Un blog creato da molinaro il 04/06/2007

Carlo Molinaro

Pensieri sparsi, poesie e qualsiasi cosa

 
 
 
 
 
 

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Periferie

Post n°327 pubblicato il 04 Maggio 2008 da molinaro
Foto di molinaro

Stamattina mi sono svegliato tardi. È domenica. Mi sono fatto un caffè, poi sono uscito per fare una passeggiata o corsetta verso il parco della Pellerina. Giunto alla Pellerina mi sono un po’ rotto le balle di passeggiare o corsettare sempre nel parco, per quanto bello e rigoglioso, e ho deviato per via Pianezza, verso Lucento, alle spalle dell’ormai famigerata ThyssenKrupp. Come periferia non è nemmeno così brutta. Fra le periferie che conosco, quella di Torino è forse la migliore. C’è dello spazio vivibile, c’è qualche tocco di [non rinuncia alla] bellezza, pure lì fra le brutture, c’è del verde e c’è persino della memoria. Ce n’è abbastanza, di memoria, da attirare nemici: su un manifesto commemorativo del 25 aprile, nel quartiere, ho trovato scritto con la bomboletta spray nera: «BASTA CON LA STORIA!» Vuol dire, se non altro, che la storia c’è. Tornato a casa, ho collegato nel pensiero questa mattina di oggi alla mattina di due giorni fa a Roma, e ho scritto questa specie di poesia, che potete, se volete, leggere qui sotto. Buona domenica.


PERIFERIE

«La nostra civiltà si estingue perché della vita
badiamo più alla durata che al contenuto»
dice sul balcone di un albergo di Roma
una giovane laureata in filosofia
che per vivere fa la barista e la bagnina
e vende aspirapolvere o balla sui cubi.

«Cioè: vogliamo campare cent’anni
ma non pensiamo: cosa ho fatto di buono
e di bello? che cosa ho combinato?»
spiega e mi chiede di prendere in bagno
il bicchiere di plastica con un dito d’acqua
per spegnere la cicca che ha finito di fumare.

«È vero» dico guardando sotto noi
stendersi la consumabile periferia romana
dove l’unico segno che potrò ricordare
è il disco giallo di un ufficio postale.
«Costruiamo palazzi con trascuratezza
sicuri che fra pochi decenni saranno abbattuti
perché non più funzionali: non abbiamo
la passione secolare di una cattedrale gotica
sorretta dal sogno di essere eterna.
Morti noi – morti dopo strazianti accanimenti
per vivere di strazio un giorno ancora –
morti noi, ma che cosa ce ne frega?
Così non faremo più nulla di bello:
al bello serve un futuro collettivo,
serve crederci. Senza bellezza
spariremo ed è giusto, naturale».

La ascolto mentre il sole del mattino
benché pallido riesce a ravvivare
il rame dei suoi riccioli e l’azzurro
degli occhi. Dice che ha studiato storia
perché ha creduto che potesse servire
a non rifare le stesse cazzate
del passato, ma che è stata ingenua a crederlo.

Vorrei dirle: «La bellezza c’è ancora
e la difenderemo e ne faremo
dell’altra» – invece dico: «Abbiamo tempo
prima del treno». Penso che ieri
mi ha tenuto per mano – ma era solo
per non perderci nel caos della piazza.

Sono talmente piccole le cose!
Mi piace tanto chiamarla per nome,
mi piace dire il suo nome al vocativo
e posso farlo, questo posso farlo:
dunque il mondo non è da buttar via.

Stamattina – sono passati due giorni,
è domenica e sono a Torino, da solo –
ho passeggiato giù verso Lucento,
via Pianezza, zone antiche industriali.

Ci sono ancora molte ciminiere:
qualcuna lasciata a ricordo in rettangoli
di piazza trasformati in giardinetti:
la semplice colonna di mattoni
rossi che dice: qui c’è stata fabbrica.

Altre, più moderne, che funzionano
dentro grandi recinti luccicanti
come quello davanti alla chiesetta
di Santa Brigida, dove sono entrato
trenta secondi e c’era l’Agnus Dei
così ho stretto la mano, «pace a te»,
a un forestiero con giacca e cravatta.

Su un fabbricato basso e lungo è rimasta
l’insegna incisa: FORNITURE FERROVIARIE
E TESSUTI. Forse facevano qui le tendine
per i vagoni di legno rimorchiati
dalle locomotive. La bellezza
c’è e c’è anche l’amore e lotteremo
perché la vita non sia un intervallo
di tempo inutile fra nascere e morire.

Scrivo questa mattina per non perdere
quei due toni di rosso: i mattoni
della ciminiera e i riccioli di lei
nel sole pallido. È roba da nulla.
Sono talmente piccole le cose
che sorreggono il nostro sogno eterno
di ragazzini di periferia.

Non ci diamo per vinti.


 
 
 
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