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Innamorato perso

Post n°382 pubblicato il 10 Novembre 2011 da Zero.elevato.a.Zero
 

sestante

Ringrazio chi, preoccupato per questo perdurante silenzio, mi chiede del mio stato di salute, sto discretamente bene: sono solo innamorato.
L’innamoramento è quel sentimento del tutto diverso dall’amore per il quale il senso di possesso ed il desiderio personale prevalgono sulla logica dell'equilibrio e sul mondo più maturo degli affetti. Innamoramento ed amore sono agli antipodi quindi.
È davvero un fatto singolare che alla mia età trovi i vasi sanguigni ancora percorsi da feniletilamina che influenza le aree dopaminergiche del mio cervello, in modo da trasformare in gratificante tutto ciò che riguarda l’oggetto del mio interesse, facendomelo vedere come non è: privo di difetti. È questa inondazione che mi produce una sensazione di felicità, di eccitazione, di piacere che mi pervade di un benessere diffuso ed ancora di euforia mista a deliri di infaticabilità. Durerà poco, anzi, conti alla mano, considerando il metabolismo rallentato dai dieci lustri, dovrei arrivare presto alla fase di quiescenza; eppure c’è da tenere in conto l’effetto di attaccamento che produce l’ossitocina, incasellando ricordi permanenti nella memoria profonda dei momenti più piacevoli di questa avventura.
Succede pertanto che in queste condizioni, tacitato il mondo dei doveri e degli affetti primari, tutto il resto del tempo, dell’attenzione, e in sommatoria del cuore, venga irresistibilmente attratto dall’oggetto di passione, motivo per il quale il blog latita, sia come presenza attiva nella produzione di nuovi post che come piacevole visita agli spazi amici: mi scuso profondamente per tutto questo, la passione è un richiamo ineludibile e questa è una malattia inevitabile.
Trovo interessante questa verifica personale di come gli effetti da manuale si ripercuotono implacabili su di me, il maestro Battiato aveva ammonito che i desideri non invecchiano con l’età, ma tant’è. Come in tutte le sindromi di innamoramento, il soggetto concupito risveglia memorie affettive pregresse: infantili o adolescenziali, riscopre modelli che appartengono all’imprinting iniziale e ripercorre tracce che in passato hanno procurato sensazioni positive in campo sentimentale e della gratificazione personale, le prosegue e le persegue con una scoperta non del tutto nuova, ma assolutamente meravigliosa; ogni capitolo secondo copione anche nel mio caso.
Adesso non manca che prendere il fiato e confessare l’oggetto di tanto imprevisto attaccamento: è un outing che posso riservare solo al mio blog, repositorio di tante esternazioni interiori.
È successo, mentre approfondivo le mie conoscenze nautiche, di imbattermi nei criteri di calcolo delle rotte a lunga distanza, un sistema desueto pensionato dall’avvento dei satelliti di posizione usati per il GPS. Fatto sta che fin dall’alba dei tempi i marinai hanno escogitato sistemi di indagine via via più algebrici, con lo sguardo fisso al cielo, per approssimare sempre meglio il senso di orientamento, così da ricavare la posizione stimata anche nel mezzo di un oceano che pare essere un infinito senza punti di riferimento. Strumenti solidi come l’astrolabio prima, quindi il sestante, conditi con fiumi di tabulati delle effemeridi celesti, sono da giorni l’oggetto delle mie indagini, con una determinazione ed una curiosità che non vivevo da anni, tanto da produrre fiumi di appunti amanuensi e trascrizioni elettroniche di matematiche che mi accendono di desiderio e di concupiscenza nel possederle.
Le stelle, quelle sì, segnano un primo amore da cui sono partito o tornato (non so bene), le stelle che ritornano a fare da sfondo a queste scoperte fatte di invenzioni geniali di grandi matematici, di calcoli, di approssimazioni accettabili: ci sarebbe da trarne una filosofia di vita. In queste opere d’arte io mi perdo e scopro di amarle (dopo essermene innamorato) per l’eleganza e l’armonia che raccontano, le amo con rispetto e gratitudine, percorrendo gli stessi sentieri del cielo dove altri uomini, altri marinai, hanno lasciato un’impronta ed un sorriso di gioia nel momento del ritorno alla loro isola cercata nel niente ed apparsa finalmente di prora.
Ogni momento vuoto si riempie di elucubrazioni sulla geometria sferica, dove i triangoli abbandonano le loro proprietà cartesiane, dove la genialità delle formule di prostaferesi o le approssimazioni come quelle di haversine (o del mezzoseno) consentono di svolgere computazioni che oggi affiderei frettolosamente al potere risolutivo di una calcolatrice ed ancora di più, mea culpa, ad un foglio di calcolo elettronico, invece di lasciarle, come devono essere, condotte con mano su carta, alla vecchia maniera.
C’è qualcosa di molto umano in queste linee tracciate sulla mappa: la voglia di andare e scoprire il mondo e il desiderio ancora più ineludibile di tornare, c’è la conoscenza del mare, dei suoi venti che danno nome alle direzioni e delle correnti invisibili che turbano la linearità del sentiero, proprio come nella vita quotidiana. C’è da capire che le rotte che vediamo diritte sulla carta di Mercatore non sono le più brevi, che non si vive sul piatto (tanto meno sul piattume), ma su un universo con maggiori dimensioni, dove tutto è curvo e niente o quasi rettilineo, perfino la luce.
C’è ancora e soprattutto questo sguardo verso l’alto, per appropriarsi e cercare di capire quella dimensione che sfugge per colpa della gravità, dove fornaci cosmiche immensamente lontane sono gli spigoli di figure leggendarie che lentamente diventano amiche e sollevano da dubbi e disperazioni.
L’emozione di tracciare una rotta è questa scommessa con il proprio futuro, permette di superare le incertezze del momento, i turbamenti ed i timori delle tempeste, che come malattie passano e scuotono, ma alle quali è possibile resistere con il sorriso, rafforzato dalla chiarezza della direzione verso la quale si sta andando, confortato dal punto nave che conferma di essere lungo il sentiero o poco lontano.
Innamorato perso delle rotte è un sufficiente paradosso, tipico della mia instabilità cronica, su questi lemmi ho passato i momenti liberi scartabellando e facendo miei criteri di calcoli ed emulazioni. Tracciando graffi di matita tra il porto di casa e i paradisi più lontani ho disegnato dei sogni labili, eppure presenti, dei quali questo il mio cuore non si vergogna, perché sognare è indispensabile alla vita.
Le passioni chiedono un prezzo però, consumano, per questo ho grattugiato il mio tempo così, lasciando indietro altri pensieri altrettanto indispensabili, turbando un’armonia lossodromica dalla prua precisa e dal tratto consolidato, alla ricerca di un percorso più articolato prigioniero dell’ortodromia del cuore.
Faccio ammenda e cerco nuovamente la rotta brachistocronica, influenzata, come vuole l’arte della vela, dal passaggio delle perturbazioni che vanno approfittate per trovare sempre vento fresco e migliori energie; già, non è evitando il maltempo turbolento che si arriva prima, ma scoprendo che tenendolo alla migliore distanza anche questo è un regalo di vita che rallegra di gioia gli spruzzi della prora.
Passerà questo stato di ostinazione mentale, come passa il vento teso del maestrale che mi aspetta in questi giorni di mare, ma io non sono preoccupato della sua intensità, conoscendolo, amandolo con il rispetto che solo il vero amore insegna, anche questo sarà foriero di belle navigazioni e di un ritorno felice.
A queste righe seguiranno presto racconti di terra lasciati da parte, ma non per questo spenti, confidando nel perdono o quanto meno nella comprensione per questi giorni dedicati al mare, auguro a tutti di cuore, con assoluta sincerità: Buon Vento.

 
 
 
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