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Carina, la poesia.

...la cosa che fai con gioia,come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo.

 

 

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Verrai a trovarmi d'inverno

Post n°167 pubblicato il 17 Aprile 2011 da thallullah

Cristiana Alicata

Verrai a trovarmi d’inverno

Edizioni Hacca, 2011

 Intervista di Carina Spurio

D:“Verrai a trovarmi d’inverno” non è un romanzo autobiografico ma un romanzo alla ricerca della propria identità. Lo scrive nell’epilogo intitolato “cose che si scrivono alla fine”. Dentro le pagine del suo libro ci sono le donne coraggiose e diverse: Elena, Gina e Liz che a Pantelleria aspetta due cose “Il coraggio di presentare la richiesta al tribunale per il cambio di sesso. E il grande amore.” Da secoli ciò che è diverso ci spaventa. Ed è attraverso la paura che si inizia a ragionare per “luoghi comuni”. Così, il siciliano diventa un mafioso. Il milanese uno snob. L’uomo di colore rimane sporco e cattivo. L’omosessuale un malato …

R: …il problema oggi è che si governa con la paura. Si sposta il problema della propria incapacità, da quella politica a quella emotiva, su qualcosa di diverso. Si alimenta un feticcio, un nemico. Farlo significa tenere protetto e pulito un intorno. Illudersi di farlo. Dobbiamo ricominciare ad infilare le dita nella vita. Credo che i protagonisti del mio romanzo imparino questo alla fine.

 D: Cristiana lei è ingegnere, vive a Roma ed è militante del Partito Democratico perché vuole un’Italia diversa. Inoltre, é un'attivista del movimento lesbico, gay e transessuale. Nel nostro paese si continua a difendere la famiglia tradizionale formata da un uomo e una donna ma ancora non si riconosce, né si tutela, quella omosessuale …

R: Mi viene da sorridere. In Italia si difende la parola famiglia. Le stesse persone che difendono la famiglia tradizionale poi privatizzano gli asili, non ne aprono di nuovi, non muovono un dito per aiutare le donne italiane a fare più figli, tolgono soldi alla scuola. Parliamo di numeri. Nei Paesi meno omofobi c’è più scuola pubblica e si fanno un sacco di bambini. Persino nelle nostre regioni dove le politiche sociali sono più attente alla famiglia le coppie gay sono più protette da strumenti di welfare. Come l’Emilia Romagna per esempio.

D:Sullo sfondo del suo romanzo, i luoghi: Pantelleria, “il dammuso, il carico di abitudini e di odori, un’insieme di consuetudini.” E poi Roma e Amelia, in Umbria, luogo in cui ci informa sia avvenuto il parto del suo romanzo …

R:Si dimentica di Torino. Viaggio molto. E la scrittura viaggia con me. Si succhia i luoghi attraverso i miei occhi. Pantelleria una vacanza, Torino una latitanza, Roma la casa, Amelia un luogo dell’anima.

D: Di donne che l’hanno sostenuta ce ne sono molte: Silvia Greco, Francesca Melandri, Concita De Gregorio, Francesca Chiappa e Caterina Morgantini 

R:Credo che sia cominciata una nuova era. Quella in cui le donne si riconoscono, si leggono, si sostengono. Non sono più in competizione. E’ come la cultura. Viviamo in un mondo competitivo, ma l’unica cosa che non dobbiamo mai mettere in competizione è la produzione culturale: possiamo leggere centinaia di libri, vedere film, andare a teatro. La stessa cosa vale per le discriminazioni. Tra donne e tra omosessuali. Fare squadra fa bene a tutti. Ognuna di loro ha messo un pezzo di cuore, di competenza, di dolcezza per farlo nascere. Devo loro molto. Non solo a loro. Ovviamente.

D:Afferma: “dovrei scrivere un altro libro per raccontare la storia di Verrai a trovarmi d’inverno” eppure, in questo libro, lei ha graffiato il buio per vedere affiorare la luce. Cosa manca?

R: A volte si arriva in un luogo partendo da tutt’altro presupposto.

Quando ho cominciato a scrivere non sapevo dove sarei andata a finire.

 

D:Cosa vuol dire essere donna oggi, in un tempo in cui le immagini subiscono il culto della forma, allargandola, anche chirurgicamente, nei punti consacrati alla libidine e riducendola obbligatoriamente nello spazio restante?

E’ difficile. Siamo bombardati da un modello che sembra l’unico accettabile e vale anche per i maschi. Siamo imbevuti di conformismo nascosto negli eccessi del nostro tempo. Guai a discostarsi.

D:Chi è Cristiana Alicata?

R:Una donna di 35 anni che si incazza per le ingiustizie e che scrive da quando ha 6 anni e che fatto quasi 20 traslochi in giro per l’Italia e adesso si  fermata. Finalmente.

D:Penna a sfera o matita?

R:Matita. 2B e con un temperino di metallo sempre vicino.

D:Che libro sta leggendo attualmente?

R:“Mia madre è un fiume” di Donatella Di Pietrantonio, edizioni Elliot. Il rapporto con la madre malata, con una malattia degenerativa. E’ ambientato in Abruzzo, che poi è il mio luogo di lavoro attuale. C’è tanta Italia dentro, l’Italia dei nostri nonni. E’ molto poetico anche nella descrizione della difficoltà con cui la figlia si relazione “fisicamente” alla madre.

D:Cos’è per lei l’amicizia?

R:La mia vera famiglia.

 D:Si sente mai sola?

R:Sì, quando sono in compagnia di persone con cui non sono in sintonia.

D:Pensa di regalarci un nuovo romanzo in futuro?

R:Spero più di uno.

D:Vive a Roma, che rapporto ha con la sua città?

R:Quando ero piccola e vivevo a Bergamo mi ricordo che a 6 anni ne provavo nostalgia. Diciamo che malgrado abbia sangue siciliano vecchio di 700 anni, è la mia città e la amo. Però a volte mi fa incazzare di brutto, così come accade con le passioni forti. A volte vorrei andarmene in una città del nord Europa, pulita, sistemata, distribuita in modo diverso, con i teatri fruibili, i locali allegri, le domeniche calme, poco traffico, la vita più lunga insomma. Poi Roma, che ti trattiene sul GRA anche per ore, ti regala le passeggiate sul Tevere (sulle banchine) che sono da mozzare il fiato. O il caldo che sale dai sanpietrini del centro. O gli odori di sugo delle trattorie dei quartieri popolari. Vorrei solo che tutto questo fosse più accessibile a tutti. Roma non è più una città per giovani, né per bambini, né per vecchi.

D: <  avere un cane sulla porta>> (dalla sua quarta di copertina). Lei è innamorata?

R:Sì.

D: Una domanda che non le ho fatto?

R:Una risposta che non le ho dato?

 Cristiana Alicata (1976) è ingegnere, vive a Roma. Milita attivamente nel PD e combatte per il riconoscimento dei pieni diritti della comunità lesbica, gay e transessuale. Ha pubblicato il romanzo Quattro (Il Dito e La Luna, 2006) e un racconto nell’antologia Principesse Azzurre da Guardare (Mondadori, 2007).

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