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DAS AUTO

Post n°72 pubblicato il 30 Settembre 2015 da malware_jinx

Mi sono sempre chiesto che tipo di impatto possa avere la pubblicità nella gente. Ad esempio, le pubblicità “aggressive”, quelle che, per un periodo, vengono sbattute in faccia alle persone in ogni forma possibile, dai media alle gigantografie lungo i viali cittadini, e, soprattutto in televisione, reiterate fino allo sfinimento…
Quelle per cui le compagnie spendono cifre da capogiro…
Sarà che io, più si cerca di impormi l’acquisto di qualcosa, meno mi faccio convincere… Ma è pur vero che io sono un tipo tutto particolare… Un caso patologico, nel senso letterale del termine (non mi piacciono pizza e gelati…, detesto i supermercati e gli shopping molls…, non ho mai apprezzato più di tanto Mina e i Beatles…, non guardavo mai “Quelli della notte”…, non vado in giro con l’ultimo modello di cellulare…, e non ho un account su Facebook/Twitter…).
Gli altri, molti altri, invece, evidentemente recepiscono il richiamo pubblicitario e da esso si lasciano guidare nell’acquisto di un prodotto piuttosto che di un altro.
Scelte consapevoli? O “sindrome della pecora”?
Fatto sta che le case automobilistiche sono in testa nel proporre, a tamburo battente, l’ultimissima loro creazione. Non solo quella “completa di tutto” ad un prezzo “a partire da…”, ma quella che vi fa viaggiare con il massimo della sicurezza, divorando la strada, risparmiare carburante, ed, ovviamente, quella con le emissioni più basse, amica della natura e dell’ambiente.
Basta crederci…
E’ anche vero che all’utente si può raccontare ciò che si vuole. In fondo, quali elementi avrebbe costui per controllare la veridicità di certe informazioni? E poi, perché mai dovrebbe porsi il problema? Dopotutto, esiste un libretto di circolazione, perdio!
Qui da noi, la carta di circolazione reca il simbolo della Repubblica… Come dire, il Vangelo…
D’accordo, il cittadino non dispone degli strumenti per verificare. Allora, vien da chiedersi se, al ministero dei trasporti, questi strumenti ce li abbiano, e, soprattutto, se li utilizzino. O, se come sembra, ci si fidi del risultato di un test, senza andare a “scandagliare” tra gl’ingranaggi, o, addirittura, di ciò che le case dichiarano.
Potremmo aprire tutto un capitolo su quanto scarsa sia la tutela del consumatore, in questo paese (…dove non si tutela ormai più nulla, se non i privilegi degli appartenenti alla cosiddetta casta). Ma ce ne asterremo, per non deviare dal tema.
In certi luoghi, al contrario, i diritti di chi fruisce di servizi e di chi spende il proprio denaro per acquistare beni (e sottolineo, “beni”) sono tenuti in gran conto.
Specialmente quando sono in ballo prodotti che si pongono in aperta  concorrenza con il prodotto locale e nazionale.
Non è un caso che lo scandalo delle emissioni, riguardanti un certo marchio europeo, sia scoppiato in USA, paese assai portato a falsificare merci, soprattutto quelle alimentari, dotate di nome altisonante e grande popolarità, ma, all’occorrenza,  molto attento a non farsi mettere i piedi in capo da un esportatore aggressivo e particolarmente di successo anche sul loro territorio.
Laggiù, proprio perché oggetto di reali tutele, il cittadino si sente in diritto di boicottare un certo prodotto, e, stavolta ci si può scommettere, lo farà puntualmente, mandando, per giunta, un fiume di soldi nelle tasche di solerti avvocati pronti alla battaglia. Qui…, non so… Non vorrei che, dopo atti eclatanti come dimissioni, allontanamenti (non senza buonuscite milionarie…), licenziamenti, richiami in massa di vetture e solenni promesse di accuratissime e severissime ispezioni su ciò che ci viene quotidianamente rifilato dal mercato, tutto si sgonfiasse presto, in nome del p.i.l. e dei consumi.
Parlo d’Europa, ma soprattutto di Italia.
Nel belpaese le auto sono spesso un’assuefazione, come la droga. Quando hai comprato un marchio o un modello (magari perché ti viene inculcato dalla pubblicità o perché ce l’hanno in tanti), non te ne stacchi mai per tutta la vita.
Del resto, in questo campo, oramai campanilismo e orgoglio nazionale, qui, non hanno più senso.          

 
 
 
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