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« Calciopoli. Tutti colpev...Mettete agli atti quelle... »

La zebra si morde la coda...

Post n°4034 pubblicato il 22 Febbraio 2011 da nadir63l
 

Immagine IPB

di G. Fiorito

Lecce Juventus avrebbe dovuto essere una di quelle partite da risolvere come una formalità. Invece è stata la rilettura di uno squallido copione già visto. Dalla polvere agli altari, andata e ritorno. Tutto vero.

1) Il rigore su Toni con annessa e connessa espulsione convalidati persino da mediaset, ma non dal team arbitrale. Non è la scusa del giorno e non basta per l’alibi. Ma il rigore c’era e l’espulsione pure.
2) Buffon, che non va mai nemmeno fuori dai pali, va fuori dall’area. Fuori di testa c’è già da un sacco di tempo. Sarà stato l’istinto, ma anche quello uno come lui lo dovrebbe controllare.
3) Non puoi improvvisare quando non hai la tecnica e gli esecutori non conoscono nemmeno lo spartito. Di regola l’allenatore toglie una punta per far entrare un altro portiere.

4) Volenti o nolenti tutto è oggi figlio di calciopoli. Mi fa male parlarne, però lo devo fare.

Ho visto settimana dopo settimana ognuno di noi arroccarsi sulle proprie rabbie e conclusioni. Fino a togliersi il saluto. Non voglio fare retorica. Non voglio citare Trigoria, che quando ho acceso la televisione mi parevano immagini dalla Libia. Il calcio non si fa così. Nemmeno il tifo. Quella è delinquenza. Però guardiamoci dentro. Sempre divisi. Uno contro l’altro armati. A gridarci addosso lo stile di Gianni e quello di Umberto. E le loro discendenze. Colpe. Misfatti. Un cilicio vile che ogni giorno ci affligge. Fratelli e antagonisti. Come se quell’amore e quella rabbia covati nel cuore non fossero gli stessi. E la gioia di tutte le vittorie e il pianto di tutte le sconfitte non li avessimo provati uguali. Una cosa è certa: questa non è la Juventus che avrebbe dovuto essere.

Serve scaricare le tensioni sulla squadra? C’è chi vuole che i giocatori giochino e non pensino ad altro. Come se calciopoli non fosse mai nemmeno esistita. Dicendo pure ai quattro venti ciò credono e pensano. Che siano 27 o 29. Che se li sentano cuciti sulla pelle, rubati o semplicemente non ne avvertano il peso.
C’è chi desidera che quello che abbiamo patito in questi cinque anni sia di stimolo al riscatto e alla rivincita. Anche se del 2006 ne sono rimasti pochi. Appartengo a questa categoria. Prima di tutto perché calciopoli o no, la Juventus è qualcosa di più. Chiunque, come ha scritto Gianluca Pessotto nel suo libro “La partita più importante”, ricordando il momento nel quale arrivò alla Juventus, dovrebbe avere questo pensiero: “Quanto vi devo dare per poter avere il privilegio di essere uno della Juventus? Firmo, qualsiasi cifra, mi va bene” . Ma è realmente così? I calciatori sono dei professionisti che mettono al servizio di una squadra il loro potenziale in cambio di un guadagno. E a prescindere da quali siano le loro ambizioni e la loro capacità di attaccamento ad una maglia, una considerazione amarissima non può essere evitata. In virtù dei fatti di calciopoli, la Juventus ha subito un ridimensionamento e non esercita più l’appeal di una volta. Mi piacerebbe sapere che ci sono in giro cavalieri pronti a renderle giustizia, fasti e onori, ma i miei sogni non si spingono tanto oltre. Mentre è in crisi la psicologia del gruppo. Come ha spiegato Pavel Nedved nel suo libro “La mia via normale”, il lavoro, l’acquisizione della tecnica e il talento necessitano di un supporto psicologico. La gestione dello spogliatoio della Juventus credo sia talmente delicata da richiedere una guida non solamente esperta di calcio, ma eccezionalmente dotata di carisma. Né Ranieri, né Del neri mi sono mai sembrati avere la necessaria autorevolezza. La squadra dimostra di non avere la maturità per affrontare una partita dopo l’altra e si perde di fronte ad avversari di caratura inferiore. Esaltandosi con quelli più forti e peccando di provincialismo. Perché ha più consapevolezza dell’avversario che di sé.

Una serie di manovre colpevoli portate avanti in questi anni con la scelta di persone e soluzioni sbagliate è quello che ha ereditato Andrea. Su di lui ricadono errori e orrori da lui non perpetrati. Se Buffon sbaglia una parata, se Melo perde una palla o indifferentemente Palazzi non si decide a convocare Moratti per interrogarlo, viene avvertita come una sua debolezza. Il segno della mancanza di carattere e forza. Di incapacità a gestire un bene troppo grande.
Eppure la magica alchimia che ha reso la Juventus tutto quello che è stata dal 1897 al 2006 è semplice da spiegare. Lo hanno fatto sia Pavel Nedved che Gianluca Pessotto. Spiegando che la loro era una squadra, una famiglia, un’azienda e tutte queste cose insieme. E che ciascuno riteneva il bene collettivo più importante di quello personale.

Andrea con questi valori è cresciuto. E’ giunto il momento che comprenda in che misura ciò che non va sta al di sopra di lui o sotto di lui. Per non mordersi la coda. E con lui la Juventus.

http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/...lio.asp?id=1430


 
 
 
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