Ora che la pioggia d’Autunno è tornata ed ha lavato via le ultime scorie dell’Estate, proprio ora trovo nascoste sotto le foglie bagnate la mia voglia di scrivere nuovamente per raccontare e raccontarmi di questa cosa meravigliosa che sono i ritorni. È tornata la stagione che fa vibrare il mio cuore, allegra e puntuale come la festa del Borgo, un clamore che riverbera delle poesie di Giovannino Pascoli, quest’anno più partecipata e sentita per me, che ho risposto ad una collaborazione volta a fare conoscere le vicende risorgimentali delle persone che hanno abitato le strade dove io cammino ogni giorno, avventure di gente che non figura sui libri di storia, eppure ha contribuito in modo determinante a farla, gente di borgo: quel luogo alle propaggini della città, appena fuori le mura, dove un sorriso diuturno lega vicende ed emozioni in modo più semplice e spontaneo, dove l’apertura delle strade verso i declivi delle colline garantisce maggiore solidità di relazione. Gente di borgo come me. Torna di nuovo la stagione del Dojo, ritrovo la via della spada, accudendola, togliendo la patina che la stagione calda ha lasciato posare, con panno umido ed olio di garofano, per vedere di nuovo il metallo lucido in onore di un altro ritorno: il mio maestro che passa a spronarci e lucidarci, secondo la stessa necessità esperita sulla spada. C’è questa stagione dei giorni più corti, del sole che quando passa scalda ancora come solo un regalo prezioso sa fare, ma soprattutto dell’acqua che scende e permette alle foglie di tornare ad un’ultima vita: le vedo come barche elfiche che salpano per navigare oltre i confini del mio piccolo mondo e della mia quotidianità verso un futuro lontano e distinto dal mio. Resta questo sapore di fichi e castagne, questo calore di polenta, che perdura ricco di intensità e scalda nel profondo, dolce come un vino nuovo e abbastanza denso da spingere giù anche l’agro della malinconia, che scivola via, come gocce di pioggia: salvifica.
Edgar Winter Group - Autumn
Su la riva del Serchio, a Selvapiana, di qua del Ponte a cui si ferma a bere il barrocciaio della Garfagnana, da Castelvecchio menano, le sere del dì di festa, il lor piccolo armento molte ragazze dalle treccie nere. Siedono là sul margine, col mento sopra una mano, riguardando i pioppi bianchi del fiume; e parlano. Ma il vento porta brusìo di voci, eco di scoppi di mortaretti, eco di passi presta ed un confuso tremito di doppi. Dolce ascoltare allora, con la testa voltata altrove, quelle due parole... coperte un po' dalle campane a festa! altrove... al Serchio che risplende, al sole che prende il monte... o Nelly, anco ai vivagni del tuo pannello, anco alle mucche sole che brucano il palèo sotto i castagni. (Primi Poemetti – Giovanni Pascoli)
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il 19/10/2024 alle 09:06
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il 19/10/2024 alle 08:53
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il 17/10/2024 alle 19:32
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il 03/10/2024 alle 10:31
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