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economia della cura

Post n°78 pubblicato il 18 Novembre 2011 da m_de_pasquale
 
Foto di m_de_pasquale

percorso: C.Papaglione (41° 44' 15.84" N, 15°40'45.30"E) – coppa Arena - grotta Montenero – c.Papaglione [8 km]

Il passaggio dell’homo consumans e quindi produttore di rifiuti è possibile osservarlo in questo percorso che si snoda tra boschi bellissimi di cerro, dove, anche in posti difficilmente raggiungibili, si possono vedere copertoni d’auto, batterie esauste, elettrodomestici arrugginiti, ferraglie varie. Involuzione del rapporto dell’uomo con la natura fino a considerarla pattumiera delle sue produzioni rese obsolete per consentirne altre: è la perversa legge della produzione asservita al profitto. La produzione (= poìesis), nata per soddisfare il bisogno dell’uomo, diventando lo strumento di alimento del profitto, non vigila più sul modo di produrre perché il suo intento è tutto orientato alla moltiplicazione del denaro. Sostiene Paul Connett che in una civiltà lineare nelle fasi di estrazione delle materie prime e di produzione degli oggetti si producono rifiuti solidi 70 volte superiori a quelli prodotti nella successiva fase di consumo individuale. Lamenta, in altri termini, una grave responsabilità industriale che spesso è carente di un progetto di produzione sostenibile (uso di elementi tossici, abuso di imballaggi, …). Ma non solo l’industria produttrice è responsabile, anche la comunità non fa la sua parte perché non separa i rifiuti dopo il consumo rendendo possibile il recupero della parte compostabile ed il riciclo di quanto è ancora utilizzabile. Il risultato è che siamo inondati da rifiuti anche in posti bellissimi come quelli che si incontrano in questo percorso. Il profitto che non ha misura snatura l’attività dell’uomo. Non è stravolto il lavoro quando esso è finalizzato alla produzione di beni più che superflui utili solo ad alimentare una economia drogata dove non si produce più per consumare, ma al contrario si deve consumare per poter produrre sempre più? Con una pubblicità sempre più martellante che deve alimentare bisogni inutili – dato che abbiamo soddisfatto ciò di cui avevamo bisogno - per poter piazzare merci inutili perché non può fermarsi la macchina della produzione-profitto? E il proliferare dei cosiddetti “servizi” che costituiscono la voce più importante delle nostre economie non costituisce una anomalia? Perché una merce per arrivare al consumatore deve passare per tante mani? Per aggiungere valore alla merce o per produrre valore (= denaro) per tutte queste mani? Profitto non più proveniente dalla produzione di un bene ma dal semplice passaggio di mano in mano! Non è forse la stessa logica perversa della rendita finanziaria: il denaro produce “interesse” solo passando di mano in mano? Il camminatore per la condizione che vive – per un verso è parte integrante di un mondo fatto di consumi inutili e produzioni superflue, governato dalla santa legge del profitto, regolato dal mito della velocità, schiavo del potere della tecnica, dall’altro può godere di esperienze inusuali perché il cammino gli ha insegnato il gusto della lentezza, la visione della natura gli ha ricordato la gratitudine per la madre Terra, la ricchezza delle sensazioni provate la sazietà che non gli fa desiderare cose inutili – ha la possibilità di rivolgere uno sguardo non omologato sul mondo. Può intuire che il fulcro dell’economia non è il denaro e la sua crescita illimitata (il culto del PIL), ma sono le relazioni. In effetti all’origine il denaro svolgeva la mera funzione di strumento di scambio delle merci necessarie a soddisfare bisogni; oggi esso si è sciolto da questa funzione, assolutizzandosi ha acquisito una centralità tale in economia da far dimenticare che la stessa parola rimanda ad un ordine frutto dell’equilibrio delle relazioni in una famiglia (= oikonomia). In quest’ottica diventa necessario ridurre  progressivamente il peso dell’economia mercantile facilmente ammaliabile dall’interesse e dal profitto, a vantaggio di una economia delle relazioni che soddisfi i veri e necessari bisogni che gli individui hanno per essere felici. Una economia non più asservita al mito della crescita e dell’efficienza, ma rivolta al servizio e alla manutenzione, dove alla logica dello scambio va preferita la logica della reciprocità che rafforza la solidarietà tra gli individui. In questo contesto il lavoro è pensato come cura del mondo, un significato che ci rimanda all’idea della nostra Costituzione dove nei primi tre articoli si definisce il lavoro come attività tesa a tutelare i diritti inviolabili, rafforzare la solidarietà, eliminare gli ostacoli all’uguaglianza. Un lavoro così inteso non rafforzerebbe la felicità, la sicurezza e la ricchezza di una società? Se, ad esempio, centinaia di migliaia di cittadini italiani oggi disoccupati fossero impiegati in un grande progetto nazionale di messa in sicurezza del nostro territorio dissestato idrogeologicamente non verrebbe dato un duro colpo alla disoccupazione e non ci sarebbe un aumento della ricchezza nazionale se è vero che un euro speso in prevenzione evita di farne spendere cinque in emergenza?  (camminare - 6  precedente  seguente)

 
 
 
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