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Tre film contro la guerra

Post n°99 pubblicato il 23 Maggio 2015 da hommelibre10

American sniper (cecchino americano) è la storia di un uomo, un cacciatore e cow boy da rodeo, uno che ama le armi e sa sparare, che torna a casa e trova la fidanzata con l'amante, lo prende a pugni, lei si ribella "l'ho fatto per attirare la tua attenzione e poi tu a letto non vali niente", e se ne va.

Lui, rifiutato dalla donna, si vota alla patria e parte per l'Afghanistan, fa il cecchino, il fuciliere scelto, protegge i soldati durante le operazioni da altri cecchini o incursioni, e diviene presto leggenda. Durante l'addestramento ha conosciuto un'altra donna, si sono innamorati, hanno condiviso le loro ferite e si sono sposati.

Tuttavia, quando torna a casa in licenza, nascono crisi, lui è distante, la sua testa è lontana, lei minaccia di lasciarlo invece gradualmente le crisi rafforzano il loro rapporto e dopo 1.000 giorni di guerra lui si congeda.

Inizia una nuova vita, lui è felice in casa e fuori casa, aiuta i veterani a reinserirsi nella società. Uno psicologo gli chiede se è sereno dopo tutto il sangue che ha visto e che ha versato, lui risponde che può dare conto al giudice supremo di tutti i 168 nemici abbattuti, erano un pericolo per i suoi compagni americani.

Ma, all'apice della felicità, la mamma di un veterano gli chiede di aiutare suo figlio, vanno insieme al poligono per distrarsi un po' ma il veterano lo uccide, senza spiegazioni.

Perché il veterano uccide Leggenda? Perché lui rappresenta la giustificazione dell'ingiustificabile? Perché ogni volta che uccidi qualcuno qualcosa muore dentro di te? Perché uccidere era diventato una droga e si doveva tornare a farlo? O si era ammalato di erostratismo e doveva lasciare il suo nome alla storia?

Good kill è l'altro film americano sull'impossibilità di giustificare la guerra. Tutto avviene in America, i nuovi eroi sono giovanotti che sanno giocare alla play station solo che guidano droni veri con missili veri che commettono stragi a 7.000 miglia di distanza.

Il soldato però, quando torna a casa, è sempre più taciturno, si tiene tutto dentro, non può comunicare l'orrore che prova e la moglie lo richiama, lo rimprovera, lo spinge a parlare, giustifica la sua guerra.

Ma un giorno lui si confida, parla della sua ultima azione, con un missile aveva colpito una casa in cui vi era un "terrorista", la comunità era accorsa ed avevano organizzato un funerale, pregavano mentre attendevano la sepoltura ma la CIA dice che forse tra quei fedeli vi era il fratello dell'ucciso, bisognava bombardare, e lui preme il grilletto della joystick, parte il missile da 3.000 piedi, implacabile colpisce, tutti morti.

La donna finge di ascoltarlo ma capisce che ormai un abisso si è aperto tra loro, non c'è comunicazione, lui non è più un buon patriota che difende gli americani, la compassione per il nemico lo ha cambiato, prende i bambini e se va. La nuova donna dell'emancipazione sessuale e del femminismo sa si avere i suoi diritti, esige il marito presente e innamorato, benessere e soddisfazione e non gliene importa niente del costo umano della sua villetta, il suo giardino e il suo american dream; la guerra ha scavato un solco incolmabile tra chi combatte e chi sta al caldo, tra gli uomini e le donne. L'Italia ha sopportato due guerre mondiali nel secolo scorso, ma questo solco non fu scavato, quando i soldati tornavano a casa trovano qualcuno ad aspettarli e non chiedevano nulla dei loro trascorsi e delle loro colpe e sofferenze.

Ora il soldato virtuale compie stragi giocando alla play station, l'informatica doveva salvarlo dagli orrori della guerra vera e dal grave problema del reinserimento sociale dei reduci e dei veterani, ma l'uomo è sempre più solo con i suoi fantasmi.

Il film finisce con l'immagine del soldato che si chiude in cabina, manda gli altri in pausa, punta su una casa dove un bastardo jihadista era solito andare a picchiare e stuprare una donna, lo vede, lo punta, lo colpisce, anche la donna cade ma si rialza, lui esce dalla postazione a testa alta, la sua guerra ha trovato un senso.

Qualche giorno prima un ufficiale donna era andato a trovarlo per comunicargli che si era licenziata dalla guerra virtuale e solidarizzava con lui che si era rifiutato di compiere un'inutile strage e tra loro sembrava nascere qualcosa.

Sembra che le origini di questa guerra siano di nuovo nella donna come nella guerra di Troia, da una parte i Greci che rivogliono la loro Elena rapita da Paride e dall'altra Priamo pronto a difendere la nuova compagna di suo figlio a costo della distruzione dell'intera città.

Lo scontro di civiltà è tutto qui, da un parte i musulmani che pretendono intoccabilità delle loro mogli e dall'altra il sogno americano di sapere che se una donna ti lascia ce n'è sempre un'altra disposta a raccattarti dall'antro oscuro in sei finito. E su questi temi il mondo sta scivolando verso la terza guerra mondiale, la Siria ha superato i 7 milioni di sfollati, i Palestinesi non possono tornare a casa, e l'Italia sta per beccarsi 1 milione di profughi in uno o due anni.....

Francamente non è possibile pensare che lo scontro sulle donne possa combattersi con le armi, non è possibile questa totale sfiducia nella parola e nella sua capacità di redenzione e cambiamento.

Timbuctu è un film bellissimo candidato all'Oscar, qui non ci sono americani, ma la guerra è la stessa: la libertà, le donne, la legge, il Corano... Qui i jihadisti hanno imposto la Sharia, o la loro miserabile interpretazione del Corano, un uomo con il megafono ripete le regole fondamentali: il calcio è proibito, la musica è proibita.... Come si può togliere la musica e il calcio ai neri? E' un delitto contro l'umanità. I Jihadisti sono i nuovi Robespierre e Saint Just, i nuovi crudeli custodi di una virtù astratta, di una legge astratta senza fondamento, senza consenso né pietà.

Secondo gli ʿulamāʾ, la shariʿa consentirebbe la pena di morte in quattro casi: omicidio ingiusto di un musulmano, adulterio (sia per l'uomo che per la donna), bestemmia contro Allah (da parte di persone di qualunque fede) e apostasia (ridda); invece qui si uccide e si frusta per molto meno, ma la gente lo sa, i fondamentalisti sono per loro un corpo estraneo, un' infezione venuta da fuori, una sete di potere che non trova giustificazione né nel Corano né nel buon senso. Loro improvvisano tribunali rivoluzionari scimiottando la Rivoluzione Francese, ma l'Iman li accusa e li caccia dalla casa di Dio, le donne li temono e si ribellano e anche i jihadisti locali sembrano smarriti a far rispettare le leggi dell'Isis.

Una donna si ribella perché pretendono che metta i guanti per vendere il pesce, un'altra si lava i capelli e loro impongono che si metta il velo perché è indecente e lei gli risponde di non guardare se la sua testa gli dà fastidio, un padre amorevole ha ucciso un uomo in uno scontro perché gli ha ammazzato una vacca e ora attende rassegnato che la madre dell'ucciso lo perdoni per non incorrere nella pena di morte. Ma è sereno, accetta il suo destino, è la volontà di Dio.

"Il giudice è solo un uomo - dice uno jihadista - ciò che conta è la legge divina".

Alla fine quel padre e sua moglie vengono uccisi mentre una bambina corre instancabile verso una fragile sognata libertà.

Tre film per giustificare l'ingiustificabile, per liberarsi le coscienze del sangue degli innocenti creandosi l'alibi di una volontà superiore, appellarsi al destino, a Dio o all'inevitabilità degli eventi negativi, dei danni collaterali della guerra.

Si è cercato di dare automatismo agli omicidi come se fosse un lavoro come i nazisti che infornavano gli Ebrei, come i sicari di Stalin che inviarono milioni di contadini e intellettuali in Siberia a morire di freddo e di fame, come i carabinieri della nostra Grande Guerra che sparavano alle spalle ai nostri soldati se indietreggiavano davanti alla mitraglia nemica.

Come fanno gli stati ad eludere le coscienze? Forse con il linguaggio: i patrioti meridionali erano chiamati briganti, ma in gran parte erano soldati fedeli al loro re, i patrioti afgani sono chiamati terroristi, i cristiani in terre musulmane sono chiamati infedeli o crociati, gli Armeni furono classificati traditori e gli Ebrei infezione per l'umanità... e tutto quello che si è detto sui diritti umani e la compassione viene soffocato ma non muore, la verità urla nelle coscienza e darà i suoi frutti.

Uno di questi frutti sono questi tre film contro la guerra e l'assurdità delle leggi ma il migliore di tutti rimane sempre "Uomini contro" di Francesco Rosi, 1970.

 

 

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ormalibera
ormalibera il 04/01/16 alle 10:53 via WEB
interessante leggere di questi film, in fondo vogliono dire qualcosa a tanti ma pochi sono disposti ad ascoltare a capire il messaggio. Come in Matrix o il Signore degli anelli troppi si fermano alle battaglie e non riescono a vedere ciò che sta dietro. Una verità visibile solo a chi vuole vederla. Siamo all'esame finale. Se saremo promossi entreremo in un modo di crescita verso la vita di armonia e bellezza, se bocciati verremo scacciati dalla scuola terrestre.
 
hommelibre10
hommelibre10 il 12/01/16 alle 14:14 via WEB
Rileggo dopo un po' di tempo questi tuo commento, è bellissimo: "Siamo all'esame finale. Se saremo promossi entreremo in un modo di crescita verso la vita di armonia e bellezza, se bocciati verremo scacciati dalla scuola terrestre". Profetico
 
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