Creato da stelladelmattino2005 il 20/03/2006
Pensieri e parole rigorosamente in disordine

Tutto è destinato a mutare.
L'incendio di una foresta si estinguerà.
Il mare in tempesta si placherà.
Gli eventi naturali si susseguono l'un l'altro senza alcun avviso ai naviganti.
Nel cielo, le bolle di sapone ascendono le correnti e poi, improvvisamente, scoppiano.
Il divenire si perpetua attraverso il passaggio da un termine al suo opposto.
Si sappia: la vita è questo tumulto, un disequilibrio geometrico che rompe le acque per poi convogliarle in un fiume placido.
Un'assenza di sbilanciamento si tradurrebbe in un danno per una realtà intrinsecamente mutevole. Nelle più gravi situazioni, quando il peggio sembra essere accaduto, è indispensabile avere pazienza.
Ma non solo: non sarà sufficiente sapere che i cambiamenti sono parte integrante delle nostre esistenze: sarà necessario attenderli, cavalcarli. Correndo incontro alle variazioni soltanto non rischieremo di essere destabilizzati.
In sella al tifone le lacrime volano via.

Miao Yin

 

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Ci sono normalità, regole, armonie che nemmeno noti tanto è scontato che ci siano. Oggi lo so. E’ l’eccezione, lo sconvolgimento del consueto che ti mette ansia, ti rizza i nervi, ti bulina l’animo.

La più grande bellezza e l’infima bruttezza partecipano al mistero. C’è negli antipodi, nel contrasto assurdo, nel diverso in natura come un filo che se lo tiri ti fa sentire vicino a una verità che le cose di tutti i giorni nemmeno sfiorano. C’è nel lampo e nel tuono una forza che manca alla giornata serena; c’è nella febbre, nell’incubo notturno, perfino in una sbornia, un indefinibile attimo di chiarezza, di certezza improvvisa. Quando qualcosa sconvolge ci dice molto più di quel che siamo abituati a sentire. L’inspiegabile, l’unico, arriva come a scuoterti, svegliarti da un sonno di ordinarie, concilianti abitudini.

L’uomo ha livellato tutto, pur di far scorrere il suo sangue a quella precisa velocità, far battere il cuore a quel ritmo sempre uguale a se stesso e così vivere il più a lungo possibile, non importa come, non importa a costo di cosa, pur di vivere disegnando una linea diritta, tra immagini a specchi consueti. Eccoci lì, macchine in un grande garage ordinato e pulito, dove ogni manovra d’entrata, uscita, sosta, parcheggio, precedenza, è stata così precisamente organizzata che non dobbiamo più chiederci quale sia il nostro posto, il nostro percorso, il nostro box.

Ma forse non siamo in un box. Forse questo mondo non è nato per essere un garage. Forse questo posto è stato pensato come un parco giochi o una stazione ferroviaria di treni a orari imprevedibili.

I pazzi, i selvaggi, i bambini hanno ancora di queste intuizioni

 

Il cucciolo

C'era una volta un cucciolo che viveva in una bellissima tana.
Tutto era fatto su misura per lui e lui ne era proprio molto felice. Erano belli non solo i suoi giochi e la sua cuccia, ma anche le cose che i suoi genitori facevano per lui e le parole che gli insegnavano fra queste quella che si sentiva più spesso era la parola SI. E così il cucciolo crebbe conoscendo solo queste cose, finché arrivò il giorno dell'uscita dalla tana, quando tutti i cuccioli imparano a camminare nel bosco. Ed allora questo cucciolo che conosceva solo il SI si avventurò anche lui per il bosco, quando all'improvviso vide di fronte a lui un grosso mostro.

<<Chi sei?>> gli chiese il cucciolo con voce tremante.

<<Io sono la parola NO!>> tuonò possente la voce.

Il piccolo ne fu così terrorizzato che corse velocemente nella sua tana, si barricò dentro e non volle più uscire. Passò un po' di tempo ed i suoi genitori ebbero molta pazienza, ma quando si accorsero che lui non voleva davvero più uscire dalla tana, capirono che bisognava fare qualcosa. Pensa e ripensa, scartarono varie ipotesi. Scartarono quella di uscire ed allontanare il NO che aveva spaventato il loro cucciolo, perché chissà quanti altri ne avrebbe trovato nel bosco e non potevano certo eliminarli tutti. Scartarono anche l'idea di cominciare a dirgli sempre di no anche loro, per abituarlo, perché il cucciolo si sarebbe sentito spaventato e disortientato da questo cambiamento improvviso.
Fu così che decisero che l'unica cosa possibile era quella di fargli fare amicizia con la parola NO, poco per volta, piano piano, in modo che non si spaventasse.
E infatti, il cucciolo, che dei suoi genitori si fidava, la prima volta che questi gli misero davanti la parola NO si sentì stupito, ma non così spaventato come quando era là fuori da solo, nel bosco non familiare. E a poco a poco anche la parola NO entrò qualche volta nella tana del piccolo, insieme alle cose che gli erano familiari. E anche lui ebbe modo di imparare a conoscerla e non temerla.

E quando il sole si fece più caldo per la nuova primavera che arrivava, anche il cucciolo che prima conosceva solo la parola SI poté uscire dalla sua tana e giocare con gli altri fra le ombre del bosco, sia che queste si chiamassero SI, sia che si chiamassero NO.

(Guido Petter)

La presente favola è stata copiata dal blog UniversoParallelo che qui si ringrazia per la gentile concessione... o meglio fin'ora non si è opposta al "furto".

 

 

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Post n°75 pubblicato il 05 Luglio 2006 da stelladelmattino2005
 
Foto di stelladelmattino2005

Cargo
Georges Simenon - Einaudi Editori

Come in un incubo, sin dall'inizio Joseph perde il controllo della situazione e viene travolto da eventi il cui senso gli è oscuro: prima la fuga da Parigi insieme a Charlotte, la compagna che, "in nome dell'Idea", ha ucciso l'uomo che era stato il suo amante. E che rifiutava di darle il denaro per finanziare il loro giornaletto anarchico. Poi, l'imbarco a bordo di una nave di contrabbandieri, il precipitare in "un universo incoerente, buio e fradicio", l'arrivo in una miniera d'oro colombiana, tra ragni, cimici e ratti, fino a Tahiti, dove Joseph incontrerà il suo destino...



Cupa, tesa e inquietante, l’atmosfera di questo noir di Georges Simenon rispecchia i sentimenti che si agitano negli abissi dell’anima dei protagonisti, caratteri ribelli e vittime delle brutture della vita, come spesso accade nei romanzi dello scrittore belga, che predilige personaggi ai margini della società, figure equivoche e caratterizzate da un forte travaglio interiore. Proprio come Joseph Mittel e Charlotte, due giovani che devono ben presto fare i conti con quanto di peggio l’esistenza possa riservare: la mancanza d’affetto, la violenza, l’angoscia della colpa, la fuga e l’incertezza del futuro. Affiliati a un’associazione anarchica, poco più che ventenni e già ricercati a causa dell’omicidio dell’amante di Charlotte, i ragazzi sono travolti dagli eventi che li spingono ad imbarcarsi sul mercantile del comandante Mopps per sfuggire la giustizia. Quest’ultimo farà di Charlotte la sua amante e li coinvolgerà in un traffico di armi destinate a un gruppo di rivoluzionari dell’Ecuador, trascinandoli in pericolose peregrinazioni attraverso l’America Latina. Giunti a Panama, dove sperano di trovare rifugio, Mittel e Charlotte scopriranno che contro la donna è stato spiccato un mandato di cattura internazionale: sono quindi costretti a proseguire il loro itinerario verso Sud e poi, verso mete sempre nuove, da un continente all’altro. Al destino, però, non si può sfuggire… La speranza di Mittel di compensare l’affetto perduto dei genitori e le frustrazioni dell’infanzia creandosi una famiglia tutta sua rischiano di affondare sotto i colpi impietosi degli eventi. Da parte sua, Charlotte lotterà strenuamente contro una sorte infelice che la vuole sottomessa a uomini prepotenti, sedotti per puro spirito di sopravvivenza.
Capace di coniugare uno stile narrativo piacevole ed elegante a una trama ben congeniata, che alimenta la tensione e la curiosità dei lettori, Georges Simenon conferma la sua fama di gran narratore in un romanzo che solca gli oceani con la stessa passione e perizia con cui affronta le distese burrascose dell’animo umano.
Scritto a Parigi nel 1935 e pubblicato nel 1936, questo è uno dei sei romanzi in cui Simenon mette a frutto le impressioni immagazzinate durante il lungo viaggio che, dal dicembre 1934 al maggio 1935, gli permise di visitare Panama, la Colombia, le Galápagos, il Perù, Tahiti, la Nuova Zelanda, l’India, il Mar Rosso.

Come tanti ho letto i racconti di Simenon con protagonista il mitico Commissario Maigret.
Questo è il primo suo romanzi che ho letto e finito l’altro ieri sera.

Iniziato per ingannare l’attesa di chi stava lavorando non sono più riuscita a staccarmene.
Bello! Davvero coinvolgente. Duro. La solitudine aleggia in ogni pagina, la fragilità di chi si è sempre sentito diverso e ricerca continuamente la felicità della “normalità”, la paura della pazzia, la fuga da una realtà quasi paradossale e quando tutto assume – finalmente – quel contorno di serenità ed ordine tanto desiderati… la fine.

 Me lo ha passato Fa dicendomi di averlo già letto da ragazzino, libro perso e ritrovato dopo tanti anni. E dandomelo mi ha raccontato alcuni aneddoti della sua adolescenza legati alla sua lettura: “…noi siamo poveri, leggo ciò che trovo in giro per casa, non posso comprare libri nuovi…”, aneddoti che poco o nulla hanno a che vedere con il libro stesso ma che molto hanno a che fare con lui. Mi ha colpita… e forse, visto che si tratta di navi, affondata!

La sua sensibilità passa anche attraverso questi momenti visti con gli occhi di un ragazzo che il mare lo ha vissuto e respirato ed ancora oggi lo vive con una intensità quasi struggente.

Non so se la mia lettura è stata condizionata dalle sue parole ma certamente queste hanno fatto presa sul mio modo di “sentire” le cose.

Forse, sono solo facilmente suggestionabile o forse, questo elemento così inquieto e imperscrutabile è parte del mio dna… scherzando ripeto che io, figlia di contadini, devo avere tra i miei avi qualche marinaio… chissà…




 
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