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"...dammi carta e penna,
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Genere cinematografico: Thriller, Drammatico, Commedia, Avventura, Fantasy.
Registi preferiti: Stanley Kubrick e Quentin Tarantino su tutti, ma anche qui ho preferenze abbastanza varie.

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Il mio libro preferito: Herman Hesse - Siddharta
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Arboreo - Parte Seconda

Post n°172 pubblicato il 16 Aprile 2007 da morphamind
 
Foto di morphamind

Alla guida di un nutrito gruppo di popolani, Artanis si trovava nel bosco di Locus alla ricerca della creatura che trafugava le cibarie degli abitanti del paese. A un certo punto qualcosa attirò l'attenzione del cavaliere.

“Cosa? Che dite?” domandò Inigeni decisamente spaventato. In quel momento tutti i popolani iniziarono a guardarsi intorno brandendo le loro armi. Solo l’Arconte rimase impassibile tentando di stabilire la posizione dell’essere. Ora percepiva sorpresa, subito sostituita da paura. Quell’essere era spaventato almeno quanto i contadini, e sarebbe potuto scappare da un momento all’altro, vanificando l’intera ricerca.

Fermatevi!” urlò il cavaliere “Gettate le armi se volete che l’essere esca allo scoperto!”

Con un gesto, Inigeni, a capo del gruppo, ordinò ai suoi di calmarsi e successivamente di gettare le armi. A malincuore, i popolani si disarmarono in preda al terrore.

Solo Inigeni mantenne in mano l’arma, una sorta di lancia molto appuntita, ma Artanis parve non curarsene.

“Esci allo scoperto, creatura!” urlò il cavaliere nella direzione da cui provenivano tutte le sensazioni provate in precedenza. “Non ti faremo del male!”.

Nulla. Il silenzio invase la piccola radura dove il gruppetto di contadini aveva preso posto.

“Inigeni gettate la vostra arma così come io getterò la mia” ordinò il cavaliere.

“Ma cavaliere! La creatura potrebbe essere pericolosa!” replicò l’uomo.

“Seguite ciò che vi ho detto e abbiate fede nelle mie parole” disse Artanis gettando in terra la propria spada ancora nel fodero.

Inigeni eseguì l’ordine. Dopodiché l’Arconte riprese: “Creatura! Esci allo scoperto, siamo disarmati!”

Un muoversi di fogliame, accompagnato dal rompersi di alcuni rami, precedette l’incontro con l’essere. Steal emerse dall’intrico di alberi che circondava la radura. La possenza dell’essere si accompagnava alla sua eleganza nei movimenti, la forza che traspariva dal suo corpo, molto simile a quello di un gorilla ma con un volto “più umano”, non era inferiore alla sua agilità.

Pietrificati dalla paura, i popolani non riuscivano a muoversi.

I profondi occhi di Steal comunicavano intelligenza e malinconia. Artanis li fissava, e l’essere fissava Artanis, come in un’improbabile sinergia e simbiosi tra i loro sguardi.

Mosso da un’impulso febbrile, Inigeni riprese la propria arma e si scagliò contro l’essere, ma con un riflesso eccezionale, Artanis lo bloccò immediatamente, spezzando la lancia in terra, tra lo stupore di tutti e della creatura stessa.

“Pazzo! Che diavolo volete fare?” disse Artanis alquanto alterato “Non vedete la creatura? Guardatela bene, guardate cos’ha sulle spalle!”

Tutti si voltarono, nessuno aveva fatto caso al rigonfiamento quasi innaturale delle spalle dell’essere. Confuso dal folto pelo, vi era un altra creatura identica a Steal, ma molto più piccola, aggrappata alle sue clavicole. Si trattava di un cucciolo.

Tutto era più chiaro, ecco trovato il motivo dei furti esclusivamente ai danni delle riserve di cibo.

“Ruba per mantenere la sua famiglia. Sicuramente avrà altri figli, e in questo arido e fitto bosco il cibo scarseggia perché la caccia smisurata ha esaurito tutte le risorse naturali” disse Artanis con aria severa.

“Il vostro acume vi fa onore” proruppe una voce cavernosa. Era la voce di Steal.

“La creatura parla!” disse un contadino sconvolto. Ed altri gli fecero eco.

“Voi siete più umano di quanto pensassi” disse Artanis tentando di mascherare la propria sorpresa.

“Cos’è realmente umano? Chi lo stabilisce? Il fatto di parlare indica il mio essere umano?” incalzò la creatura.

“No. Non mi riferivo al fatto che voi parliate, ma a ciò che ho percepito e che continuo a percepire”

Una smorfia simile al sorriso riempì il volto di Steal. La creaturà chinò leggermente il capo simulando un inchino, poi aggiunse “Non so chi voi siate, ma so che siete una persona onorevole. Se foste un templare non mi sorprenderei”.

“E difatti avete colto nel segno” disse Artanis con un sorriso.

“Non sono sorpreso” continuò Steal rialzando il capo.

La creatura era costretta a rubare per provvedere al sostentamento della propria famiglia.

“Siamo stati ciechi” disse Inigeni scuotendo la testa, seguito da cenni di approvazione degli altri popolani.

“Non sono nessuno per imporvi un cambiamento, ma vi chiedo solamente di aprire gli occhi e di porre fine allo sfruttamento senza criterio di questo angolo di natura, o almeno a ridurlo” disse Artanis raccogliendo la propria spada.

All’unanimità, gli abitanti del paese di Locus decisero di provvedere al sostentamento di Steal e della sua famiglia finché non fosse stato ristabilito il naturale equilibrio del bosco che circondava il paese. Dal canto suo, la creatura avrebbe smesso di derubare i popolani trafugando cibarie dalle loro riserve di cibo.

Grazie” fu l’unica parola proferita dalla creatura prima di congedarsi da Artanis svanendo nella vegetazione.

Il giorno dopo il cavaliere ripartì alla volta di Karma.

“Grazie ancora, mio signore!” gli disse Inigeni salutandolo.

“Io non ho fatto nulla, siete voi ad avere illuminato le vostre menti” rispose Artanis lusingato.

“Lo so, ma voi avete portato la luce

Ripartendo, Artanis fu salutato da tutti i popolani, egli li aveva messi in guardia di non donargli alcunché, e così fu.

La via maestra diveniva sempre più ripida, ma Balihas non sembrava faticare. La sua tempra gli permetteva di affrontare anche le difficoltà più impegnative.

Aprendo la bisaccia per cercare alcune provviste, Artanis scorse una lettera, scritta su della carta grezza e con una calligrafia alquanto approssimativa. Sorpreso dal ritrovamento, la lesse subito, con qualche difficoltà, chiedendosi chi fosse il mittente. Essa recitava:

“Sono l’essere che chiamate Steal. Si, so anche scrivere.

Questa mia vuole essere un degno ringraziamento per aver aperto gli occhi a quei contadini accecati dal timore verso la mia presenza. Ho udito un racconto delle vostre imprese di molti anni fa, quando io non ero che un cucciolo, origliando la conversazione di due contadini. Inutile dirvi che vi sono grato anche per quelle imprese, poiché se oggi sono vivo, lo devo in parte anche a voi, liberatore di queste terre.

Non sono una creatura selvaggia, sono solo una creatura dall’aspetto selvaggio. Tutto qui.

Ma l’uomo spesso ha paura di confrontarsi con qualcosa di diverso, e vede la diversità come un pericolo da eliminare. Questo voi l’avete capito, come me, ed avete scelto di andare oltre i pregiudizi per capire esattamente cosa fossi.

Ciò vi fa onore, inutile dirlo. Vorrei farvi un dono, ma so che non ne avete voluti, perciò mi limiterò a lasciarvi queste mie parole, auspicando un vostro ritorno in questi luoghi austeri.

Che un immenso Grazie vi riempia il cuore, caro Arconte.

Dimenticavo, il mio nome è Arboreo, come la mia natura.”

Un sorriso illuminò il volto di Artanis e gli scaldò il cuore.

 
 
 
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