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Accadde trent'anni fa: U2 "The Unforgettable Fire"

Post n°85 pubblicato il 20 Ottobre 2014 da sanavio.stefano
Foto di sanavio.stefano

Che dire ancora degli U2, dopo tutti quei milioni di copie di album venduti in tutto il mondo, dopo che la loro immagine è conosciuta in ambito planetario come e forse più dei Beatles, dopo che si sono esposti in contributi alle cause umanitarie più disparate, insomma stiamo parlando di tanta roba. Come sanno ormai anche i sassi la loro storia parte nell’Irlanda lacerata di fine anni settanta: Bono Vox (Paul Hewson) alla voce, The Edge (David Evans)  alla chitarra, Adam Clayton (basso) e Larry Mullen (batteria), questi sono i nomi dei quattro che sembrano nati per stare incollati l’uno all’altro. Dediti all’emulazione di Stones, Velvet e Neil Young ma attratti anche dal post punk; le loro prestazioni musicali sono oggetto di interesse della Island che con lungimiranza non ci penserà un istante a metterli sotto contratto. 

Nel 1980 dopo la pubblicazione di due singoli frizzanti quali “11 O’Clock Tick Tock / Touch” (a maggio, prodotto da Martin Hannett) e “A Day Without Me / Things To Make & Do” (ad agosto) in ottobre esce il loro esordio discografico “Boy” dalla celebre copertina raffigurante una ragazzino innocente, e dalle sonorità agili, veloci, energia e lirismo condensate in un disco ancora un po’ ingenuo ma molto promettente. La critica se ne accorge e ne tesse le lodi, così come il pubblico che corre in massa ad acquistarlo. Prodotto da Steve Lillywhite (in evidenza per i lavori con Siouxsie & The Banshees e Peter Gabriel) il disco vanta tra i suoi solchi il nuovo singolo “I Will Follow” scarica adrenalinica di notevole impatto. Il gruppo si imbarca in un imponente tour (Irlanda, Inghilterra e America coast to coast le tappe) dove il pubblico avrà modo di verificare il potente live set dei quattro irlandesi; in particolare sul palco funziona a meraviglia l’accoppiata Bono folletto impazzito che salta incessantemente da una parte all’altra del palco e Edge chitarrista all’avanguardia come pochi in quegli anni. Passa un anno ed è già pronto il seguito che si chiama guarda caso “October” che non denota l’auspicata maturità artistica ma segna il passo come un lavoro timido, poco compatto. E anche religioso, detto senza ironia. Sono presenti infatti l’inno “Gloria” e “Rejoice” con liriche espressamente mistiche, ma anche dei mezzi passi falsi come “Is That All?” e la stessa lenta e compassata title track che poteva essere sviluppata in modo più originale. Ci sono anche per fortuna delle chicche degne dei migliori U2 quali “I Threw a Brick Through a Window” e la drammatica “Tomorrow” dedicata alla defunta madre di Bono. Il gruppo è costantemente in concerto dove sviluppano una qualità impressionante che fa crescere vertiginosamente la loro reputazione. L’anno successivo ad agosto Bono si sposa, dopo di che tutti i membri sono convocati in un cottage sulla costa dublinese per le sessioni di registrazione del loro terzo lavoro. 

Le sessioni inaspettatamente durano più a lungo del previsto tanto che il nuovo disco “War” vede la luce solo a marzo dell’anno dopo, con in copertina la faccia del bambino di “Boy” diventato un po’ più grande e arrabbiato. La leggenda vuole che a Natale ’82 il gruppo presenta dal vivo un brano che sarà incluso nel nuovo album per assoggettarlo al giudizio del pubblico che lo accoglie con roboanti urla di entusiasmo. Il pezzo in questione è “Sunday bloody Sunday” destinato a diventare una delle canzoni più amate dai fan, che parla col cuore in mano di repressione e fratellanza, di pace e di Gesù; una batteria secca e minacciosa introduce il famoso riff chitarristico destinato a fare epoca e Bono che intona l’incipit “I can’t believe the news today…”. Il singolo estratto che anticipa l’uscita del disco di due mesi è la stupenda “New Year’s Day” con le tastiere liquide in primo piano e il cantato perfetto e suadente di Bono. Ma questo album è pieno di pezzi eclatanti: “Like a song” è combat rock allo stato brado, “Two Hearts Beat As One” una love song adrenalinica, “Drowning Man” è poetica e accattivante, “40” un ulteriore inno seducente dal sapore chiesastico. Il successo è assicurato, in particolare in America dove vengono assimilati ai Clash, con al posto delle tematiche marxiste le loro sofferte liriche cattoliche. Ad agosto partecipano al festival tedesco Rockpalast dove grazie all’eurovisione possono raggiungere le case di tutta europa. Dopo il fugace intermezzo di un mini album dal vivo “Under a Blood Red Sky” che immortala alcuni concerti americani e che riesce a trasporre su disco le energiche esibizioni del quartetto la band, in primavera del successivo anno, entrano in studio accompagnati da due pezzi da novanta in veste di produttori: l’ex Roxy Music Brian Eno e Daniel Lanois. 

Ottobre 1984, trent’anni fa esatti esce “The Unfogettable Fire” disco che segna il passaggio degli U2 all’età matura e che li afferma nello stardom del rock; indimenticabili vari pezzi tra i quali la title track, il singolo “Pride (in the name of love)” con ottimi riscontri di vendita ma anche “Bad” e “Elvis Presley and America” riescono a scavare nell’intimo dell’ascoltatore. Il resto, come si usa dire, è storia. Da pochi giorni è uscito, non senza polemiche, il nuovo disco della band “Songs of Innocence”, dapprima gratuito per i soli utenti Iphone, poi distribuito sui canali ufficiali.

 
 
 
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