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solo quando si ama si odia veramente

Post n°42 pubblicato il 28 Febbraio 2010 da m_de_pasquale
 
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“Amore è cosa intricata, perché sempre ci si confonde e non ci si chiarisce se si ama l’altro o si ama la relazione, se si soddisfa il nostro bisogno di sicurezza o il nostro bisogno di felicità. Oppure si vuole la felicità, ma non i suoi costi; e in alternativa si vuole la sicurezza, ma non la sua noia. Amore è un gioco di forze dove si decide a quale dio offrire la propria vita: al dio della felicità che sempre accompagna la realizzazione di sé, o al dio della sicurezza che molto spesso si affianca alla negazione di sé. Una cosa è certa: che nella relazione, nel “noi” non ci si può seppellire come in una tomba. Ogni tanto bisogna uscire, se non altro per sapere chi siamo senza di lei o di lui. Solo gli altri, infatti, ci raccontano le parti sconosciute di noi. Gli altri, se li lasciamo parlare, senza soffocarli con il nostro bisogno di conferme che di solito, sbagliando, siamo soliti chiamare bisogno d’amore”. Partendo da questa riflessione di Galimberti si potrebbe interpretare il tradimento come il tentativo di salvaguardare la propria individualità dall’abbraccio mortale del “noi”? come la reazione all’asfissia di un rapporto che ha privilegiato la sicurezza per la felicità? come il rifiuto che la nostra identità possa costituirsi solo all’interno del recinto dell’amore da non tradire? Si potrebbe interpretare il tradimento come un viaggio fuori dal “noi” che produce un cambiamento in chi tradisce? Già immagino la reazione – soprattutto quella femminile – a questi interrogativi! In effetti di fronte ad un tradimento la reazione più “naturale” è quella della vendetta: senza riflettere che essa è una risposta emotiva che salda il conto ma non emancipa la coscienza, perché, certamente, quando è immediata scarica una tensione, ma quando è rimandata restringe la coscienza in fantasie di crudeltà tali da impedirle di fare qualsiasi altra esperienza. Alla vendetta si accompagna quel meccanismo di negazione che mi porta a negare il valore dell’altro, prima idealizzato: l’altro che prima era tutta la mia vita, ora è ricacciato per intero nella sua ombra. Se poi con la vendetta compare anche il cinismo che mi fa dire che l’amore è sempre una fregatura, o la svalutazione di sé che porta a deridere i sentimenti provati, che mi fa vergognare di averli provati, allora, credo, che chi ci rimette maggiormente sono io perché tradisco me stesso e blocco la mia coscienza. Ragionando a freddo verrebbe di chiederci se non sia più conveniente per noi riconoscere (ovvio che il riconoscimento dovrebbe essere reciproco)  il tradimento (perdono forse è una parola troppo grossa?) e passare oltre. Ciò costituirebbe certamente un salto perché ci emanciperebbe da una visione ingenua dell’amore che non vuole vedere la parte oscura che costituisce ognuno di noi. Nel tradimento la realtà appare nel suo doppio, ha termine quella beatitudine infantile che non conosceva il male. Riflettendo su queste cose con i ragazzi a scuola all’interno di una attività di consulenza filosofica sulle emozioni connesse all’amore e a cui questi post sull’amore si ispirano, una ragazza ha così raccontato il suo stato d’animo quando è posseduta dall’odio scatenato da un tradimento: “L’odio è il sentimento più vicino all’amore, anzi è amore. Chi non ama non può odiare. E’ la parte oscura dell’amore. Quando questo sentimento entra in gioco il corpo cambia completamente. Si sentono dolori in varie parti del corpo, anche se si è la persona più sana del mondo. Viene voglia di gridare, di farsi del male per concentrare questo dolore in un’altra zona. Ti senti sola e pensi che tutti ti siano contro … ti chiudi in te stessa e non vuoi parlare… sembra inutile qualsiasi tentativo di arginare questa tempesta, questa immensa sensazione di rabbia”. Nell’amore, l’odio è il riflesso dello stato di pericolo in cui versa la persona che ama perché, quando si ama, l’amato ha un potere enorme su di me: odiandola è come se volessi riscattarmi dalla dipendenza in cui il mio desiderio d’amore mi pone nei suoi confronti. La dipendenza lede la mia dignità, ma la dipendenza non è forse la parte costitutiva della relazione amorosa? La situazione di vulnerabilità, propria della condizione di dipendenza, mi fa sentire in pericolo: mi difendo col potere di attaccare l’altro, il quale attraendomi ha turbato la mia serenità. Allora non ha forse ragione la ragazza quando dice che solo quando si ama si odia veramente? (Amore - 7 precedente  successivo)

 
 
 
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