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« la Gerarchia Spirituale,...Natale per una rinascita... »

Aspettando il Natale...

Post n°127 pubblicato il 05 Dicembre 2009 da Mater76
 

SOLSTIZIO D’INVERNO

natività

Il Solstizio d’Inverno, cioé il momento in cui il sole torna a salire nerso il nord, da sempre è stato associato all’avvento di un Salvatore e alla nascita di un Figlio di Dio destinato a portare luce e speranza all’umanità.

Al momento del solstizio la divinità si incarna nella materia. Un seme viene messo nella terra affinché possa germogliare, far frutti e nutrirci. Questo è il significato profondo del Natale, che ritroviamo anche nella etimologia della parola inglese Christmas, che vuol dire: «Formare o far nascere il Cristo in sè... diventare un Cristo».

E’ proprio questo che ci capita infatti quando la luce della scintilla divina discende e si incarna nella nostra personalità. Quando l’Anima si unisce e si congiunge al suo vero veicolo o Uomo, allora nasce il Cristo o Principio d’Amore.

La nascita del Cristo, come di ogni altro salvatore, rappresenta dunque il simbolo e l’archetipo universale della nascita della coscienza spirituale in quella umana. Rappresenta l’esempio e il modello a cui l’uomo deve tendere nella sua evoluzione, nel suo ritorno verso il Padre. Se questo non avviene il Natale diventa un avvenimento vuoto e senza senso, se non dal punto di vista materiale del mangiare, bere e divertirsi.

Come diceva un Saggio: «Anche se il Cristo si incarnasse mille volte ma non in te, la tua vita sarà persa». Il Natale, quindi, è il momento in cui occorre piantare il seme del Principio Cristico.



Analizziamo questo evento per acquisire una maggiore consapevolezza del suo profondo significato spirituale:

Il Cristo nacque da una Madre Vergine e in una grotta al Solstizio d’Inverno. Nel linguaggio simbolico, la grotta è considerata il luogo dell’iniziazione, cioé di un principio destinato ad iniziare una nuova qualità della vita. La stalla della locanda in cui nacque il Cristo, era in realtà una grotta. Questo è affermato chiaramente dai primi scrittori cristiani come Giustino Martire e Origene.

La data del 25 dicembre venne decisa, dopo molte controversie e l’indicazione di 136 date diverse, nel 337 d.C. da Papa Giulio. Perché questa data ricorre nella nascita di tutti i Salvatori? Dopo il giorno più corto dell’anno, nel quale il sole si ferma, cioé muore, - Sol stat o Solstizio - appare all’orizzonte la costellazione della Vergine: il sole rinasce e ricomincia il suo cammino verso il nord.

Nel momento della nascita Sirio, la stella dell’Est, transita sul meridiano, mentre Orione, chiamata anche «I Tre Re», si trova nelle vicinanze. La Vergine, dunque, sta sorgendo ad Oriente e le tre linee dell’eclittica, dell’equatore e dell’orizzonte si incontrano tutte in questa costellazione. Può anche essere interessante notare che la stella più grande e brillante della Vergine si chiama Spica e la si trova simboleggiata nella «spiga di grano» (emblema di fertilità): Betlemme significa infatti «la casa del pane».

La storia dei Grandi Uomini, spesso, è completamente descritta nel libro del Cielo. Il Cristo nacque da una Vergine e compì il suo servizio nei Pesci, che è il segno opposto e complementare a quello della Vergine: il segno dei Salvatori del Mondo.

Continuando il nostro approfondimento notiamo ancora che Giuseppe significa «Colui che aggiungerà»: egli infatti era un carpentiere, un costruttore, che sta ad indicare l’aspetto costruttore del Padre. Maria significa «Prediletta del Signore», ossia la materia permeata dalla divinità. Il bambino chiude il triangolo della creazione come il «figlio spirituale» nato dall’unione e dalla fusione della complementarietà.

Ogni grande evento che segna la storia umana, è sempre costruito su una simbologia precisa che ne descrive compiutamente i significati. Così è stato anche per la nascita del Cristo.

Nella grotta, ad esempio, possiamo trovare chiaramente i simboli dei quattro regni di natura: nella roccia della caverna abbiamo il regno minerale, nel fieno e nella paglia quello vegetale, nel bue e nell’asino il regno animale. In questi animali appare anche qualcosa in più. A quel tempo molti popoli adoravano ancora il Toro, il cui culto, predominante nel periodo in cui il sole attraversò l’Età del Toro, era ancora celebrato nei misteri di Mitra e in quelli d’Egitto. Il segno immediatamente precedente quello dei Pesci, cioé l’Ariete, era simboleggiato dalle greggi che circondavano Betlemme. Interessante notare come il Toro e l’Ariete siano simboleggiati dalle corrispondenze «domestiche», cioé il bue e le greggi, per signicare la necessaria eliminazione di ogni aggressività e la sua trasformazione in devozione verso il regno superiore.

Anche l’asino ha il suo preciso significato. Nel Vangelo appaiono spesso gli asini: quando, per esempio, Maria si recò a Betlemme e quando fuggì in Egitto. Essi sono il simbolo di due costellazioni che si trovano nelle vicinanze della Vergine: l’Asino settentrionale e l’Asino meridionale.

Il regno umano è rappresentato da Giuseppe e Maria, che formano l’unità umana sorta dalla dualità. In questo modo in una piccola grotta si trova il Cosmo intero.

Anche il regno angelico è presente all’evento. Gli Angeli diedero all’umanità, cioé ai pastori di guardia alle greggi, una triplice parola: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà». In altri termini fu dato un messaggio mondiale che, ancora oggi, attende una realizzazione: «Quando la coscienza cristica sarà risvegliata in tutti gli uomini, allora vedremo regnare la pace sulla Terra e buona volontà fra gli uomini. Quando tutto ciò avverrà, Dio sarà glorificato».

E’ interessante osservare anche i segni che furono dati in occasione di questo grande evento. Essi furono diversi, secondo a chi si indirizzarono: ai Magi - che simboleggiavano i discepoli, ossia coloro che si stanno avviando verso la coscienza cristica - fu data la visione della stella che indica la meta.

Alla moltitudine - simboleggiata dai pastori nei campi - fu dato un segno più tangibile e concreto e a loro fu detto: «Questo è il segno: troverete un bambino avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia». Per nascere in loro la coscienza cristica deve essere ancora prima riconosciuta.

Molti andarono a curiosare, pochi - i Magi - andarono ad offrire doni. I doni che furono offerti - oro, incenso e mirra - indicano il tipo specifico di disciplina a cui ci si deve sottoporre per rendere omaggio al Cristo. L’oro, l’incenso e la mirra sono le tre parti con cui è costituito l’uomo - fisico, emotivo e mentale - che devono essere sacrificate al Cristo interiore, alla Coscienza Cristica, prima che essa possa mostrarsi. L’oro è il simbolo della natura materiale, che l’uomo deve consacrare al servizio di Dio e dei propri simili. L’incenso simboleggia la natura emotiva con i suoi desideri e le sue aspirazioni, che devono purificarsi ed elevarsi, come il fumo dell’incenso, fino ai piedi di Dio. La mirra o amarezza si riferisce alla mente inferiore che dovrà sacrificare il suo orgoglio, diventando uno strumento efficace ed affidabile. Allora sarà un dono raro e prezioso, come quello di un uomo che possiede un intelletto reso saggio dal dolore ed un cuore reso benevolo dalle pene e dalle difficoltà superate.




Il rituale da compiere

In questa festa si pianta il seme-progetto (sia fisicamente, sia simbolicamente) concernente il prossimo anno, come dei provetti giardinieri che individuano il fiore o il frutto più consono alla nostra evoluzione spirituale per il prossimo anno. Si pianta il seme-progetto e lo si offre alla nostra Coscienza Cristica. Prima, però, occorre «lasciar andare» tutto quello che ancora ci tiene ancorati al passato, perché finché saremo legati a qualcuno o qualcosa non potremo progredire. Per essere liberi dobbiamo, dunque, applicare nella nostra vita il perdono.


Il perdono è ciò che taglia i fili del passato, dentro e fuori di noi. Non è l’atteggiamento di chi si sente superiore e magnanimo rispetto agli altri, ma il riconoscimento della vera libertà, che è data dal rompere tutti i fili che ci tengono legati agli altri tramite rancori, asti, gelosie, invidie, offrendo loro per dono la libertà, donando loro la libertà.

Finché non doneremo la libertà agli altri, anche noi non potremo mai essere liberi. Finché saremo attaccati a qualcuno, potremo essere a nostra volta attaccati. A questo punto siamo pronti a fare il passo successivo, cioé riconoscere che in realtà non c’è nulla da perdonare, ne a sè ne agli altri, in quanto ognuno si esprime secondo il proprio livello di coscienza. Il perdono è, quindi, sostituito dalla accettazione.



Tutto ciò che viene chiamato Male è sempre frutto di ignoranza, incomprensione e assenza d’amore. E’, in sintesi, incapacità di amare. Far nascere il principio cristico in sé è trasformare questa situazione e imparare ad esprimere e vivere concretamente l’AMORE.

 
 
 
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