sorta di trucco, di pericoloso sortilegio sono ancora in grado di muoversi e uccidere…” “…La vita qui sul crinale della morte ha una linea straordinariamente semplice, si limita all'indispensabile; tutto il resto è addormentato e sordo: in ciò sta la nostra primitività, e in pari tempo la nostra salvezza. Se fossimo più evoluti, da un pezzo saremmo pazzi, o disertori, o caduti in battaglia…”
E' un contrasto alieno quello che separa il paesaggio di oggi con ciò che lo ha formato. E chissà, forse si arriverebbe a dubitarne se non fosse per le interminabili file di croci disseminate sul terreno, o le infinite steli disseminate tra radure nascoste ed aperture che dalla strada si immettono nel bosco. Questo è un paesaggio irreale, fatto di crateri uno sopra l'altro, ora coperti da una natura che sembra in qualche modo voler affermare l’assurdità della mente umana. Questo è un paesaggio di sofferenza e di violenza inaudite, il momento in cui il mondo moderno si è scoperto colpevole. Sono pochi chilometri di terra, in linea d'aria conquistati e ripresi, perduti, nuovamente occupati, ed alla fine non resta nulla, paesi scomparsi, lasciati intatti nella loro inesistenza nel momento in cui sono stati cancellati dalla terra e dalla vita, non resta che il vuoto, nel terreno, di buche di terra sollevata nell'aria da una violenta esplosione, una dopo l'altra, un inferno in cui uomini si macellavano a vicenda.
“…Rows of houses were destroyed by machine guns and fire, the roofs collapsed, the walls perforated and burnt, crumbled in the streets and gardens, with their twisted framework and all their intimate objects desecrated. A strong odor of a charnel-house is released and close by civilians cemetery’s old dead are obliterated, graves are open, bearing the recent dead in horizon blue or field gray. The fury of combat has dispersed everything; the shells have fallen on these ruins submerged in soldiers’ blood, crammed dead bodies gnawed by rats, in advance putrefaction, scrap-iron of war, broken shovels, barbed-wire…”
E' questo il contrasto: la pace di un giorno di sole, che filtra tra alberi verdeggianti, e la dolcezza delle colline, il silenzio della foresta, e sapere che tutto ciò che era in realtà è andato distrutto, perché qui oscillava una linea assurda. Niente di nuovo dal Fronte Occidentale. E dal terreno, come spettri che allungano le braccia a strappare il mio passo, affiorano scheletri di ferro, ciò che resta del cemento armato, e qua e là qualche blocco spezzato. E chissà cos'altro giace sotto i miei piedi, scheletri veri di vite spezzate, inghiottite dal sangue, dal fango. Ed il ventre della terra subbuglia, colmo di queste storie interrotte che nessuno saprà mai raccontare ne' ascoltare, ordinaria follia, immense città sotterranee che la terra reclama, con l'acqua, le formazioni di sale, i muschi, l’oscurità. Perché oscuro rimane il tempo che lo ha plasmato.
“…Un ordine ha trasformato queste figure silenziose in nemici nostri; un altro ordine potrebbe trasformarli in amici. Intorno a un qualche tavolo un foglio scritto viene firmato da pochi individui che nessuno di noi conosce, e per anni diventa nostro scopo supremo ciò che in ogni altro caso provocherebbe il disprezzo di tutto il mondo e la pena più grave. [...] Ogni sottufficiale per la sua recluta, ogni professore per i suoi alunni è un nemico peggiore che costoro non siano per noi. Eppure noi torneremmo a sparare contro di loro ed essi contro di noi, se fossimo liberi…” “…Dev'essere tutto menzognero e inconsistente, se migliaia d'anni di civiltà non sono nemmeno riusciti a impedire che questi fiumi di sangue venissero versati, che queste prigioni di tormenti esistano a migliaia. Soltanto l'ospedale mostra che cosa è la guerra…”
“As far as the eye can see, everything has been burned and crushed, a chaotic mix of earth, stones, debris of all sorts and corpses… “Today, many French soldiers are still lying on the plateau. This protected area is their shroud, where each shell-hole, each crater lip, each fold of the land, still resonates with the whispers and cries of these combatants, “a thousand times recrucified at the calvary of Verdun…” “Heavy shells fall continuously over all the visible terrain; in the fiercest moments, up to ten explosions per second are visible; at other times it’s slightly less, but there are twelve-hour periods without single second of respite. The ground shakes and everything both around and inside us is constantly vibrating…” “…We searched in vain for enemy positions in the chaos of the battlefield. The only thing emerging from this sea of mud, barely 200 meters away, is the famous Ouvrage de Thiaumont, or what’s left of it: a misshapen mound, devastated by shells. This corner of the front is of unequalled horror: this dead earth, the indescribable chaos of the shell-holes filled with corpses, has been taken and retaken more than twenty times since 19th of June…”
“My body to earth, my soul to God, my heart to France”
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