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Messaggi del 03/11/2018

 

PERCHÈ SIAMO TUTTI IN PERICOLO

Post n°14731 pubblicato il 03 Novembre 2018 da Ladridicinema
 

Pier Paolo Pasolini a Furio Colombo

 

Il suo testamento, le sue parole che oggi pesano come macigni.
Quelle che pronunciò nelle ultime ore della sua vita.
Era Furio Colombo a raccoglierle per un’intervista che non fu mai completata e che oggi ci racconta di noi stessi.
Solo con 42 anni di anticipo.

 

 

Nel pomeriggio del  1° novembre 1975 Pasolini rilasciò a Furio Colombo un’intervista di cui pensò anche il titolo: “Siamo tutti in pericolo”. Avrebbe dovuto rivederla il giorno dopo, ma il destino volle diversamente. L’intervista, uscita poi l’8 novembre 1975  su “La Stampa-Tuttolibri”, fu riproposta con una premessa di Furio Colombo su “l’Unità” del 9 maggio 2005. Il testo è leggibile anche nel volume Saggi sulla politica e sulla società, a cura di W.Siti e S. De Laude, “Meridiani” Mondadori, Milano 1999, pp. 1723-1730)

“Questa intervista ha avuto luogo sabato 1° novembre, fra le 4 e le 6 del pomeriggio, poche ore prima che Pasolini venisse assassinato. 
Voglio precisare che il titolo dell’incontro che appare in questa pagina è suo, non mio. Infatti alla fine della conversazione, che spesso, come in passato, ci ha trovati con persuasioni e punti di vista diversi, gli ho chiesto se voleva dare un titolo alla sua intervista.
Ci ha pensato un po’, ha detto che non aveva importanza, ha cambiato discorso, poi qualcosa ci ha riportati sull’argomento di fondo che appare continuamente nelle risposte che seguono. «Ecco il seme, il senso di tutto – ha detto – Tu non sai neanche chi adesso sta pensando di ucciderti. Metti questo titolo, se vuoi: “Perché siamo tutti in pericolo”».”(Furio Colombo)

Pasolini, tu hai dato nei tuoi articoli e nei tuoi scritti, molte versioni di ciò che detesti. Hai aperto una lotta, da solo, contro tante cose, istituzioni, persuasioni, persone, poteri. Per rendere meno complicato il discorso io dirò «la situazione», e tu sai che intendo parlare della scena contro cui, in generale ti batti. Ora ti faccio questa obiezione. La «situazione» con tutti i mali che tu dici, contiene tutto ciò che ti consente di essere Pasolini. Voglio dire: tuo è il merito e il talento. Ma gli strumenti? Gli strumenti sono della «situazione». Editoria, cinema, organizzazione, persino gli oggetti. Mettiamo che il tuo sia un pensiero magico. Fai un gesto e tutto scompare. Tutto ciò che detesti. E tu? Tu non resteresti solo e senza mezzi? Intendo mezzi espressivi, intendo…

Sì, ho capito. Ma io non solo lo tento, quel pensiero magico, ma ci credo. Non in senso medianico. Ma perché so che battendo sempre sullo stesso chiodo può persino crollare una casa. In piccolo un buon esempio ce lo danno i radicali, quattro gatti che arrivano a smuovere la coscienza di un Paese (e tu sai che non sono sempre d’accordo con loro, ma proprio adesso sto per partire, per andare al loro congresso). In grande l’esempio ce lo dà la storia. Il rifiuto è sempre stato un gesto essenziale. I santi, gli eremiti, ma anche gli intellettuali. I pochi che hanno fatto la storia sono quelli che hanno detto di no, mica i cortigiani e gli assistenti dei cardinali. Il rifiuto per funzionare deve essere grande, non piccolo, totale, non su questo o quel punto, «assurdo», non di buon senso. Eichmann, caro mio, aveva una quantità di buon senso. Che cosa gli è mancato? Gli è mancato di dire no su, in cima, al principio, quando quel che faceva era solo ordinaria amministrazione, burocrazia. Magari avrà anche detto agli amici: a me quell’Himmler non mi piace mica tanto. Avrà mormorato, come si mormora nelle case editrici, nei giornali, nel sottogoverno e alla televisione. Oppure si sarà anche ribellato perché questo o quel treno si fermava una volta al giorno per i bisogni e il pane e acqua dei deportati quando sarebbero state più funzionali o più economiche due fermate. Ma non ha mai inceppato la macchina. Allora i discorsi sono tre. Qual è, come tu dici, «la situazione», e perché si dovrebbe fermarla o distruggerla. E in che modo.

Ecco, descrivi allora la «situazione». Tu sai benissimo che i tuoi interventi e il tuo linguaggio hanno un po’ l’effetto del sole che attraversa la polvere. È un’immagine bella ma si può anche vedere (o capire) poco.

Grazie per l’immagine del sole, ma io pretendo molto di meno. Pretendo che tu ti guardi intorno e ti accorga della tragedia. Qual è la tragedia? La tragedia è che non ci sono più esseri umani, ci sono strane macchine che sbattono l’una contro l’altra. E noi, gli intellettuali, prendiamo l’orario ferroviario dell’anno scorso, o di dieci anni prima e poi diciamo: ma strano, ma questi due treni non passano di li, e come mai sono andati a fracassarsi in quel modo? O il macchinista è impazzito o è un criminale isolato o c’è un complotto. Soprattutto il complotto ci fa delirare. Ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità. Che bello se mentre siamo qui a parlare qualcuno in cantina sta facendo i piani per farci fuori. E facile, è semplice, è la resistenza. Noi perderemo alcuni compagni e poi ci organizzeremo e faremo fuori loro, o un po’ per uno, ti pare? Eh lo so che quando trasmettono in televisione Parigi brucia tutti sono lì con le lacrime agli occhi e una voglia matta che la storia si ripeta, bella, pulita (un frutto del tempo è che «lava» le cose, come la facciata delle case). Semplice, io di qua, tu di là. Non scherziamo sul sangue, il dolore, la fatica che anche allora la gente ha pagato per «scegliere». Quando stai con la faccia schiacciata contro quell’ora, quel minuto della storia, scegliere è sempre una tragedia. Però, ammettiamolo, era più semplice. Il fascista di Salò, il nazista delle SS, l’uomo normale, con l’aiuto del coraggio e della coscienza, riesce a respingerlo, anche dalla sua vita interiore (dove la rivoluzione sempre comincia). Ma adesso no. Uno ti viene incontro vestito da amico, è gentile, garbato, e «collabora» (mettiamo alla televisione) sia per campare sia perché non è mica un delitto. L’altro – o gli altri, i gruppi – ti vengono incontro o addosso – con i loro ricatti ideologici, con le loro ammonizioni, le loro prediche, i loro anatemi e tu senti che sono anche minacce. Sfilano con bandiere e con slogan, ma che cosa li separa dal «potere»?

Che cos’è il potere, secondo te, dove è, dove sta, come lo stani?

Il potere è un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori. Ma attento. Uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano nello stesso modo. Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra di Borsa uso quella. Altrimenti una spranga. E quando uso una spranga faccio la mia violenza per ottenere ciò che voglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che è una virtù volerlo. Io esercito il mio diritto-virtù. Sono assassino e sono buono.

Ti hanno accusato di non distinguere politicamente e ideologicamente, di avere perso il segno della differenza profonda che deve pur esserci fra fascisti e non fascisti, per esempio fra i giovani.

Per questo ti parlavo dell’orario ferroviario dell’anno prima. Hai mai visto quelle marionette che fanno tanto ridere i bambini perché hanno il corpo voltato da una parte e la testa dalla parte opposta? Mi pare che Totò riuscisse in un trucco del genere. Ecco io vedo così la bella truppa di intellettuali, sociologi, esperti e giornalisti delle intenzioni più nobili, le cose succedono qui e la testa guarda di là. Non dico che non c’è il fascismo. Dico: smettete di parlarmi del mare mentre siamo in montagna. Questo è un paesaggio diverso. Qui c’è la voglia di uccidere. E questa voglia ci lega come fratelli sinistri di un fallimento sinistro di un intero sistema sociale. Piacerebbe anche a me se tutto si risolvesse nell’isolare la pecora nera. Le vedo anch’io le pecore nere. Ne vedo tante. Le vedo tutte. Ecco il guaio, ho già detto a Moravia: con la vita che faccio io pago un prezzo. È come uno che scende all’inferno. Ma quando torno – se torno – ho visto altre cose, più cose. Non dico che dovete credermi. Dico che dovete sempre cambiare discorso per non affrontare la verità.

E qual è la verità?

Mi dispiace avere usato questa parola. Volevo dire «evidenza». Fammi rimettere le cose in ordine. Prima tragedia: una educazione comune, obbligatoria e sbagliata che ci spinge tutti dentro l’arena dell’avere tutto a tutti i costi. In questa arena siamo spinti come una strana e cupa armata in cui qualcuno ha i cannoni e qualcuno ha le spranghe. Allora una prima divisione, classica, è «stare con i deboli». Ma io dico che, in un certo senso tutti sono i deboli, perché tutti sono vittime. E tutti sono i colpevoli, perché tutti sono pronti al gioco del massacro. Pur di avere. L’educazione ricevuta è stata: avere, possedere, distruggere.

Allora fammi tornare alla domanda iniziale. Tu, magicamente abolisci tutto. Ma tu vivi di libri, e hai bisogno di intelligenze che leggono. Dunque, consumatori educati del prodotto intellettuale. Tu fai del cinema e hai bisogno non solo di grandi platee disponibili (infatti hai in genere molto successo popolare, cioè sei «consumato» avidamente dal tuo pubblico) ma anche di una grande macchina tecnica, organizzativa, industriale, che sta in mezzo. Se togli tutto questo, con una specie di magico monachesimo di tipo paleo-cattolico e neo-cinese, che cosa ti resta?

A me resta tutto, cioè me stesso, essere vivo, essere al mondo, vedere, lavorare, capire. Ci sono cento modi di raccontare le storie, di ascoltare le lingue, di riprodurre i dialetti, di fare il teatro dei burattini. Agli altri resta molto di più. Possono tenermi testa, colti come me o ignoranti come me. Il mondo diventa grande, tutto diventa nostro e non dobbiamo usare né la Borsa, né il consiglio di amministrazione, né la spranga, per depredarci. Vedi, nel mondo che molti di noi sognavano (ripeto: leggere l’orario ferroviario dell’anno prima, ma in questo caso diciamo pure di tanti anni prima) c’era il padrone turpe con il cilindro e i dollari che gli colavano dalle tasche e la vedova emaciata che chiedeva giustizia con i suoi pargoli. Il bel mondo di Brecht, insomma.

Come dire che hai nostalgia di quel mondo.

No! Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quel padrone. Poiché erano esclusi da tutto nessuno li aveva colonizzati. Io ho paura di questi negri in rivolta, uguali al padrone, altrettanti predoni, che vogliono tutto a qualunque costo. Questa cupa ostinazione alla violenza totale non lascia più vedere «di che segno sei». Chiunque sia portato in fin di vita all’ospedale ha più interesse – se ha ancora un soffio di vita – in quel che gli diranno i dottori sulla sua possibilità di vivere che in quel che gli diranno i poliziotti sulla meccanica del delitto. Bada bene che io non faccio né un processo alle intenzioni né mi interessa ormai la catena causa-effetto, prima loro, prima lui, o chi è il capo-colpevole. Mi sembra che abbiamo definito quella che tu chiami la «situazione». È come quando in una città piove e si sono ingorgati i tombini. L’acqua sale, è un’acqua innocente, acqua piovana, non ha né la furia del mare né la cattiveria delle correnti di un fiume. Però, per una ragione qualsiasi non scende ma sale. È la stessa acqua piovana di tante poesiole infantili e delle musichette del «cantando sotto la pioggia». Ma sale e ti annega. Se siamo a questo punto io dico: non perdiamo tutto il tempo a mettere una etichetta qui e una là. Vediamo dove si sgorga questa maledetta vasca, prima che restiamo tutti annegati.

E tu, per questo, vorresti tutti pastorelli senza scuola dell’obbligo, ignoranti e felici.

Detta così sarebbe una stupidaggine. Ma la cosiddetta scuola dell’obbligo fabbrica per forza gladiatori disperati. La massa si fa più grande, come la disperazione, come la rabbia. Mettiamo che io abbia lanciato una boutade (eppure non credo) Ditemi voi una altra cosa. S’intende che rimpiango la rivoluzione pura e diretta della gente oppressa che ha il solo scopo di farsi libera e padrona di se stessa. S’intende che mi immagino che possa ancora venire un momento così nella storia italiana e in quella del mondo. Il meglio di quello che penso potrà anche ispirarmi una delle mie prossime poesie. Ma non quello che so e quello che vedo. Voglio dire fuori dai denti: io scendo all’inferno e so cose che non disturbano la pace di altri. Ma state attenti. L’inferno sta salendo da voi. È vero che viene con maschere e con bandiere diverse. E’ vero che sogna la sua uniforme e la sua giustificazione (qualche volta). Ma è anche vero che la sua voglia, il suo bisogno di dare la sprangata, di aggredire, di uccidere, è forte ed è generale. Non resterà per tanto tempo l’esperienza privata e rischiosa di chi ha, come dire, toccato «la vita violenta». Non vi illudete. E voi siete, con la scuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi siete i grandi conservatori di questo ordine orrendo basato sull’idea di possedere e sull’idea di distruggere. Beati voi che siete tutti contenti quando potete mettere su un delitto la sua bella etichetta. A me questa sembra un’altra delle tante operazioni della cultura di massa. Non potendo impedire che accadano certe cose, si trova pace fabbricando scaffali.

Ma abolire deve per forza dire creare, se non sei un distruttore anche tu. I libri, per esempio, che fine fanno? Non voglio fare la parte di chi si angoscia più per la cultura che per la gente. Ma questa gente, salvata, nella tua visione di un mondo diverso, non può essere più primitiva (questa è un’accusa frequente che ti viene rivolta) e se non vogliamo usare la repressione «più avanzata»…

Che mi fa rabbrividire.

Se non vogliamo usare frasi fatte, una indicazione ci deve pur essere. Per esempio, nella fantascienza, come nel nazismo, si bruciano sempre i libri come gesto iniziale di sterminio. Chiuse le scuole, chiusa la televisione, come animi il tuo presepio?

Credo di essermi già spiegato con Moravia. Chiudere, nel mio linguaggio, vuol dire cambiare. Cambiare però in modo tanto drastico e disperato quanto drastica e disperata è la situazione. Quello che impedisce un vero dibattito con Moravia ma soprattutto con Firpo, per esempio, è che sembriamo persone che non vedono la stessa scena, che non conoscono la stessa gente, che non ascoltavano le stesse voci. Per voi una cosa accade quando è cronaca, bella, fatta, impaginata, tagliata e intitolata. Ma cosa c’è sotto? Qui manca il chirurgo che ha il coraggio di esaminare il tessuto e di dire: signori, questo è cancro, non è un fatterello benigno. Cos’è il cancro? È una cosa che cambia tutte le cellule, che le fa crescere tutte in modo pazzesco, fuori da qualsiasi logica precedente. È un nostalgico il malato che sogna la salute che aveva prima, anche se prima era uno stupido e un disgraziato? Prima del cancro, dico. Ecco prima di tutto bisognerà fare non so quale sforzo per avere la stessa immagine. Io ascolto i politici con le loro formulette, tutti i politici e divento pazzo. Non sanno di che Paese stanno parlando, sono lontani come la Luna. E i letterati. E i sociologi. E gli esperti di tutti i generi.

Perché pensi che per te certe cose siano talmente più chiare?

Non vorrei parlare più di me, forse ho detto fin troppo. Lo sanno tutti che io le mie esperienze le pago di persona. Ma ci sono anche i miei libri e i miei film. Forse sono io che sbaglio. Ma io continuo a dire che siamo tutti in pericolo.

Pasolini, se tu vedi la vita così – non so se accetti questa domanda – come pensi di evitare il pericolo e il rischio?

È diventato tardi, Pasolini non ha acceso la luce e diventa difficile prendere appunti. Rivediamo insieme i miei. Poi lui mi chiede di lasciargli le domande.

«Ci sono punti che mi sembrano un po’ troppo assoluti. Fammi pensare, fammeli rivedere. E poi dammi il tempo di trovare una conclusione. Ho una cosa in mente per rispondere alla tua domanda. Per me è più facile scrivere che parlare. Ti lascio le note che aggiungo per domani mattina».

 
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Penny Dreadful: City of Angels – Showtime ordina ufficialmente il sequel

Post n°14730 pubblicato il 03 Novembre 2018 da Ladridicinema
 
Tag: news, novità, tv

Questa notizia ci riempie di gioia! Showtime ha ordinato ufficialmente il sequel di Penny Dreadful, che si chiamerà “City of Angels”, dal creatore John Logan, ambientata a Los Angeles negli anni ’30. La produzione inizierà nel 2019.

Il prossimo capitolo di Penny Dreadful sarà ambientato nel 1938 a Los Angeles, un tempo e un luogo infuso con il folklore messicano-americano e la tensione sociale. Radicato nel conflitto tra personaggi legati alla divinità “Santa Muerte” e altri alleati con il Diavolo, Penny Dreadful: City of Angels esplorerà un eccitante mix di realtà soprannaturale di quel periodo, creando nuovi miti occulti e dilemmi morali.

Penny Dreadful: City of Angels avrà una coscienza sociale e consapevolezza storica che abbiamo scelto di non esplorare nelle trame londinesi di PENNY DREADFUL “, ha detto Logan. “Ora saremo alle prese con specifiche questioni politiche, religiose, sociali e razziali del mondo storico e reale. Nel 1938, Los Angeles stava affrontando alcune domande difficili sul suo futuro e sulla sua anima. I nostri personaggi devono fare lo stesso. Non ci sono risposte semplici. Ci sono solo domande potenti e sfide morali. Come sempre nel mondo di PENNY DREADFUL, non ci sono eroi o criminali in questo mondo, solo protagonisti e antagonisti; personaggi complicati e conflittuali che vivono sul fulcro della scelta morale.

 
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Piccoli Goebbels crescono. Il caso di Libero contro Viola da contropiano

Post n°14729 pubblicato il 03 Novembre 2018 da Ladridicinema
 

I cani da guardia della reazione insediata al potere non si smentiscono mai; anzi, alzano il livello ogni giorno.

Il cosiddetto giornale Libero, uno dei fogliacci peggiori che appestano edicole sempre meno frequentate, ha ideato un attacco davvero infame contro Viola Carofalo. Un attacco che dà – quasi involontariamente – la cifra della “disinvoltura” di un certo modo di fare propaganda in stile Goebbels (“mentite, mentite, qualcosa resterà…“). Chiamarla “informazione” sarebbe davvero un controsenso…

Tutto parte da un post di una compagna femminista, Rosa Pascale, che viene ripreso e rispostato dalla pagina Facebook di Potere al Popolo. Un commento sulla tragica vicenda di Desirée Mariottini, la giovanissima ragazza stuprata e uccisa in un edificio abbandonato del quartiere romano di San Lorenzo. Un commento che coglie il trattamento differenziale riservato da tutti i media – ma soprattutto quelli che aizzano ogni giorno la canea leghista – a ogni episodio di cronaca.

Se una ragazza, una donna, una moglie, viene stuprata, ammazzata, percossa – come avviene in oltre il 75% dei casi – da familiari e conoscenti (quindi da “itagliani”) il caso viene rapidamente derubricato a notizia in taglio basso, numero tra i numeri. Se invece la stessa vigliaccata infame viene commessa da stranieri, o addirittura da “negri”, allora scatta un coro parossistico dove salta ogni freno o limite alla violenza verbale, accompagnata spesso dall’invito alla violenza fisica (delegata alle “forze dell’ordine” ma già giustificata se esercitata “privatamente” da qualche zucca vuota (come nel caso del fascioleghista Traina, a Macerata).

Viola, in tutto questo, c’entra solo in quanto portavoce di Potere al Popolo, dunque “oggettivamente” responsabile di quanto pubblicato sulla pagina Facebook del movimento. Basta tagliare la frase incriminata, isolarla dal discorso – l’amara ironia con cui Rosa Pascale solidarizzava profondamente con Desirée scompare – cancellare l’autrice e attribuirla a lei. Et voilà, il servizio è bello pronto!

Per permettere ai nostri lettori di misurare l’abisso morboso abitato dai “signori” di Libero, riportiamo qui di seguito la paginata del fogliaccio e la risposta della stessa Viola. Cui va ovviamente tutta la nostra solidarietà.

A seguire la ricostruzione della vicenda fatta da Potere al Popolo!

*****

*****

Stamattina ho aperto i giornali e ho visto con stupore questo titolo.
Il giornalismo di destra e aggressivo di Libero in questi anni ci ha abituato a tutto, ma questa è una gravissima diffamazione e calunnia.
Quel titolo va subito rimosso.
Pubblicare un virgolettato di parole che non ho mai detto è da querela.
E infatti procederò per vie legali. Ora basta.
Capiamo che contro un movimento politico in crescita si arrivi a usare ogni mezzo.
Ma non si può speculare sulla morte di una giovane vita per incassare consenso politico. Siamo all’ennesima strumentalizzazione sulla pelle delle donne e degli ultimi. Quello che abbiamo visto in questi giorni è uno schifo.
Ma c’è un limite a tutto.
Doneremo l’eventuale risarcimento della querela alle associazioni che si occupano di violenza di genere con cui collaboriamo ogni giorno.
E continueremo la nostra lotta contro tutti gli stupri, contro tutti gli abusi che ogni giorno subiscono le donne di questo paese dentro e fuori le mura domestiche, contro le discriminazioni sociali e l’assenza di servizi pubblici.

*****

Da giorni leggiamo le cose più assurde sul nostro conto sui giornali di destra, da giorni i loro lettori ci scrivono in privato augurandoci la morte, lo stupro, la tortura, e tante altre piacevolezze…

Stamattina poi il colmo. Libero, che negli ultimi anni si è distinto per un giornalismo violento, pubblica il titolo che vedete.
Mette in bocca alla nostra portavoce, Viola Carofalo, parole che non ha mai detto, diffamando e calunniando. Rappresentandoci esattamente al contrario di come siamo.

Addossare a qualcuno frasi che non ha mai detto è da querela, e infatti così procederemo. Abbiamo già dato mandato ai nostri avvocati.

Ma perché tutto questo schifo? Libero è stato il culmine, ma stamattina anche Matteo Salvini ci onora della sua attenzione dandoci dei “digustosi”. Tutti i gruppi e le testate di destra si sono mossi in maniera quasi coordinata per far scattare un “caso” inesistente…

Il perché ci sembra ovvio. La verità è che la destra di questo paese ha cavalcato, come purtroppo già accaduto con Pamela, il violento omicidio di Desiree. Lo ha usato per incassare consenso nei sondaggi, visto che le elezioni sono a breve. E per produrre legittimità intorno all’approvazione del Decreto Sicurezza la settimana prossima, che servirà a Salvini a chiudere la partita con i 5 Stelle, subordinando definitivamente il Governo alla propria direzione politica.

In quest’ottica deve essere distrutta ogni voce critica come la nostra. Il post che avevamo ripubblicato, prendendolo dalla bacheca di una militante di una associazione femminista, indignata e arrabbiata per la vergognosa speculazione sulla vita di Desiree, dava fastidio.

Dava fastidio perché è girato tantissimo, facendo notare a centinaia di migliaia di persone che il tragico caso di Desiree è assurto a questo livello di notorietà perché poteva essere strumentalizzato. Il post aveva l’ardire di constatare che quando gli stupratori e gli assassini sono italiani, stranamente l’attenzione dei politici e dei media è inferiore: si negano i fatti, si attacca la vittima, ci si profonde in giustificazione dei violentatori… Un fatto inoppugnabile, che chiunque abbia a che fare con il mondo dell’informazione sa: i like si fanno solo se c’è “l’uomo nero” di mezzo, mica se si parla della carenza di proposte dei nostri governanti, delle loro oscure manovre, del perché i giovani italiani emigrino, di come si lavora oggi in Italia, di quanta ricchezza ci venga sottratta per finire nelle tasche di poche famiglie…

Siamo stati fra i pochi ad avere il coraggio di dire quello che milioni di persone pensano: che non si può strumentalizzare politicamente la morte di una giovane vita per produrre ancora più odio, emarginazione e violenza.

Siccome siamo gli unici in Italia ad avere il coraggio di dire queste cose in modo chiaro, il nostro movimento è credibile e in crescita. E questo fa paura alla destra e ai fascisti, che vorrebbero un paese autoritario, in cui a comandare fossero solo loro. In cui le fake news possano creare un clima di istupidimento, di violenza e di paura.

Per questo devono rallentare, incrinare l’immagine e la fiducia, di un movimento politico giovane e pulito come il nostro. Per far questo sono disposti a tutto. Ma non ci faremo certamente spaventare, questi soggetti li conosciamo benissimo.

Invitiamo tutte e e tutti a farci sentire, a far sentire una voce di umanità, a non lasciare il monopolio della parola solo a chi diffonde bugie e odio per mantenere, grazie alla guerra fra poveri, il suo potere.

PS: doneremo l’eventuale risarcimento della querela alle associazioni che si occupano di violenza di genere con cui collaboriamo ogni giorno. E continueremo la nostra lotta contro tutti gli stupri, contro tutti gli abusi che ogni giorno subiscono le donne di questo paese dentro e fuori le mura domestiche, contro le discriminazioni sociali e l’assenza di servizi pubblici.

 

 
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Museo - Folle rapina a Città del Messico

Post n°14728 pubblicato il 03 Novembre 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: Museo

Museo - Folle rapina a Città del Messico è un film di genere drammatico del 2018, diretto da Alonso Ruizpalacios, con Gael Garcia Bernal e Simon Russell Beale. Uscita al cinema il 31 ottobre 2018. Durata 128 minuti. Distribuito da I Wonder Pictures.

Poster

Juan (Gael Garcia Bernal) e Wilson (Leonardo Ortizgris), eterni studenti ben oltre la trentina, stanno pianificando un colpo audace: intendono irrompere nel museo nazionale di Archelogia di Città del Messico per rubare preziosi reperti precolombiani, in particolar modo la maschera funeraria di King Pakal. Mentre le loro famiglie celebrano il Natale, loro si preparano all'azione. Il colpo va a buon fine e i due tornano a casa pieni di antichi tesori, ma la mattina dopo si rendono conto che il furto è descritto dai notiziari come un vero e proprio attacco alla Nazione. E' a quel punto che capiscono la gravità delle loro azioni. Nel proseguire rocambolescamente il loro piano, Juan e Wilson si ritrovano in un viaggio che li porta dalle rovine Maya di Palenque alle spiagge di Acapulco nel futile tentativo di piazzare dei tesori così famosi e riconoscibili che nessuno osa acquistarli. Ispirato a una storia vera, MUSEO rappresenta al meglio con beffarda ironia il vecchio adagio "non sai quello che hai finché non ti trovi a perderlo".


Ispirato alla storia vera del furto più assurdo e sorprendente della storia del Messico.
Presentato in anteprima mondiale alla 68esima edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, vincitore dell'Orso d'Argento per la Migliore Sceneggiatura.

IL CAST DI MUSEO - FOLLE RAPINA A CITTÀ DEL MESSICO:
  • MONTAGGIOYibran Asuad
  • PRODUZIONE: Detalle Films, Distant Horizon, Panorama Global

 
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Millennium - Quello che non uccide

Post n°14727 pubblicato il 03 Novembre 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: The Girl in the Spider's Web

Millennium - Quello che non uccide è un film di genere thriller del 2018, diretto da Fede Alvarez, con Claire Foy e Sverrir Gudnason. Uscita al cinema il 31 ottobre 2018. Durata 117 minuti. Distribuito da Warner Bros..

Poster

Lisbeth Salander, figura di culto e personaggio principale dell'acclamata serie di libri Millennium creata da Stieg Larsson, torna sul grande schermo in Millennium - Quello che non uccide, il primo adattamento del recente bestseller mondiale scritto da David Lagercrantz. La vincitrice del Golden Globe, Claire Foy protagonista della serie The Crown, interpreta l'iconica hacker sotto la direzione di Fede Alvarez


Affidato alla regia di Fede Álvarez, regista uruguayano noto soprattutto per aver diretto horror come il remake di La casa di Sam Raimi e Man in the Dark, Quello che uccide è il quinto adattamento cinematografico dei romanzi della serie di noir scandinavi Millennium, quella che è stata ideata dallo scrittore e giornalista svedese Stieg Larsson e che vede protagonisti la giovane hacker Lisbeth Salander e il giornalista Mikael Blomkvist, direttore della rivista che dà il nome alla serie.

Inevitabile che i primi adattamenti dei romanzi, che nel complesso hanno venduto oltre 8 milioni di copie in tutto il mondo, siano stati fatti proprio in Svezia, a partire dalla trilogia originaria di Larsson: "Uomini che odiano le donne", "La ragazza che giocava col fuoco" e "La regina dei castelli di carta".
A dirigere i film omonimi, tutti del 2009, sono stati Niels Arden Oplev (regista del primo) e Daniel Alfredson (regista dei secondi due), con Noomi Rapace, diventata una star internazionale grazie alla popolarità regalatale dalla parte di Lisbeth, e Michael Nyqvist. Altrettanto inevitabile che Hollywood decidesse di sfruttare un fenomeno dalle proporzioni internazionali come quello della saga: è stato David Fincher, 2011 a ririgere il film basato sul primo romanzo, Millennium - Uomini che odiano le donne, affidando a Daniel Claig il ruolo di Blomkvist e a Rooney Mara quello di Lisbeth Salander.
A lungo si è sperato che questo team artistico potesse continuare nell'adattamento dei romanzi di Larsson, ma tra la Sony (che produce) e regista e attori non si è mai riusciti a trovare un accordo in grado di soddisfare tutte le parti. 
La produzione ha allora optato per una sorta di reboot cinematografico della serie, con un nuovo regista e un nuovo cast, e soprattutto mettendo da parte la trilogia originale di Millennium e ricominciando il lavoro di adattamento dal quarto libro della serie, quello che si chiama appunto "Quello che non uccide" e che è stato scritto - così come il quinto "L'uomo che inseguiva la sua ombra" - dallo scrittore scelto dalla casa editrice svedese Norstedts Förlag per prendere il posto di Larsson: David Lagercrantz, anche lui giornalista e scrittore.

Per i ruoli dei protagonisti, nel non facile compito di sostituire Mara e Craig, la produzione e il regista di Quello che uccide hanno scelto l'attrice inglese Claire Foy (quella che è stata la regina Elisabetta II di The Crown, ma anche la protagonista di Unsane di Steven Soderbergh e l'attore svedese di origine islandese Sverrir Gudnason, il Björn Borg di Borg McEnroe.

 

Dal Trailer Italiano del film:

Frans Balder (Stephen Merchant): Sei l'unica che può fare questo lavoro. Devi riuscire nell'impossibile

Lisbeth Salander (Claire Foy): Cosa devo cercare?
Frans Balder: La somma dei miei peccati!

Mikael Blomkvist (Sverrir Gudnason): Lisbeth!
Lisbeth Salander: Mi hanno incastrato
Mikael Blomkvist: Chi è stato?
Lisbeth Salander: È quello che voglio sapere

Camilla Salander (Sylvia Hoeks): Tu non sei Lisbeth Salander?! La giustiziera?! La ragazza col drago tatuato?! Non punisci gli uomini che fanno del male alle donne?!

Lisbeth Salander: Prendi tua figlia e vattene, non ti farà più del male!

Camilla Salander: Perché hai aiutato tutti tranne me, sorella?!

Lisbeth Salander: È lei, c'è la sua mano in questa storia

Camilla Salander: C'è sempre qualcuno che deve soffrire...ora tocca a te!

Palgue (Cameron Britton): Pensavi che non avesse un piano?

Camilla Salander: Ora il mondo brucerà e tutti sapranno che sei stata tu...ad appiccare il fuoco!

 


 
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Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni

Post n°14726 pubblicato il 03 Novembre 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: The Nutcracker and the Four Realms

 

Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni è un film di genere avventura, family, fantasy del 2018, diretto da Lasse Hallström, Joe Johnston, con Keira Knightley e Morgan Freeman. Uscita al cinema il 31 ottobre 2018. Durata 100 minuti. Distribuito da Walt Disney Pictures.

Poster

Nuova, incantevole versione dello Schiaccianoci, Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni mescola il racconto fantastico scritto da E.T.A.Hoffmann nel 1816 e il gioioso balletto natalizio musicato da Čajkovskij quasi un secolo dopo. 
Il padrino Drosselmeyer (Morgan Freeman) è il più vecchio e fidato amico del signor Stahlbaum (Matthew Macfadyen). Così, come ogni vigilia di Natale, il ricco uomo d'affari e sua figlia Clara (Mackenzie Foy) si riuniscono con gli altri ospiti nel grande salone di casa Drosselmeyer, per partecipare alla magnifica festa che il giocattolaio indice tutti gli anni. Durante i consueti festeggiamenti però, avviene un fatto insolito: seguendo per gioco un filo dorato che attraversa i corridoi dell'immensa magione, la giovane Clara viene condotta in un mondo magico e sconosciuto, diviso in quattro reami incantati. Scortata dal valoroso soldato Philip e da una banda di arzilli topini, la bambina attraversa i paesaggi imbiancati del Paese dei fiocchi di neve, le terre variopinte del Paese dei fiori e infine i villaggi “commestibili” del Paese dei dolci. Incontra nuovi amici e preziosi alleati, tra i quali la sdolcinata Fata Confetto (Keira Knightley), e viene a conoscenza di una missione che solo lei può portare a termine: infiltrarsi nell'ostile quarto reame, dimora della perfida Madre Ginger (Helen Mirren) e recuperare un'antica chiave in grado di sbloccare un misterioso cofanetto.


In Fantasia di Walt Disney, la partitura musicale di Tchaikovsky veniva riproposta fedelmente: fate, funghi e orchidee danzavano sul pelo dell'acqua al ritmo dello Schiaccianoci. Quasi ottant'anni dopo, l'annuncio di una trasposizione live action del romanzo fantastico "Schiaccianoci e il re dei topi" di E. T. A. Hoffmann, è stato accompagnato dalla decisione di incorporare nel film le trascinanti musiche del balletto russo. 
Impensabile per il regista Lasse Hallström, il primo a salire a bordo dell'ambizioso progetto, raccontare le avventure della giovane Clara senza la vibrante musica della celesta, senza le pirouette e i grand jeté che hanno reso immortale il Balletto del 1891. 
La sceneggiatura curata da Ashleigh Powell, inoltre, mescola le fantasie letterarie dell'autore romantico e i vaporosi scenari teatrali con una terza versione della storia, entrata in punta di piedi, quasi sulle mezze punte, a far parte dell'immaginario comune. Quella scritta da Alexandre Dumas nel 1845, alla quale Tchaikovsky si ispirò direttamente. Il testo francese, meno cupo dell'originale, comincia la sera di Natale, quando Clara (Marie in questa versione) trova fra i giocattoli ricevuti in dono uno schiaccianoci con la divisa di velluto viola, alamari bianchi e stivaletti tirati a lucido. A mezzanotte in punto, un esercito di topi attacca i giocattoli della vetrina, i quali, capitanati dal generale Schiaccianoci, si catapultano fuori dall'armadio e passano al contrattacco. Clara, intervenuta in difesa dell'amato soldatino, finisce così nel magico mondo delle favole. 

A interpretare la coraggiosa protagonista è Mackenzie Foy, classe 2000, conosciuta e apprezzata nel ruolo della giovane Murph in Interstellar di Christopher Nolan. Seguono, in ordine di ingresso nel castMorgan Freemancon la benda sull'occhio del padrino Drosselmeyer. Keira Knightley nei panni della smielata Fata Confetto e Helen Mirren in quelli della perfida Madre Cicogna. L'attore messicano Eugenio Derbez è l'ultimo a firmare per il ruolo del sovrano del Regno dei fiori, mentre la stella del balletto americano Misty Copeland danza sul grande schermo sulle note della magica suite.

 

Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni porta la firma di due registi, Lasse Hallstrom e Joe Johnston, che non hanno mai lavorato insieme prima d'ora. La situazione particolare si deve alla mancata disponibilità di Hallstrom a lavorare su un mese aggiuntivo di nuove riprese "correttive", i cosiddetti reshoot, che sono stati portati a termine invece da Johnston. Accade per molti film hollywoodiani, ma in questo caso i rifacimenti sono stati talmente prolungati che Johnston, diversamente da quanto accade di solito, è stato accreditato alla regia insieme a Hallstrom.

Il lungometraggio è stato girato senza badare a spese, interamente su pellicola Kodak da 65mm, quella che poi in proiezione viene stampata sul 70mm e/o IMAX. La sceneggiatura è a cura di Ashleigh Powell, una giovane scrittrice al primo lavoro importante in ambito cinematografico. Qui viene coadiuvata da Tom McCarthy, per i più il regista premio Oscar del Caso Spotlight e di diverse opere indipendenti americane, ma dietro ai copioni anche del pixariano Up e del recente Ritorno al Bosco dei 100 Acri. Per una curiosa coincidenza, Keira Knightley riscopre sul set Matthew McFayden, suo compagno di set in Orgoglio e pregiudizio (2005) e successivamente Anna Karenina (2012).

 

 

Dal Trailer Italiano del Film:

Drosselmeyer (Morgan Freeman): Buon Natale Clara!
Clara (Mackenzie Foy): Padrino!
Drosselmeyer: Il regalo di quest'anno non lo dimenticherai mai! Molti non si rendono conto che ci sono regni complessi nel nostro mondo! E tu hai la chiave dei loro segreti! Ricorda Clara: niente è come sembra

Clara: Dove mi trovo?
Philip (Jayden Fowora-Knight): Siete nei quattro regni principessa Clara
Clara: Principessa?
Philip: Al vostro servizio, maestà!
Clara: Forse ho passato troppo tempo in soffitta!

Fata Confetto (Keira Knightley): Benvenuta nel nostro mondo! La terra dei fiocchi di neve. La terra dei fiori. La terra dei dolci. Ma nel quarto regno sono cominciati i nostri problemi! Madre Ginger ha iniziato questa guerra...

Madre Ginger (Helen Mirren): Non lo sai che è pericoloso qui?!

Fata Confetto: Sarai tu, spero, a farla finire!

Philip: Il regno va salvato!

Clara: Sono solo le leggi della fisica!
Philip: Queste leggi funzionano sempre?
Clara: Da quanto ne so...

Fata Confetto: Sta radunando le forze!

Drosselmeyer: Tu sei l'unica che può fermarla!
Madre Ginger: Ti stavo aspettando!

Drosselmeyer: È tempo!

 

 

Il film Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni proviene dal racconto "Schiaccianoci e il re dei topi", pubblicato nel 1816 e scritto dal tedesco Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, considerato uno dei più influenti scrittori del romanticismo, faro anche per la letteratura investigativa e gotica (si sarebbe poi detta horror). La fiaba vede la bambina Maria interagire con il pupazzo del titolo, un soldatino schiaccianoci che con gli altri giocattoli affronta il Re dei Topi. Il racconto sarebbe stato poi alleggerito da Alexandre Dumas padre nel 1845, ed è quella versione che poi è stata alla base del balletto Lo Schiaccianoci di Cajkovskij, forma nella quale la vicenda e i personaggi sono entrati nell'immaginario collettivo. La Disney aveva avuto a che fare col compositore sia per l'uso dell'altro suo balletto La bella addormentata nel bosco per il film omonimo del 1959, ma prima ancora aveva usato proprio brani dello Schiaccianoci nel celeberrimo secondo segmento di Fantasia (1940), la sezione con l'indimenticabile danza dei funghi.

 


 
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La Diseducazione di Cameron Post

Post n°14725 pubblicato il 03 Novembre 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: The Miseducation of Cameron Post

La Diseducazione di Cameron Post è un film di genere drammatico, sentimentale del 2018, diretto da Desiree Akhavan, con Chloë Grace Moretz e John Gallagher Jr.. Uscita al cinema il 31 ottobre 2018. Durata 91 minuti. Distribuito da Teodora Film.

Poster

La Diseducazione di Cameron Post, il film diretto da Desiree Akhavan è ambientato in una cittadina del Montana, nel 1993. Quando viene sorpresa a baciarsi con una ragazza durante il ballo della scuola, la giovane Cameron Post(Chloë Grace Moretz) viene spedita in un centro religioso, God's Promise, in cui una terapia di conversione dovrebbe "guarirla" dall'omosessualità. Insofferente alla disciplina e ai dubbi metodi del centro, Cameron stringe amicizia con altri ragazzi, finendo per creare una piccola e variopinta comunità capace di riaffermare con orgoglio la propria identità.

Tratto dall'omonimo romanzo di culto di Emily M. Danforth.

FRASI CELEBRI:

 

Dal Trailer Italiano del Film:

Reverendo Rick (John Gallagher Jr.): Manca solo la tua firma e per noi è tutto a posto! Sei ufficialmente una discepola della God's Promise, benvenuta!
Cameron Post (Chloë Grace Moretz): Oh, cazzo...

Coro: Il cambiamento avverrà attraverso Dio, ma dentro di me!
Cameron: Me...
Dott.ssa Lydia Marsh (Jennifer Ehle): Non esiste l'omosessualità, esiste solo la lotta contro il peccato che tutti dobbiamo affrontare!

Steve (Isaac Jin Solstein): Prima praticavo l'autoerotismo, ma poi ho capito che era peccato e così ho smesso

Dott.ssa Lydia Marsh: Devi considerarti parte della famiglia, Cameron!
Cameron: Può chiamarmi Cam
Dott.ssa Lydia Marsh: Cameron è già un nome sufficientemente maschile, abbreviarlo lo renderebbe ancora meno femminile!

Cameron: Ma che gliene frega a lei?!
Adam (Forrest Goodluck): È un po' come una strega cattiva! Se ti masturbi, ti lancia il malocchio!

Dane (Christopher Dylan White): Non puoi chiedere a Dio il permesso di masturbarti!
Steve: Te l'abbiamo chiesto?!
Dane: Neanche ti conosco, ma mi basta un'occhiata per capire che sei lesbica

Dott.ssa Lydia Marsh: Il primo passo è smettere di considerarti omosessuale
Cameron: Io non mi considero omosessuale, io non mi considero un bel niente!

Cameron: Fanculo questo posto, sono stufa di provare disgusto verso me stessa!

Cameron: Non avete idea di quello che fate!

 


 
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Il Presidente

Post n°14724 pubblicato il 03 Novembre 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: La cordilleraIl Presidente è un film di genere drammatico del 2017, diretto da Santiago Mitre, con Ricardo Darín e Dolores Fonzi. Uscita al cinema il 31 ottobre 2018. Durata 114 minuti. Distribuito da Movies Inspired.

Poster
  • TRAMA IL PRESIDENTE:

Il Presidente, il film diretto da Santiago Mitre, segue la storia del presidente argentino Hernán Blanco (Ricardo Darín), coinvolto in un caso di corruzione che riguarda sua figlia, durante un vertice che riunisce i capi di Stato latinoamericani in un hotel isolato sulle Ande. Mentre cerca di sfuggire a uno scandalo che minaccia di porre fine alla sua carriera e distruggere la sua famiglia, deve anche difendere gli interessi politici ed economici di tutto il continente.

 

Dal Trailer Italiano del Film:

Voce off: Il presidente è in viaggio per il suo primo vertice internazionale e adesso il mondo intero si accorgerà che l'Argentina ha un presidente invisibile

Hernán Blanco (Ricardo Darín): Questo vertice è importante per tutti!

Elena Anaya (Claudia Klein): Lei crede nel male, presidente?
Hernán Blanco: Il male esiste, signorina Klein. Non si arriva alla presidenza senza averlo visto...almeno un paio di volte

Voce off: Stanno mandando qualcuno
Hernán Blanco: Di chi stai parlando?
Voce off: Degli Americani!

Hernán Blanco: Come la vede bene?! Non reagisce, non parla!

Hernán Blanco: È come se lei si stesse inventando una vita che non ha avuto!

Marina Blanco (Dolores Fonzi): Che è questo un interrogatorio? Sono accusata di qualcosa?

Marina Blanco: Dico quello che so, perché so quello che fai

voce off: Hai già venduto l'anima al diavolo?

 


 
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First Man - Il Primo Uomo

Post n°14723 pubblicato il 03 Novembre 2018 da Ladridicinema
 

Titolo originale: First Man

First Man - Il Primo Uomo è un film di genere biografico, drammatico del 2018, diretto da Damien Chazelle, con Ryan Gosling e Claire Foy. Uscita al cinema il 31 ottobre 2018. Durata 138 minuti. Distribuito da Universal Pictures.

Poster

Il regista Damien Chazelle e il protagonista Ryan Gosling tornano a lavorare insieme nel film First Man - Il Primo Uomo, che narra l'avvincente storia della missione della NASA per portare un uomo sul luna. Il film si concentra sulla figura di Neil Armstrong e sugli anni tra il 1961 e il 1969. Resoconto viscerale in prima persona, basato sul libro di James R. Hansen, il film esplorerà i sacrifici e il costo che avrà per Armstrong e per l'intera nazione, una delle missioni più pericolose della storia.

 

Dopo aver fatto, in forme diverse, della musica la protagonista dei suoi primi tre film, Guy and Madeline on a Park Bench, Whiplash e La La Land, il giovane regista Damien Chazelle, talento più che emergente del cinema americano, ha deciso di metterla da parte per guardare al cielo e raccontare una storia epica e intima al tempo stesso: quella di Neil Armstrong e della missione Apollo 11, che ne ha fatto il primo uomo a posare piede sulla Luna, il 20 luglio 1969.

Il film First Man- Il Primo Uomo è l'adattamento cinematografico della biografia ufficiale di Armstrong, "First Man: The Life of Neil A. Armstrong", scritta da James R. Hansen e pubblicata nel 2005, e ne racconta la vita in un arco di tempo che va dal 1962 (l'anno in cui la sua secondogenita, Karen, morì in seguito a un tumore) a quel 1969 che segnò un evento straordinario ("un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l'umanità," per usare le famosissime parole dell'astronauta) e il primo grande colpo messo a segno dalla NASA e dagli Stati Uniti nella corsa allo spazio, fino a quel momento guidata dai successi dell'Unione Sovietica.

Per il ruolo di Armstrong, un uomo riservato e introverso, Chazelle ha scelto il Ryan Gosling che aveva già diretto nel fortunato La La Land vincitore di sei Oscar, e specializzato in ruoli laconici e implosi (si pensi al Drive di Nicolas Winding Refn); ad interpretare gli altri due membri dell'equipaggio dell'Apollo 11, Buzz Aldrin e Michael Collins, ci sono Corey Stoll (bravissimo caratterista la cui lunga carriera è stata lanciata di recente dalla serie televisiva House of Cards, nella quale ha interpretato il personggio di Peter Russo) e Lukas Haas, che molti ricorderanno come il bambino di Witness - Il testimone.

 

Presentato al Festival di Venezia 2018, film d'apertura.

FRASI CELEBRI:

 

Dal Trailer Italiano del Film:

Neil Armstrong (Ryan Gosling): Sei sicura?
Janet Armstrong (Claire Foy): Sì, sarà un'avventura

Elliott See (Patrick Fugit): Il primo uomo sulla Luna? Sarebbe incredibile!

Deke Slayton (Kyle Chandler): Abbiamo scelto un compito talmente difficile che richiederà tantissime innovazioni tecnologiche, dovremmo ricominciare da zero

Deke Slayton: Quando avremo imparato a destreggiarci, penseremo ad andare sulla Luna

Reporter: Neil, se questo volo sarà un successo, passerà alla storia! Che tipo di idea vi siete fatti?
Neil Armstrong: Ci aspettiamo che il volo sia un successo!

Buzz Aldrin (Corey Stoll): Salterà in aria come una bomba da mezzo kilotone, se dovesse esplodere!

Voce off: Il vettore non è sicuro!

Neil Armstrong: Dobbiamo fallire quaggiù, per non fallire lassù!

Janet Armstrong: Non è un viaggio come gli altri, non è come andare a lavoro!

Rick Armstrong (Luke Winters): Pensi che ritornerai?
Neil Armstrong: Ci sono dei rischi, ma abbiamo tutte le intenzioni di tornare

Reporter: Ritenete che ne valga il costo? In soldi e in vite?

Neil Armstrong: Quando guardiamo il cielo da qui non ce ne rendiamo conto, ma l'esplorazione dello spazio ti cambia il punto di vista! Ci permette di vedere cose che avremmo dovuto vedere tempo fa

Deke Slayton: È tutto sotto controllo!
Janet Armstrong: Siete solo dei ragazzi, non avete niente sotto controllo!

 

 

L'allunaggio del modulo lunare dell'Apollo 11, nel quale si trovavano Armstrong e Aldrin, fu un evento mediatico senza precedenti, seguito in diretta televisiva in tutto il mondo da milioni e milioni di persone: su YouTube è possibile vedere uno spezzone di quella della RAI, che fu curata da Andrea Barbato e coinvolgeva nomi come quelli di Tito Stagno, Jas Gawronsky e Ruggero Orlando.
A quella missione sono stati dedicati in passato altri film e documentari, ma questo non ha spento la voglia di polemiche dei complottisti che credevano e credono alla cosiddetta Teoria del complotto lunare, per la quale nessuna delle missioni Apollo (celebre anche quella dell'Apollo 13, raccontata nel film omonimo di Ron Howard) ha mai realmente portato alcun astronauta sulla Luna, e gli allunaggi sono stati ricreati in studio dalla NASA, con l'aiuto di effetti speciali e talenti come quello di Stanley Kubrik, per far credere al mondo e all'URSS di aver vinto nella corsa al satellite terrestre.

 


 
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