Kon ovla so mutavla kon ovla ovla kon aščovi me ğava palan ladi me ğava palan bura ot croiuti
Prologo di questa Estate riminese con gli eventi della notte rosa, sul palco più importante Francesco de Gregori, già ospite di questa manifestazione 4 anni fa. Gli anni passano, con il dovuto ed immancabile affetto per il principe della canzone, la troppa folla, l’immensa ammucchiata che urta la mia demofobia mi ha invitato a preferire altro. Invece del concerto serale ho assaporato le ore che precedono l’aurora per andare ad ascoltare Cristiano de Andrè nel concerto dell’alba. La spiaggia in riva al mare appena tinto dalle prime intenzioni del giorno a venire, una folla numerosissima ma composta, seduta o adagiata sulle brandine e lo splendido duo composto da Cristiano de Andrè ed Osvaldo Di Dio per un paio di ore di musica di quella che fa bene all’anima. La voce del protagonista apre con il ricordo di schitarrate giovanili in spiaggia assieme a pochi vecchi fidati amici ed in fondo proprio di questo ancora si tratta, in virtù di una amicizia allargata per quell’intreccio magico che la musica e le canzoni sanno creare, come non trovare subito un’assonanza ed una simpatia per l’esperienza comune delle note affidate alla risacca, passeggeri di quell’universo liquido che tutto accoglie. Che dono generoso della vita questa voce simile, che trasmette con propria maniera un’eredità genetica: albero cresciuto all’ombra di quella quercia possente ubertosa di una eredità di poesia e note qual è stato Fabrizio. Questo è il prodigio della musica e dell’arte tutta, che la breve durata di una esistenza umana non spegne, ma come un prezioso testimone passa di padre in figlio, di mano in mano, arricchendosi ogni volta di nuova umanità e differente talento. Migliore arena per accogliere questa meraviglia non può esserci, con una inevitabile pausa dedicata ad una bellezza ancora più grande quando il sole fa capolino, protagonista assoluto vestito di rosa anche lui, per ascoltare ballate che sono entrate ed ancora lo fanno nel cuore di tante generazioni. Dopo il bis e il ter con generosa disponibilità il concerto si conclude con la Canzone di Marinella quando, forse per la stanchezza, forse per l’emozione, le parole si perdono dalla memoria dell’esecutore, ma sono supportate da un coro di voci partecipanti. Forse di tutti è per me proprio questo il ricordo più bello che porto a casa, perché ancora una volta il cuore prova quell’emozione regalata da una grande onda partita un giorno e che più non si ferma, ma scuote al suo passaggio gabbiani pigri che sostano sulle acque quando per un attimo si agitano allo stesso ritmo e con quello riprendono il volo: intrecciando il canto.
Inviato da: bisou_fatal
il 17/10/2024 alle 19:32
Inviato da: Zero.elevato.a.Zero
il 03/10/2024 alle 10:31
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il 03/10/2024 alle 10:31
Inviato da: cassetta2
il 22/09/2024 alle 21:03
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il 22/09/2024 alle 17:12