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EROISMO D'ALTRI TEMPI - La misteriosa morte di Sepp Innerkofler

Post n°9 pubblicato il 11 Gennaio 2009 da oltre.le.righe
 

E’ l’alba del 4 luglio 1915: alcuni uomini stanno salendo in cordata lungo la parete nord occidentale del Monte Paterno, nel favoloso scenario delle Dolomiti di Sesto al cospetto delle Tre Cime di Lavaredo. Non è una normale salita alpinistica, già di per sé audace per quei tempi. Gli alpinisti austriaci sono armati con fucili e bombe a mano e devono risalire la ripida parete per occupare la cima della montagna presidiata dagli Alpini italiani. Su queste vette si stava combattendo una guerra le cui imprese furono tanto stravaganti quanto difficilissime, come mai si era visto in passato in nessun altro conflitto.

 I valorosi non dovevano fare alcun rumore: non un sasso doveva cadere, nemmeno la più piccola pietra per non fare insospettire il nemico. Dalle trincee e dagli avamposti situati nei pressi della Torre di Toblin, i soldati austriaci osservavano con i binocoli l’avanzata dei loro camerati, con il cuore in gola. Alle 4 del mattino i cannoni e le mitragliatrici austriache iniziarono il fuoco di copertura contro la cima del Monte Paterno per consentire ai quattro alpinisti di raggiungere la vetta: il capo cordata era la guida Sepp Innerkofler. Gli italiani furono improvvisamente svegliati dal fuoco dell’artiglieria nemica e si precipitarono a difendere la montagna. Innerkofler fu visto sporgersi oltre la parete, ormai sulla cima, e lanciare alcune bombe a mano ma subito dopo cadde all’indietro colpito da qualcosa, forse una pallottola o un masso, e precipitare nel vuoto. I superstiti, investiti da una tempesta di fuoco e sassi, sono costretti a ritirarsi. La salma di Innerkofler fu coraggiosamente recuperata, a rischio della vita e con grandi difficoltà, dal valoroso alpino Angelo Loschi e tumulata sulla cima del Paterno dove sarà poi riesumata dopo la fine della guerra e trasportata nel cimitero di Sesto.

Ancora oggi non è chiaro chi fu il responsabile della morte di Innerkofler. L’ipotesi più probabile è che sia stato colpito da una fucilata sparata da un soldato italiano sulla vetta del Monte Paterno o appostato in una delle forcelle circostanti. Secondo un’altra versione, invece, la guida fu colpita da fuoco amico e, in particolare, dalle mitragliatrici austriache che scambiarono la sua sagoma, appena comparsa sulla cima, per quella di un soldato italiano. Meno probabile è la versione italiana, dai risvolti forse più propagandistici, secondo la quale un alpino di nome De Luca, vedendo il nemico arrampicarsi lungo la parete, scagliò un grosso masso che colpì Innerkofler facendolo precipitare.

Sepp Innerkofler era uomo di grande fama, conosciuto per le sue difficili ascensioni e imprese alpinistiche. Allo scoppio della guerra, all’età di 50 anni, si arruolò volontario negli Standschutzen per compiere missioni esplorative e di pattuglia verso le linee nemiche insieme ad altri provetti alpinisti tra i quali anche il figlio maggiore Gottfried. Per le loro difficili arrampicate furono soprannominati “la pattuglia volante”. Per riprendere possesso della cima del Paterno, fu studiata un’azione al limite delle capacità umane: una pattuglia, salendo in cordata lungo la ripida parete della montagna, avrebbe dovuto occupare il presidio di vetta. Fu chiesto alla guida alpina Sepp Innerkofler di Sesto se intendeva comandare la pattuglia. Anche se la riteneva una missione suicida, alla fine accettò l’incarico per puro senso del dovere. La sua preoccupazione si manifestò con la proibizione al figlio di seguirlo giustificandosi con queste parole: “basta che la mamma pianga per uno solo di noi”.

Per approfondire le vicende belliche svoltesi in questa zona durante la prima guerra mondiale, guarda il seguente video (i testi, la voce e le fotografie moderne sono mie, durata circa 7 minuti).  

 
 
 
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