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Il teatro visto da Enrico Fiore

 

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Messaggi del 08/12/2012

Salemme, una farsa che diventa thriller

Post n°639 pubblicato il 08 Dicembre 2012 da arieleO
 

Dunque, viene riproposta al Delle Palme «...e fuori nevica!» di Vincenzo Salemme, stavolta senza l'autore in scena. E dico subito che lo spettacolo funziona, diverte e lascia pensare insieme: segno evidente che la commedia possiede un suo valore intrinseco, capace di manifestarsi al di là del peso attorale e della simpatia straripante di chi l'ha scritta. Un valore che poi, s'intende, appare ulteriormente esaltato dalla sagacia che Salemme dispiega in quanto regista.
   D'altronde, siamo di fronte a uno dei suoi testi migliori. Lo svolgimento della trama (Enzo e Stefano potranno godere dell'eredità lasciata dalla madre solo a patto di prendersi cura per sempre di Cico, un terzo fratello autistico) è connotato da un'efficacissima fusione dei toni farseschi con quelli amari; e altrettanto significativa e decisiva vi risulta la costante e lucida presa di distanza, sul filo dell'ironia, così dal sentimentalismo retorico come dall'intellettualismo supponente.
   Assai puntuali, per giunta, si rivelano i riferimenti all'attualità innestati sulla nuova stesura di questa ch'è una delle prime commedie di Salemme. Vedi, poniamo, la frecciata di Cico contro la Germania, «ca ce sta' mettenno 'e piede 'ncapa e va truvanno ca facimmo 'e mmanovre quanno nuje nun tenimmo cchiù 'a machina». E, per il resto, trionfano - adottati con ammirevole inventiva - i meccanismi e gli espedienti canonici propri, giusto, della vecchia, cara e buona farsa napoletana: dalla ripetizione (come nel caso del continuo invito a fumare rivolto da Enzo a Stefano che ha smesso da tempo) agli scambi di parole (come nel caso dei kiwi che prendono il posto dei chili).
   Il tutto si colloca in un'atmosfera surreale (gli altri personaggi, a poco a poco, prendono a identificarsi sempre più strettamente con le fantasie monomaniacali di Cico) che, sulla base di una strategia drammaturgica non meno efficace, si volge prima al «thriller» e poi, addirittura, al «noir»: perché Cico, che già aveva confessato d'aver ucciso la madre con la morfina, per non farla più soffrire, con lo stesso mezzo uccide pure i fratelli e se stesso, per tenere unita la famiglia.
   Bravissimi, infine, i quattro interpreti: Andrea Di Maria (Enzo), Francesco Procopio (Stefano), Mario Porfito (il notaio) e, soprattutto, un Giovanni Esposito che fa di Cico una tragica marionetta disarticolata che strappa risate irresistibili intinte in un'errabonda malinconia. Successo pieno, naturalmente. E all'uscita, ci mancherebbe, una bella nevicata artificiale.

                                                 Enrico Fiore

(«Il Mattino», 8 dicembre 2012)

 
 
 

Leopardi fra dee-jay e X Factor

Post n°640 pubblicato il 08 Dicembre 2012 da arieleO
 

A proposito de «L'infinito», la commedia di Tiziano Scarpa allestita dallo Stabile del Veneto e presentata nella Sala Assoli dalla Fondazione Salerno Contemporanea, il pomposo comunicato stampa parla di un testo «originale e acuto» che procede «fra battute salaci e momenti di potente riflessione». Ma, a conti fatti, se la «salacità» si spinge qui fino alla scatologia, per contro è piuttosto difficile imbattersi in una qualche riflessione, e men che mai «potente».
   In breve, s'immagina un incontro fra il ventunenne Leopardi, che ha appena scritto la celeberrima poesia di cui nel titolo, e due suoi quasi coetanei di oggi: Andrea, uno studente svogliato che sta per sostenere gli esami di maturità (dovrà rispondere, manco a dirlo, proprio su «L'infinito»), e la di lui fidanzata Cristina. E sebbene abbia letto con la massima attenzione il testo di Scarpa (comprese le varianti) e le note di regia di Arturo Cirillo, giuro che non sono riuscito a capire se si vuol sostenere che fra il giovane Leopardi e i giovani di adesso c'è una sostanziale identità oppure un abisso.
   L'unica cosa certa è che, alla fine, si scopre che quell'incontro Andrea e Cristina l'hanno soltanto sognato. Ma allora a Scarpa e a Cirillo toccherebbe spiegarci per quale misterioso motivo Andrea, che sogna di fare il dee-jay, e Cristina, che sogna di partecipare a X Factor, dovrebbero, contemporaneamente, sognare d'incontrare Giacomo Leopardi. Se la logica non è un'opinione, dovrebbero sognare d'incontrare Claudio Coccoluto e Simona Ventura.
   Via. E dal canto suo, la regia di Cirillo, ossequiosa nei confronti del testo fino alla pedanteria, non va molto oltre la riduzione a un gioco di ombre dietro uno schermo semitrasparente delle presunte sequenze osé (Leopardi che va in bagno e i due fidanzati che fanno l'amore).
   Resta solo da annotare la recitazione andante dello stesso Cirillo (Leopardi), di Andrea Tonin (Andrea) e di Margherita Mannino (Cristina). E insomma, uno spettacolino ininfluente, se proprio vogliamo dirla con generosità.

                                               Enrico Fiore

(«Il Mattino», 8 dicembre 2012)

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 16/02/2008
 

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