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Messaggi di Luglio 2017
Post n°13923 pubblicato il 31 Luglio 2017 da Ladridicinema
Con il weekend appena trascorso (facilmente vinto da Spider-Man: Homecoming) (guarda la video recensione) si è chiusa ufficialmente la stagione cinematografica 2016/2017, che purtroppo ha fatto segnare clamorosi passi indietro rispetto a quella precedente che, come peraltro sospettavamo, è stata la classica "eccezione alla regola". Tre i trend di quest'anno: scarsi incassi generalizzati, débâcle assoluta del cinema italiano, strategie promozionali di dubbia efficacia. Quanto agli incassi vince La bella e la bestia (guarda la video recensione) con 20,4 milioni, una cifra che l'anno scorso avrebbe portato il film Disney solo al quinto posto. Disney occupa anche il secondo posto con Alla ricerca di Dory, con 15,1 milioni, mentre completa il podio Animali fantastici e dove trovarli di Warner che supera di un soffio Cinquanta sfumature di nero (14,8 milioni contro 14,6). Disney piazza altri due film in top ten: Oceania, sesto con 14,3 milioni e Pirati dei Caraibi - La vendetta di Salazar (guarda la video recensione), nono con 12,3 e unico film "recente" in classifica. Warner ha altri due film in top ten (Inferno e Suicide Squad), così come Universal (Fast & Furious 8 e Pets - Vita da animali). Da notare la classifica cortissima con nove film per soli 3 milioni di euro.
Post n°13922 pubblicato il 28 Luglio 2017 da Ladridicinema
Tag: film in uscita Motori Ruggenti Motori Ruggenti
Crazy Night - Festa col morto Rough Night
Post n°13921 pubblicato il 26 Luglio 2017 da Ladridicinema
Spider-Man: Homecoming (guarda la video recensione) vince il weekend con più di mezzo milione di euro, cifra che porta il suo totale a 6,3 milioni di euro davanti a The War - Il pianeta delle scimmie (guarda la video recensione) che passa a quota 2 milioni complessivi. Tra le new entry vanno discretamente Prima di domani, che chiude a oltre 300mila euro e USS Indianapolis, staccato di pochissimo.
Post n°13920 pubblicato il 20 Luglio 2017 da Ladridicinema
Tag: film in uscita Prima di domani Before I Fall
USS Indianapolis USS Indianapolis: Men of Courage
CHiPs CHiPs
Operation Chromite In-cheon sang-ryuk jak-jeon
Post n°13919 pubblicato il 19 Luglio 2017 da Ladridicinema
Stagione finita per il cinema italiano, e a confermarlo ulteriormente, dopo la debacle della settimana, accorre anche il weekend appena trascorso, che ha visto "dominare" i due unici blockbuster lanciati in pompa magna di recente (800 sale ciascuno, molte delle quali rimaste vuote o quasi). Spider-Man: Homecoming vince il weekend con poco più di un milione di euro, passa i 5 complessivi e stacca leggermente The War - Il Pianeta delle Scimmie, che chiude il suo primo weekend di programmazione con 1,1 milioni di euro. Dopo, il vuoto. Solo Transformers - L'ultimo cavaliere cerca di mantenere una qualche sorta di dignità commerciale, ma per il resto è davvero calma piatta. Tutte le new entry della settimana finiscono con un incasso inferiore ai 100mila euro: Black Butterfly va meglio di Wish Upon e Cane mangia cane, ma in generale c'è poco di che rallegrarsi. Questa settimana in sala arrivano USS Indianapolis con Nicolas Cage, CHIPs, ispirato alla serie degli anni '80 e già flop negli USA, Operation Chromite e Prima di domani, nessuno dei quali nutre particolari ambizioni. Prima di vedere degli incassi decenti bisognerà aspettare ancora un mese quando Annabelle 2, La Torre Nera e Atomica bionda daranno il via alla prossima stagione. La classifica finale di quella attuale, che analizzeremo meglio nei prossimi giorni, è quindi definita, con la vittoria de La Bella e la Bestia, con 20,4 milioni di euro, davanti a Alla ricerca di Dory e Animali fantastici e dove trovarli. Nessun film italiano è presente nella top ten finale.
Post n°13918 pubblicato il 14 Luglio 2017 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news
Ieri però la televisione irachena Al Sumariya ha dato conferma grazie una fonte anonima: l’Isis, che già due giorni fa aveva tolto il divieto di parlare in pubblico della dipartita del boss, sarebbe pronto a dare la notizia, annunciando in contemporanea anche il nome del successore.
È un classico esempio di gestione della notizia: annunciando nello stesso tempo la morte di al Baghdadi e il nome del successore si ha l’effetto di stemperare una notizia dirompente per le sorti del movimento.
Probabile che invece che piangere il defunto ne venga esaltato il martirio, così da alimentare la narrativa del movimento.
Nulla di nulla, come se la notizia non fosse affatto rilevante. Evidentemente non si voleva riconoscere ai russi questo palese successo nella lotta al Terrore che, da solo, avrebbe giustificato il loro intervento in terra siriana, oggetto di tanta controversia. Tra l’altro in barba agli americani, ché le operazioni belliche contro Raqqa erano appannaggio Usa.
È altrettanto evidente che se al Baghdadi fosse stato eliminato dalle forze degli Stati Uniti, la notizia avrebbe fatto scorrere fiumi di inchiostro in lode dell’efficienza dell’esercito americano.
C’è un’evidente distorsione della macchina informativa occidentale, provocata da un riflesso condizionato, di marca antipatizzante, nei confronti Mosca.
Se tale dinamica viene usata nei confronti di un evidente successo militare del quale beneficia il mondo intero, si può immaginare quanto influisca su altre tematiche riguardanti Mosca.
Questa sorta di russofobia è un morbo che pare abbia infettato la maggior parte dei media occidentali (con le dovute eccezioni, sia nei media che nei giornalisti). E di fatto rende la stampa, almeno sotto questo profilo, uno sorta di strumento di propaganda di quegli ambiti che spingono per un più serrato confronto Washington-Mosca.
Così anche la notizia della morte del Califfo verrà trattata in modo attutito: l’attenzione non sarà centrata sul successo russo quanto piuttosto sulla relatività del successo stesso, centrando l’analisi sul fatto che l’Isis continuerà nella sua attività cambiando tattica e obiettivi: non più la costruzione di un Califfato, ma un’azione a largo raggio in stile al Qaeda.
Ma al di là di come verrà riportata la notizia, resta che tale successo nella lotta al Terrore, perché di questo si tratta, è stato reso pubblico dopo l’accordo Trump-Putin.
Certo, non c’è alcun legame diretto tra quella stretta di mano e la caduta di Raqqa e l’annuncio della morte del Califfo (avvenute subito dopo l’accordo russo-americano).
E però indiretto sì: quell’accordo ha inferto un colpo fortissimo al Terrore togliendogli spazi di manovra (infatti esso si muove agevolmente tra le pieghe della conflittualità russo-americana).
Ciò lo ha reso incapace di gestire alcune situazioni. Da qui la necessità di abbandonare gli ultimi bastioni di Raqqa come anche anche l’impossibilità di tenere segreta a lungo la notizia della morte del Califfo.
Certo, l’annuncio dell’avvenuta successione alla testa del Califfato sottende un rilancio della sua azione terroristica (giustificati i timori per un imminente attentato, stante che l’Isis vuol dimostrare appunto la sua vitalità). Ma il Terrore non può nascondere l’evidente affanno. Gli è più difficile giocare d’anticipo come ha fatto finora.
È un gioco sanguinario quello del Terrore globale, il cui esito però non si decide nelle periferie dell’Impero, ma nel suo cuore. Un cuore di tenebra dove ambiti più o meno occulti lavorano per costringere nell’angolo il presidente, in modo da fargli ritirare la mano tesa alla Russia o, in alternativa, di farlo cadere.
Se riusciranno, per il Terrore si apriranno nuovi spazi di manovra. Lo sanno bene anche tali ambiti, ma evidentemente non gli interessa. D’altronde, come ha spiegato il senatore John McCain in un’intervista pubblica, la Russia per loro è peggio dell’Isis.
Difficile che queste priorità siano condivise dai cittadini americani o di altre nazioni in cui l’Isis ha fatto strazio. Resta lo sconcerto per i tanti media che invece pare abbiano sposato tale scala di valori.
Post n°13917 pubblicato il 14 Luglio 2017 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news
Ieri però la televisione irachena Al Sumariya ha dato conferma grazie una fonte anonima: l’Isis, che già due giorni fa aveva tolto il divieto di parlare in pubblico della dipartita del boss, sarebbe pronto a dare la notizia, annunciando in contemporanea anche il nome del successore.
È un classico esempio di gestione della notizia: annunciando nello stesso tempo la morte di al Baghdadi e il nome del successore si ha l’effetto di stemperare una notizia dirompente per le sorti del movimento.
Probabile che invece che piangere il defunto ne venga esaltato il martirio, così da alimentare la narrativa del movimento.
Nulla di nulla, come se la notizia non fosse affatto rilevante. Evidentemente non si voleva riconoscere ai russi questo palese successo nella lotta al Terrore che, da solo, avrebbe giustificato il loro intervento in terra siriana, oggetto di tanta controversia. Tra l’altro in barba agli americani, ché le operazioni belliche contro Raqqa erano appannaggio Usa.
È altrettanto evidente che se al Baghdadi fosse stato eliminato dalle forze degli Stati Uniti, la notizia avrebbe fatto scorrere fiumi di inchiostro in lode dell’efficienza dell’esercito americano.
C’è un’evidente distorsione della macchina informativa occidentale, provocata da un riflesso condizionato, di marca antipatizzante, nei confronti Mosca.
Se tale dinamica viene usata nei confronti di un evidente successo militare del quale beneficia il mondo intero, si può immaginare quanto influisca su altre tematiche riguardanti Mosca.
Questa sorta di russofobia è un morbo che pare abbia infettato la maggior parte dei media occidentali (con le dovute eccezioni, sia nei media che nei giornalisti). E di fatto rende la stampa, almeno sotto questo profilo, uno sorta di strumento di propaganda di quegli ambiti che spingono per un più serrato confronto Washington-Mosca.
Così anche la notizia della morte del Califfo verrà trattata in modo attutito: l’attenzione non sarà centrata sul successo russo quanto piuttosto sulla relatività del successo stesso, centrando l’analisi sul fatto che l’Isis continuerà nella sua attività cambiando tattica e obiettivi: non più la costruzione di un Califfato, ma un’azione a largo raggio in stile al Qaeda.
Ma al di là di come verrà riportata la notizia, resta che tale successo nella lotta al Terrore, perché di questo si tratta, è stato reso pubblico dopo l’accordo Trump-Putin.
Certo, non c’è alcun legame diretto tra quella stretta di mano e la caduta di Raqqa e l’annuncio della morte del Califfo (avvenute subito dopo l’accordo russo-americano).
E però indiretto sì: quell’accordo ha inferto un colpo fortissimo al Terrore togliendogli spazi di manovra (infatti esso si muove agevolmente tra le pieghe della conflittualità russo-americana).
Ciò lo ha reso incapace di gestire alcune situazioni. Da qui la necessità di abbandonare gli ultimi bastioni di Raqqa come anche anche l’impossibilità di tenere segreta a lungo la notizia della morte del Califfo.
Certo, l’annuncio dell’avvenuta successione alla testa del Califfato sottende un rilancio della sua azione terroristica (giustificati i timori per un imminente attentato, stante che l’Isis vuol dimostrare appunto la sua vitalità). Ma il Terrore non può nascondere l’evidente affanno. Gli è più difficile giocare d’anticipo come ha fatto finora.
È un gioco sanguinario quello del Terrore globale, il cui esito però non si decide nelle periferie dell’Impero, ma nel suo cuore. Un cuore di tenebra dove ambiti più o meno occulti lavorano per costringere nell’angolo il presidente, in modo da fargli ritirare la mano tesa alla Russia o, in alternativa, di farlo cadere.
Se riusciranno, per il Terrore si apriranno nuovi spazi di manovra. Lo sanno bene anche tali ambiti, ma evidentemente non gli interessa. D’altronde, come ha spiegato il senatore John McCain in un’intervista pubblica, la Russia per loro è peggio dell’Isis.
Difficile che queste priorità siano condivise dai cittadini americani o di altre nazioni in cui l’Isis ha fatto strazio. Resta lo sconcerto per i tanti media che invece pare abbiano sposato tale scala di valori.
Post n°13916 pubblicato il 12 Luglio 2017 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news Da pochi giorni (26 giugno 2017), si è scatenata una vera e propria tempesta mediatica sull’emittente televisiva statunitense CNN. L’azienda, diretta da Jeff Zucker (direttamente coinvolto nello scandalo), è da mesi schierata in prima linea sul fronte dello scontro tra i liberal/democratici americani e le presunte ingerenze da parte della Russia nelle ultime elezioni presidenziali. Ma non solo. La CNN, da molti italiani esterofili ritenuta una fonte informativa affidabile, è tra i principali artefici del rinnovo della tensione – in stile Guerra Fredda – basato sul continuo attacco e discredito nei confronti della Russia. Il concreto sospetto che questo incessante martellamento mediatico – perpetrato senza alcuna prova degna di nota – fosse in realtà un continuum dello scontro politico (e geo-politico) travestito da informazione, era venuto a molti. Sospetto che si è trasformato, pochi giorni fa, in una scandalosa quanto inconfutabile realtà, grazie a una confessione strappata direttamente a John Bonifield (CNN Supervising Producer). Il protagonista di questa preziosa prova di giornalismo investigativo è James Edward O’Keefe, un attivista politico conservatore americano, impegnato in una lotta contro la disinformazione di cui sono protagonisti i Corporate Media statunitensi. O’Keefe gestisce un progetto chiamato “Project Veritas”, con sede a New York. Tramite l’omonima pagina Facebook, l’attivista O’Keefe sta condividendo numerosi video, parte di una rubrica chiamata “American Pravda”, che smascherano clamorosamente l’emittente televisiva CNN, colpevole di una vera e propria campagna di fake newscontro la Russia. I video di O’Keefe sono delle confessioni, strappate ad insaputa degli interlocutori grazie all’uso di una piccola telecamera nascosta. Con questa tecnica ha strappato una confessione non solo a John Bonifield ma anche a Van Jones, un attivista politico del partito democratico che ha servito nell’amministrazione Obama come consigliere speciale (e che è stato inserito nel 2009 dalla rivista Tim” nella lista delle 100 personalità più influenti al mondo). Veniamo ai fatti. Durante una lunga discussione con John Bonifield (CNN Supervising Producer), iniziata durante un incontro all’aperto e terminata addirittura all’interno della sede stessa della CNN, O’Keefe è riuscito a strappare al Supervising Producer queste precise parole: “all the Russia shit it’s mostly bullshit right now (…) we don’t have any big giant proof”. Ovvero: tutte le storie sulla Russia, al momento, sono menzogne, non abbiamo alcuna prova. E prosegue dicendo che pur non avendo prove, è nel loro interesse continuare a marciare sull’argomento. Si aggrava la posizione della CNN quando Bonifield riferisce che durante un meeting interno, il CEO Jeff Zucker ha dichiarato che la copertura informativa sull’uscita di Trump dagli accordi climatici era durata a sufficienza (un giorno e mezzo) ed era quindi il momento di ritornare a martellare l’opinione pubblica sulla Russia. Bonifield sostiene che Zucker sia costantemente focalizzato solo ed esclusivamente sulla produzione di fake news russofobe. A fondo pagina è presente il link al video in questione (*). Il dialogo prosegue con l’ammissione da parte di Bonifield di un certo risentimento personale e da parte di altri colleghi, circa l’uso strumentale e senza alcuna etica professionale della CNN, che userebbe, a suo dire, la questione “russa” solo per innalzare ulteriormente il rating dei followers, particolarmente attratti dalle fake news sulla Russia. Aggiungo che la motivazione politica non è di secondaria importanza. In un secondo “episodio” della rubrica “American Pravda”, l’attivista O’Keefe chiama addirittura in questione un ex consigliere speciale dell’amministrazione Obama: Van Jones. Il politico (e opinionista televisivo CNN, più volte autore di dichiarazioni russofobe), avvicinato in strada durante un momento di pausa e colto di sorpresa, alla domanda di O’Keefe su cosa ne pensasse di tutta la questione russa, ha risposto con un chiaro e sintetico: “the Russia thing is just a big nothing burger”. Che tradotto, significa: “la questione russa è una storia basata sul nulla”. Link al video a fondo pagina (**). Lo scandalo che ha travolto l’emittente televisiva CNN, innescato dalla rubrica “American Pravda”, è in corso di evoluzione. O’Keefe, tramite la sua pagina Facebook “Project Veritas”, continua a pubblicare, a distanza di giorni dal primo video, scottanti rivelazioni che aggiungono ulteriori vergognosi dettagli sull’uso strumentale dell’informazione da parte della CNN. Piccola nota a margine: non restiamo affatto sorpresi dal fatto che questo scandalo, che ha infervorato una larga parte dell’opinione pubblica americana, impegnata in un acceso dibattito sulla vicenda, non abbia trovato neanche un piccolo spazio in alcuna delle principali testate giornalistiche italiane (ricordiamo: la CNN, in Italia, è partner ufficiale del Gruppo Espresso). Davvero un peccato, visto che la CNN, con quell’ingenuità tipica degli italiani esterofili, viene dagli stessi (troppi) considerata come la sola e unica fonte informativa affidabile sulla scena internazionale. Status che dopo le rivelazioni di John Bonifield, si è dimostrato inconfutabilmente falso ed anzi ha mostrato la vera natura disinformante e bugiarda dell’emittente americana. Link (*): https://www.youtube.com/watch?v=jdP8TiKY8dE Link (**): https://www.youtube.com/watch?v=l2G360HrSAs&t=3s (di Marco Montoro)
Post n°13915 pubblicato il 12 Luglio 2017 da Ladridicinema
Box Office Italia
Post n°13914 pubblicato il 12 Luglio 2017 da Ladridicinema
Tag: film in uscita Black Butterfly Black Butterfly
Cane mangia cane Dog Eat Dog
The War - Il Pianeta delle Scimmie War for the Planet of the Apes
Post n°13913 pubblicato il 05 Luglio 2017 da Ladridicinema
Tag: film in uscita Shin Godzilla Shin Gojira
Spider-Man: Homecoming Spider-Man: Homecoming
Post n°13912 pubblicato il 03 Luglio 2017 da Ladridicinema
Attore, comico, scrittore e sceneggiatore. Tante facce per un unico grande interprete del piccolo e del grande schermo italiano. Così era Paolo Villaggio, scomparso oggi a Roma all'età di 84 anni, dai primi di giugno era ricoverato nella clinica privata Paideia. "Ciao papà - ha scritto sua figlia Elisabetta su Facebook, dandogli l'addio con una foto del padre giovanissimo - ora sei di nuovo libero di volare". Sarà allestita probabilmente mercoledì mattina in Campidoglio la camera ardente, a dirlo sono stati i figli, spiegando che in queste ore si stanno stabilendo i dettagli. A seguire dovrebbe esserci una cerimonia laica, nel pomeriggio o la sera, alla Casa del Cinema di Roma. Nato a Genova il 30 dicembre 1932, dall'adolescenza di Villaggio emergono i ricordi di una giovinezza matta e spensieratissima, tra sbadati studi in legge, incursioni nel cabaret e nel teatro amatoriale, lunghe vacanze con gli amici, primo fra tutti con Fabrizio De André che lo spinse anche a suonare e cantare. Del resto il suo esordio nel mondo dello spettacolo coincide con il testo della ballata "Re Carlo tornava dalla guerra" che fece notare De André anche per l'accusa di turpiloquio scagliata da un procuratore siciliano. All'inizio degli anni '60 Villaggio va a lavorare in fabbrica (una delle maggiori aziende europee di impiantistica), ma qui capiscono in fretta il soggetto e lo mettono a organizzare le feste aziendali. Intanto ha fatto il suo tirocinio da palcoscenico con la compagnia goliardica Baistrocchi in cui si esibisce in esilaranti numeri da cabaret che gli serviranno da modello per le sue maschere diventate poi celebri: il travet timido, l'imbonitore aggressivo, l'eterno sconfitto. Da qui alla notorietà il salto alla fine si rivelerà breve, sia grazie alle buone compagnie frequentate al "Derby" di Milano, sia per merito di Maurizio Costanzo che lo porta a Roma, lo fa debuttare a teatro, lo impone alla radio. Da lì, complice il desiderio di rinnovamento della tv di stato, Villaggio scala in fretta i gradini della celebrità: "Quelli della domenica" (1968), dove debuttano il Professor Kranz e il nevrotico Fracchia, "Canzonissima", "Gran Varietà" alla radio. Sono gli ultimi momenti degli anni '60 che Villaggio fa suoi insieme ad ormai buoni compagni di strada come Enrico Vaime, Cochi e Renato, Gianni Agus, Ric e Gian Al cinema Villaggio inizia con un insuccesso, Eat it, scritto e diretto da Francesco Casaretti nel 1968, seguito l'anno dopo da I quattro del pater noster di Ruggero Deodato, dove gli altri tre erano Lino Toffolo, Enrico Montesano e Oreste Lionello, poi ci sono Il terribile ispettore, regia di Mario Amendola (1969) e nello stesso anno Pensando a te, di Aldo Grimaldi, ma soprattutto Brancaleone alle Crociate (1970) di Mario Monicelli nel quale è l''alemanno' Thorz, personaggio che sembra ricalcato sul professor Kranz. La svolta professionale arriva nel 1971 quando la casa editrice Rizzoli pubblica i suoi racconti sul ragionier Fantozzi, già usciti sulla rivista "l'Europeo": il successo fu immediato e poi arrivò il primo di una fortunata serie di film. Fantozzi (1975) venne diretto da Luciano Salce. Saranno alla fine 10 i capitoli della saga che porteranno il Ragioniere fino in Paradiso e oltre. Nel frattempo Villaggio è diventato un "nome" cinematografico alternando incursioni d'autore (con Monicelli per Brancaleone alla crociate, con Gassman che ne fa la sua spalla preferita, con Pupi Avati all'esordio, e con Nanni Loy) e grandi successi di cassetta che si ripeteranno per tutto il decennio successivo, quasi sempre con la complicità di Salce, Sergio Corbucci, Neri Parenti. La sua comicità mischia ironia surreale e satira reale in un costante passare da Cechov alle comiche del muto, dall'osservazione sociale al teatro dell'assurdo. Se ne accorgeranno tardivamente i critici, ma non saranno in ritardo Federico Fellini che gli dedicherà il suo ultimo film, La voce della luna in coppia con Benigni, Giorgio Strehler che lo porta a teatro con "L'avaro", Ermanno Olmi (La leggenda del bosco vecchio da Buzzati), Lina Wertmuller (Io speriamo che me la cavo), il veterano Monicelli (Cari fottutissimi amici), Gabriele Salvatores (Denti). Sono per Villaggio gli anni '90, intristiti dai problemi fisici e da una delusione per l'Italia e l'utopia socialista infranta che lo porterà fino a uno sconsolato endorsement a Beppe Grillo ("un conterraneo per cui ho provato vera invidia"). Dimenticato dal cinema, Villaggio si rifugia nella pubblicistica, sempre accompagnata da buon successo di vendite, nel teatro e nella critica pubblica in cui mantiene sguardo acuto sulla società che cambia. Nella vita artistica non gli sono però mancati gli onori: Gillo Pontecorvo gli conferì nel 1992 un inatteso e rivoluzionario Leone d'oro alla carriera (il primo mai dato a un comico); due anni prima Fellini gli aveva fatto vincere il David di Donatello come miglior attore (ne avrebbe vinto un secondo alla carriera nel 2009); infine ecco il Pardo d'oro di Locarno nel 2000. L'attore aveva da poco finito di girare La voce di Fantozzi di Mario Sesti, prodotto da Daniele Liburdi e Massimo Mescia. “Autore e attore straordinario e poliedrico – dichiara il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini - Paolo Villaggio ha attraversato con verve, ironia e profonda intelligenza numerose stagioni del cinema italiano, a partire dall'invenzione letteraria del ragionier Ugo Fantozzi e alla sua trasposizione cinematografica per arrivare all'autorialità di Federico Fellini. Dai testi teatrali a quelli per De André, la sua creatività e la sua inventiva si sono espresse senza limiti e confini. Oggi con lui scompare un grande italiano, un interprete capace di restituirci con la sua comicità surreale e la sua satira irridente un'immagine del Paese in cui tutti, in diverse misure, ci siamo riconosciuti". "Ricordo #PaoloVillaggio Talento comico straordinario ha insegnato a generazioni di italiani a riconoscere i propri tic". Lo scrive su Twitter il premier Paolo Gentiloni. "Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso il suo cordoglio per la scomparsa di Paolo Villaggio, attore di talento che ha saputo raccontare con acume ed efficacia vizi e virtù degli italiani". Lo rende noto un comunicato del Quirinale. "Addio a Paolo Villaggio e ai suoi personaggi, maschere amare di un certo costume italiano entrato nel nostro lessico e nella nostra memoria", lo afferma Laura Boldrini, presidente della Camera. "Ci ha fatto ridere del peggio di noi stessi, smascherandolo e trasformando in comico il lato 'tragico' della vita. Addio a Paolo Villaggio che ha saputo, con il suo talento, farci sentire meno soli nei piccoli e grandi guai della quotidianità". Lo scrive, in un post su facebook, il presidente del Senato Pietro Grasso. "E' stato il re della risata, un grande - ha dichiarato l'attore e regista Ricky Tognazzi, lasciando la clinica di Collina Fleming - Per il cinema italiano ha rappresentato un modello di rottura della canonica commedia all'italiana. Riusciva a raccontare le cose vere in modo molto sardonico e sincero". Ricky Tognazzi ha poi ricordato il forte legame che Paolo Villaggio aveva con il padre: "E' stato il migliore amico di papà si volevano molto bene''. "Se ne va via un pezzo di vita", dice commosso Maurizio Costanzo, che ha avuto un ruolo centrale nel lanciare l'attore negli anni '60 in teatro e in tv. Il primo incontro, folgorante, a Genova: "Un giorno - racconta Costanzo - il regista Luigi Squarzina, condirettore dello Stabile con Ivo Chiesa, mi disse: 'Se hai tempo, vai a vedere al teatrino di via Marsala, in scena c'è un impiegato dell'Italsider, mi sembra interessante'. Io andai, e impazzii. Con Villaggio ci vedemmo a cena e lui firmò su un tovagliolo un contratto per il cabaret che stavo lanciando in quel periodo a Roma, Sette per Otto, in una traversa di corso Garibaldi. Venne e fece il botto: il botteghino apriva alle 17, alle 17,20 era già esaurito". Di lì alla tv il passo fu breve: "Gli alti dirigenti della Rai videro Paolo e lo portarono a Milano, nel 1968, per 'Quelli della domenica', alla quale lavoravo come autore, con Cochi e Renato e Lara Saint Paul". L'anno dopo "nacque Fracchia: c'erano Enrico Simonetti, Gianni Agus capoufficio pronto a sbeffeggiare il povero dipendente e Villaggio sulla celebre poltrona sacco". "È morta anche la mia giovinezza. Fantozzi è stato l'unico uomo che mi abbia veramente amato". Così Anna Mazzamauro sulla sua pagina Facebook e a Villaggio dedicherà domani il Premio CineCiak d'oro che riceverà a Riccione". "Un cartoon che ha raccontato tante maschere come Fantozzi e Fracchia, personaggi che non moriranno mai perché i lecchini ci saranno sempre - è il commento di Lino Banfi - Tra i film che ho fatto con lui c'è stato Fracchia la bestia umana in cui sono diventato, grazie alla sua generosità, un vero e proprio coprotagonista. Era infatti molto generoso sul set". "Grazie Paolo per avermi fatto entrare nel tuo immaginario, ti ho voluto e ti voglio bene". Questo l'ultimo messaggio di Milena Vukotic, alias Pina moglie storica del ragionier Fantozzi. "Gli sono grata e sono orgogliosa di avermi fatto far parte dei suoi film e soprattutto di avermi dato con grande umanità la sua amicizia e questo al di là del nostro lavoro che facevamo sulla scena". "La notizia mi ha avvolto il cuore di tristezza. E' stato il più grande clown della sua generazione. Un bambino spietato, rivoluzionario e liberatorio. Fantozzi ci rappresenta tutti, ci umilia e ci corregge, con lui tutte le persone anonime hanno trovato il loro Signore. E' stato la persona più imprevedibile e pura che abbia mai conosciuto. Grazie caro Paolo, ti siamo debitori di una gioia immensa", è il commento di Roberto Benigni.
Post n°13911 pubblicato il 03 Luglio 2017 da Ladridicinema
Cinque statuette a "Indivisibili" di Edoardo De Angelis Il Nastro d`argento per il miglior film quest'anno è andato a "La tenerezza" di Gianni Amelio, che ha ricevuto anche il premio per regia, fotografia e attore protagonista (Renato Carpentieri). "Indivisibili" di Edoardo De Angelis, però, è stato quello che si è portato a casa più trofei: per il soggetto, per il miglior produttore, per i costumi, per la migliore colonna sonora e la migliore canzone originale di Enzo Avitabile. Ficarra e Picone, con "L'ora legale" si sono aggiudicati il premio per la migliore commedia dell`anno, mentre ad Andrea De Sica con "I figli della notte" ha ricevuto il Nastro come miglior esordiente.
Post n°13910 pubblicato il 03 Luglio 2017 da Ladridicinema
La voce di Fantozzi resterà l'ultimo film al quale ha lavorato Paolo Villaggio. Con la regia di Mario Sesti, è prodotto da Daniele Liburdi e Massimo Mescia per Volume, che ha già realizzato l'audiolibro letto dallo stesso Villaggio, dal libro del 1971. Per La voce di Fantozzi, che omaggia il ragioniere più divertente e amato d'Italia, l'attore ha anche scritto nuovi dialoghi per alcuni dei suoi più famosi personaggi come il Megadirettore e la signora Pina. Il film sulla maschera comica più popolare del cinema italiano conterrà anche le testimonianze di Roberto Benigni, Dario Fo, Lino Banfi, Fiorello, Renzo Arbore, Maurizio Costanzo, tra gli altri. Nell'inquadratura, realizzata a casa sua, che chiude il documentario Paolo Villaggio tiene in mano il ciak del film, attualmente in fase di edizione.
Post n°13909 pubblicato il 03 Luglio 2017 da Ladridicinema
Settimana caratterizzata dal clamoroso exploit di Vasco Modena Park (anche) al cinema, quella appena trascorsa. La diretta del concerto in un solo giorno ha ottenuto una cifra superiore a quella di tutti gli incassi dei film in top ten, 700mila euro, con la sola eccezione di Transformers 5 - L'ultimo Cavaliere (Guarda la videorecensione), che ha superato, nell'arco dei sette, il milione di euro.
La Russia denuncia l'inizio di una nuova campagna di disinformazione contro la Siria antidiplomatico
Post n°13908 pubblicato il 03 Luglio 2017 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news La portavoce del ministero degli Esteri russo María Zajarova ha annunciato l'inizio della campagna occidentale di disinformazione e di propaganda contro la Siria con video 'stile Hollywood'. "Come abbiamo annunciato qualche giorno fa, è iniziata la campagna di propaganda per l'uso di armi chimiche da parte di Damasco", ha scritto ieri, sul suo profilo Facebook, la portavoce del Ministero degli esteri russo, María Zajarova. Nel post pubblicato, la diplomatica ha pubblicato uno screenshot di un video di persone colpite, si sostiene, da un "attacco governativo con gas cloro" nel Ghouta, zona rurale ad est della capitale Damasco. Nella descrizione che accompagna l'immagine, Zajarova, ha sottolineato che "ci saranno più video fatti così bene, e di diverso livello di qualità: di migliore qualità come questo, a livello di Hollywood". A suo avviso, con l'inizio di questa nuova campagna di propaganda per dare la colpa al Presidente della Repubblica di Bashar al-Assad per legittimare le azioni militari della cosiddetta Coalizione anti-ISIS, guidata dagli Stati Uniti, ci saranno molti più falsi e la campagna sarà su larga scala. Il video utilizzato da Zajarova risponde a un presunto attacco chimico di sabato scorso a Ein Tarma, nei pressi del Ghouta, dove sarebbero state colpite decine di persone. I media opposizione ha accusato il governo siriano di essere responsabile dell'attacco. Tuttavia, subito dopo l'attacco l'esercito siriano ha negato qualsiasi coinvolgimento in quello che è successo e definito queste notizie come false.
Post n°13907 pubblicato il 03 Luglio 2017 da Ladridicinema
E' morto a Roma Paolo Villaggio. L'attore si è spento questa mattina alle 6 all'età di 84 anni. Era ricoverato dai primi di giugno nella clinica privata Paideia di Roma dopo essere stato seguito anche dal policlinico Gemelli. L'attore è morto per complicanze del diabete "che ha curato poco e male", hanno spiegato i figli. La camera ardente sarà allestita probabilmente mercoledì mattina in Campidoglio - hanno detto i figli - e in queste ore si stanno stabilendo i dettagli. A seguire dovrebbe esserci una cerimonia laica, nel pomeriggio o la sera, alla Casa del Cinema di Roma. "Se devo avere un funerale in chiesa - confidava scherzando Villaggio ai figli - lo voglio a San Pietro". Genovese purosangue, Villaggio è stato scrittore e autore, protagonista di una stagione storica dell'intrattenimento, tra grande schermo, radio e tv. Ha dato il volto a mille personaggi entrati nell'immaginario collettivo, primo fra tutti il ragionier Ugo Fantozzi
Paolo Villaggio, 10 curiosità su di lui /VIDEO Tognazzi: "Re risata, miglior amico di papà" (GUARDA LA VIDEO INTERVISTA) - "E' stato il re della risata, un grande". A ricordare Paolo Villaggio, scomparso alcune ore fa in una clinica a Roma, è stato Ricky Tognazzi. Lasciando la clinica di Collina Fleming, l'attore ha aggiunto: "Per il cinema italiano ha rappresentato un modello di rottura della canonica commedia all'italiana. Riusciva a raccontare le cose vere - ha continuato - in modo molto sardonico e sincero". Ricky Tognazzi ha poi ricordato il forte legame che Paolo Villaggio aveva con il padre. "E' stato il migliore amico di papà si volevano molto bene''. "Ciao papà, ora sei di nuovo libero di volare": con un post su facebook, poche parole ed un cuoricino, Elisabetta Villaggio saluta il papà. Il messaggio è accompagnato da una foto in bianco e nero che ritrae Paolo Villaggio da giovane insieme ai figli. Tempo fa, in un messaggio su fb, la figlia Elisabetta scriveva: "Papà abbandonato dal cinema".
Post n°13906 pubblicato il 03 Luglio 2017 da Ladridicinema
È molto difficile poter dire di aver inciso sullo spirito del proprio tempo o, ancora di più, sulla cultura del proprio paese, di aver lasciato un segno così tangibile che chiunque sia costretto ad ammetterlo. Paolo Villaggio, morto oggi ad 84 anni, è stato così evidentemente incisivo, così apertamente capace di modificare come immaginiamo, pensiamo e concepiamo i rapporti di forza nella nostra società, da aver fatto la storia della cultura italiana dopo aver fatto quella del costume. E averla fatta dal basso, in tutti i sensi.
Se alcuni dettagli, alcune espressioni e alcune immagini sono facilmente riconducibili a lui e alla sua creazione più nota, Fantozzi (ne abbiamo parlato tanto quando il primo film ha compiuto 40 anni), ci sono però altri modi più sottili, meno noti o anche solo meno celebrati in cui il nostro paese ancora risente della sua influenza. Non tutti sono stati necessariamente dei mutamenti che possono essere definiti “positivi” in toto, ma certamente sono riconducibili alle sue creazioni, alle sue storie e a come il mondo in cui le ambientava ci parlava e ci parla del nostro. 1. La lingua“È senza dubbio la cosa di cui vado più fiero, aver cambiato un po’ la maniera in cui le persone parlano” È l’elemento più forte, il dettaglio più evidentemente riconducibile a Paolo Villaggio. Solitamente indicata come una rivoluzione portata da Fantozzi, in realtà il lessico di Villaggio nasce prima, già in tv e poi viene perfezionato in Fantozzi. Una lingua fatta di superlativi e di abbinamenti inusuali tra aggettivi e azioni o tra aggettivi e sostantivi.
2. Cinismo comico “Non ero bello come Gassman o come Tognazzi, per farmi notare avevo bisogno di essere diverso” È iniziato tutto in televisione, con il professor Kranz con una specie di strana forma di comicità in cui il comico si esibisce non tanto nella battute ma nel creare un mood, un’atmosfera tra lo strano e il rischioso, tra l’imbarazzo e l’anticonvenzionale, un mood in cui non si può che ridere degli stessi eventi che forse, ci avessero protagonisti, farebbero piangere. È in realtà un umorismo molto moderno e internazionale, messo a punto dagli stand up comedian e solo recentemente arrivato al cinema, ma Villaggio era già lì, creava situazioni in cui le persone erano maltrattate per finta, portando tutto così avanti da creare un po’ di disagio. Disagio comico. Come si vede nella clip qua sotto, questo cinismo nasce con una specie di stand up comedy e poi finisce al cinema.
In seguito questo cinismo maturato negli spettacoli televisivi, così fortunato e originale, l’ha tradotto in letteratura e poi in film con Fantozzi. Da lì è rimasta sempre la chiave delle sue trovate migliori: spingere la cattiveria umana un pochino più verso la follia per renderla comica pur restando molto riconoscibile. Il cinismo comico di Villaggio era ed è la definizione migliore di Fantozzi: maltrattare gli altri involontariamente svelando le proprie difficoltà e inadeguatezze, le proprie paure e i propri timori.
3. La religione “Trovo che gli italiani siano abbastanza sudditi. Si lamentano ma non alzano la testa per protestare. Prendi Roma, hanno subito i papi e poi hanno continuato ad essere sudditi” C’è un filo sottile che corre lungo tutti i migliori film di Fantozzi ed è il rapporto di sudditanza nei confronti della religione. Mai al centro delle gag, mai parte di una delle molte storie di Fantozzi ma sempre incombente. La religione cattolica è l’immaginario di riferimento del ragioniere, ed è, dal suo punto di vista, ancora una volta un immaginario di sudditanza, potere e vessazione.
Un mondo in cui l’iconografia religiosa che esce fuori dall’inconscio del ragioniere è sempre e solo una di sofferenza, in cui il cattolicesimo è punizione e dolore, la narrazione che giustifica e avalla la sua vita di sofferenza. Quando il megadirettore gli dice “Uccidiamo il vitello grasso” Fantozzi istintivamente risponde terrorizzato “Io?!!?”. Vedrà San Pietro sulla traversa della porta in una mortale partita di calcio, un angelo gli annuncerà la sua prossima maternità in una visione delirante, vedrà Gesù camminare sulle acque mentre è in preda ai deliri da sete, irretito in mezzo al lago.
4. La coscienza impiegatizia “Oggi ai direttori si dà del tu, non c’è più quel tipo di distanza e gerarchia, ed è molto meglio così. Ai tempi miei c’era un distacco enorme tra proletariato e alta borghesia, era inavvicinabile” Prima che arrivasse il ragionier Fantozzi semplicemente non esisteva in Italia una coscienza impiegatizia, nel senso di una profonda riflessione popolare sulla maniera in cui nuove forme di organizzazione del lavoro stavano cambiando le persone e quindi la società. Non c’era al cinema (l’unico tentativo serio, ma inevitabilmente d’autore e per pochi era stato Il Posto di Olmi), non c’era in televisione, non c’era nella cultura di massa. Partendo da Gogol, Fantozzi ha di fatto creato la base che ancora oggi costituisce lo scheletro per leggere la vita d’azienda, per capire come la mentalità aziendale ha perpetuato forme di potere e vessazione ben più antiche (lo straordinario rapporto che c’è in quell’immaginario tra funzionari e titoli nobiliari) e ne ha create di nuove (le gite aziendali, la bontà dei superiori).
5. Il rapporto con la cinefilia e la cultura “La frase sulla Corazzata è stata una liberazione per tutti” Non poteva non essere affrontato qui infine una delle conseguenze più controverse dell’influenza di Paolo Villaggio sulla cultura di massa.
È complicato dare un giudizio sugli esiti di quella che è la più controversa ma anche duratura delle influenze di Villaggio sulla società contemporanea. Perché è vero da un lato che la maniera in cui Fantozzi subisce la cultura o ci si ribella raramente ha una componente di necessaria liberazione, è vero che in tantissimi settori la cultura era ed è intesa come una punizione, un giogo imposto dall’alto, ma è anche vero che le conseguenze di questa liberazione sono state nefaste tanto quanto positive.
Post n°13905 pubblicato il 03 Luglio 2017 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news 02.07.2017 19:30 di Enrico Danna In questa estate, iniziata da poco ma già molto torrida ed in grado di mandare fuori orbita più di qualche cervello, tra un "Juve immobile", “Juve beffata”, e un "Li compra tutti la Juve a rate", imperversa un esponenziale incremento del germe dell'anti-juventinità. I protagonisti sono coloro che, per auto proclamazione, si definiscono i paladini dell'informazione libera e che sfruttano le loro posizioni di vantaggio mediatico (giornali, tv, social) per attaccare la Juventus in ogni modo e in ogni dove. Non importa che le notizie siano vere o meno: anzi, meglio ancora se si tratta di fake news, ovvero notizie farlocche inventate di sana pianta. L'importante è screditare la Vecchia Signora, in qualunque maniera. C'è chi ne ha fatto il proprio cavallo di battaglia per raccogliere qualche “like” e “retweet” sui social: del resto, cerchiamo di comprendere il loro stato d'animo. Oltre al disagio sportivo, dovuto alla frustrazione causata dai sei scudetti consecutivi vinti dalla Juventus, per arrivare a tali livelli di ossessione, ci deve essere anche un'esistenza fatta di nulla e forse anche di meno. C'è chi, evidentemente, ha una vita personale talmente insignificante, da trovare giovamento solo nella denigrazione altrui. C'è però, soprattutto, un principio di alzheimer, a preoccuparci, pensando alla salute di questi personaggi. Lo si nota dai vuoti di memoria che irrompono all'improvviso e che ottenebrano menti sempre così vigili ed attente, portandole a stati di incoscienza momentanea, nei quali alcune notizie sfuggono e quindi non possono essere trattate con la dovuta e solita attenzione. Pensiamo ad esempio al caso Infront, definita come una vera e proprio "banca" per le società milanesi. Avete trovato tweet, post e articoli di giornale dei nostri paladini? Deve essere sfuggita, questa notizia. E' che, probabilmente, su google, hanno impostato la ricerca automatica con l'inserimento di una sola parola, ovvero “Juventus”. Ovvio che queste news non compaiano all'orizzonte. Del resto, mica si parla di fatti rilevanti: sono sciocchezze, queste. Così come sono assolutamente irrilevanti le notizie che riguardano magheggi di bilancio dei soliti noti, oppure movimenti strani tra Società poco inclini alla trasparenza da sempre. Che volete che sia? Meglio focalizzarsi su quello che succede a Torino, buttando qua e là notizie che possano ingolosire un esercito di pecoroni accalorati. Qualcuno di voi ha letto notizie in merito alla conclusione del Processo “Alto Piemonte” nel quale sono state comminate sì delle condanne, ma solo per motivi extra calcistici? Se è stato scagionato pienamente colui che, stante l'impianto accusatorio, avrebbe introdotto la 'ndrangheta nel mondo Juve, cosa vuol dire? Fare 2+2 è semplice, ma forse, a qualcuno mancano le basi matematiche. Meglio concentrarsi allora sul cambiamento di denominazione dello Stadium in Allianz Stadium, con ancora i 35 scudetti in bella vista. Perché Tavecchio non interviene, si chiede più di qualche paladino? In effetti, 35 sono anche pochi, ma tant'è, avendone vinti tanti di scudetti, non siamo costretti ad elemosinare la carità altrui, come dei pezzenti qualsiasi. Per non parlare dell'ipocrisia perbenista nell'indignarsi nel momento in cui è circolata la voce circa il possibile approdo del Dr Agricola (assolto nel processo che l'ha riguardato e quindi senza pendenze) a capo del J Medical (che è struttura a parte rispetto alla Juventus – struttura d'eccellenza, tra l'altro). Il tutto, mentre altrove, si facevano operazioni di finanza creativa al fine di sistemare bilanci un po' pericolanti o si pensava di richiamare personaggi che in passato avevano fatto ben altri tipi di magheggi e che da anni fanno parte dello staff della nazionale italiana. Nessun accenno poi, alle vicende camorra/giocatori di calcio che hanno riguardato luoghi distanti dalla capitale sabauda. Quello che succede altrove, tende sempre a sfuggire ai radar dei nostri paladini dell'informazione libera. Non vorremmo che questo fosse davvero un principio di alzheimer, perché a forza di dimenticare, potrebbe anche succedere che un giorno, svegliandosi, i nostri eroi, pensassero di essere tifosi bianconeri e si rivolgessero ai loro seguaci twittando “Forza Juve!”. In quel caso, però, l'unica soluzione sarebbe quella di fuggire su Marte.
Post n°13904 pubblicato il 03 Luglio 2017 da Ladridicinema
Tag: comunicazione, news di Giulietto Chiesa. Un tempo le crisi politiche si consumavano sulla base dei fatti. Facciamo un esempio: Cuba e i missili sovietici. Oppure un altro: la rivalutazione a sorpresa del marco tedesco e il Muro di Berlino. Oppure, sempre per chiarirci: metti sulle rampe di lancio i Pershing in Europa e io ti rispondo con gli SS-20. Tutti ci ricordiamo — quelli di noi che hanno qualche anno alle spalle — della guerra fredda. Bei tempi, verrebbe da dire. Si litigava, e ci si dava spintoni, qualche volta ci si sparava addosso l'un l'altro, per qualche cosa che era accaduta. Adesso la politica, inclusa quella internazionale si è trasformata in un vaudeville interminabile, dove ci sarebbe da ridere tutti i giorni, ma dove, invece, regna un silenzio assordante. Sbalorditivo, ma nessuno ride. Si tratta di un "prossimo" bombardamento con armi chimiche, che dovrebbe accadere in una qualche parte, non precisata, della Siria. I solerti servizi segreti americani comunicano che saranno gli aerei di Bashar el-Assad che bombarderanno i villaggi della Siria con armi chimiche. "Per la seconda volta", afferma l'arcigno portavoce dell'Amministrazione. La qual cosa fa pensare che ci sia stata una "prima volta". Ma la "prima volta" non solo non pare ci sia mai stata, ma è stata recentemente smentita da documenti inequivocabili, da giornalisti di riconosciuto valore, come lo è Seymour Hersh. Inoltre risulta, in modo altrettanto inequivocabile, che gli Stati Uniti hanno rifiutato di andare a toccare con mano la base aerea di Khan Sheikun, dove sarebbero partiti gli aerei siriani per andare a uccidere cittadini siriani innocenti. Lo ha rivelato di nuovo il pazientissimo ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ricordando al colto e all'inclita che le armi chimiche lasciano dietro di sé una striscia indelebile di indizi, che chiunque conosca questi aggeggi è in grado di rilevare anche dopo anni di distanza. Washington, restia a ogni invito, ha preferito ignorare le tracce reali (sapendo che non le avrebbe trovate) e diffondere la tesi del primo raid chimico. Sicura, per altro, che tutto il mainstream occidentale avrebbe ripetuto la sua tesi "a prescindere". E va bene, ci stiamo abituando tutti a queste sceneggiate. Ma è pur sempre la disputa su un fatto. Invece qui si è giunti a disputare su un "non fatto". Infatti il "secondo bombardamento" con armi chimiche non si è ancora verificato. E possiamo già essere certi, a rigor di termini, che non si verificherà mai, essendo già chiaro che non è esistito il cosiddetto "primo bombardamento". Shakespeare, vivesse oggi, avrebbe riscritto in tutta fretta la sua commedia "Much ado about nothing" (Molto rumore per nulla"). In realtà viene il sospetto che tutto questo rumore sia semplicemente il prologo di un vero bombardamento a armi chimiche, il primo, che sarà effettuato da qualche aereo opportunamente dipinto con i colori siriani (probabilmente già addobbato per la bisogna e dislocato in qualche hangar, per esempio in territorio giordano). Per chi non conosca il sistema delle false flag, suggeriamo la lettura del famoso "Piano Northwoods" con cui il generale omonimo progettava di far scattare l'invasione di Cuba accusando Fidel Castro di avere abbattuto un aereo a stelle e strisce carico di finti studenti. La differenza qui è sottile ma importante: il "Piano Northwoods" era segreto. Qui invece il bombardamento viene annunciato prima che accada. Ed è una differenza importante: a quei tempi (anni '60) la stampa e l'informazione occidentale, erano ancora "ingenue". Ci sarebbero cascate comunque, avrebbero accusato immediatamente Castro di avere assassinato a sangue freddo decine di innocenti studenti americani. Ma c'era il rischio che almeno qualche giornalista, altrettanto innocente, fosse sfiorato dal sospetto di un qualche inganno. E allora ci sarebbero stati molti guai per gl'inventori della false flag. Invece ora il mainstream è da tempo interamente "domato". La CNN costruisce fake news a ritmo continuo, che diventano news per tutti i grandi giornali occidentali. E dunque è più che probabile che il primo bombardamento con armi chimiche sarà effettuato, per rovesciare poi l'accusa su Damasco e, subito dopo, su Mosca e Teheran. E, in ogni caso, anche se non ci sarà nessun bombardamento, tutta l'informazione occidentale scriverà e mostrerà dai suoi teleschermi i terribili aerei di fabbricazione russa che "qualcosa" sganceranno su "qualcuno", da "qualche parte". La società dello spettacolo funziona così. AGGIORNAMENTO PRONTA LA PROVOCAZIONE PER L'ATTACCO CONTRO LA SIRIA 1) Washington annuncia un prossimo attacco siriano con armi chimiche. Damasco risponde: frottole. Mosca risponde: venite a vedere e controlliamo insieme. Washington rifiuta. 2) L'organizzazione per il controllo delle armi chimiche (OPCW) rifiuta di andare a controllare. Invece rende pubbliche le risultanze di una non inchiesta e dice che a Khan Sheikhun è stato usato gas nervino (ma da chi?) 3) Ieri un gruppo pressoché sconosciuto di tagliagole mercenari, denominato Failaq al-Rahman, accusa le truppe siriane di avere usato gas a Ain Tarma. Ci siamo. La false flag operation è pronta per la partenza. Aspettatevi un diluvio di prese di posizione occidentali, tutte basate sul nulla o, basate sulle dichiarazioni dei terroristi, che giustificheranno l'inizio dell'offensiva.
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45