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Associazione Giovani Padani - Valle Camonica
L'associazione non ha finalità di lucro ed è finalizzata a promuovere la riscoperta e lo studio delle origini dei Popoli della Padania: a questa attività unisce quelle di ricerca sulle ragioni ecomoniche e politiche dell'Indipendentismo Padano e di riflessione sul significato delle lotte liberitarie di comunità e individui.
L'Associazione promuove inoltre tutte quelle iniziative volte a difendere il diritto allo studio, al lavoro ed alla casa nonché il recupero e la difesa degli usi, dei costumi e della cultura delle terre natie.
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Venerdì 16 maggio, presso il Palazzo della Cultura in via Garibaldi a Breno, avrà luogo il Forum 2008 delle Associazioni e dei Gruppi culturali della Valle Camonica, promosso dall'assessorato alla cultura della Comuniutà Montana di Valle Camonica. Il tema dell'edizione 2008 è legato ai progetti in atto per l'integrazione, la messa a sistema, e la distrettualizzazione del patrimonio culturale, con particolare riferimento alla Media Valle Camonica. Il tema: E' stata solleecitata la partecipazione attiva di tutte le associazioni e i gruppi culturali: chi volesse intervenire è pregato di restituire compilata la scheda di adesione con l'abstract dell'intervento. Reperibile sul sito Valle Camonica Online Naturalmente parteciperà anche la nostra associazione. |
CALCIO – Il 7 maggio all’Arena di Milano la partita Tibet/Padania Ecco finalmente il grande ritorno della rappresentativa padana di calcio, ad otto anni di distanza dall’ultima apparizione, quella della sfida allo stadio di Monza contro la selezione England All Stars. Un grande ritorno, perché avverrà per mezzo di una partita destinata ad entrare negli annali, indipendentemente dal risultato finale, per tutti i significati che un incontro del genere può avere: Padania – Tibet, le squadre di due popoli in cerca della propria libertà. Il sito della nazionale Padana |
da "Il Giorno" del 10 aprile 2008 All'Arena Civica un'amichevole tra Padania e Tibet L'iniziativa è stata presentata dal capogruppo della Lega Nord Roberto Maroni. L'incontro precederà la fase finale della 'Viva World Cup Nf-Board', una 'Coppa del Mondo' di calcio per le selezioni non federate alla Fifa Milano, 10 aprile 2008 - Il 7 maggio si terrà all'Arena di Milano un'amichevole di calcio tra le rappresentative del Tibet e della Padania. L'iniziativa è stata presentata a Palazzo Marino dal capogruppo della Lega Nord alla Camera, Roberto Maroni. "Tra noi e i tibetani - ha detto l'esponente del Carroccio - c'è una comunanza di vedute impressionante vista la distanza geografica. Alla fine entrambi puntiamo allo stesso obiettivo: essere padroni a casa nostra". Secondo la Lega il calcio, come tutti gli sport, "può abbattere frontiere irreali e aggregare finalmente popoli e comunità non secondo dettami e vincoli imposti con la forza, bensì sulla base di tradizioni, cultura e vera e insostenibile verità storica". L'incontro con la nazionale tibetana sarà uno degli appuntamenti della rappresentativa leghista in preparazione alla fase finale della Viva World Cup Nf-Board, una 'Coppa del Mondo' di calcio per le selezioni non federate alla Fifa, che si svolgerà a Gaellivare, nella Lapponia svedese, dal 7 al 13 luglio. La squadra padana si confronterà, tra le altre, con selezioni dalla Provenza, dal Kurdistan, dall'isola maltese di Gozo e da quella africana di Zanzibar. L'edizione successiva dei Mondiali 'non Fifa', ha auspicato Maroni, potrebbe essere organizzata in Italia nel 2010, sul Lago Maggiore. Maroni: "Il popolo padano oppresso come quello tibetano" Il capogruppo della Lega Nord alla Camera lo ha affermato in occasione della presentazione della partita di calcio amichevole Padania-Tibet che si terrà il 7 maggio prossimo all'Arena di Milano Commenta
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Fratelli d'Italia - Canto degli italiani Poche nazioni al mondo sono dotate di un inno più brutto e sanguinario di questo. Fratelli d'Italia / L'Italia s'è desta / Dell'elmo di Scipio / S'è cinta la testa (1) |
di Sergio Salvi. Edizioni Camunia. Firenze 1996.
L'Italia non tiene: non si può rendere "uno" il molteplice e il dissonante.
L’Italia (o, meglio, l’idea dell’Italia) proprio non «tiene». Da qualsiasi parte la si sbirci, ci vengono incontro crepe, spiragli, varchi, addirittura voragini. Eugenio Montale diceva della storia che «non si snoda come una catena di anelli ininterrotta, In ogni caso molti anelli non tengono». Forse la storia non esiste. È soltanto una costruzione (abusiva) degli storici. Forse (probabilmente) l’Italia non esiste.
Non basta la fede (e non bastano nemmeno le opere) perché una entità immaginaria divenga reale anche se è stata immaginata per qualche secolo con indubbio fervore fino all’istituzione in suo nome di uno Stato fornito di tutti i crismi previsti dal diritto internazionale (anche se dotato di scarso carisma).
Probabilmente, ci si accorge che l’Italia non c’è proprio perché c’è «questo» Stato che si definisce, in maniera allo stesso tempo ingenua e sfrontata, come «italiano»: nato nel 1861 per raccogliere entro i propri confini due modelli di Italia virtuale (considerati, barando con disinvoltura, uno solo), ha smarrito strada facendo la sua motivazione originaria trasformandola un una sorta di peccato originale e nascondendosi dietro di essa.
Dati entrambi, senza beneficio di inventario, come scontati e addirittura coincidenti, questi modelli (del tutto astratti) sono: l’Italia-«regione naturale» e l’Italia-«nazione». È facile constatare come all’Italia-Stato siano sempre sfuggite alcune parti indispensabili di questa Italia «nazional-naturale» posta a fondamento della sua unica ragione di esistere.
L’Italia-Stato è così soltanto una «frazione» di un «intero»: di un intero (l’Italia nazional-naturale) che però, come vedremo, con ogni probabilità non esiste. Una frazione di zero è sempre uguale a zero. L’Italia-Sato può apparire comunque un intero in quanto Stato (e non in quanto Italia): ma non è preparata a prendere atto di questa realtà sconcertante traendone le debite conseguenze. […]
Da Stato concepito per tutti gli «italiani» (con la dubbia motivazione che soltanto «uniti» sarebbero potuti divenire prosperi e «liberi» al suo interno e «indipendenti» nei confronti dell’esterno), lo Stato italiano si è dunque ridotto a essere lo Stato degli «italiani» divenuti e rimasti fortunosamente nel tempo suoi cittadini (per giunta non sempre liberi, non tutti prosperi e spesso nemmeno indipendenti sul serio). Da ciò emerge una contraddizione vistosa: alla rinuncia implicita a compiere l’unità nazional-naturale secondo il programma iniziale, si contrappone infatti la convinzione, sia pure mascherata, dello Stato repubblicano di essere, nonostante tutto, la patria di «tutti» gli «italiani»: compresi gli emigrati e gli irredenti. Lo afferma implicitamente il secondo comma dell’articolo 51 della Costituzione vigente quando stabilisce che ai «pubblici uffici» e alle «cariche elettive» dello Stato sono ammessi, insieme ai «cittadini italiani» anche «gli italiani non appartenenti alla Repubblica».
Ma la ragione del fallimento dello Stato italiano è un’altra ed è del tutto opposta. Oltre ad essere due cose diverse, l’Italia-regione naturale e l’Italia-nazione, assai probabilmente, non esistono se non come fantasie o astrazioni: esistono invece, sicuramente, realtà concrete che non trovano nell’Italia-Stato, così come si è strutturata e a prescindere dal suo mancato compimento, un denominatore comune.
A quegli aspetti che gli studiosi definiscono lo «Stato-ordinamento» e lo «Stato-apparato» (che pure esistono anche se inefficienti) non corrisponde infatti uno «Stato-comunità» (che è già cosa diversa da una nazione). Ad essi soggiacciono invece «comunità» (che potrebbero essere anche nazioni) dall’identità propria e profonda, magari stremate, che tuttavia rivelano insospettabili doti di resistenza all’assorbimento: malgrado la loro scarsa consapevolezza culturale e politica (e la loro omogeneizzazione non sarebbe certo, proprio da un punto di vista allo stesso tempo culturale e morale, da considerarsi un fatto positivo anche se fosse tecnicamente impossibile).
Si può allora affermare che l’Italia-Stato non funziona perché assomiglia a una macchina composta di pezzi tra loro non componibili, tenuti assieme dalla forza delle leggi a dispetto della forza di gravità. Per questa ragione l’Italia come Stato è in stato permanente di decomposizione. Lo Stato stesso sembra accorgersi tutte le volte che è costretto a guardarsi allo specchio, di girare a vuoto. […]
Si può pertanto affermare che se l’Italia è a pezzi lo è per propria natura. Va da sé che non basta riformare dall’alto e in superficie ordinamenti e apparati per suscitare una comunità che non esiste, per rendere «uno» (o anche soltanto armonioso) ciò che è invece molteplice (e dissonante). Il difetto, come direbbero gli esperti in utensileria, è tutto nel manico
Il mito dell'origine comune. Analisi genetico-linguistica. Analisi terminologica: nazione vs stato. Uno dei miti sui quali si fondano le «nazioni» moderne, quello dell’origine comune, è del resto una enorme sciocchezza: lo è soprattutto nell’accezione «tedesca», che teorizza una impossibile persistenza nel tempo di una razza incontaminabile e incontaminata.
Ma lo è anche nella versione, certo più cauta, che diremo «francese» in quanto enunciata con garbo sospetto da Michelet, fondata invece sulla «miscelazione omogenea» di componenti diverse. Secondo Michelet, la «nazione francese» sarebbe sorta dalla «singolare perfezione con la quale si è compiuta la fusione delle razze, lo scambio e il matrimonio delle diverse popolazioni». […]
Così la «nazione francese» risulterebbe scaturita dalla presunta e perfetta fusione di liguri, iberi, celti, romani, e germani, franchi ma anche burgundi, visigoti, scandinavi e alemanni).
Tutti sappiamo che non è vero, come la Corsica, la Bretagna e l’Alsazia dimostrano inequivocabilmente esibendo ancora oggi una «fusione imperfetta». Il caso «italiano» è, del resto, ancora più confuso e complesso di quello francese. […]
Se dai dati più propriamente linguistici e culturali di passa a quelli genetici, nell’ipotesi che questi conservino una loro importanza, la situazione appare ancora più sorprendente. È stato infatti dimostrato che la situazione dell’Italia-regione convenzionale, quale appariva nel V secolo a.C., è rimasta ancora oggi sostanzialmente la stessa […]
L’indagine scientifica che va sotto il nome di Biological History of European Population, in corso sotto l’egida della CEE, ha rilevato che l’Italia meridionale e la Sicilia conservano sorprendentemente una impronta «greca», quella settentrionale una «celtica», la Toscana una «etrusca», la Sardegna una «sarda».
Ciò significa che il mutamento linguistico intervenuto nel corso del tempo (i «greci» non parlano più greco né gli «etruschi» l’etrusco) non rivela nessuna corrispondenza con un eventuale mutamento del patrimonio genetico. I titolari di questa indagine, Alberto Piazza dell’Università di Torino e Paolo Menozzi dell’Università di Parma, ne garantiscono la serietà, così come appare insospettabile l’ispirazione agli studi compiuti, con risultati a dir poco brillanti da Luca Cavalli-Sforza, autore del fondamentale The History and Geography of Human Genes (1995), noto anche al pubblico intellettuale italiano.
Nel linguaggio popolare (condiviso dai politici e dai giornalisti) la «nazione» viene addirittura intesa come sinonimo di «Stato»: ma non è affatto così. Soprattutto in Italia. Basta ricordare che il Risorgimento ha «propugnato» l’esistenza di una nazione italiana (priva di Stato proprio) per tradurla proprio in una Stato.
Il cittadino italiano medio chiama invece «nazione» tanto la Russia sterminata (una federazione che riconosce ufficialmente al suo interno almeno una cinquantina di nazioni di cui ventuno istituite in repubbliche autonome) quanto il minuscolo Liechtenstein (la cui popolazione non si distingue per nulla da quella dei villaggi degli stati confinanti) sia come chiama «artisti» tanto Giorgio quanto Gianni Moranti, tanto Carlo quanto Raffaella Carrà.
Stenta, è vero, per ragioni di prossimità fisica, a ritenere San Marino una nazione, ma non batte ciglio quando constata come San Marino schieri una propria rappresentativa «nazionale» di calcio coi i crismi di FIFA e UEFA. Non riflette invece sul fatto, clamoroso, che non esiste una «nazionale» britannica e che, per uno stesso Stato, scendano abitualmente in campo ben quattro «nazionali» (oltre tutto acerrime rivali) tutte col marchio FIFA e UEFA: Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda del Nord.
La colpa di questa abitudine non è tutta sua: al contrario di FIFA e UEFA, la massima organizzazione internazionale di Stati si chiama infatti Organizzazione delle Nazioni Unite e non Organizzazione degli Stati Uniti, fornendogli così un alibi prezioso. D’altronde, non è da oggi che molto Stati barano al gioco, presentandosi, al mondo e a se stessi, come nazioni.
Il diritto «interstatale» si chiama infatti «diritto internazionale», anche se è ad «uso» esclusivo degli Stati. |
Il Centro Culturale Roberto Ronchi organizza il 3° Festival della canzone lombarda. |
“Non esiste valle in cui più che |
Di Alessandro Campi
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di Edoardo Zarelli La globalizzazione, ha fortemente ridotto l’importanza dello Stato, delle leggi e dei confini. Eppure. la megamacchina mondialista non arresta la sua invadenza. Quali sono, allora, le alternative possibili? |
Alcuni componenti della nostra associazione stanno collaborando allo sviluppo delle voci riguardanti la Valle Camonica, le sue caratteristiche, i paesi, i personaggi, etc. presenti su WIKIPEDIA. Chiunque volesse collaborare può farlo, basta seguire le linee di comportamente previste da www.wikipedia.it Un primo passo può essere fatto visitando il portale wiki sulla Valle Camonica http://it.wikipedia.org/wiki/Portale:Val_Camonica |
tratto da http://digilander.libero.it/leggendeitaliane/nord.htm Le streghe dell'Androla Nella leggenda si raccontano parecchie storie sulle "streghe dell'Androla ", ( località di Cevo ). Si parla infatti dei "bùs de le strie" (buchi delle streghe) che erano delle miniere di ferro di molti anni fa, poi successivamente furono usate per nascondersi dai partigiani della seconda Guerra mondiale. Sono questi buchi che nella leggenda avrebbero ospitato le streghe. Il "Cavra bezol " Credevano nel "cavra bezol", caprone urlante imparentato col diavolo che si poteva incontrare nelle notti di plenilunio I fantasmi colpevoli Una delle leggende di Saviore dell'Adamello racconta che durante le notti invernali, le strade del borgo siano percorse da una processione di fantasmi. Secondo la leggenda si tratterebbe delle ombre dei morti, dannati per aver rubato durante la loro vita.Tra gli abitanti del paese di Saviore c'è anche chi giura di avere assistito a tale macabro spettacolo: " le anime avanzano lente, in processione facendosi luce con fiammelle che bruciano sulla punta delle loro colpevoli dita". |
Lettera aperta a tutti coloro che odiano le culture locali di Angelo Veronesi L'amore che i padani portano per la pluralità delle culture, delle musiche, delle storie e delle lingue locali non ha nulla a che vedere con il nazionalismo di marca italiana. |
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Inviato da: elenaforsport
il 27/11/2009 alle 12:48
Inviato da: psicologiaforense
il 26/01/2008 alle 01:39