Un blog creato da molinaro il 04/06/2007

Carlo Molinaro

Pensieri sparsi, poesie e qualsiasi cosa

 
 
 
 
 
 

ONE MAN TELENOVELA

Attenzione! Chi volesse vedere le puntate della mia ONE MAN TELENOVELA, tutte in bell'ordine, una per una, in fila, può cliccare qui sulla giocalista di YouTube. Se poi qualcuno ritenesse che tanto lavoro merita un compenso, come gli artisti di strada quando fanno passare il cappello, può mettere le banconote in una busta e mandarmele: via Pinelli 34, 10144 Torino. Grazie!

 
 
 
 
 
 
 

AREA PERSONALE

 
 
 
 
 
 
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

FACEBOOK

 
 
 
 
 
 
 
 

 

 
« L'oro, la bacchetta e g...Resterà una voragine »

Io non amo la poesia

Post n°920 pubblicato il 21 Luglio 2010 da molinaro
Foto di molinaro

«Il poeta è un fingitore. / Finge così completamente / che arriva a fingere che è dolore / il dolore che davvero sente» (F. Pessoa, Autopsicografia).

Il poeta è un fingitore non perché sia innamorato della finzione, dell'artificio, del gioco di prestigio, dell'arte, insomma di sé stesso, ma perché le cose (il dolore, l'amore, ma anche la ragazza, la rosa, il bicchiere) nella loro natura di cose non sono dicibili, non sono raggiungibili dal pensiero, dalla memoria, dal linguaggio: ogni singola cosa, astratta o concreta, è suprema, è un desiderio, e di ogni singola cosa, astratta o concreta, si può affermare ciò che afferma Dante del «là su», perché in ogni cosa è il «là su»: «Nel ciel che più de la sua luce prende / fu' io, e vidi cose che ridire / né sa né può chi di là su discende; / perché appressando sé al suo disire, / nostro intelletto si profonda tanto, / che dietro la memoria non può ire» (Dante, Par., I, 4-9).

La percezione viva delle cose (dolore, amore, ragazza, rosa, bicchiere) è un profondarsi dell'intelletto che esclude la memoria e la dicibilità. E quindi produce l'isolamento in una totale solitudine. Alla quale ci si può rassegnare: ci si può rassegnare a comunicare solo piccole cose di superficie (sto bene, ho comprato una bicicletta, è morta mia madre, sono innamorato, la Spagna ha vinto i mondiali, il cappuccino lo voglio con poca schiuma, sto morendo) lasciando l'essenza della percezione sepolta in un intimo irraggiungibile. È ciò che fanno quasi tutti.

Il poeta non si rassegna e vuole dire le «cose davvero». Ma è un uomo come gli altri, e non può direttamente dirle (neppure a sé stesso). Le sente agitarsi dentro, ne ha una percezione a suo modo chiara, ma non può dirle. Ha un dolore, un amore, una ragazza, una rosa, un bicchiere: ed è potuto penetrare, in un lampo di grazia, dentro la loro natura, dentro la verità, dentro il «là su» di ogni cosa. Ma né sa né può ridire.

E allora deve costruire (fingere) un qualcosa che assomigli: che assomigli il più possibile all'indicibile che ha sfiorato, ma che sia in qualche maniera dicibile. Dimodoché, dicendolo, si evochi, il più vicino possibile, quel «là su» che, nel cuore delle cose, resterà eternamente non detto. Il lavoro del poeta non è sogno ma è verismo, realismo, naturalismo. Può sembrare sogno perché la costruzione (finzione) assume spesso i caratteri del sogno. Ma è un sogno ansioso, un sogno che cerca, un sogno che continuamente si corregge: un sogno fatto per cercare realtà. La necessità che tormenta il poeta non è inventare sogni, ma trovare la combinazione (di parole, ritmi, immagini) che apre la cassaforte dell'indicibile realtà. Però le casseforti sono infinite, come scatole cinesi: dentro ognuna ce n'è un'altra da aprire: ti avvicini, ma non arriverai mai.

Un poeta non è mai contento di ciò che ha scritto. Non può esserlo, perché nella sua costruzione (finzione) egli vede distintamente la lontananza, l'incolmabile stacco da ciò che egli, in qualche modo, ha visto e «sa». Con le parole ha finto, ha costruito un qualcosa che fosse il più vicino possibile a quella verità, a quel «là su» dentro le cose, dentro il dolore, l'amore, la ragazza, la rosa, il bicchiere. Se è bravo e gli è andata bene, ha aperto qualche cassaforte; ma resta sempre un infinito ulteriore spazio impercorribile. E sono spazi strani, che più si restringono più gridano la loro disperata impossibilità: bravo, poeta, sei arrivato vicino, e ora il tuo desiderio (tanto, tanto ti sei appressato al tuo disire!) qui vicino è violento, travolgente, insostenibile, ti fa impazzire: ma resterai fuori, fuori, come tutti gli altri che passeggiano in lontananza e non hanno osato provare. Tornerai da loro sfatto, sfibrato, e avrai ben poco da raccontare, perché dietro la memoria non può ire. Anche se forse a loro parrà già molto, perché loro non hanno visto, non sanno quanto vuoto, quanta mancanza, quanta lontananza c'è dentro i tuoi versi, quanta distanza fra i tuoi versi e la cosa.

Poi ci sono i cialtroni che fanno mestiere di poeti, e per loro è diverso. Loro fanno un passo o due, magari nemmeno importa verso dove. Trovano un poco di parole belle, un'armonia, una batteria di versi originali, si accorgono che è quanto basta per stupire, per far allargare gli occhi al pubblico nel circo. Si innamorano di quei versi, di quelle parole, della loro stessa voce che le pronuncia. Decidono che la cosa è quella: la si può dire così bene! Pontificano che la più nobile attività è il gioco della letteratura, che con la vita proprio non si mescola, non si deve mescolare: è da dilettanti mettere i fatti propri in poesia, suvvìa! Arrivano a dire che la letteratura è la cosa vera, e non esiste altra cosa di cui valga occuparsi.

Poi fanno i loro circoli, i loro club, i loro gruppi, e mi incontrano e mi dicono: «Vieni! L'unica condizione per essere dei nostri, è amare la poesia». Ringrazio, saluto ed esco. Io non amo la poesia. Amo il dolore, l'amore, la ragazza, la rosa, il bicchiere. La poesia è ciò che uso per provare, senza riuscirci, a dirlo: agli altri e, soprattutto, a me stesso.

E quando leggo le poesie degli altri, funziona uguale: ci scavo dentro per scoprire se sanno dirmi qualcosa, qualcosa in più, del dolore, dell'amore, della ragazza, della rosa, del bicchiere. Tutto qui.

 
 
 
Vai alla Home Page del blog
 
 
 
 
 
 

ULTIMI COMMENTI

Buona cosa...
Inviato da: anita_19
il 02/07/2020 alle 09:15
 
Bello!
Inviato da: lumachina85
il 22/03/2019 alle 09:19
 
Era quasi nove anni fa. Qualcosa è cambiato e qualcosa no.
Inviato da: molinaro
il 06/06/2017 alle 11:31
 
Queste tortuose specie di poesie, questo appigliarmi a...
Inviato da: molinaro
il 06/06/2017 alle 11:26
 
Grazie!
Inviato da: molinaro
il 09/08/2016 alle 11:41
 
 
 
 
 
 
 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

molinarolbelletagianor1automotornewsc.prefabbricati0tonipellalucabelligeranteragniriccardo.rromezzoliarnagucosopt67frati79ange_nocturneanita_19giovannirobecchi
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
web stats presenti in questo momento
 
 
 
 
 
 
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I messaggi sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
 
 
 
 
 
 

AVVERTENZA

Questo blog è una specie di diario dove scrivo quello che mi pare quando mi pare (una libertà tutelata dalla Costituzione della Repubblica Italiana). Non ha alcuna periodicità, non assomiglia minimamente a una testata giornalistica! Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7 marzo 2001.

 
 
 
 
 
 
 

CARLO IN CASA PROPRIA NELLA PRIMAVERA 2008

 
 
 
 
 
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 
 
 
 
 
 
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963