TUTTE LE PRESENTAZIONI DEL MIO ULTIMO LIBRO

Post n°237 pubblicato il 13 Ottobre 2009 da eleperci
 
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I LOMBARDI CHE FECERO L'IMPRESA
La Lega e il Barbarossa tra storia e leggenda
I cavalieri, i fanti, le armi e i clangori. Sullo sfondo dell’Italia e dell’Europa del XII secolo. Una storia di battaglie. Sul campo, ma anche nei palazzi del potere. Oggetto del contendere, il desiderio di libertà e autogoverno dei Comuni lombardi rispetto all’Impero, in mano ai sovrani di Germania. Presenti solo nominalmente finché a cingere la corona non è Federico di Hohenstaufen, il Barbarossa, uomo dalle idee chiare e con un concetto assoluto della dignità imperiale… Il libro ricostruisce fedelmente le vicende basandosi su documenti e cronache coeve, inquadrandole alla luce degli studi storiografici. Un racconto che in maniera vivace, con uno stile accattivante, coinvolge il lettore nell’atmosfera del tempo. Il punto di vista è inedito. Protagonista infatti è proprio Federico, il «nemico», che vive in prima persona le battaglie, gli scontri, gli incontri con la realtà ignota delle città italiane, fino a rendersi conto dell’impossibilità di realizzare il suo sogno di grandezza. Pagine che si leggono d’un fiato e contribuiscono a ricostruire un tassello della nostra storia con cui ancora oggi – e le cronache politiche lo dimostrano – dobbiamo fare i conti.


ELENA PERCIVALDI
I LOMBARDI CHE FECERO L'IMPRESA
La Lega e il Barbarossa tra storia e leggenda
PAGG.: 232
PREZZO: 16,00 EURO
COLLANA: Medioevalia
FORMATO: 14,5*21
ISBN: 978-88-514-0647-9

In libreria dal 16 settembre 2009

ORDINA:
http://www.ancoralibri.it/Catalogo/tabid/55/ProductID/6447/Default.aspx

 

* Giovedì 22 ottobre 2009 alle ore 21 a BONATE SOPRA (BG), presso il Centro culturale Don Lorenzo Milani (P.zza Vittorio Emanuele II 23)
* Venerdì 23 ottobre 2009, alle ore 20, a PREGNANA MILANESE (MI) presso la Saletta "Giorgio Carenzi" della Biblioteca
* Sabato 24 ottobre 2009, alle ore 21, a GRASSOBBIO (BG), presso Palazzo Belli (Via Roma 46)
* Lunedì 26 ottobre 2009, alle ore 21, a OPERA (MI) presso la Biblioteca Comunale (via A. Gramsci 21)
* Sabato 31 ottobre 2009 alle ore 17.30 a LISSONE (MB), presso la Biblioteca Civica (piazza IV Novembre, 2)
* Venerdì 20 novembre 2009, alle ore 20.45, a TREZZO SULL'ADDA (MI) presso la Società Operaia di Mutuo Soccorso (piazza Santo Stefano)
* Domanica 22 novembre 2009, alle ore 15.30, ad ALBIATE (MI), presso Villa Campello (via Dante 15)
* Sabato 5 dicembre 2009 alle ore 17 a MILANO, nello spazio Eventi della Libreria Feltrinelli di via Manzoni, 12


PRESENTAZIONI GIA' SVOLTE:
* Venerdì 9 ottobre 2009 alle ore 21 a CERESARA (MN), presso la SALA CIVICA (Via Agli Orti)

 
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Mario Resca commissario straordinario per la Grande Brera. Che va in tournée...

Post n°236 pubblicato il 13 Ottobre 2009 da eleperci
 
Foto di eleperci

Operazione di marketing internazionale e un commissario “plenipotenziario” come quello dei Fori Imperiali di Roma: ecco i due punti fermi per il 2010 della Grande Brera annunciati dal sindaco di Milano, Letizia Moratti e dal ministro per i Beni Culturali Sandro Bondi. A fare da “grimaldello” alla “(ri)conquista”, da parte di Brera, del palcoscenico mondiale sarà il volume Brera. La Pinacoteca: storie e capolavori, edito da Skira in edizione italiana e inglese, presentato ieri in un'affollata conferenza stampa.
Dentro c'è tutto: i celeberrimi gioielli, dal Mantegna a Piero della Francesca, da Caravaggio a Raffaello, ma anche le opere meno note, spiegati con un linguaggio semplice comprensibile anche ai non “addetti ai lavori”. Il libro, dunque, sarà esportato nelle grandi capitali della cultura mondiali in un vero e proprio tour che partirà il 5 novembre da New York e toccherà via via Parigi, Londra, San Pietroburgo, Berlino, Madrid, Tokyo, Buenos Aires, Abu Dhabi.
E con esso, anche il progetto della Grande Brera, che - ha detto Bondi - “comincerà nel 2010 per concludersi nel 2015 in tempo per l'Expo”, e avrà come commissario straordinario Mario Resca, attuale Direttore Generale per la valorizzazione del patrimonio culturale. La nomina sarà resa ufficiale nei prossimi giorni. “In futuro - ha aggiunto il ministro Bondi - avremo anche una fondazione che riunirà tutti gli imprenditori che vorranno partecipare a questa impresa”. Un'impresa che, almeno stando alla carta, sembra avere i numeri per sfondare: 300mila visitatori a tre mesi dalla fine dell'anno, quando in tutto il 2008 erano stati 200mila. E ben 12mila presenze nel solo giorno di Ferragosto, durante l'apertura straordinaria della Pinacoteca per festeggiare i suoi duecento anni.
I lavori, intanto, fervono, ma non fermeranno la programmazione. Come ha detto l'assessore alla Cultura del Comune di Milano, Massimiliano Finazzer Flory, “aspettando palazzo Citterio utilizzeremo palazzo Cusani per mostre, esposizioni e conferenze. Entro fine mese, poi, porterò in giunta una delibera per far sì che da novembre chi acquista il biglietto per la Pinacoteca possa visitare gratis anche il Museo del Risorgimento”. La Grande Brera, a suo dire, passerà anche attraverso la creazione di un'area pedonale per passeggiare alla scoperta di antiquari e gastronomie. E con un Orto botanico piantumato a rose, visto che “il roseto per tradizione è l'angolo riservato alla poesia”.
Mentre c'è attesa per le prossime mostre che concluderanno il bicentenario - “Brera e la guerra”, dal 10 novembre al 21 marzo 2010, e “Carlo Crivelli e Brera”, dal 25 novembre al 28 marzo prossimi - la voce che si alza sempre più convinta è che la grande crisi sia ormai alle spalle. Speranza o realtà, lo si vedrà presto. (elena percivaldi)

[exibart]

 

LA NOTIZIA E' PUBBLICATA SU EXIBART:
http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=29015&IDCategoria=204

 
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IL MIO LIBRO VINCE IL PREMIO ITALIA MEDIEVALE!!!

Post n°235 pubblicato il 04 Settembre 2009 da eleperci
Foto di eleperci

La "Navigatio Sancti Brendani", ossia la Navigazione di san Brandano, classico della letteratura medievale, ha vinto l'Edizione 2009 del Premio Italia Medievale bandito dalla prestigiosa Associazione Culturale Italia Medievale (AICM). Il Premio ha ricevuto il riconoscimetno del Presidente della Repubblica Italiana.
Il libro, edito da "Il Cerchio Iniziative Editoriali", presenta il testo latino dell'opera, la traduzione, il commento e un'ampia introduzione a cura di Elena Percivaldi, e una prefazione di Franco Cardini.
ANONIMO DEL X SECOLO
LA NAVIGAZIONE DI SAN BRANDANO
Introduzione, traduzione, note e commento a cura di Elena Percivaldi
Prefazione di Franco Cardini
pp. 224 - € 18,00
Il CERCHIO INIZIATIVE EDITORIALI
 
IL LIBRO
L’autore, anonimo,  fu probabilmente un ecclesiastico irlandese, che si basò sul patrimonio leggendario della sua terra, inserendovi spunti di derivazione cristiana. Brandano, abate benedettino irlandese (Clonfert), è un santo, vissuto nel VI secolo: si procurò fama di navigatore fondando monasteri sulle isole tra l’Irlanda e la Scozia. Forse sbarcò, prima di Cristoforo Colombo e dei Vichinghi, nelle terre che poi si sarebbero chiamate America. Il mito lo trasfigurò, immaginandolo alla testa di una ciurma di monaci, alla ricerca di un paradiso terrestre e dei santi situato su un’isola misteriosa, facendo vari incontri con creature fantastiche di ogni tipo che fanno quasi di questo libro un precursore della letteratura fantasy. L’opera, tradotta nel corso dei secoli in varie lingue, è considerata tra le fonti di ispirazione della Divina Commedia di Dante.
L'AUTRICE - Elena Percivaldi
Medievista e saggista, nata a Milano nel 1973, vive a Monza. Giornalista professionista, critico d'arte e musicale, si occupa di storia, arte, archeologia, musica antica e classica. Collabora con numerose testate specialistiche. E' membro, tra le altre, della Società Storica Lombarda, dell'AISSCA (Associazione Italiana per lo Studio dei Santi, dei Culti e dell'Agiografia) e della Società Friulana di Archeologia.
 
 
IL PREMIO ITALIA MEDIEVALE
http://premioitaliamedievale.blogspot.com/
http://www.italiamedievale.org/sito_acim/premio_italia_medievale/2009/premio09.html
 
 
Ecco tutti i risultati della sesta edizione 2009:

Categoria A (Editoria (scrittori, editori, tipografi, grafici, librerie)
ELENA PERCIVALDI
http://www.ilcerchio.it/ilcerchio/san_brandano.htm

Categoria B Arte (pittura, scultura, artigianato, modellismo, abiti)
GIOVANNA FANTONI
http://www.arcumadducere.it/ceramiche/ceramiche.htm

Categoria C Spettacolo (attori, registi, produttori, musicisti)
PAOLO GRAZIOSI
http://www.paolograziosi.it/

Categoria D Gruppi storici (associazioni, gruppi d'arme, giochi storici)
COMPAGNIA GRIFONE DELLA SCALA
http://www.grifonedellascala.com

Categoria E Istituzioni (enti pubblici, università, musei, biblioteche)
MUSEO ARHEOLOGICO DELL’ABRUZZO BIZANTINO E ALTOMEDIEVALE
http://h1.ath.cx/muvi/sistema/mubiz/

Categoria F Turismo (agenzie, tour operator, apt)
LA VIA CAROLINGIA
http://www.viacarolingia.it/

Categoria G Multimediale (internet, web agency)
ITINERARI MEDIEVALI
http://www.itinerarimedievali.unipr.it/

 

 Il sito dell'Associazione Italia Medievale
http://www.italiamedievale.org/

 
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Post N° 234

Post n°234 pubblicato il 25 Luglio 2009 da eleperci
Foto di eleperci

 

I LOMBARDI CHE FECERO LA RIVOLUZIONE

 

La rivolta antiborghese di un gruppo di giovani “spettinati” e arrabbiati. Che vollero cambiare l'arte all'insegna del naturalismo, contro ogni convenzione e con molte concessioni al morboso. Inquietudini forti, ma dai contorni sfumati, in mostra a Palazzo Reale

 

 

MILANO - Correva l'anno 1862, l'alba dell'unità d'Italia. E già qualcuno storceva il naso nei confronti del nuovo assetto politico, via gli Asburgo dentro i Savoia, e con loro il prossimo trionfo del borghese senza qualità, politically correct e amante di trine e merletti, tanto moralista di facciata quanto provincialmente chiuso nella contemplazione della sua piccola “bottega”. Quel “qualcuno” era <b>Cletto Arrighi</b>, al secolo Carlo Righetti, autore del romanzo <i>La Scapigliatura e il 6 febbraio</i>, in cui raccontava la fallita rivolta antiaustrica del 1853 condotta da giovani ribelli, «vero pandemonio del secolo, serbatoio dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini costituiti», ormai già di nuovo e per sempre disillusi. Arrighi era il primo di una folta truppa di ragazzotti ribelli che al profumo di lavanda delle lenzuola delle stanze da letto borghesi preferivano l'odore acre e pungente dei postriboli. Gente come <b>Carlo Dossi</b>, <b>Emilio Praga, <b>Arrigo Boito</b>, <b>Iginio Ugo Tarchetti</b>, che tanto deprecava il Romanticismo italiano specie se di marca storica, quanto adorava lo strano, il deforme, il perverso e il malato fino ad elevarlo a ideale di vita. E infatti le loro furono quasi tutte vite brevi ma intense, molto <i>maudit</i>, ispirate alla <i>bohème</i> francese, con padre putativo scelto, <i>ça va sans dire</i>, <b>Charles Baudelaire</b>. Questa fu la base letteraria della Scapigliatura, che ebbe come epicentro una Milano all'epoca ancora fucina di cultura e creatività. Ma dalla carta alla tela il passo fu breve, e l'attenzione verso il vero osservato col piglio dell'anatomopatologo, senza idealizzazione alcuna ma anzi perfino didascalico nel mostrare le sue impietose brutture e imperfezioni, travolse come un fiume in piena anche l'arte. Per apprezzare quello che a ragione si può considerare l'unico movimento - Futurismo a parte - davvero e autenticamente rivoluzionario prodotto sotto la Madonnina si deve visitare la mostra allestita a Palazzo Reale, che raccoglie circa 250 opere di 38 artisti: esposizione abbastanza completa, dopo quella storica della Permanente nel 1966, soprattutto se accoppiata alla rassegna della Biblioteca di via Senato, che presenta per la prima volta il Fondo Sommaruga ricco di lettere, biglietti postali, cartoline, volumi, riviste e caricature.

A Palazzo Reale dunque incontriamo la vaporosità pastosa e il cromatismo “alla veneta” di <b>Tranquillo Cremona</b> (1837-1878): <i>I cugini</i> sfumati al punto che i contorni si dileguano mostrando volumi su cui la luce rimbalza e si rifrange come un prisma ottico, gli amanti appassionati avvinti come <i>L’Edera</i>, opere che scandalizzarono i fautori del compassato verismo del Bertini suscitando invece gli entusiasmi di <b>Medardo Rosso</b>. Tranquillo morì 41enne avvelenato dal piombo contenuto nelle tempere, che si spalmava sulle mani. Spirò in preda alla follia <b>Daniele Ranzoni</b> (1843-1889), le cui vedute del Verbano trasudano malinconia e si scompongono in virtuosistici giochi di luce. Si può poi apprezzare l'esordio scapigliato dei futuri divisionisti come <b>Vittore Grubicy</b> (<i>Ritratto di donna alla finestra</i>) o <b>Angelo Morbelli</b> (<i>Venduta!</i>), e le tappe di realizzazione del Monumento alle Cinque Giornate di <b>Giuseppe Grandi</b>. Dalla genesi “ideale” alla fine accademica, con l'eredità che la Scapigliatura lasciò -grazie all'estetica del “non finito”- nella creazione dello spazio moderno, la mostra fa riflettere su quanto questo movimento a lungo e a torto considerato “locale” abbia invece anticipato, col suo insistere sul destino di un uomo ormai solo, disilluso, alle prese con le proprie fragilità, insicurezze, manie e nevrosi, tutto il tormento tipicamente novecentesco. Allestimento forse un poco da rivedere per quanto riguarda le luci, catalogo (Marsilio) degno di lode.

 

Elena Percivaldi

 

 

 

 

Fino al 22.XI.2009

Scapigliatura. Un “pandemonio” per cambiare l'arte

Milano, Palazzo Reale

Piazza Del Duomo 12

+39 02875672 +39 02875672

www.comune.milano.it/palazzoreale/

a cura di Annie-Paule Quinsac

Orario: lunedì dalle 14.30 alle 19.30; martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 9.30 alle 19.30; giovedì dalle 9.30 alle 22.30.

Ingresso: 9,00 €, ridotto 7,50 €

Catalogo Marsilio

 
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I CELTI E IL CALENDARIO

Post n°233 pubblicato il 29 Giugno 2009 da eleperci

Grazie all'amico Alberto Lombardo del Centro Studi La Runa per aver ripubblicato, tradotto in francese, un mio vecchio articolo sui Celti e il calendario. Lo trovate qui:

www.centrostudilaruna.it/quand-les-celtes-mesuraient-le-temps.html

Buona lettura!

 
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PAGINA FAN DI FACEBOOK

Post n°232 pubblicato il 20 Giugno 2009 da eleperci
Foto di eleperci

Ciao a tutti! Con grande piacere comunico la nascita - da pochi giorni - della fan page che mi hanno dedicato su Facebook. Ecco il link:

http://www.facebook.com/pages/Elena-Percivaldi/93783051930

La mia pagina personale, invece, è:

http://www.facebook.com/elena.percivaldi

A presto risentirci!

 

 

 

 

 

 
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BIENNALE, PROMOSSI E BOCCIATI NELLA KERMESSE LAGUNARE

Post n°231 pubblicato il 20 Giugno 2009 da eleperci
 
Foto di eleperci

Piccolo vademecum di bellezze e brutture sul palcoscenico della Serenissima. Dal caos all’Arsenale al Leone alla carriera di Yoko Ono...


di ELENA PERCIVALDI
«La mia speranza? È che questa Biennale non presenti dei meri frammenti di qualcosa che è crollato, ma fornisca anche degli spunti di qualcosa di là da venire, se non come una visione nuova e totalmente coerente, almeno come una pluralità emergente di possibilità». Così il direttore Daniel Birnbaum annunciava a una nota rivista d’arte, pochi giorni prima dell’apertura ufficiale, sogni progetti e programmi di questa 53ma edizione della mega-rassegna d’arte in Laguna. Ci è riuscito? Ecco qua, secondo il nostro modesto parere, una piccola selezione di promossi e bocciati della kermesse.

PROMOSSI

PORTO D’ARMI... O PORTO D’ARTI. Il grande Luciano Caramel ha preso otto artisti di livello assoluto - Franco Batacchi, Ennio Finzi, Ferruccio Gard, Riccardo Licata, Gianmaria Potenza, Santorossi, Livio Seguso, Ottorino Stefani -, denominatore comune il particolare legame con Venezia, che ciascuno ha scelto come luogo dove creare le proprie dieci opere. Location straordinaria (la duecentesca chiesa sconsacrata di Santa Marta, all'interno bookshop, caffetteria e spazio conferenze) e mission not impossible: usare il Porto restaurato, luogo di approdo e scambio tra culture diverse, per dimostrare che nella Serenissima l’arte continua, come in passato, a fare la Storia. Obiettivo centrato.

UN BACON DAGLI ARMENI. Una piccola mostra gioiello in un grande gioiello architettonico. La Punta dell’Iceberg, curata da Alberto Agazzani e Edward Lucie-Smith, propone una ventina di disegni su carta di Francis Bacon che delineano una galleria di personaggi umanamente mostruosi tipici dell’iconografia del celebre pittore irlandese scomparso nel 1992. Evento e contesto di rara emozione.

BERLUSKA ÜBER ALLES. In mezzo alla bagarre elettorale, tra riforme sulle intercettazioni e il cancan mediatico delle note vicende coniugali e noemiane, il premier fa bella mostra di sé in un'installazione al padiglione russo. Un salto alla mostra di Birnbaum, ed eccolo lì, sogno (o incubo) di George Adéagbo che ne ha fatto il soggetto principe del suo intervento. Berlusconi ha il dono dell’ubiquità. C’è anche quando manca. Vizio o virtù?

BOCCIATI

FARE MONDI... O DISFARLI? Making Worlds, rassegna principe di Birnbaum collega in un’unica mostra le sedi espositive del rinnovato Palazzo delle Esposizioni ai Giardini e dell’Arsenale, e riunisce – inclusi i collettivi – più di 90 artisti da tutto il mondo, con nuove opere di tutti i linguaggi. Ma risulta inutilmente e fastidiosamente parcellizzata nonché dispersiva. Il percorso all’improvviso si interrompe per lasciare posto ad una serie di padiglioni nazionali (Cile, Turchia, Italia) e poi riprende con i lavori di Miranda July e di Lara Favaretto. In mezzo, una giungla senza capo nè coda. Disorientante e fuorviante, si esce con la sensazione di essere passati in un frullatore.

L’ARSENALE IN BARCA. Le opere esposte all’Arsenale lasciano quantomeno perplessi. Poche le cose degne di nota. Come la seconda opera, una installazione di Michelangelo Pistoletto con una serie di specchi infranti, che lo restituisce all’Arte dopo una lunga e non giustificata interruzione. Ma in mezzo a video che mostrano figurine intente ad amplessi collettivi, pareti piene di bastoni da passeggio appesi, madie colme di pani del mulino bianco, il tono generale è incline al caos. Sulla terraferma, viene il mal di mare.

100 SEXES D'ARTISTES. Prima ancora di essere allestita, è stata bocciata dagli organizzatori, direttore Birnbaum e presidente Paolo Baratta in testa. Jacques Charlier voleva esporre alcuni disegni nei quali proporre in maniera caricaturale il ritratto immaginario degli “organi di riproduzione” degli artisti che a suo avviso, a partire da Marcel Duchamp, hanno segnato l'arte del XX secolo. Il ministero della cultura belga suggerisce di esporne 100 come cartelloni in giro per Venezia. Ma il Comune nega gli spazi per le affissioni, sostenendo che «alcuni cartelloni potrebbero offendere il comune senso del pudore». La mostra è stata fatta ma una barca ormeggiata sulla Riva dei Sette Martiri, vicino ai Giardini. Lontano dagli occhi degli spettatori più pudìchi.

PREMIO ALLA CARRIERA A YOKO ONO. L’Omaggio a Yoko Ono a Palazzo Contarini del Bovolo, con tanto di megaparty e bagno di folla all’inaugurazione, ha suscitato molti sorrisi stiracchiati. Possibile che la moglie di John Lennon, scopertasi artista "di tendenza" in età ormai veneranda, meriti un Leone d’Oro alla Carriera? Poi si scorrono i nomi dei giurati e tutto diventa subito più chiaro. Pure troppo.

ORGANIZZAZIONE. Cartelli piazzati male. Indicazioni inesistenti. Il percorso dell’Arsenale buttato come capita. Difficoltà a trovare informazioni. Giravano poi voci di biglietti a costi folli (350 euro, ma stiamo scherzando?) per vedere le mostre durante i giorni dell’inaugurazione per chi, a parte i pochi fortunati, non aveva l’accredito. D’accordo che la Biennale è lunga. Ma l’arte non dovrebbe essere alla portata di tutti e non solo dei soliti noti o danarosi?

IL SINDACO CACCIARI. Infine, consentiteci una nota biografica. Siòr sindaco, ci spiega per favore per quale motivo i ponti che passano sulle calli - e non solo quelli minori: anche quelli lungo Riva degli Schiavoni tranne uno - sono privi di scivoli? Come si fa a passare con la carrozzina (i disabili) o più semplicemente con un passeggino (la sottoscritta, gravata dal dolce peso di un bimbo piccolo)? Al settimo ponte di seguito, superato solo grazie alla solidarietà di qualche gagliardo turista, mi sono arresa. Stremata. Possibile che una città che attira milioni di turisti debba essere ostaggio delle barriere architettoniche? Provvedere, please.

 
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IL MIO INTERVENTO SU RAI RADIO 1

Post n°230 pubblicato il 06 Marzo 2009 da eleperci
Foto di eleperci

01/03/2009 - L'ARGONAUTA.
In viaggio fra libri e cultura. Puntata n. 265.


1 - Focus di Antonella Ambrosioni:Lo sapevate che anche animali, piante e fiori possono essere per cosi' dire "clandestini"? Ci svelano questo aspetto ignorato dalla natura che ci circonda Marco Di Domenico autore di "Clandestini" e Michela Pasquali autrice di "I giardini di Manhattan".
2 - Cosa leggiamo stasera?:Elena Percivaldi ci consiglia un libro di storia e di arte "La nascita delle mostre" di Francis Haskell.
3 - Non solo libri di Riccardo Paradisi:"Leggere" per capire le tendenze del mercato editoriale.
4 - Scaffale delle muse (libri e scienze) di Elio Cadelo:Una "Storia della matematica" per cercare di uscire dal nostro analfabetismo scientifico.
5 - All'insegna del libro proibito di Riccardo Paradisi:I due milioni di tedeschi morti dopo la fine della guerra di cui parla "Naufraghi della pace" a cura di Guido Crainz, si possono definire un olocausto dimenticato, o no?
6 - Fame usurpate di Marco Cimmino:Ricordiamo i 90 anni del senatore a vita Giulio Andreotti, con questo ritratto controcorrente.
7 - In cauda venenum:Il professor Attilio Mastino cita un motto latino inedito, perche' solo di recente scoperto in Africa.
 [ ASCOLTA LA PUNTATA ]
http://www.radio.rai.it/radio1/argonauta/archivio_2009/audio/argonauta2009_03_01.ram


 

 
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Splende a Venezia il Breviario Grimani, capolavoro del Rinascimento fiammingo

Post n°229 pubblicato il 04 Febbraio 2009 da eleperci
 














Splende a Venezia il Breviario Grimani, capolavoro del Rinascimento fiammingo


 







pubblicato martedì 3 febbraio 2009

Nel 1520 fu comprato per la cifra record di 500 ducati d'oro dal cardinale Domenico Grimani, che poi morendo lo lasciò in eredità alla Serenissima Repubblica di Venezia a condizione che fosse mostrato solo a persone di straordinario riguardo e in circostanze eccezionali. Il Breviario Grimani, che ha fatto parte fino al 1781 del Tesoro di San Marco, è uno dei massimi capolavori dell'arte miniaturistica fiamminga del Rinascimento: 835 carte (ossia, volgarmente, 1670 pagine) rilegate in velluto cremisi e decorate con soggetti religiosi e profani spesso a tutta pagina, racchiusi in eleganti cornici finemente cesellate. Catalogato come ms. Lat. I 99 = 2138 della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, nonostante sia rinomato per la sua bellezza è di fatto pressoché sconosciuto: per ovvie ragioni di conservazione, non può essere consultato nemmeno da studiosi ed è quindi disponibile ad un esame soltanto attraverso riproduzioni parziali e insoddisfacenti, che fanno grave torto alla preziosità dell'originale. Ora questo testo di enorme bellezza torna a disposizione di tutti grazie alla nuova e accuratissima riproduzione in fac-simile pubblicata dalla Salerno Editrice e presentata ieri alla Marciana di Venezia, dove per l'occasione è stato esposto anche l'originale. L'opera, realizzata sotto il patrocinio e in collaborazione con la Regione Veneto, è corredata da un ampio volume di Commentario che consente un approfondimento di tutti i dati storici, codicologici, artistici, paleografici del manoscritto. Per studiosi e appassionati, una vera gioia per gli occhi. (elena percivaldi)






Info: 063608201
Web:
www.breviariogrimani.eu - www.salernoeditrice.it

[exibart]



 


PUBBLICATO SU EXIBART:
http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=26289&IDCategoria=204

 
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MILANO FINAZZER FLORY

Post n°228 pubblicato il 01 Febbraio 2009 da eleperci
 














Il Futurismo che compie cento anni e va debitamente festeggiato nella città che ne è stata la culla intellettuale. I Musei (e le fondazioni) in costruzione in città. Il rilancio del Pac e il giudizio sul predecessore Vittorio Sgarbi. Ecco la Milano che si acconcia per l’Expo del 2015. Ed ecco il suo nuovo assessore alla cultura, Massimiliano Finazzer Flory...






 

pubblicato venerdì 30 gennaio 2009

Entriamo subito nel merito. Il suo programma a Milano per l’arte contemporanea.
Parto dal presupposto che occorra chiedersi in che direzione procedere. Per me, si deve andare sia avanti che indietro: indietro, perché bisogna “fare” la storia dell’arte contemporanea, tentare di comprendere l’arte che finora non abbiamo compreso per capire cosa sta succedendo oggi; avanti, perché dobbiamo cercare nuovi orizzonti nei quali siano comprese anche le nuove tecnologie. Mi piacerebbe ad esempio fare una mostra di videoinstallazioni per ragionare e riflettere sul rapporto tra estetica e tecnica. Oggi lo trovo indispensabile.

Il difetto meneghino che vuole correggere subito.
Milano deve “fare sistema”, e lo dico senza retorica. Credo fermamente che sia indispensabile creare un coordinamento tra galleristi, collezionisti, mercanti d’arte, critici e artisti senza dimenticare il pubblico. Agli artisti, in particolare, soprattutto giovani, bisogna offrire visibilità rompendo il mercato dei soliti noti. Purtroppo è ormai passato il concetto che il bello debba per forza costare molto, e che quindi se un’opera costa molto automaticamente è bella. Ma chi l’ha detto? L’arte è arte in sé, nel momento in cui si quantifica il valore dell’arte contemporanea in denaro, la storia è bell’e finita.

Scacco alla crisi di idee in due mosse. La prima?

Investire molto sulla formazione. A gennaio al Pac ho organizzato un ciclo di incontri sul tema Che cos’è il contemporaneo. Alla fine ci sarà un dibattito al quale potrà intervenire anche il pubblico. L’arte e la cultura non possono viaggiare a compartimenti stagni.

La seconda?
Ho creato subito una Commissione per la Liberazione della Cultura e ho chiamato a parteciparvi trenta intellettuali che stimo molto e che credo daranno un impulso decisivo al rilancio culturale di Milano. Come artista ho invitato Debora Hirsch, che esprime alla perfezione il tipo di figura alla quale guardo in questo momento. Brasiliana di nascita ma milanese d’adozione, ha una formazione scientifica ma come artista è poliedrica e ama sperimentare ed esprimersi con linguaggi tra loro diversi. Proprio come ho sempre fatto io.

Problema spazi. O mancano, o sarebbero da rilanciare. Da dove cominciamo?
Dal Pac. Molto sinceramente, penso che debba essere ripensato con una strategia che proceda secondo un doppio binario: da un lato, deve tornare a ospitare mostre non scontate ma originali sia per forma sia per contenuto; dall’altro, deve essere reso internazionale, diventare un po’ il laboratorio del nostro mondo, che cambia in continuazione.

Museo del Novecento di Italo Rota, a che punto siamo?
Il Museo del Novecento è molto atteso perché offrirà a Milano un luogo di rappresentazione della modernità , di una storia aperta alla libertà. Perché siamo tutti figli del Novecento. Sarà un museo connesso non solo idealmente ma concretamente al contesto urbano al fine di una fruttuosa interazione con gli altri asset culturali della città. Verrà inaugurato entro il 2011, quasi certamente nel 2010. La parte della collezione che riguarda il primo Novecento è di grande valore e non vi è dubbio che in questo museo sarà anche protagonista Lucio Fontana, presente con opere impareggiabili.

Cosa sarà, invece, la Città delle Culture di David Chipperfield negli spazi dell'ex-Ansaldo? Il cantiere procede regolarmente?
La Città delle Culture in primo luogo è Milano. Gli spazi dell’ex Ansaldo potrebbero riconoscere finalmente che l’identità di questa città è plurale, non indifferente alle differenze. La riconversione creativa di un’area industriale è la grande occasione per ripensare alla parola cultura attraverso una logica capace di coniugare l’estetica e l’etica delle idee e delle opere. Naturalmente il progetto oggi soffre di una scena internazionale e nazionale che dal punto di vista economico e finanziario non è favorevole, ma è nostra volontà andare avanti con determinazione.

A proposito di nuovi spazi, è in costruzione la Fondazione Prada, a opera di Rem Koolhaas, e sono in piena attività le fondazioni Pomodoro e Trussardi. Qual è il giudizio sul lavoro dei privati in città e come imposterete una collaborazione?
Le fondazioni non sono solo dei soggetti privati, ma hanno iscritto in se stessi uno statuto di relazionalità con il territorio. Il terreno di collaborazione tra il pubblico e il privato non può che essere perciò proprio il territorio interpretato attraverso simboli e segni in grado di fornire fattori di sviluppo al contesto urbano. Ovviamente ritengo non solo legittimo ma doveroso il fatto che venga riconosciuta all’Istituzione che rappresento il compito di disegnare strategie e offrire sistemi culturali al fine di facilitare la produzione creativa delle Fondazioni.

Gli eventi top dell’immediato futuro.
Punteremo moltissimo, com’è logico, sul Futurismo, visto che nel 2009 ricorre il centesimo anniversario dalla pubblicazione del Manifesto di Marinetti. Abbiamo in programma la grande mostra di Palazzo Reale, ma sarà solo uno degli oltre cento eventi che faranno rivivere il Futurismo in maniera significativa e suggestiva in tutta la città, dal centro alle periferie. Musica, teatro, letteratura, danza in luoghi inaspettati. Per dare una visione poliedrica e sfaccettata di un movimento artistico che è stato centrale per Milano e ancora oggi non ha smesso di esercitare la sua influenza. Poi all’inizio della primavera, il 21 marzo, ci sarà la prima Giornata della Lettura: tante iniziative per riscoprire il piacere del libro che raggiungeranno il culmine nella “Notte bianca” con letture in biblioteca a lume di candela.

E per l’arte contemporanea?
A maggio un grande appuntamento dedicato al rapporto tra scienza e arte contemporanea.

Giudizio secco sul suo predecessore, Vittorio Sgarbi.

Senza polemica: lo Sgarbi uomo è molto migliore dell’immagine che egli dà di se stesso. Da assessore si è mosso sempre cercando di attirare l’attenzione su Milano, ma io credo che se questo è stato possibile, è perché Milano è bella in sé e per sé e ha molto da offrire di suo. L’ho scoperto anche io raccontando le bellezze inconsuete di Milano in una serie di libri pubblicati da Skira.

Quindi andrà coi piedi di piombo…
No! Anche io oso e sono, per così dire, temerario... Ma i rischi che voglio correre sono su cose concrete. In direzione della formazione in primo luogo, e della creazione di un lavoro di équipe che sia in grado, come dicevo prima, di “fare sistema”. Poche chiacchiere, insomma, e rimboccarsi le maniche.

Il suo motto?
Una frase di Pascal che amo molto: “Per conoscere le parti bisogna conoscere il tutto, per conoscere il tutto bisogna conoscere particolarmente le parti”. Ogni parte di Milano ha già in sé un’idea della città. Non resta che individuarla e svilupparla.


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a cura di elena percivaldi




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Scheletri danzanti, cadaveri di persone in vita appartenuti ai ceti più diversi che girano in tondo...

Post n°227 pubblicato il 29 Gennaio 2009 da eleperci
 














fino al 15.III.2009
Danze Macabre
Bergamo, sedi varie


Scheletri danzanti, cadaveri di persone in vita appartenuti ai ceti più diversi che girano in tondo, a ricordare che la morte è uguale per tutti. E che colpisce sempre senza ritegno. Ecco il tema della “danza macabra”, che si diffuse nell'Europa tardo-medievale e divenne un “classico”...






 

pubblicato giovedì 29 gennaio 2009

L’idea della Danse macabre parte da una poesia scritta nel 1376 da Jean de Lèvre dopo che due anni prima era guarito dalla peste. I versi rappresentano la morte che, ballando, chiama a sé progressivamente il papa, l'imperatore, il re, il dotto, il chierico, il monaco e la suora, senza distinzione alcuna. È certo: nell’elaborazione non poteva aver influito l’esperienza della Grande Peste Nera, che avrebbe travolto l’Europa coi suoi indicibili orrori solo due anni dopo. L’humus da cui trae linfa si origina molto più indietro nel tempo, radicato com’è nella memoria ancestrale, a certe credenze popolari secondo le quali a mezzanotte i morti ballano nei campisanti, cercando di attirare i vivi a far parte delle loro paurose schiere. Riuscendovi o no, questo resta un enigma.
Tra i primi ad abbracciare il tema e a occuparsi della sua diffusione furono i francescani, ai quali, come si sa, era cara tanto Madonna Povertà quanto Sorella nostra Morte corporale. E dalla metà del Trecento in poi, per far capire alle masse che la vita è solo un bene transitorio e che la felicità ci aspetta altrove, non esitarono a far massiccio uso dei volgari. Del resto, recandosi a predicare in Oriente, i francescani trovavano spesso sulla loro strada i buddisti, presso i quali le ridde di morti e i colloqui tra monaci e cadaveri erano popolari già da secoli. I seguaci del “poverello di Assisi” che lì andarono in missione forse non fecero altro che “importarli” in Europa, dove sarebbero attecchiti grazie al clima fertile provocato da innumerevoli lutti, conditi nel culto dai temi della Passione e della Via Crucis, e nella predicazione dalle visioni sull’Apocalisse, il Purgatorio e l’Inferno.
Il successo della danza macabra conobbe il suo apice nel XV secolo, quando i “girotondi” di scheletri completati da scritte e dialoghi fecero la loro massiccia comparsa sulle mura dei cimiteri e delle chiese di tutta Europa, in particolare in Francia, in Germania e nel nord Italia. E qui il pensiero corre al ciclo di affreschi dell’Oratorio dei Disciplini di Clusone, in provincia di Bergamo, oppure a quello di Pinzolo.

 


Oggi cambia lo scenario, ma la paura è sempre la stessa. La vita si è allungata, ma tutti hanno sempre il terrore di morire. Si muore quasi sempre in ospedale e non più nel letto di casa, e ogni contatto con la Signora in nero è bandito quasi a esorcizzarne, espellendola, la presenza. Ma lei resta sempre lì. E ci aspetta. Ce lo ricordava severo Bergman nel Settimo Sigillo, ce lo ribadiva Totò col sorriso sulle labbra con ‘A Livella. Ce lo rammenta ora a Bergamo e nel territorio orobico la salutare rassegna, promossa dalle fondazioni Adriano Bernareggi e Benedetto Ravasio, Danze Macabre. La figura della Morte nelle arti: mostre, rassegne e incontri, in cui arti visive e sceniche, popolari e colte, si raccolgono intorno al Tema sempiterno.
Meditazioni intriganti, come le interpretazioni di Giovanni Frangi sui brani escatologici del Vangelo di Matteo (la mostra all’ex Oratorio di San Lupo si intitola MT2425, citandone i versetti), oppure il percorso sul libro biblico del Qoelet (ossia l’Ecclesiaste) a cura di Giuliano Zanchi.


Nei (forse) ultimi singulti del consumismo sfrenato e dell’apparente onnipotenza del singolo, con la crisi alle porte o già in casa, ci si ferma a pensare e a riflettere. E se il luccicante baluginio del nostro mondo fatto di cose non fosse altro che uno specchietto per le allodole? Un tentativo patetico di sentirci vivi, quando forse per vivere davvero servirebbe solo ricordarsi che prima o poi, la Nera Signora conquisterà anche noi.


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elena percivaldi
mostra visitata il 30 ottobre 2008

*articolo pubblicato su Grandimostre n. 2. Te l’eri perso? Abbonati!




dal 30 ottobre 2008 al 15 marzo 2009
Danze Macabre. La figura della Morte nelle arti
Sedi varie - 24122 Bergamo
Info: tel. +39 035243539; www.museobernareggi.it


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L'arte calligrafica di Girolamo

Post n°226 pubblicato il 28 Gennaio 2009 da eleperci
 














fino al 15.II.2009
Girolamo dai Libri
Verona, Museo di Castelvecchio


Piccolo è bello, e di gentile aspetto. Così le opere colte di Girolamo il miniatore, che amante dei libri lo era di nome e di fatto. Un’arte calligrafica e raffinata la sua, che cita Mantegna e Perugino. Ma non senza un tocco di originalità...






 

pubblicato mercoledì 28 gennaio 2009

Fu chiamato così dai contemporanei perché viveva di libri. Ma non li scriveva, bensì li illustrava. E lo faceva con la perizia del calligrafo, unita alla mano, ferma ed evocativa, dell’artista di razza. Strana sorte, quella di Girolamo dai Libri (Verona, 1474 ca.-1555). Celebre e apprezzato in vita, dopo la morte finì rapidamente dimenticato. E a poco valse il circostanziato racconto del Vasari, che ne descrisse appassionatamente dipinti e miniature, giudicandolo “tanto grande nell’arte” da offuscare la fama del padre Francesco.
A soli sedici anni ottenne la commissione per la Deposizione dalla Croce per l’altare della famiglia Da Lisca nella chiesa di Santa Maria in Organo, pala che destò meraviglia per la finezza dello stile e lo splendore dei colori. Dopo questo debutto, fu un continuo crescendo: il Presepio dei conigli, commissionato dai Maffei, con i due animali trattati in maniera talmente calligrafica da sembrare miniati; i Santi Rocco, Sebastiano e Giobbe dipinti per scongiurare la peste del 1510-12 e i cui volti scorciati e i modellati perfetti sono un chiaro omaggio a Mantegna; la Madonna con bambino e i santi Anna, Giuseppe e Gioachino con il suo enigmatico simbolismo.
Nato miniatore e cresciuto pittore, Girolamo si fece interprete di un classicismo che, pur risentendo della lezione appunto di Mantegna nelle posture e nei modellati, è tuttavia aggraziato dalla non comune capacità di rendere con precisione il minimo dettaglio: ciò, unitamente all’uso di colori lucidi e sgargianti e a un meticoloso equilibrio compositivo, rende le sue opere eleganti e raffinate, come si può apprezzare nella prima mostra monografica a lui dedicata. Si vedano i dipinti realizzati per Santa Maria in Organo, dove esordì e per la quale lavorò lungo tre lustri. Si vedano le Storie dei santi Biagio, Sebastiano e Giuliana, dove i colori, la grazia delle figure e il paesaggio di sfondo citano Perugino, ma non senza una marcata e miniaturistica - calligrafica, appunto - originalità.
Il catalogo si segnala per il denso saggio del curatore, Gino Castiglioni, che inquadra la produzione dell’artista alla luce anche delle ultime scoperte, ossia alcune miniature e due pannelli su tavola che decoravano un’ancona lignea della Cappella della Muletta, comparse di recente sul mercato antiquario. Importante il resoconto del restauro di alcuni pregevoli esemplari conservati nei fondi del museo stesso; indispensabile il regesto completo dei documenti della famiglia.


elena percivaldi
mostra visitata il 15 settembre 2008




dall’undici luglio 2008 al 15 febbraio 2009
Per Girolamo dai Libri (ca. 1474–1555). Pittore e miniatore del Rinascimento veronese
a cura di Gino Castiglioni, Paola Marini e Francesca Rossi
Museo di Castelvecchio
Corso Castelvecchio, 2 - 37121 Verona
Orario: da martedì a domenica ore 8.30-19.30; lunedì ore 13.30-19.30
Ingresso: intero € 5; ridotto € 4
Catalogo Marsilio, € 30
Info: tel. +39 0458062611; fax +39 0458010729; mostre.castelvecchio@comune.verona.it


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Turner e l'Italia

Post n°225 pubblicato il 26 Gennaio 2009 da eleperci
 

fino al 22.II.2009
William Turner
Ferrara, Palazzo dei Diamanti

Viaggio nel Belpaese. Con William Turner, il più grande paesaggista di tutti i tempi, a far da guida. Quadri sublimi, che risentono delle suggestioni antiche, di Ovidio e Virgilio, e contemplano fasti perduti. Raccolti in una mostra impeccabile ma fredda. E l’emozione?...


 

pubblicato mercoledì 21 gennaio 2009

Le sontuose e terribili rovine di Roma, i sinuosi e arcadici paesaggi della campagna italiana. Ma anche la luce tenue e vibrante della laguna di Venezia, colta nei suoi scorci più intimi e raccolti. Questi gli highlights della mostra Turner e l’Italia, che espone un’ampia selezione di oli, acquerelli, tele, disegni e incisioni del grande pittore inglese che rivoluzionò l’arte di ritrarre il paesaggio, superando i limiti della raffigurazione prospettica e restituendo gli aspetti più segreti dello spettacolo della natura.
A curare l’evento James Hamilton, tra i maggiori esperti di William Turner (Londra, 1775 - Chelsea, 1851) e autore di una rivoluzionaria biografia (Turner: A Life, 1997), che ha contribuito a sfatare miti e leggende negative sull’uomo - tra cui quella, dura a morire, del suo egoismo e della sua misantropia -, ricollocando nel contempo l’artista tra i grandi di ogni tempo.
La rassegna a Palazzo Diamanti promette sulla carta, sin dal titolo, un viaggio a ritroso nelle suggestioni di un’Italia che già da secoli non c’era più, filtrata dagli occhi di un inglese - di un nordico - ammaliato dal sole mediterraneo, dalla letteratura classica e dalle atmosfere arcadiche narrate nelle Bucoliche di Virgilio. Da Domodossola a Rimini, da Torino a Napoli, da Venezia a Roma, da Ancona a Paestum, Turner visitò la Penisola in lungo e in largo.

Qui e là, come nella Scena di montagna in Val d’Aosta, la tela immortala la natura arcigna, gli horridi montes amati-odiati dai romantici, in quanto riflesso della loro anima tormentata. Ma nel suo immaginario prevale (si vedano Roma vista dal Vaticano, 1820; Palestrina e La visione di Medea, 1828) l’idea di un’Italia pallida e assorta, cadente e riflessa sui suoi antichi fasti perduti, languida e malinconica, come una signora sfiorita che ripensa alla gioventù ormai lontana. E sono i colori di Tiziano e Veronese, uniti alle grandiosità sceniche di Salvator Rosa e agli equilibri formali di Poussin, a saltare all’occhio in questi paesaggi, luoghi eletti e oasi dove nutrire e rinfrancare lo spirito, forse non troppo guerriero, che dentro gli ruggiva.
Ma occorre dirlo. Non scopriamo niente di nuovo nell’esposizione ferrarese. Per chi conosce Turner, visitarla non è l’occasione per vedere qualcosa di più, semmai per vedere qualcosa tutto insieme: molti quadri e soprattutto incisioni, la cifra del business che il pittore seppe mettere in piedi, sfruttando la bramosia dei suoi conterranei di possedere immagini del Belpaese con il sogno di poterci un giorno andare di persona.

E se le luci morbide e soffuse dell’allestimento ben si addicono alla vibrante, a tratti liquida e nel corso degli anni sempre più rarefatta pittura turneriana, l’impressione di fondo è che nella mostra - impeccabile, ma fredda - manchi tutto sommato qualcosa. Forse proprio la capacità di emozionare.


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Turner equo e solidale

elena percivaldi
mostra visitata il 15 novembre 2008


dal 15 novembre 2008 al 22 febbraio 2009
Turner e l'Italia
a cura di James Hamilton
Palazzo dei Diamanti
Corso Ercole I d'Este, 21 - 44100 Ferrara
Orario: tutti i giorni ore 9-19
Ingresso: intero € 10; ridotto € 8
Catalogo Ferrara Arte
Info: tel. +39 0532209988; fax +39 0532203064; diamanti@comune.fe.it; www.palazzodiamanti.it


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La Madonna di Fiesole del Brunelleschi

Post n°224 pubblicato il 26 Gennaio 2009 da eleperci
 














restauri
La Madonna di Fiesole del Brunelleschi


Una terracotta del Quattrocento stranamente ben conservata. Un’indagine dell’Opificio fiorentino in quel di Fiesole. Per scoprire che quella Madonna e quel Bambino sono opera di Brunelleschi...







pubblicato martedì 23 dicembre 2008

Una scoperta sensazionale, di quelle che lasciano il segno. Una giovanissima Vergine, dal volto triste e assorto, lo sguardo perso nel vuoto, che sorregge delicatamente ma con sicurezza il Figlio. Il Bambino si stringe teneramente alla Madre, cercando riparo e protezione. Uno splendido gioco di gesti, pieno di umanità, imitatissimo ma senza mai raggiungere questo livello qualitativo.
È la statua in terracotta di una Madonna di inizio Quattrocento, scoperta casualmente dai restauratori dell’Opificio durante un sopralluogo nel Vescovado di Fiesole: nonostante fosse in buono stato di conservazione, presentava alcune fratture malamente incollate che la esponevano al rischio di rottura. Restaurata dallo stesso Opificio delle Pietre Dure con il sostegno dell’Arpai - Associazione per il Restauro del Patrimonio Artistico Italiano - l’opera, finora del tutto sconosciuta, si è rivelata di qualità altissima sia nel modellato che nella policromia, ancora originale: caso raro per opere di questo tipo, che di solito arrivano a noi pesantemente ridipinte.
Le indagini hanno mostrato che la scultura è un prototipo originale, modellato direttamente in creta, da cui è stata tratta una matrice per una ventina di repliche in terracotta e in stucco, alcune delle quali esposte in importanti musei.
E qui arriva la sorpresa: secondo Laura Speranza, storica dell’arte e direttore del settore Materiali Ceramici Plastici e Vitrei dell’Opificio, che ha diretto l’intervento, l’autore del capolavoro sarebbe nientemeno che Filippo Brunelleschi: “Luciano Bellosi”, spiega, “riferisce questa tipologia di Madonne al Maestro del San Pietro di Orsanmichele, cioè il giovane Brunelleschi, nella fase poco nota della sua attività, che si colloca dopo il concorso del 1401 per le porte del Battistero e prima delle grandi opere architettoniche”.
Nell’opera, in effetti, sembrano già presenti quei caratteri che contraddistingueranno l’arte scultorea dell’artista, prima fra tutte la fedeltà naturalistica trasfigurata oltre ogni contingenza terrena. La Madonna assomiglia al piccolo Gesù, con la stessa bocca quasi imbronciata, la fronte ampia e squadrata, zigomi larghi e alti che il Brunelleschi aveva già realizzato nell’angelo che ferma Abramo, nella formella bronzea del concorso.
Resta ora da chiarire chi commissionò la scultura e come sia arrivata all’Arcivescovado fiesolano. L’ipotesi è che si tratti proprio di quella Madonna in terracotta, ricordata nel 1418, che stava nella camera da letto di Giovanni di Bicci de’ Medici, uno dei più importanti committenti del Brunelleschi: lo proverebbe l’abitino a bolli d’oro del Bambino, che sembra derivare dallo stemma dell’Arte del Cambio, di cui Giovanni era stato più volte priore.
Il capolavoro, dopo i due anni di restauro, viene ora mostrato per la prima volta al pubblico nel Museo dell’Opificio delle Pietre Dure a Firenze.


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elena percivaldi

*articolo pubblicato su Grandimostre n. 2. Te l’eri perso? Abbonati!




dal 13 dicembre 2008 al 28 febbraio 2009
Filippo Brunelleschi - La Madonna di Fiesole
Museo dell’Opificio delle Pietre Dure
Via Alfani, 78 - 50121 Firenze
Orario: da lunedì a sabato ore 8.15-14; giovedì ore 8.15-19
Info: tel. +39 0552651346; www.opificiodellepietredure.it


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IL MIO NUOVO LIBRO!!!

Post n°223 pubblicato il 23 Dicembre 2008 da eleperci
 

E' uscito il mio nuovo libro. Si tratta dell'edizione, con traduzione, testo latino a fronte, commento e ampia introduzione, della "Navigatio sancti Brendani", testo anonimo del X secolo composto con molta probabilità da un monaco irlandese e che narra la peripezie di san Brandano e dei suoi monaci alla ricerca della "Terra repromissionis sanctorum", la terra promessa dei santi.
Un classico assoluto della letteratura medievale. Prefazione di Franco Cardini.

Anonimo del X secolo
La Navigazione di san Brandano
A cura di Elena Percivaldi
Prefazione di Franco Cardini
Ed. Il Cerchio, Rimini
pp. 224, euro 18


PER GLI ALTRI LIBRI, SCORRI LA PAGINA E GUARDA LA COLONNA A DESTRA

 

NE PARLANO:

GR2 (RAI RADIO 2): INTERVISTA (9 gennaio 2008, ore 19.30) Dal minuto 20' 14''
http://www.radio.rai.it/radio2/gr2.cfm#

ASSOCIAZIONE CULTURALE ITALIA MEDIEVALE
http://medioevo.leonardo.it/blog/la_navigazione_di_san_brandano.html

IL SECOLO D'ITALIA p. 8
http://www.alleanzanazionale.it/public/SecoloDItalia/2008/12-dicembre/081214.pdf

ARIANNA EDITRICE
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=23436

 LA STAMPA
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=248&ID_articolo=21&ID_sezione=&sezione

 GRUPPI ARCHEOLOGICI DEL VENETO, p. 12-13:
http://www.gruppiarcheologicidelveneto.it/VA129.pdf

 
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Post n°222 pubblicato il 09 Dicembre 2008 da eleperci
 

*********
Solo otto minuti di applausi e molti fischi per la prima scaligera
IL DON CARLO CHE NON INFIAMMA 

 Di Elena Percivaldi

Si dice sempre che alle prime teatrali non bisogna mai indossare il viola, che porta sfortuna.  Ma anche l’eccessiva sobrietà, per quanto scelta semiobbligata in un momento di crisi, non sembra attirare il favore degli Dei su una stagione che parte decisamente con il piede sbagliato. Pochi fiori, poco sfarzo, in sala anche abiti “reciclati” dagli anni precedenti. E basterebbe questo, forse, a dare un’idea del clima dimesso che si respirava nella prima scaligera. Una serata terminata con soli otto minuti di applausi, e in una tempesta di fischi.  

Quanto questi ultimi fossero meritati e quanto invece organizzati, è questione che sarà dibattuta a lungo. Certo, ha pesato e non poco la scelta (ancora non ufficialmente giustificata) da parte del maestro Daniele Gatti di accantonare, il giorno prima dell’esordio, Giuseppe Filianoti nel ruolo eponimo. I fan del tenore, presenti in massa nel loggione,  si sono fatti sentire, cominciando nel primo atto e finendo all’ultimo. Ma c’è da dire che, in scena, una delle più possenti e magnifiche partiture verdiane veniva maltrattata ai limiti del ridicolo da alcuni interpreti totalmente fuori ruolo, svilita da una regia nel complesso soporifera e non del tutto esaltata da una direzione corretta ma non sempre (preludi a parte) emozionante.

Verdi, che lo si voglia o no, è sempre politico. E non solo quando scrive il “Nabucco” o i “Lombardi”. Lo è nella Trilogia (che si metta alla berlina la morale piccolo borghese o i vizi dei potenti, non cambia) e lo è anche nel “Don Carlo”. Dove l’aspro conflitto personale padre/figlio per motivi di cuore si trasforma progressivamente in aperta ribellione di quest’ultimo all’assolutismo del sovrano. Don Carlo si erge a paladino delle libertà dei popoli (in questo caso i Fiamminghi) oppressi. E sacrifica a questa sua missione anche l’amore. Quella che ne è stata data da Gatti è, purtroppo, una lettura piuttosto monolitica, che privilegia gli aspetti eroici, schilleriani appunto, di un lavoro invece assai più terribile e complesso, penalizzandone gli accenti umani e personali . Più tragedia “pubblica”, insomma, che “privata”.  E la resa di quest’ultima viene lasciata unicamente alla qualità (molto discontinua) degli interpreti.



Due-parole-due su regia e scenografia, entrambe firmate da Stéphane Braunschweig. La messa in scena è minimal, senz’altro elegante ma senz’anima. E a volte persino ridicola, quando nell’autodafè fa involare (letteralmente) il piccolo Carlo verso il cielo da funi invisibili. Richiamo alla macchinalità barocca? Mah, secondo noi solo colpo ad effetto oleografico. Unico tocco geniale: la presenza di bambini come “doppi” dei protagonisti, a ricordare il contrasto eterno tra l’Età dell’oro e il Paradiso della fanciullezza, che si perderanno nel cinismo e nella delusione quando si cresce.  Sinceramente suggestiva invece la scena finale, con Don Carlo che si addormenta sull’avello di Carlo V riparato dal suo mantello imperiale. Bellissimi e sfarzosi i costumi cinquecenteschi di Thibault van Craenenbroeck, tocco di filologia riservato ai nobili. Per il coro della plebe, ecco invece abiti della Spagna franchista, a ricordare quanto l’immortalità dei temi verdiani (qui l’oppressione dei potenti) superi le barriere del tempo.

L’americano Stuart Neill ha preso tra le polemiche il posto di Giuseppe Filianoti e la scelta purtroppo non si è rivelata vincente. Totalmente privo del  physique du rôle – una montagna grande e grossa a rappresentare il malaticcio, pallido e nevrotico don Carlo - risulta molto poco credibile come amante struggente ed eroico sobillatore di popoli (soprattutto per chi ha in mente un Domingo o un Carreras). Goffo e sgraziato, l’Infante di Spagna sembra un ragazzotto esploso troppo in fretta. E alla fine risulta grottesco. Pure vocalmente non è a suo agio. Poco smalto, emissione a tratti sentorea, acuti un po’ strozzati. Decisamente, da rimandare. Non troppo meglio l’Elisabetta di Fiorenza Cedolins, regale sì ma pure troppo, al punto da risultare immobile come una stella fissa. Nell’interpretazione non emoziona, nell’esecuzione non sbaglia nulla ma si limita al compitino da 6 politico. E risulta fredda. Incapace di riscaldare i cuori, anche nei momenti di maggior pathos. 

Decisamente meglio Dalibor Jenis, un Rodrigo dotato di voce limpida, che non crolla, e buone capacità attoriali. Forse un tantino esacerbato il suo “giovanile ardore”, meglio sarebbe stato riequilibrare i toni conferendo al personaggio una maggiore dignità aristocratica. Ma nel complesso ascoltabilissimo e guardabilissimo.  Imponente il Filippo II di Ferruccio Furlanetto, ormai tanto abituato al ruolo che quasi ci si identifica. La sua statura è esattamente così come l’avrebbe voluta Verdi: immensa, nel bene e (soprattutto) nel male. Il suo è un imperatore tutt’altro che monolitico. Se infatti impressionano i suoi toni gravi, che lo portano a farci intravvedere l’inferno, il suo Filippo riesce per un attimo ad essere umano quando si strugge di delusione per l’amore non ricambiato della consorte e per il tradimento del figlio. Furlanetto lavora di scalpello intorno al personaggio come con una scultura a tutto tondo. Indimenticabile. Dolora Zajick è una Eboli di primissima categoria, dotata di acuti potenti e imperiosi  che la rendono magnifica nell’esprimere rabbia e vedetta. Non altrettanto, invece, nelle parti leggere come i vocalizzi  della “canzon saracina”, che peccano di fluidità e risultano poco ariose. Disastroso il Grande Inquisitore di Anatolij Kotscherga. Registro centrale floscio, acuti strozzati e gravi inesistenti. Da dimenticare, senza se e senza ma. Benino i ruoli di contorno, ottimo il coro di Bruno Casoni: come sempre, una sicurezza.

Foto: Marco Brescia – Teatro alla Scala

 

___________________________________________________________________________________________

GIUSEPPE VERDI, DON CARLO

Dicembre  2008:  07, 10, 12, 14, 16, 19, 21 Gennaio  2009:  04, 08, 11, 15 

Nuova produzione Teatro alla Scala. Direttore DANIELE GATTI

Personaggi e Interpreti:

Filippo II Ferruccio Furlanetto Matti Salminen
Don Carlo Stuart Neill
Giuseppe Filianoti 
Rodrigo

 

http://www.teatroallascala.org

>GIUSEPPE VERDI- DON CARLO

___________________________________________________________________________________________

Dalibor Jenis Thomas Johannes Mayer
Il grande inquisitore Matti Salminen Anatolij Kotscherga
Un frate Diogenes Randes Gabor Bretz Petri Lindroos 
Elisabetta di Valois  Fiorenza Cedolins Micaela Carosi
La principessa d'Eboli Dolora Zajick Anna Smirnova 
Tebaldo Carla Di Censo Roberta Canzian 
Conte di Lerma Cristiano Cremonini Ki Hyun Kim 
Araldo reale Carlo Bosi Ki Hyun Kim 
Voce dal cielo Julia Borchert Irena Bespalovaite 
Sei deputati fiamminghiFilippo Bettoschi Davide Pelissero Ernesto Panariello Chae Jun Lim Alessandro Spina Luciano Montanaro

 

, regia e scene Stéphane Braunschweig, costumi Thibault van Craenenbroeck.

 

 
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Post N° 221

Post n°221 pubblicato il 09 Dicembre 2008 da eleperci
 

fino al 25.I.2009
Medioevo a Trieste
Trieste, Castello di San Giusto

Non solo Svevo e Joyce. Tra monete, pergamene, affreschi e sculture gotiche, ecco il volto medievale, inconsueto, della città che fu il porto degli Asburgo. Sospesa tra castello e cattedrale...

di ELENA PERCIVALDI

pubblicato martedì 9 dicembre 2008

Pensare a Trieste vuol dire sentir soffiare, oltre alla bora, il vento del cambiamento che portò, quel 4 novembre di novant’anni fa, la città sotto bandiera italiana. Fino ad allora era stata il porto degli Asburgo, lo sbocco sul mar Adriatico di un impero che, esteso nel cuore pulsante dell’Europa, era confinato tra montagne, pianure e valli. Ma stavolta, invece dei caffè d’inizi Novecento, in cui si respirava un’aria mitteleuropea e si potevano incontrare James Joyce, Italo Svevo e Umberto Saba, la città si materializza nel suo castello, intitolato al patrono san Giusto, e il vento che soffia è quello che spira dai secoli addietro, attraverso le volte e le navate della sua Cattedrale...

 
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Post N° 220

Post n°220 pubblicato il 05 Dicembre 2008 da eleperci
 

MAO SOTTO LA MOLE

A Torino apre il Museo d’Arte Orientale. 1500 reperti, cinque sezioni, tre piani. In un palazzo antico, reso trendy da un cubo di vetro. Un viaggio multimediale. Dal Sol Levante all’Islam...

di ELENA PERCIVALDI

pubblicato giovedì 4 dicembre 2008

Si chiama MAO, ma non c’entra con il rivoluzionario cinese. O almeno, non direttamente, anche se sempre (anche) di Cina si tratta. Il Mao in questione è infatti il nuovo Museo d’Arte Orientale di Torino, che aprirà ufficialmente i battenti questa sera e che, suddiviso in cinque gallerie, raccoglierà testimonianze della cultura, della storia e dell’arte della Cina appunto, ma anche dell’Asia Meridionale, della Regione Himalayana, dei Paesi Islamici e del Giappone. Diretto dal professor Franco Ricca, il MAO presenta un corpus artistico eccezionale, del quale si sta ultimando la schedatura e la catalogazione informatica, il che renderà il museo un punto di riferimento a livello europeo per studiosi e appassionati.
L’attrazione di Torino per l’Oriente non è certo una novità dell’ultim’ora. Già nel Cinquecento il buon Carlo Emanuele I aveva infatti promosso studi in tal senso. Oggi, oltre al celeberrimo Museo Egizio, la città è sede di una delle più importanti università italiane, nota a livello mondiale per una signora tradizione di studi di sanscrito grazie a nomi quali Gaspare Gorresio (1808-1891), fondatore dell’indologia italiana e titolare dal 1852 della prima cattedra in Italia di Lingua e Letteratura Sanscrita, Mario Vallauri (1887-1964), iniziatore degli studi sui miti contenuti nelle antiche storie dei Purana, e Oscar Botto, scomparso nell’agosto scorso, grande esperto di buddismo. Ma non basta. Da Torino sono partite importanti attività archeologiche, culminate nella creazione del Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino per il Medio Oriente e l'Asia e nell’ultimo nato, il Cesmeo - Istituto Internazionale di studi asiatici avanzati.

A ospitare il MAO è la settecentesca residenza nobiliare di Palazzo Mazzonis, posta nel cuore del quadrilatero romano, in passato oggetto di ruberie e devastazioni che lo hanno praticamente svuotato, e che ora grazie al suggestivo allestimento firmato dall’architetto Andrea Bruno rinasce in un modo che farà tendenza: il cortile interno, coperto da un cubo trasparente, come una soglia immaginaria traghetterà come una sorta di Caronte di vetro il visitatore dal suo mondo di certezze e pragmatismi occidentali in quello, spirituale e impalpabile, dell’Oriente. E cosa troverà il curioso voyageur ad attenderlo? Ben 1500 opere provenienti da diversi paesi dell'Asia, la sintesi in tre piani di un Continente.
Il viaggio parte, al primo piano, dall’India con le grandi teste di Buddha in arenaria rossa e le statue di divinità come Tara, Shiva (Maheshvara) e la consorte Parvati (Uma). Si prosegue lungo il sudest asiatico con le petrose sculture Khmer di Angkor e il legno e bronzo, laccati e dorati, birmani e thailandesi (X-XVIII secolo). Tra questi campeggia il monumentale Buddha coronato di legno alto oltre 180 centimetri e intagliato, meraviglia più unica che rara, in un unico tronco.

Niente sete fruscianti, ma il variegato vasellame prodotto in oltre duemila anni di storia, dal 3.000 a.C. al 900 d.C., si troverà invece nella sezione cinese, che insieme alle tante statuette funerarie presenta pezzi unici come gli originali cammellieri e mercanti dei periodi Han (206 a.C.-220 d.C.) e Tang (618-907) che rivelano l'influenza esercitata dal mondo occidentale attraverso le vie commerciali. Tra gli oggetti più belli, ci sono anche la preziosa brocca con coperchio a testa di fenice in gres porcellanato, dell’epoca della Dinastia Sui (inizio VII secolo), e la statuina di uno straniero dal volto velato - forse un cammelliere persiano o un sacerdote zoroastriano intento a officiare il rito del fuoco -, rarissimo perché modellato a mano mentre di solito questi oggetti erano realizzati a stampo.
Purtroppo le distruzioni operate in Tibet nel corso della Rivoluzione Culturale cinese hanno disperso moltissime testimonianze della civiltà himalayana. Ecco perché visitare il secondo piano – dove è allestita la sezione dedicata alla regione stessa– consente di prendere coscienza della tragedia avvenuta (e tuttora in corso), che rischia di risolversi in un vero e proprio genocidio culturale. Si entra nel mistico con l’arte buddhista tibetana ispirata ai tantra: sculture in legno e in metallo, strumenti rituali decorati e dipinti a tempera su tessuto (thang-ka) databili dal XII al XVIII secolo, ma soprattutto due splendidi manoscritti del XV secolo, che si affiancano a una delle maggiori raccolte europee di copertine lignee dei volumi del Canone Buddhista Tibetano (bKa'-'gyur) intagliate e dipinte. Pezzi veramente suggestivi.
Dall’Estremo Oriente all’Islam il passo è più breve di quanto non sembri. Almeno a guardare le ceramiche prodotte in medio oriente tra il IX e il XVII secolo, che citano la porcellana cinese e influenzeranno a loro volta le maioliche e faenze italiane. Basta salire al terzo piano, ed ecco la ricca collezione di vasellame e piastrelle invetriate che ci fa intravedere lo splendore delle grandi lussuose costruzioni di Isfahan, Samarcanda e Istanbul. Qui il colore e i temi denunciano l’incontro tra mondo arabo e civiltà artistica bizantina e sasanide, esaltati nei prodigiosi elementi decorativi: ornati geometrici che esplorano tutte le possibilità della simmetria piana, ma anche arabeschi che richiamano elementi fitomorfi del mondo tardo-antico assumendo però la valenza mistico-religiosa della declamazione - tramite l’arte calligrafica - del Corano. Che dire poi di fronte ai manoscritti arabi in caratteri cufici su pergamene del X secolo, ai cinquecenteschi volumi miniati persiani e ai soffici velluti ottomani degli inizi dell’Ottocento?
Il viaggio finisce nel Sol Levante. Nelle due sale al primo e secondo piano della manica laterale troviamo statue lignee di ispirazione buddhista - come l'imponente Kongo-rikishi (alto ben 230 cm e scolpito in legno di cipresso) raffigurante un dvarapala, ossia il guardiano del monastero -, tre armature samurai ma soprattutto i diafani paraventi seicenteschi che descrivono templi ed edifici dell'antica Kyoto e illustrano eventi dell’epica giapponese.

Lievi come ninfee, volano infine i ventagli dipinti e traslucono le xilografie policrome settecentesche che, insieme alla ricca collezione di oggetti laccati, restituiscono l’immagine del Giappone come quella di un mondo fluttuante e sospeso. Ex Oriente lux, si dice spesso. Da dicembre, a Torino, questa luce illuminerà un po’ anche noi.


elena percivaldi


Inaugurazione giovedì 4 dicembre 2008 ore 20.30-24
MAO - Museo d’Arte Orientale
Via San Domenico, 9/11 - 10122 Torino
Info: tel. +39 0114429523; www.arteorientaletorino.it

*articolo pubblicato su Grandimostre n. 1. Te l’eri perso? Abbonati!


[exibart]

PUBBLICATO SU EXIBART: http://www.exibart.com/notizia.asp/IDNotizia/25687/IDCategoria/1

 
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IL MIO NUOVO LIBRO!!

Post n°219 pubblicato il 03 Dicembre 2008 da eleperci
 

Sta per uscire il mio nuovo libro. Si tratta dell'edizione, con traduzione, testo latino a fronte, commento e ampia introduzione, della "Navigatio sancti Brendani", testo anonimo del X secolo composto con molta probabilità da un monaco irlandese e che narra la peripezie di san Brandano e dei suoi monaci alla ricerca della "Terra repromissionis sanctorum", la terra promessa dei santi.
Un classico assoluto della letteratura medievale. Prefazione di Franco Cardini.

Anonimo del X secolo
La Navigazione di san Brandano
A cura di Elena Percivaldi
Prefazione di Franco Cardini
Il Cerchio, Rimini, 2008, pp. 224, euro 19

 
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Post N° 218

Post n°218 pubblicato il 22 Novembre 2008 da eleperci
 

fino al 30.XI.2008
I Gonzaga
Mantova / Rivarolo, Palazzo Te / Palazzo Pubblico

Tra brughiere brumose e pianure solcate da fiumi, i protagonisti del ramo cadetto dei Gonzaga riemergono finalmente dalle nebbie padane. Personaggi di spicco, come Vespasiano e Giulia, tutti da riscoprire. E a Mantova, un cammeo...

di Elena Percivaldi


 

pubblicato giovedì 20 novembre 2008

Li hanno ribattezzati i Gonzaga delle nebbie perché, invece che sulle sponde del Mincio, avevano stabilito i loro domini nella vasta brughiera che si estende tra Oglio e Po. Tra filari di pioppi, pianure infinite declinanti verso le acque del Grande fiume, caldo afoso e zanzare d’estate e brume ovattate d’inverno, il ramo cadetto della grande dinastia mantovana qui iniziò le sue vicende nel 1478, anno in cui Ludovico II morì di peste.
Fu allora che si svilupparono i rami collaterali dei Gonzaga, che già governavano su località staccate dal marchesato e che andarono configurandosi sempre più come feudi indipendenti. Uno di questi, originatosi dal terzogenito di Ludovico, Gianfrancesco, comprendeva i borghi di Gazzuolo, San Martino dall’Argine, Bozzolo, Pomponesco, Isola Dovarese, Ostiano, Commessaggio, Rivarolo Mantovano e Sabbioneta: luoghi che conservano un aspetto architettonico nobile ed elegante, a dimostrazione del ruolo non di mera appendice del potere, ma di centro nevralgico, soprattutto culturale e artistico....

 
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IL MIO ULTIMO LIBRO

E' uscito il mio nuovo libro. Si tratta dell'edizione, con traduzione, testo latino a fronte, commento e ampia introduzione, della "Navigatio sancti Brendani", testo anonimo del X secolo composto con molta probabilità da un monaco irlandese e che narra la peripezie di san Brandano e dei suoi monaci alla ricerca della "Terra repromissionis sanctorum", la terra promessa dei santi.
Un classico assoluto della letteratura medievale. Prefazione di Franco Cardini.

Anonimo del X secolo
La Navigazione di san Brandano
A cura di Elena Percivaldi
Prefazione di Franco Cardini
Ed. Il Cerchio, Rimini
pp. 224, euro 18


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NE PARLANO:

GR2 (RAI RADIO 2): INTERVISTA (9 gennaio 2008, ore 19.30) Dal minuto 20' 14''
http://www.radio.rai.it/radio2/gr2.cfm#

ASSOCIAZIONE CULTURALE ITALIA MEDIEVALE
http://medioevo.leonardo.it/blog/la_navigazione_di_san_brandano.html

IL SECOLO D'ITALIA 12 dicembre 2008 p. 8 - SEGNALAZIONE
http://www.alleanzanazionale.it/public/SecoloDItalia/2008/12-dicembre/081214.pdf

IL SECOLO D'ITALIA  01 gennaio 2009 p.8 - RECENSIONE
http://www.alleanzanazionale.it/public/SecoloDItalia/2009/01-gennaio/090110.pdf

ARIANNA EDITRICE
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=23436

 LA STAMPA
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=248&ID_articolo=21&ID_sezione=&sezione

 GRUPPI ARCHEOLOGICI DEL VENETO, p. 12-13:
http://www.gruppiarcheologicidelveneto.it/VA129.pdf

IRLANDAONLINE:
http://www.irlandaonline.com/notizie/notizia.asp?ID=1231329012

 

 

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IL MIO INTERVENTO A RADIO RAI nella trasmissione NUDO E CRUDO, in onda su RADIO 1 a proposito di Halloween e dei Celti:

1 novembre, Europa tra sacro e profano

1 novembre, Europa tra sacro e profano. Ne hanno parlato al microfono di Giulia Fossà: Elena Percivaldi, giornalista e studiosa di storia antica e medievale; Flavio Zanonato, sindaco di Padova; Marino Niola, Professore di Antropologia Culturale all'Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli; Sonia Oranges, giornalista de 'Il Riformista'; Alberto Bobbio, capo della redazione romana di 'Famiglia Cristiana'; Ennio Remondino, corrispondente Rai in Turchia. La corrispondenza di Alessandro Feroldi sulle politiche dell'immigrazione a Pordenone.

ASCOLTA: http://www.radio.rai.it/radio1/nudoecrudo/view.cfm?Q_EV_ID=230636

 

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I MIEI LIBRI / 1

ELENA PERCIVALDI, "I Celti. Una civiltà europea", 2003, Giunti (Firenze), pagine 192, euro 16.50

ACQUISTALO CON IL 10% DI SCONTO:
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E IN SPAGNOLO (ED. SUSAETA)

 

I MIEI LIBRI / 2

ELENA PERCIVALDI, I Celti. Un popolo e una civiltà d'Europa, 2005, Giunti, pagine 190, euro 14.50

immagine

***

Elena Percivaldi, GLI OGAM. Antico Alfabeto dei Celti, Keltia Editrice, formato 150x230 -pagine 176, euro 15
brossura, con xx tavole fuori testo in b/n
ISBN 88-7392-019-5


Il libro è il PRIMO saggio COMPLETO in italiano sull'argomento.

L'alfabeto ogamico è un originalissimo modo di scrivere che fu inventato presumibilmente intorno al IV secolo d.C. Il nome "ogam" è stato collegato a quello di un personaggio chiamato Ogme o Ogmios: per i Celti il dio della sapienza. Nella tradizione irlandese del Lebor Gàbala (Libro delle invasioni), Ogma è un guerriero appartenente alle tribù della dea Danu (Tuatha Dé Danann). Un testo noto come Auraicept na n-éces (Il Manuale del Letterato), che contiene un trattato sull'alfabeto ogam, dice: "al tempo di Bres, figlio di Elatha e re d'Irlanda (...) Ogma, un uomo molto dotato per il linguaggio e la poesia, inventò l'Ogham.”

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Tibet. Land of exile
di Patricio Estay
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pp. 224, euro 39

Volti, cerimonie rituali, frammenti di vita in seno ai templi delineano attraverso la fotografia i segni del ritratto di un mondo in cui le difficoltà morali, il fervore spirituale e la profondità d’animo vanno di pari passo con la gentilezza, l’allegria e l’immensa generosità.  Le suggestive immagini in bianco e nero, fortemente spirituali, della prima parte del volume si contrappongono alle intense fotografie a colori dedicate alla realtà di tutti i giorni (centri commerciali, prostitute) pubblicate nella seconda parte. Il libro è introdotto da un accorato messaggio di pace del Dalai Lama che pone l’accento sulla grande forza d’animo con cui il popolo tibetano affronta continuamente ardue prove nel tentativo di continuare a perpetuare l’affermazione delle proprie idee e della propria spiritualità.

 

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