Creato da dagbog il 01/09/2014

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il blog di Luigi Riotta

 

Nel teatro dell'Amore io mi dimetto anche da spettatore

Post n°24 pubblicato il 29 Settembre 2014 da dagbog
 
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Sono vecchio o almeno lo sono abbastanza da poter provare a stilare un vademecum per quelle donne (e per quegli uomini) "sfortunati in Amore", quelli che non riescono mai a trovare l'anima gemella, quelli che, di fronte a coppie già costituite, all'apparenza salde e stabili, sono solite dire "beati voi che siete stati baciati dalla sorte e vi siete incontrati".
Non parlo di tutte le donne e di tutti gli uomini, ma di una gran parte di loro, con le dovute eccezioni. Quindi non me ne voglia chi non riuscirà a riconoscersi in ciò che segue.
Da sempre la donna e l'uomo nel relazionarsi recitano ruoli, inviando e ricevendo segnali, messaggi che interpretano e decodificano, al fine di proporre e ricevere l'immagine del sé che intendono mostrare.
Entrambi sono vittime di luoghi comuni che li portano a vivere di condizionamenti, ad essere influenzati dall'idea di menti-ospite che accoglieranno il proprio apparire, come filtrato dalle esperienze maturate, dai dolori vissuti, dalle gioie trascorse e, come ho già detto, da quel generalizzato modo di "sentire", quei luoghi comuni che sono espressione dell'epoca in cui si vive, del luogo in cui si abita, delle persone di cui si è circondati.
Sono questi gli elementi che portano le donne e gli uomini a recitare una parte durante gli incontri, a riflettersi nello specchio che ciascuno porta con sé e mostra all'altro.
Un uomo che dice: "sei bellissima, sei intelligente, mi piaci, fortunato chi ti ha vicino" (o tutto quello che volete voi) non fa altro che riflettere se stesso nello specchio che gli si mostra. Quegli apprezzamenti sono un seme a cui seguiranno in germoglio altri apprezzamenti di risposta, uguali e contrari, in un comune compiacimento emotivo.
L'uomo è per sua natura incline a fare delle avances alla donna, ma portare a compimento il dichiararsi con frasi e gesti più o meno espliciti, diretti, esaustivi, è indispensabile affinché la donna possa avere le conferme che cerca, l'affermazione dell'idea che ama avere di se stessa, qualcosa che sia capace di placare il proprio ego, la consapevolezza di "piacere", di "essere desiderata" e, quindi, di "essere nel giusto".
Mi sono chiesto innumerevoli volte se la donna sia cosciente fino in fondo di quello che accade in queste situazioni. Mentre manda e riceve messaggi, utili ad iniziare a collocare i tasselli del puzzle che proveranno a dare corpo alla personalità dell'uomo che ha incontrato, l'uomo fa esattamente la stessa cosa. Ma il linguaggio, che è chiave di lettura del racconto che ciascuno fa di sé e che ognuno riceve e decodifica dall'altro è, a volte, completamente differente.
Osservo e quindi racconto quello che vedo, ciò che è comune alla maggioranza delle persone che conosco, che incontro, di cui leggo o ascolto le storie.
La donna vuole piacere è indubbio. La stessa cosa la vuole l'uomo. Ma quest'ultimo, nel mettere a posto i tasselli del proprio puzzle, usa spesso dei parametri più elementari, arcaici, probabilmente semplicistici.
Esistono tre categorie iniziali di riferimento con cui gli uomini classificano le donne. Categorie che, per una gran parte degli uomini, rivestono una valenza in cui l'aspetto sessuale del relazionarsi diventa preminente.
Agli occhi dell'uomo medio esistono:
- le donne meno serie (o facili o mettete voi l'aggettivo che volete)
- le donne non classificabili
- le donne serie (anche qui mettete voi l'aggettivo che preferite)
A seconda della categoria nella quale l'uomo collocherà la donna ne conseguirà una trasformazione nell'atteggiamento che l'uomo stesso adotterà nel relazionarsi. Lo so, è triste a leggersi e, vi assicuro, anche a scriversi, ma è quello che accade, né più né meno.
L'immagine che la donna trasmetterà, o intenderà trasmettere nell'interpretazione del proprio ruolo, non sarà sempre quella che verrà decodificata, secondo il medesimo linguaggio, e a poco servirà che le donne cerchino rassicurazioni facendosi consigliare dalle proprie amiche, donne anch'esse, spesso affini per carattere e temperamento, essendo gli uomini a valutare l'esito delle alchimie.
Ma andiamo con ordine.
La donna meno seria, aimé, l'uomo non la sposa né la sposerà mai, non la vorrà per compagna e non la presenterà al suo amico del cuore. Costei, agli occhi del maschio, è la donna che accetta subito o quasi subito le avances sessuali dell'uomo. E' la donna che tradisce il fidanzato, il compagno, il marito. E' la donna che accetta una relazione sapendo che l'uomo è già impegnato, seriamente o meno, dell'uomo che è uso mettere avanti le scuse più improbabili per rendere veritiere storie in crisi, matrimoni e fidanzamenti sul punto di finire, situazioni che, ovviamente, non finiscono né finiranno mai.
E' donna poco seria anche colei che è solita mentire. E non mi riferisco alle bugie occasionali, ma alle menzogne seriali, dette a chiunque, anche quando non serve, essendone l'uomo a conoscenza, con la motivazione che l'alterazione della verità è l'unica chance per riuscire a condurre una vita "normale".
Potrei continuare, ma preferisco fermarmi, essendo già convinto di aver gettato un seme che possa germogliare nelle menti di chi legge, potendo ciascuno integrare con motivazioni e ulteriori sottocategorie a sostegno del quadro di insieme.
Le donne non classificabili sono quelle donne che, com'è facile intuire, non forniscono elementi sufficienti alla classificazione nelle altre due categorie. Donne che vengono parimenti frequentate dagli uomini, con curiosità, a volte con impazienza, ma che rimangono sospese, in una sorta di standby che le relega in un limbo, generatore di "non capisco e non voglio capire" o di "non capisco ed ho voglia di capire".
La terza categoria, quella delle donne serie, è la categoria delle potenziali fidanzate, compagne, spose. Quelle donne che, altre donne, reputano fortunate, perché beneficiate dalla sorte, secondo una casualità che nulla ha a che vedere con la loro essenza, ma che, ugualmente, ha permesso loro di incontrare uomini leali (?) e gettare le basi per relazioni sincere e durature.
Le donne serie sono per gli uomini coloro che non scambiano il sesso con l'Amore. Sono le donne che sanno quello che vogliono e non hanno paura di dirlo. Sono le donne che non hanno timore di mostrarsi, puntando sull'apparire quanto basta per far prevalere il proprio essere. Sono le donne che non accettano relazioni se ce ne sono altre già in piedi, proprie o dell'uomo che si propone. Sono le donne che sanno aspettare e fare aspettare, riuscendo a mettere da parte la gratificazione di una sera per quella di una vita. Sono le donne sincere, che dicono quello che pensano anche se, nel farlo, rischiano di rinunciare a qualche aperitivo serale, a qualche complimento costruito, a qualche invito a sfondo sessuale e non.
Per comprendere a fondo gli uomini che si incontrano, per capire realmente le loro intenzioni, per smascherarli, se sono usi travestirsi con abiti non propri, ci sono semplici accorgimenti che quasi tutte le donne ben conoscono, ma che molte non mettono in atto per convinzione, ingenuità, autolesionismo.
Prendiamo ad esempio l'uomo impegnato. Il mondo è pieno di uomini che vogliono stare con i due piedi in una scarpa, possibilmente con i tacchi.
L'uomo che ha già una storia, sposato o meno, fidanzato quanto basta, amante di tutte, è un uomo che non è possibile raggiungere, telefonicamente o di presenza, in ogni momento della giornata. E' un uomo che non può uscire sempre perché i finti impegni di lavoro, con i figli e gli amici glielo impediscono. E' un uomo che non chiede mai alla donna di uscire per andare al cinema o per fare una passeggiata in luoghi pubblici dove può essere visto o riconosciuto. E' un uomo che non invita mai a casa propria in presenza di altri amici e che, se lo fa, è solito invitare senza la presenza di altri, proponendo case che sue non sono o, se lo sono, trattasi di seconde o terze case ubicate in luoghi dove, abitualmente, lontano da occhi indiscreti, si propongono alla donna passeggiate salutari.
E' l'uomo che chiede alla donna di moderare i propri entusiasmi sui social network quando ha un profilo reale, o che appare con profili falsi, senza alcuna immagine che lo ritragga, con nickname di fantasia, senza che nulla possa ricondurre alla sua vera identità.
E' quello che non è possibile andare a trovare al lavoro, che non si può abbracciare pubblicamente, che non si può tenere per mano, del quale non si possono esibire foto, video, parole.
L'uomo impegnato che ci prova è questo e tanto altro e sull'argomento molte donne, mie amiche e non, potrebbero sbizzarrirsi.
Ma nonostante tutto questo, nonostante che la gran parte degli uomini si comporti in maniera falsa, in fondo semplice, scontata, prevedibile, molte donne continuano a cadere in ciò che, a sentire le stesse, sono vere e proprie "trappole". Insidie che, con il massimo del candore, giurano di non avere previsto, compreso, potuto evitare, essendo loro vittime predestinate, incomprese, eternamente infelici.
Siamo sicuri che si tratti di sfortuna?
Sono abbastanza vecchio, scrivevo, per affermare pubblicamente di essere stanco di questo continuo gioco di ruoli, di questo perenne dualismo tra cacciatori e prede, satiri e vergini, fortunati e sfortunati. Un gioco fatto in nome dell'Amore, di quell'Amore che nulla ha a che fare con questo teatro in cui si muovono, attori, queste donne e questi uomini.
Io mi dimetto anche da spettatore.

 
 
 

Caro Presidente

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Caro Giorgio Napolitano, in questi giorni lei si è fatto strenuo difensore delle riforme del Governo Renzi e, nel contempo, in moltissime occasioni, l'ultima delle quali è stata l'inaugurazione dell'anno scolastico 2014-2015, lei ha detto agli italiani che ama la storia.
La storia, caro Presidente, non è solo quella che rievoca i martiri della prima guarra mondiale, unico evento bellico in cui l'Italia ha "indovinato" l'alleanza vincente. La storia, da sempre, ovunque nel mondo, è quella fatta dagli uomini che hanno creduto nelle ideologie. Quelle ideologie che in Italia non esistono più perché sono scomparsi i leader che le incarnavano.
Appare evidente che lei, caro Presidente, ha interrotto i suoi ricordi della storia d'Italia agli anni della caduta del fascismo, dell'avvento della Repubblica, della scrittura di quella meravigliosa Costituzione che tutti amiamo e che lei non perde occasione di citare.
Da allora la storia della nostra Nazione è precipitata in un baratro. Perché gli uomini che quella Costituzione l'avevano fortemente voluta, amata, sono stati sostituiti da gente incapace, da uomini ambiziosi di potere, che nulla avevano a che fare con le ideologie dei movimenti politici presenti in Italia nel 1946.
Dopo la caduta del fascismo la destra italiana aveva come unico riferimento Giorgio Almirante. Alla sua morte venne incoronato quale suo erede Gianfranco Fini. Un uomo che ha logorato le radici ideologiche della destra pur di ambire ad incarichi di Governo. Un politico che ha difeso strenuamente le idee e le azioni del pluripregiudicato Silvio Berlusconi, consentendo a quest'ultimo di governare l'Italia per anni, stringendo con lui un sodalizio artefice del disastro economico, politico e sociale degli ultimi trenta anni.
Dopo l'avvento della Repubblica il Partito Comunista di Gramsci ebbe come leader carismatici Togliatti e Berlinguer. Ed anche se le responsabilità del dissolvimento del partito furono da attribuire ad altri personaggi di secondo piano, tra i quali Achille Occhetto, i leader che da allora si sono susseguiti sono stati via via sempre più lontani dalle ideologie a fondamenta del partito. Anche loro, nell'intento di riuscire a governare hanno snaturato il partito, trasformandolo in un ibrido nel quale era impossibile riconoscersi, stringendo alleanze con i sopravvissuti dal disfacimento della Democrazia Cristiana.
Quella Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi che pur con il sostegno dei voti del clero, in quella anomalia italiana unica al mondo, scaturente dalla presenza del Vaticano, Stato nello Stato, capace di influenzare milioni di elettori, si è dissolta sovrastata dagli scandali e dalla corruzione di uomini che, nel rappresentarla, hanno smantellato la memoria e l'operato dei fondatori del partito.
Il Partito Socialista di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat è scomparso dopo lo scempio perpetuato da Bettino Craxi.
La storia degli ultimi anni di questa Italia, che lei rappresenta, è questa caro Presidente. Ed è questa la storia che dovrebbe per prima essere insegnata ai nostri studenti.
Caro Presidente, in un'Italia di gufi, lei è rimasto l'unico a difendere l'operato di Matteo Renzi.
Ed anche se il suo Presidente del Consiglio, (voluto ai vertici della Nazione dell'attuale classe politica e sicuramente non espressione dell'elettorato italiano), ha le settimane contate sia come Capo dei Governo sia come segretario del Partito Democratico, lei, nella qualità di leader storico, rappresentante di quella vecchia guardia che tutti rimpiangiamo, dovrebbe agire con maggiore prudenza.
Matteo Renzi scomparirà dalla scena politica non solo perchè non è riuscito a mantenere le promesse fatte nel corso della campagna elettorale, non solo perché è un imbonitore che insieme alla chiacchiera che tanto piace agli italiani non ha, nel contempo, il potere economico dell'affabulatore Silvio Berlusconi, ma perché si è posto, di fronte al Paese, come segretario di un partito i cui elettori non hanno nulla a che fare con le sue idee, con il suo modo di pensare e di affrontare i problemi.
Suvvia, ma come si fa a pensare di andare a braccetto con Marchionne e, ad esempio, chiedere i voti agli ex operai della Fiat di Termini Imerese? Come si fa a provare ad imporre le modifiche all'art. 18 dello statuto dei lavoratori andando contro il sindacato di riferimento del proprio partito?
Come si fa a stringere alleanze con quella parte del Parlamento i cui rappresentanti sono dei veri e propri pregiudicati, inquisiti, processati?
Come si fa a continuare a cercare di mettere a posto i conti dell'Italia inserendo nel PIL i proventi derivanti da attività illecite come lo spaccio di stupefacenti e la prostituzione?
Come si fa a creare un Governo con Ministri, le cui competenze sono certamente inferiori a quanto l'intellighenzia del Paese può offrire, giustificando con la scusa del rispetto delle quote rosa, la presenza al Governo di donne di dubbia esperienza e, nel contempo, imponendole in Europa, non limitandosi a chiedere incarichi di secondo piano, che, seppur utili, erano i medesimi attribuiti a persone di grande valore come Emma Bonino, ma pretendendo che diventino responsabili della politica estera europea in un momento così grave nel mondo per i conflitti internazionali in corso?
Caro Presidente, ma si accorge che Matteo Renzi è osteggiato dai sindacati, dallo stesso partito di cui è segretario, dalla chiesa, dai rappresentanti dei due giornali più venduti in Italia come il Corriere della Sera e la Repubblica?
Si chiede se c'è qualcosa che non va? Noi italiani ce lo chiediamo da un po' e, forse, di fronte alle domande che tutta l'Italia oggi si pone, con tutta l'umiltà di cui siamo capaci, siamo arrivati ad una risposta prima di lei.

 
 
 

Amare non è sposarsi, non sempre, non solo. Amare è farsi delle promesse...

Post n°22 pubblicato il 27 Settembre 2014 da dagbog
 

Io non posso promettere di amarti in eterno. Perché è l'Amore che comanda gli uomini e non il contrario, ma fino a quando nessuno dei due deciderà che è giunto il momento di dividere il comune cammino:
Io prometto che ti rispetterò, donandoti gentilezza, devozione, considerazione.
Io prometto che sarò attento alle tue esigenze, ascoltandoti, cercando di capirti.
Io prometto che farò di tutto per trovare una soluzione ai problemi che incontrerai, alle difficoltà che dovrai affronatare di volta in volta, se solo mi racconterai o avrai voglia di farlo.
Io prometto che non sarai mai da sola e che sarò sempre al tuo fianco tutte le volte che lo vorrai.
Io prometto che ti metterò davanti ad ogni altra cosa della vita, rendendo merito all'importanza che hai nella mia mente e nel mio cuore
Io prometto che sarò sincero, dicendoti sempre quello che penso e quello che accade.
Io prometto che mi sforzerò di trovare le giuste parole e le giuste maniere, se le cose che dovrò dirti potranno turbarti o ferirti.
Io prometto che non avrò attenzioni per altre donne, cercando gratificazioni che possano soddisfare il mio ego.
Io prometto che non accetterò da altre donne lusinghe, parole, sguardi, azioni, inviti diretti o indiretti che possano appagarmi, tutte le volte che questo significhi dispiacerti, mettersi tra di noi, dividere le nostre strade.
Io prometto che ti aiuterò tutte le volte che me lo chiederai e in tutte le occasioni in cui potrò farlo, donandoti quello che ho, di materiale e di immateriale, perché tu possa disporne come se fosse tuo.
Questo è quello che posso prometterti: la mia lealtà, il mio onore e, finché ci sarà, tutto l'Amore che avrò.

 
 
 

Fidarsi è bene. Non fidarsi era meglio...

Post n°21 pubblicato il 26 Settembre 2014 da dagbog
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Dopo anni di relazione, finito l'innamoramento, la stabilità del rapporto di coppia si basa su un equilibrio che è spesso teorico o non esiste. L'armonia che si crea è falsata dei reciproci egoismi. Ciascuno ha dei desideri, ma non è detto che questi desideri corrispondano a quelli dell'altro. Ci si dichiara Amore, ma si pongono veti, limitazioni alla libertà dell'altro di fare, di agire. La mediazione che ne consegue è spesso devastante. Matrice di rinunce o di menzogne. All'apparenza non esiste altra via.
Vivere in coppia è difficile per questo, perché stare insieme, condividere la quotidianità, comporta un sovrapporsi di volontà differenti, che spesso remano in direzione opposta.
L'Amore vero implica l'assoluta libertà dell'altro perché amare è fidarsi, non possedere. E' lasciare all'altro la facoltà di essere felice, di dire e fare tutto quello che ritiene giusto, in totale autonomia.
Ma perché questa subliminazione dell'Amore trovi spazio si deve avere l'identica visione, quel comune obiettivo che fa dell'Amore un volersi bene senza chiedere, senza recintare.
La ricerca di questo equilibrio, che si insegue senza mai raggiungerlo, trova il maggiore impedimento nell'egoismo di coloro che, in nome dell'Amore, pretendendo un'autonomia ed una libertà che, nel contempo, non sono disposti a concedere.
Ma è questo Amore? No, non lo è. Eppure il mondo è pieno di milioni di persone che continuano a vivere insieme in questo modo, dicendosi "ti amo", ma rimpiangendo un idea dell'Amore, sognata, letta, da loro stessi raccontata, che rimane irraggiungibile quando non si è disposti a mettere da parte il proprio ego-ismo.

 
 
 

Le relazioni salgono sempre su una bilancia: la nostra.

Post n°20 pubblicato il 24 Settembre 2014 da dagbog
 
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Le relazioni si basano su un rapporto di equilibrio tra gli uomini. Una contabilità occulta che è presente nelle vite di ognuno di noi, un meccanismo ragioneristico che, nelle coppie, si trasforma in un dare-avere di sentimenti.
Ogni parola che si dice, ogni gesto che si fa o che non si fa, viene soppesato, valutato, incasellato in questa funzione, con un occhio di riguardo a quelli che si ritengono i torti subiti rispetto ai favori ricevuti.
Questo inventario diviene quindi parte di ciascuno, un conteggio che rimane dentro di noi e che si consulta più o meno inconsapevolmente quando abbiamo di fronte le persone con cui ci relazioniamo.
Si fanno gli auguri di compleanno a coloro che si sono ricordati del nostro. Si acquistano regali proporzionati a quelli che si sono ricevuti. Si dimostra espansività se con espansività si è stati trattati. Si elargisce freddezza e indifferenza se freddezza e indifferenza abbiamo ricevuto.
Nelle coppie questa contabilità riguarda fondamentalmente il lavoro ed il divertimento. Una contabilizza all'altro, e viceversa, secondo il proprio metro, quanto tempo dedica al lavoro e, conseguentemente, quanto tempo può concedere allo svago. E se lo svago viene condiviso o vissuto in autonomia.
Esaminando la sommatoria del dare-avere c'è sempre qualcosa che non va bene, qualche rivendicazione da fare, qualche ingiustizia che si pensa di subire o di aver subìto.
Quando si riceve un torto, o quello che si ritiene tale, non si ha sempre il desiderio o l'opportunità di dire ciò che si pensa, di cercare un confronto, di chiarire.
Nel frattempo il torto viene memorizzato. Magari ci accompagna nella nostra giornata o nelle giornate a venire assorbendo la mente, come un ago che punge una parte sensibile della nostra pelle. Un ago che non riusciamo a togliere che sta li a causarci un dolore acuto, costante, fastidioso.
Molte volte sappiamo che l'ingiustizia della quale siamo rimasti vittime non potrà essere fonte di discussione se non attraverso il litigio. Siamo consapevoli che l'autore del torto negherà, e al limite minimizzerà, stravolgento i fatti, dando a noi la colpa, accusandoci di fantasticare, di annegare i rapporti in un eccesso di sensibilità. Ci ricorderà tutte le volte in cui siamo stati noi a fare qualcosa di sconveniente. Ed anche se il ricordo di ciò che abbiamo fatto non c'entra nulla con l'ingiustizia della quale si discute, lui ci ricorderà comunque ogni errore della nostra vita, pur di sminuire il proprio.
C'è chi, allora, decide di andare avanti comunque, di esporre le proprie ragioni con determinazione, accusando a sua volta l'altro di muoversi con insensibilità, egoismo, indifferenza verso il prossimo. Inizierà una lotta e si pretenderanno delle reciproche scuse. Spesso si interromperà il rapporto.
Altri iniziano un lavoro di introspezione, cominciando ad interrogarsi, domandandosi se per caso non abbia ragione la persona che ha commesso l'angheria, se magari non sia vera l'abitudine di dare troppo peso a cose futili, di usare due pesi e due misure, salvaguardando se stessi.
Magari finiranno per convincersi, deprimendosi, ma spesso dietro l'apparenza di arrendevolezza si coverà del rancore. Aver ceduto corrisponderà ad un desiderio di vendetta, che mai sarà chiamata col suo vero nome. La vendetta sarà edulcorata, vestita di giustizia, un'azione uguale e contraria tendente all'equilibrio. Tu mi hai fatto questo e appena sarà possibile ti pagherò con la stessa moneta, fino a che non riterrò che sarà ristabilito l'equilibrio.
Le bilance nelle quali pesiamo i nostri gesti, le nostre parole, i nostri comportamenti sono truccate. E pendono sempre a nostro favore. La giustizia, l'empatia, l'onestà sono valori che in un rapporto sottostanno sempre all'egoismo. Il metro usato da ogni individuo nella vita di relazione è ben nascosto, serve scovarlo. E, prima di innamorarci, faremmo bene a fare di tutto per trovarlo.

 
 
 

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