Piazza CarloGiuliani

..perchè crediamo in un'altra scomoda verità

 

PIAZZA ALIMONDA



 

Genova, schiacciata sul mare, sembra cercare
respiro al largo, verso l'orizzonte.
Genova, repubblicana di cuore, vento di sale, d'anima forte.
Genova che si perde in centro nei labirintici vecchi carrugi,
parole antiche e nuove sparate a colpi come da archibugi.
Genova, quella giornata di luglio, d'un caldo torrido d'Africa nera.
Sfera di sole a piombo, rombo di gente, tesa atmosfera.
Nera o blu l'uniforme, precisi gli ordini, sudore e rabbia;
facce e scudi da Opliti, l'odio di dentro come una scabbia.
Ma poco più lontano, un pensionato ed un vecchio cane
guardavano un aeroplano che lento andava macchiando il mare;
una voce spezzava l'urlare estatico dei bambini.
Panni distesi al sole, come una beffa, dentro ai giardini.

Uscir di casa a vent'anni è quasi un obbligo, quasi un dovere,
piacere d'incontri a grappoli, ideali identici, essere e avere,
la grande folla chiama, canti e colori, grida ed avanza,
sfida il sole implacabile, quasi incredibile passo di danza.
Genova chiusa da sbarre, Genova soffre come in prigione,
Genova marcata a vista attende un soffio di liberazione.
Dentro gli uffici uomini freddi discutono la strategia
e uomini caldi esplodono un colpo secco, morte e follia.
Si rompe il tempo e l'attimo, per un istante, resta sospeso,
appeso al buio e al niente, poi l'assurdo video ritorna acceso;
marionette si muovono, cercando alibi per quelle vite
dissipate e disperse nell'aspro odore della cordite.

Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore,
ma come quella vita giovane spenta, Genova muore.
Per quanti giorni l'odio colpirà ancora a mani piene.
Genova risponde al porto con l'urlo alto delle sirene.
Poi tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione,
dico nobili uomini, danno implacabile giustificazione,
come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportare
una vita troncata, tutta una vita da immaginare.
Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare,
c'è traffico, mare e accento danzante e vicoli da camminare.
La Lanterna impassibile guarda da secoli gli scogli e l'onda.
Ritorna come sempre, quasi normale, piazza Alimonda.

La "salvia splendens" luccica, copre un'aiuola triangolare,
viaggia il traffico solito scorrendo rapido e irregolare.
Dal bar caffè e grappini, verde un'edicola vende la vita.
Resta, amara e indelebile, la traccia aperta di una ferita

Francesco Guccini


 

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La Commissione Parlamentare

Post n°22 pubblicato il 30 Settembre 2007 da ExPiazzaAlimonda

Da www.carta.org proponiamo questo articolo sulla Commissione Parlamentare di Inchiesta sui fatti del G8....da leggere...

Chi affossa la commissione su Genova 
  

Dunque ora a subire gli strali dei moderati del centrosinistra è finito l’onorevole Gianclaudio Bressa della Margherita, reo di aver redatto, in commissione affari costituzionali alla camera, il testo unificato della proposta di legge per la commissione d’inchiesta sui fatti di Genova durante il G8 del 2001. Hanno votato contro la proposta di legge Bressa, e quindi con la destra, i colleghi di maggioranza dell’Italia dei valori e dell’Udeur. Entrambi invece chiedono, insieme ad An e a Forza Italia, «una commissione sugli orrori compiuti a Genova dai manifestanti» [parole dell’ex sottosegretaria alla giustizia Jole Santelli, Forza Italia].
Il testo messo a punto da Bressa prevede che alla commissione lavorino trenta deputati, nominati dal presidente della camera in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo; prevede un limite massimo di dieci mesi per concludere i lavori, più altri due mesi per presentare alla camera una relazione conclusiva. Compito della commissione, sarebbe di «ricostruire in maniera puntuale gli avvenimenti accaduti a Genova in occasione del vertice dei paesi del G8 e delle manifestazioni del Genoa social forum; accertare se durante i giorni in cui ha avuto luogo il vertice del G8 si sia verificata una sospensione dei diritti fondamentali garantiti a tutti i cittadini dalla Costituzione; ricostruire la gestione dell’ordine pubblico facendo luce sulla catena di comando e sulle dinamiche innescate che hanno provocato azioni violentemente repressive nei confronti dei manifestanti». Spese previste per il suo funzionamento 50 mila euro, a carico del bilancio interno della Camera. Una notizia sfuggita ai più, soprattutto ai giornali che continuano a dare, attorno all’avvio delle trattative sulla Finanziaria 2008, la sinistra radicale furiosamente «all’attacco» del governo. Naturalmente anche la commissione d’inchiesta parlamentare sul G8 è prevista nel programma dell’Unione, ma ormai questa sembra solo un’aggravante.

 
 
 

Il dottor Toccafondi

Post n°21 pubblicato il 10 Settembre 2007 da ExPiazzaAlimonda

Quando si dice: ognuno ha il nome che si merita.
Partiamo dall'inizio.No anzi dalla fine...e cioè dalla delibera 909 del 1° agosto 2007, pubblicata il 6 dello stesso mese, della Asl 3 di Genova. Apparentemente non c'è niente di particolare, si parla di un medico richiamato in servizio presso il Ministero della Difesa - Distretto militare di Genova. Uno va a leggere il nome del medico - Giacomo Toccafondi - e allora qualcosa di particolare c'è e cominciano a prudere le mani. Ne abbiamo già parlato, ma ricordare e ricapitolare un attimo la vicenda non può che fa bene - ai neuroni,s'intende,  non al sistema cardiocircolatorio. Durante il G8 il dottor Toccafondi viene nominato coordinatore di tutte le attività inerenti il servizio sanitario a Bolzaneto. Deve, cioè, occuparsi dei  manifestanti che arrivano in caserma: visitare, curare o, nel caso, ricoverare in ospedale. Il dottor, per modo di dire, Toccafondi, invece, si diverte a modo suo: obbliga un manifestante ad urlare «Viva il Duce». Ad un secondo grida: «Alla Diaz dovevano fucilarvi tutti». Ad alcune ragazze dice: «avrebbero dovute stuprarvi tutte come in Kosovo». Per fare buon peso, si appropria di alcuni effetti personali dei manifestanti: dice che per lui sono trofei. E che altri trofei simili ha raccolto durante la missione in Bosnia. Il dottor Toccafondi, assieme ad altre 45 persone, sono state accusate di abuso d’ufficio, violenza privata, lesioni personali, percosse, ingiurie, minacce, falso ideologico, abuso d’autorità contro detenuti o arrestati, violazione all’ordinamento penitenziario e omissione di referto. Le vittime sono state 250. E non è solo stato accusato ma rinviato a giudizio - cioè sono state riconosciute prove tali a suo carico da mandarlo davanti ad un giudice per essere processato - per minacce, ingiurie, violenza privata, percosse e danneggiamento. Ciononostante il Ministero della Difesa ha pensato bene di richiamarlo in servizio. La cosa ci fa schifo. A chi scrive stasera (Stefi) anche di più...perchè è nato lo stesso mio giorno, anche se dieci anni prima...lo so, conta un cazzo...ma mi fa schifo l'idea di essere nata lo stesso giorno di un elemento del genere. Dicevamo, scusate la digressione, che la cosa ci fa MOLTO schifo. Il ministro della Difesa è il signor Arturo Parisi. I sottosegretari sono Giovanni Lorenzo Forcieri, Emidio Casula e Marco Verzaschi. Sul sito
www.governo.it c’è la possibilità di inviare una mail ad un ministro….. dobbiamo aggingere altro?
Un'ultima cosa: a  chi interessa un approfondimento sulla questione segnaliamo un articolo su PeaceReporter che ci è stato segnalato a nostra volta da un'amica che citiamo volentieri. Grazie a
mdd_m, e a tutti quelli che spenderanno due minuti del loro tempo per leggere l'articolo e magari dopo per scrivere una bella mail al ministro della Difesa.
Qui di seguito un piccolo assaggio dell'articolo su PeaceReporter.

Il medico in mimetica
Richiamato alle armi il responsabile dell'ospedale di Bolzaneto durante il G8

Esiste una speciale sezione, nelle Forze Armate italiane, di cui pochi sono a conoscenza. Si chiama 'Riserva Selezionata', fa parte delle Forze di completamento ed è costituita da civili, ai quali può venir conferita la nomina di ufficiale fino al grado di Maggiore. Della riserva fa parte chi è in possesso di spiccate doti professionali, abbia specializzazioni difficilmente reperibili in ambito militare e dia ampio affidamento per prestare la propria opera nelle Forze Armate. Così, deve essere stato perché in possesso di questi requisiti che il dottor Giacomo Toccafondi, medico chirurgo, nato a Genova il 6 marzo del '54, è stato scelto dalle Forze Armate italiane per partecipare alla missione italiana in Bosnia. E deve essere stato sempre per 'spiccate doti professionali' che il magistrato Alfonso Sabella, capomissione del Dap (Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria), durante il G8 di Genova, lo nominò dirigente sanitario dell'ospedale all'interno del carcere di Bolzaneto, dove decine e decine di manifestanti feriti negli scontri arrivarono per subire ulteriori pestaggi e feroci umiliazioni.
Continua qui

 
 
 

Quasi personale

Post n°20 pubblicato il 03 Settembre 2007 da ExPiazzaAlimonda


In quella curiosa affinità di vedute e pensiero, che ci sorprende ogni volta, e caratterizza sin da quando ci siamo conosciuti lungo le autostrade virtuali di internet, Stefy, l'altra metà di questo blog, mi ha anticipato scrivendo una cosa che stavo pensando mentre scaricavo la macchina. Io, comunque, la scrivo ugualmente.

Succede questo. Succede che ogni volta che per qualche tempo devo accontonare il mio blog, che si chiama Piazza Alimonda, quando riaccendo il mac mi trovo sommerso da messaggi di varia natura. Manco in qualche modo si sentisse che non sono lì a rispondere a stretto giro di posta a chi si fa vivo. E visto che il 90 per cento di quei messaggi si riferiscono al titolo del blog, tanto vale rispondere qui. Andando a sottolineare alcune cose delle quali, onestamente, inizio ad avere le tasche (per non dire altro) debordanti.
Il campionario degli scriventi si divide in questo modo:
A) quelli che vomitano ogni sorta di insulto, ripetendo ad ogni piè sospinto sinonimi della professione della loro mamma, poi dicono che uno è ancora poco, che dovevano accopparne di più, e quando c'era lui ci avrebbe messi tutti a posto, e se ci fossero stati loro con una pistola in mano, e tanto scompariremo dalla faccia della terra ecc ecc. Il solito campionario di vaccate, insomma. Ma la cosa divertente, veramente divertente, è che dopo aver scritto questo popò di idiozie, peraltro sconfessate dalla storia e dagli eventi, ti mettono in lista nera, così non si può rispondere. E allora mi tocca scomodare qualche amico che ribadisca alcuni concetti basilari in vece mia. Niente di nuovo, per certi versi. Del resto essere codardi è un diritto di tutti.
B) quelli che, vedendo la foto sul blog (quella famosa con la scritta piazza Alimonda cancellata con la vernice azzurra e sostituita dalla scritta piazza Carlo Giuliani), si producono nel seguente commento: "Dedicare una via a Carlo Giuliani? Vergogna....". Ora, non so come siano messe le casse del Comune di Genova, ma credo che se volesse cambiare la toponomastica della città non avrebbe bisogno di mandare un operaio con scala e pennarelli per fare gli aggiustamenti del caso, e potrebbe permettersi il lusso di comprare una targa nuova.
C) quelli che dicono: "voleva tirare un estintore sui poliziotti". E tu dici: "Erano carabinieri, non poliziotti". E loro: "E cosa cambia?". Cambia tutto. Perché, per fare un esempio sempliciotto, un conto è intavolare una discussione di calcio con chi dice che la Francia, nella finale dei mondiali dello scorso anno, ci è stata superiore, un conto è farlo con chi dice che l'Italia in finale ha incontrato l'Alto Volta. Cioè, se si dimostra già dall'inizio di non sapere una beata fava di quanto successo, chi me lo fa fare di mettermi lì con santa pazienza a spiegare tutta una serie di cose?
D) quelli che "....l'estintore e il passamontagna....". Come se tutto quanto successo in quei giorni fosse ridotto a questi due oggetti. Ora, se uno a luglio, con 40 gradi all'ombra, esce di casa con un passamontagna in testa e un estintore sotto il braccio, non merita di essere ammazzato, ma ricoverato in una casa di cura per malattie mentali. Se quegli oggetti c'erano, da qualche parte sono arrivati. E tanto varrebbe spendere un minuto della propria vita per capire da dove sono piovuti.
E) quelli che dicono: "io c'ero, e quindi so". C'erano alcune centinaia di migliaia di persone, a Genova, in quei giorni. In piazza Alimonda poche decine. Quindi, o si era lì, e allora è un conto, o si era da qualche altra parte, per cui su questa vicenda il loro esserci stati conta meno di niente. Conosco decine di persone che ci sono state. Il 98 per cento di loro ha avuto la fortuna di essere stata in altri punti, e su piazza Alimonda ha il buon gusto di dire: "Non so niente, o quanto meno solo quello che ho letto". Conosco gente che ha fatto l'ultima guerra, ma non si sognerebbero mai di parlare dello sbarco in Normandia, perché pur avendo preso parte a quella guerra erano da altre parti....
F) quelli che dicono: "ma perché perdete tempo con queste cose invece di pensare a cose più importanti?". Al di là del fatto che ognuno passa il proprio tempo come vuole, e al di là del fatto che cos'altro facciamo noi sono fatti nostri, perché quelli che teorizzano l'esistenza (che nessuno nega) non si fanno promotori di un loro blog, sito o quel che vogliono, per portare a galla queste altre cose? capace che gli do anche una mano....
G) quelli che prima dicono qualunque infamia, farcita di auguri di una lesta dipartita da questa terra e di minacce più o meno velate, e poi, quando vengono cancellati, dicono la frase mitica: "Ecco, cancellate chi non la pensa come voi..."
H) quelli che dicono: "sono contento che sia morto". Io non sarò contento neppure quando morirà berlusconi. Se non altro perché avrò uno in meno da sfottere.
I) quelli che dicono: "E' giusto che sia morto". L'Italia ha abolito da qualche tempo la pena di morte, e sta cercando di farla abolire anche in giro. Ma evidentemente costoro sono ancora con il loro vuoto capo in quei giorni nei quali era lecito ammazzare o manganellare chi non aveva la divisa nera...
L) quelli che dicono: "Ho visto tre foto in croce e letto quel che ha scritto Libero (nel senso di giornale) ed è giusto che sia andata così". Ricordo, giusto per citare una cosa che volevo mettere nel blog e poi non ho fatto in tempo, che anche Sacco e Vanzetti erano stati ammazzati per via di prove contro di loro. Salvo poi essere riabilitati qualche decennio dopo. Quando ormai era troppo tardi...
Detto questo, ora si ricomincia. E buona ripresa delle normali attività a tutti...
Lube

 
 
 

Discutere

Post n°19 pubblicato il 28 Agosto 2007 da ExPiazzaAlimonda
 

Ultimamente stiamo ricevendo molti messaggi privati di persone che la pensano diversamente da noi.
Alcune persone esprimono il loro "dissenso" con rispetto ed educazione e noi li abbiamo invitati a scrivere i loro commenti direttamente sul blog. Altri invece dall'alto della loro educazione e del profondo rispetto per gli altri - siamo VOLUTAMENTE ironici - ci hanno lasciato messaggi offensivi e irrispettosi. Non ci preoccupa minimamente rispondere "a tono" a queste persone che non avendo argomentazioni valide trovano nell'offesa e nell'ingiuria l'unico mezzo per esprimere le loro "convinzioni". Non ci interessa neanche instaurare una discussione, sono persone che non sanno o non vogliono ascoltare, solo offendere per il gusto di farlo. A chi invece è interessato a costruire una discussione anche animata, purchè rispettosa ed educata, chiediamo una cosa: prima di scrivere un qualsiasi commento, sia qui nel blog che in privato, siete pregati di documentarvi sui fatti. Parlare a vanvera, sproloquiare senza avere cognizione di causa non serve a nessuno e non produce una discussione intelligente.
Infine, a chi ci dice che siamo di parte rispondiamo che è vero: siamo dalla parte di quelli che PRETENDONO  che venga fuori TUTTA la verità  e che non si accontentano di quello che hanno provato a farci credere.
Luigi e Stefania

 
 
 

I processi. Parte seconda: Piazza Alimonda

Post n°18 pubblicato il 21 Agosto 2007 da ExPiazzaAlimonda
 

Ne abbiamo già parlato in altri post precedenti. Carlo Giuliani non era un santo, e neanche un martire, ma non meritava quella morte...e soprattutto merita che venga fatta luce su come sono andate veramente le cose. Sempre dal sito http://www.processig8.org/Default.html - che linkiamo anche nel bos "links utili" - la storia del procedimento che riguarda l'uccisione di Carlo Giuliani. Come sempre corrediamo il post da video. Presto in un box laterale, troverete i link ad alcuni dei video già proposti e video inediti - per il nostro blog. Come sempre vi auguriamo una buona ma soprattutto ATTENTA  "visione" e "letttura". Luigi e Stefania




PROCESSO ALIMONDA: La storia del processo

Il procedimento per l'omicidio di Carlo Giuliani è stato archiviato nel 2003 dal gip Elena Daloiso, che ha accolto la richiesta di archiviazione formulata dal PM Silvio Franz. Secondo la tesi del Pm il proiettile che uccise Carlo Giuliani fu deviato da un sasso e, in ogni caso, il carabiniere Placanica sparò per legittima difesa. Non è stato tenuto in nessun conto la ricostruzione dei periti di parte offesa che avevano dimostrato, incrociando le immagini relative al lancio del sasso con i rumori dello sparo, l'impossibilità fisica della ricostruzione proposta dal PM. Inoltre, nel decreto di archiviazione il gip evita accuratamente di ricostruire le fasi antecedenti alla morte di Carlo, quelle cioè relative alla carica dei carabinieri al corteo autorizzato dei disobbedienti, decontestualizzando in questo modo la reazione dei manifestanti e le drammatiche conseguenze che ne seguirono.

Proprio la ricostruzione dei fatti di piazza Alimonda è stata invece al centro, nel corso del 2005, di numerose udienze all'interno del processo a carico dei 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio, perché alcuni capi di imputazione riguardano proprio l'assalto al defender a bordo del quale si trovava Mario Placanica.

La situazione in cui avviene l'omicidio è conseguenza di una carica dei carabinieri in via Caffa, nel tratto che collega via Tolemaide a piazza Alimonda. La CCIR Echo (una delle "Compagnie di Contenimento E Intervento Risolutivo costituite ad hoc per il G8 di Genova) arriva a contatto con il corteo ma viene respinta. Segue una fuga disordinata. Il defender con a bordo Placanica si blocca davanti ad un cassonetto e viene circondato dai manifestanti. La carica, di cui si è assunto la responsabilità il vicequestore aggiunto Adriano Lauro, risulta frutto di un errore di valutazione: i carabinieri erano in inferiorità numerica e in cattive condizioni psicofisiche. Non si spiega poi la presenza dei due defender dietro il plotone. Il capitano Claudio Cappello, che comandava quella CCIR, ordinò a Placanica di montare su uno dei mezzi perché "affetto da problemi psicomotori". Poi Cappello si disinteressa dei mezzi, dando per scontato che si sarebbero allontanati. Secondo Cappello quei mezzi non blindati e, quindi, non adatti all'ordine pubblico, non avevano ragione di restare lì. Cappello è un esperto di ordine pubblico; ufficiale dei paracadutisti del Tuscania, più volte in missioni all'estero, in Israele, Bosnia, e in Somalia (dove i militari italiani furono implicati in episodi di torture e violenze sulla popolazione) e attualmente impiegato in Iraq. E' uno dei primi che si avvicina immediatamente a Carlo a terra, ma sostiene di aver ritenuto che fosse stato investito, nonostante ci siano foto che mostrano la sua presenza accanto al corpo mentre uno zampillo di sangue esce dallo zigomo.

Il colonnello Truglio, il più alto funzionario dei CC presente in piazza Alimonda, non è ancora venuto a deporre perché anche lui impegnato in Iraq. Restano molti dubbi su quello che sia accaduto esattamente all'interno del defender nei momenti immediatamente precedenti lo sparo. Le testimonianze di Cavataio e Raffone, i due carabinieri che erano sul mezzo con Placanica, sono state a dir poco confuse, mentre l'ex carabiniere Mario Placanica si è avvalso della facoltà di non rispondere, in quanto indagato in procedimento connesso, per quanto archiviato. Un altro elemento emerso nel corso delle udienze è misterioso quanto agghiacciante: il collegio difensivo, mostrando in sequenza cronologica alcune immagini immediatamente successive all'omicidio, ha fatto rilevare la presenza di una ferita a forma di stella sulla fronte di Carlo Giuliani, visibile quando i sanitari gli tolgono il passamontagna, e la comparsa di un sasso insanguinato vicino al corpo solo dopo che le forze dell'ordine hanno riconquistato la piazza e hanno formato un cordone per circondare il corpo di Carlo.

Intanto i legali della famiglia Giuliani, ed il Comitato Piazza Carlo Giuliani onlus, hanno presentato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'uomo a Strasburgo, contestando la sussistenza della legittima difesa e lamentando l'assenza di un'inchiesta indipendente.

Attualmente il ricorso è pendente, la Corte di Strasburgo ha chiesto alcuni chiarimenti al Governo italiano, in particolare in merito alle direttive che sono state date alle forze dell'ordine, alla gestione dell'ordine pubblico e all'uso delle armi, dimostrando in generale un interessamento per la "gestione della piazza" e la ricostruzione generale dei fatti che hanno portato alla morte di Carlo.

 

 
 
 

I processi. Parte prima: il processo ai  25 manifestanti

Post n°17 pubblicato il 10 Agosto 2007 da ExPiazzaAlimonda
 

Dal sito http://www.processig8.org/Default.html
Prima di leggere tutto il post - è lungo ma ne vale la pena - guardatevi il video. E incazzatevi, poi leggete.

La storia del processo


Il reato di "devastazione e saccheggio", introdotto nel dopoguerra e mai contestato per scontri di piazza, è stato rispolverato dalla Procura di Genova per i fatti del G8 del 2001. Gli elementi che integrano il reato sono: l'ordine pubblico messo in crisi e il danneggiamento ripetuto di beni, anche tramite compartecipazione psichica tra gli imputati. In pratica, non occorre aver effettivamente "devastato", ma è sufficiente essere presente mentre gli altri devastano. Le indagini che porteranno al rinvio a giudizio di 25 manifestanti cominciano subito dopo il G8, quasi esclusivamente grazie a immagini e video di varia provenienza, diramate a tutte le Digos italiane. Il lavoro è quello di mettere un nome a tutte le facce possibili: le indagini sono volte a dimostrare chi era a Genova ed effettivamente in strada. Questo porta a una quarantina di identificazioni. Di queste 40 persone, 23 vengono arrestate il 4 dicembre 2002. Le indagini su 26 persone si chiudono nel giugno 2003, quando viene formulata la richiesta di rinvio a giudizio e l'udienza preliminare è fissata a dicembre 2003. Durante l'udienza preliminare la difesa chiede inutilmente la modifica del capo di imputazione "devastazione e saccheggio".

La Procura infatti modifica l'imputazione ma in un altro senso: elimina molte delle parti offese originariamente individuate, liberandosi così di un una serie di punti deboli. Durante l’udienza preliminare il GUP rinvia a giudizio tutti gli imputati, fissando la prima udienza dibattimentale per il 2 marzo. La strategia della Procura è dimostrare un "unico disegno", in cui le tute bianche avrebbero approfittato dei disordini creati dal blocco nero, e sono quindi colpevoli di concorso nella devastazione. Obiettivo della difesa è smontare il teorema dell'accusa attraverso l'analisi puntuale dei reperti e il controesame dei testi. All'apertura del processo, il 2 marzo 2004, alcuni difensori degli imputati chiedono lo spostamento del processo in una sede differente da Genova, considerata pregiudiziale per la serenità del giudizio in quanto prevenuta rispetto ai manifestanti. In effetti l'udienza si svolge all'interno dell'aula bunker in un'atmosfera surreale con il Tribunale blindato. La posizione di uno degli imputati viene stralciata per difetto di notifica e verrà trattata in separato procedimento.

I 26 diventano 25. Il Comune di Genova e Area Banca non vengono ammessi come parti civili per vizi di forma. Successivamente si passa alla formazione del fascicolo del dibattimento, cioè la cernita degli atti che possono essere portati da subito a conoscenza del collegio giudicante: vengono considerati non depositabili alcuni atti della Procura fra cui le intercettazioni effettuate in carcere. Al momento della richiesta prove la discussione si concentra da subito sui video e sulla loro ammissibilità come prova, dal momento che la Procura decide di gestire questo processo quasi integralmente provando i fatti attraverso le immagini. I difensori chiedono di poter avere accesso all'archivio completo del materiale utilizzato dalla Procura, segnalando l'esistenza di un enorme fascicolo a carico di ignoti (a cui nessun difensore può avere accesso, dal momento che non esistono indagati) dal quale l'accusa ha estratto le immagini che riteneva rilevanti. I difensori degli imputati fanno inoltre presente di non aver ancora ottenuto copia del materiale depositato all'interno di questo fascicolo e di non essere quindi in grado di procedere al controesame dei testi portati dall'accusa, che testimonieranno, quasi tutti, con l'ausilio di supporti video o fotografici.

Il Tribunale invita quindi la Procura a consegnare in tempi brevi alla difesa copia del materiale video e fotografico depositato e concede un termine ai difensori per visionare il materiale. Viene chiamato a deporre il primo testimone dell'accusa: l'ispettore Corda, della Polizia Municipale, sezione di Polizia Giudiziaria, incaricato dai PM di ricostruire e situare cronologicamente, per sostenere l'accusa di devastazione e saccheggio, alcuni dei fatti commessi in Genova nei giorni 20 e 21 del luglio 2001. Durante l'esame di questo teste, utilizzando tre dvd da lui prodotti, i PM effettuano una ricostruzione della storia di quei giorni che dovrebbe costituire la base dell'accusa in questo processo. In realtà il video prodotto da Corda è un montaggio e, come ogni montaggio, non è una ricostruzione neutra dei fatti, ma un'interpretazione, realizzata in modo da proporre un messaggio preciso attraverso immagini accuratamente selezionate, poste in sequenza per risultare il più possibile suggestive. Corda, nonostante l'opposizione dei difensori che rappresentano il problema al Tribunale, viene esaminato dai PM, mentre alle difese è consentito di rinviare il controesame fino al momento in cui i consulenti tecnici dei difensori avranno avuto modo di analizzare integralmente i materiali depositati dalla Procura in questo procedimento.

Nel frattempo alla Procura viene consentito solo l'esame di testimoni che possano essere ascoltati senza l'ausilio delle immagini. Comincia quindi una serie di testimonianze di responsabili di uffici bancari, autosaloni ed altri esercizi commerciali danneggiati durante le giornate di Genova. A questi, quasi nessuno presente ai fatti e quindi di scarso interesse, seguono privati cittadini che hanno potuto osservare dalle loro finestre quanto accadeva in strada. Un dato interessante di tali testimonianze è che viene più o meno riferito da tutti l'atteggiamento non pericoloso né aggressivo nei confronti delle persone da parte dei manifestanti. Il cronista Gianluca Scaduto, che era presente alla prima carica del corteo della disobbedienza, racconta che il corteo era fermo e che da lì nulla venne lanciato. Ai carabinieri schierati in via Invrea all'incrocio con corso Torino sarebbero stati lanciati, secondo il teste, "due o tre sassi" provenienti da un gruppetto di persone posizionate all'angolo di via Tolemaide. La reazione dei carabinieri a questi tre sassi è nel suo ricordo un fitto lancio di lacrimogeni seguito dalla carica al corteo delle tute bianche. Il processo entra nel vivo quando la difesa, avendo avuto modo di visionare le copie video e fotografiche del materiale della Procura, contesta la genuinità del materiale video e la possibilità che gli originali siano stati "manipolati".

Su questi punti vengono presentate tre memorie da parte dei difensori e dei consulenti tecnici della difesa che rilevano, da un lato, la non corrispondenza fra gli originali dei video e le copie depositate dalla Procura nel procedimento (nelle quali sono stati individuati tagli evidenti) e dall'altro, ancora una volta, il fatto che la difesa non ha potuto avere accesso all'intero complesso del materiale video, presente nel fascicolo del procedimento contro ignoti, e sul quale invece la Procura ha lavorato sin dall'inizio. Nell'ultima udienza prima della pausa estiva, i PM chiedono un rinvio per avere il tempo di contestare le memorie della difesa. Il Tribunale rinvia la decisione sui materiali video fotografici a settembre, quando decide di acquisire i dvd di Corda, "riservata ogni valutazione in merito all'efficacia probatoria del loro contenuto", mentre il restante materiale video e fotografico verrà acquisito di volta in volta, se ritenuto rilevante e pertinente rispetto al teste. Con una successiva ordinanza il Presidente del Tribunale Devoto specifica che solo nel caso in cui il teste riconosca nel video sé stesso o una specifica situazione a cui è stato presente, il video relativo potrà essere acquisito come prova.

Nei mesi che seguono, sfilano i testi chiave dell'accusa: i poliziotti e i carabinieri che comandavano i vari contingenti schierati per le strade di Genova nel luglio 2001, tra i quali i responsabili delle cariche e dei pestaggi indiscriminati ordinati e condotti per tutelare l'"ordine pubblico". Uno dei più importanti è il Primo Dirigente della Polizia di Stato Pasquale Zazzaro, responsabile, nei giorni del G8, della Centrale Operativa della Questura. Si tratta del PS che teneva le fila delle comunicazioni radio indicando ai dirigenti di piazza dove spostare i contingenti e quali operazioni effettuare, sulla base di ordini ricevuti dal Questore, o delle richieste fatte dagli stessi dirigenti in piazza. Zazzaro ricorda poco o niente, ma in realtà è una figura importante in quanto la sua audizione consentirà alla difesa di entrare in possesso di tutte le comunicazioni radio passate per la centrale operativa della Questura (non quelle dei carabinieri quindi) durante le giornate di luglio 2001 e che verranno largamente utilizzate nelle udienze successive. Tra i vari poliziotti e carabinieri che si sono susseguiti sul banco dei testimoni sono risultati molto significativi per la ricostruzione della difesa il Primo Dirigente di PS Mondelli, il capitano dei CC Bruno e il Dirigente del Commissariato di PS Centro Gaggiano, chiamati a testimoniare principalmente sui fatti di via Tolemaide.

Questi testi consentono la prima ricostruzione completa della carica al corteo autorizzato delle tute bianche. Mario Mondelli era il PS Dirigente di piazza e in quanto tale responsabile del contingente dei carabinieri che ha caricato il corteo della disobbedienza, mentre il Capitano Antonio Bruno era il CC che comandava quel contingente (il III battaglione Lombardia). Dalla loro testimonianza emerge che la prima carica contro il corteo (partita intorno alle ore 15) è stata un'iniziativa autonoma e improvvisa dei carabinieri e non, come era sembrato fino ad allora, una scelta fatta dal responsabile dell'ordine pubblico per quel corteo, il PS Angelo Gaggiano. Una carica violenta che travolge prima i numerosi giornalisti che si trovavano all'incrocio tra corso Torino e via Tolemaide, e poi il corteo di 10.000 persone che stava avanzando pacificamente lungo un percorso autorizzato. Con la testimonianza del capitano Antonio Bruno (udienza del 16 novembre 2004), la difesa segna un punto importante anche sotto un altro aspetto. Grazie al materiale video e fotografico utilizzato infatti gli avvocati dimostrano (e Bruno, di fronte all'evidenza delle immagini, non può far altro che confermare) che i carabinieri hanno caricato il corteo utilizzando oltre ai normali manganelli in dotazione all'Arma (i "tonfa") anche diversi tipi di oggetti contundenti "fuori ordinanza", tra cui mazze di ferro. All'inizio del 2005 depone Angelo Gaggiano, nel corso di tre lunghe udienze. Gaggiano è sentito in quanto responsabile di piazza per il corteo della disobbedienza del 20 luglio, e responsabile per il corteo internazionale del 21.

La sua testimonianza è confusa e piena di imprecisioni, uno sforzo continuo di sviare le domande della difesa. Il 20 luglio Gaggiano stazionava con i suoi contingenti in piazza Verdi, in attesa del corteo delle tute bianche che scendendo da via Tolemaide sarebbe dovuto arrivare lì. Ma il corteo non arriverà mai. Verrà caricato prima dai carabinieri di Bruno e poi dallo stesso Gaggiano (circa un'ora più tardi). Ma Gaggiano la prima carica non la vede proprio, e arriva a sostenere che non ci sia mai stata. Di fronte alla reticenza spudorata di questo dirigente di PS, anche davanti a immagini inequivocabili, la difesa chiede al Tribunale di valutare l'attendibilità del teste, e produce una vecchia sentenza di condanna per ricettazione. Un precedente penale che in sé potrebbe avere scarso interesse per il Tribunale, ma Gaggiano, compulsivamente, mente ancora una volta, raccontando che aveva "comprato un mobile". Il Presidente del Tribunale, controllata la sentenza, lo contraddice: era stato condannato per avere venduto mobili rubati, e lo congeda seccamente. Gaggiano ha dato il colpo di grazia alla propria attendibilità. Di lì a pochi giorni anticipa il suo pensionamento. Dopo Gaggiano si susseguono altri testi, relativi a via Tolemaide e a piazza Alimonda, come il vice Questore aggiunto Fiorillo, il Tenente dei carabinieri Mirante, il Capitano Ruggeri (del battaglione paracadutisti Tuscania), il Capitano Cappello (presente in piazza Alimonda), e il giornalista Giulietto Chiesa.

Quest'ultimo, che è anche un teste della difesa, conferma la ricostruzione della prima carica contro il corteo delle tute bianche. Dal mese di maggio 2005 viene poi sentito come testimone del PM il dr. Cavalera, all’epoca dirigente della Polizia Scientifica di Genova: il PM lo ha usato per i riconoscimenti delle persone individuate nei materiali video fotografici. Dalla sua testimonianza è apparso sostanzialmente che non esiste un metodo scientifico per effettuare riconoscimenti fotografici. Infine dall’ottobre 2005 è stato sentito il teste Zampese (Digos Genova): nel corso di decine di udienze il teste ha esposto al Tribunale la ricostruzione dei fatti, i comportamenti degli imputati e i relativi riconoscimenti secondo la versione elaborata da Polizia e Procura. La tecnica è quella di un esame fotogramma per fotogramma di ore di filmati soffermandosi su particolari di vestiario utili al riconoscimento delle persone; nessuno spazio è dedicato alla ricostruzione dei comportamenti delle forze dell’ordine: il risultato è che le azioni dei manifestanti sono ancora una volta decontestualizzate. A febbraio 2006 il processo viene rinviato a settembre a causa dell'impegno improvviso del Presidente Devoto come membro supplente del CSM.

Dopo una lunga pausa il processo ai 25 manifestanti riprende  a gennaio di quest'anno con la conclusione della ricostruzione, durata ben 8 mesi, dell'ispettore Zampese. Nell'udienza del 6 febbraio il tribunale accoglie l'eccezione sollevata dall'avv. Emanuele Tambuscio, uno dei difensori degli imputati, che sostiene che parte delle indagini siano state portate avanti oltre i termini previsti dalla legge. Grazie a questa decisione viene dichiarata inutilizzabile tutta la ricostruzione fatta da Zampese per mezzo delle comunicazioni audio della centrale operativa della Questura. In seguito al controesame dell'ispettore viene ascoltato il colonnello Truglio comandante delle compagnie CCIR (Compagnie di Contenimento e Intervento Risolutive) durante il g8 e membro del Tuscania. Il colonnello è presente su uno dei due defender lasciati a chiusura della colonna che si era mossa su via Caffa e che si ritirano in piazza Alimonda. La sua deposizione è imprecisa e lacunosa. Truglio in aula racconta che vede un manifestante cadere a terra che viene investito dal defender assediato in piazza. Singolare è questa sua ricostruzione della morte di Carlo Giuliani come il fatto che neghi più volte di aver udito colpi di pistola.

Successivamente si passa ai testi della difesa. Vengono analizzati così i movimenti e le azioni delle FFOO in particolar modo per quanto concerne Via Tolemaide e Piazza Alimonda. Le numerose testimonianze mettono in rilievo le successive cariche dei Carabinieri e delle forze di polizia al corteo autorizzato delle Tute Bianche. In questi ultimi mesi sono venuti a deporre in tribunale parlamentari, portavoce di movimento, medici, giornalisti e operatori media. Tra i deputati si ricorda Paolo Cento. Quest'ultimo faceva parte del gruppo di parlamentari a seguito del corteo che dallo stadio Carlini doveva arrivare alla stazione Brignole. L'onorevole ha messo in evidenza come la carica delle FFOO alle tute bianche fosse del tutto immotivata.  Sono stati sentiti anche i parlamentari Bulgarelli, De Petris, Zanella, De Cristofaro, Giordano, Mantovani, Mascia e Martone i quali hanno ribadito la loro difficoltà ad avere contatti con le forze dell'ordine presenti in strada e quindi di mediare tra le stesse e i manifestanti. Sono venuti a testimoniare anche membri del GSF come Vittorio Agnoletto, Raffaella Bolini e Luca Casarini. Questi hanno raccontato come i rapporti del GSF con il capo della polizia De Gennaro a un certo punto si erano interrotti e dovettero rapportarsi unicamente con Andreassi.

Non era chiaro con quali soggetti si potesse realmente interloquire e perchè fu lasciata così grande autonomia d'azione ai CC il venerdì 20 luglio. A giugno è la seconda volta in aula di Mario Placanica che decide di testimoniare. Purtroppo neanche in questa occasione il carabiniere che sparò a Carlo Giuliani riesce a fare chiarezza su ciò che accadde in Piazza Alimonda. Un susseguirsi di dubbi e contraddizioni predominano nella sua deposizione mentre fa ricadere le colpe sulle forze dell'ordine presenti in piazza che, se fossero intervenute, avrebbero potuto evitare che succedesse qualcosa di grave. Messo alle strette dai manifestanti e ferito alla testa il carabiniere racconta di aver sparato due colpi in aria. Dice di ricordare che venne a sapere solo più tardi in ospedale della morte di Carlo Giuliani. Il dibattimento si è chiuso martedì 6 luglio con le consulenze tecniche della difesa. Grazie ai video e agli audio prodotti dai consulenti si è voluto evidenziare come la messa in crisi dell'ordine pubblico sia stata causata dalle forze dell'ordine mediante l'ingiustificato attacco al corteo. Anche nel corso di quest'anno abbiamo avuto modo di dimostrare davanti al tribunale l'inconsistenza delle accuse del Pubblico  Ministero ed ora aspettiamo con fiducia l'esito del processo con la speranza che 25 persone non finiscano in carcere a scontare pene assurdamente sproporzionate rispetto ai fatti di cui sono accusati. Il procedimento è rinviato al 18 settembre per le conclusioni.

 
 
 

LETTERA APERTA

Post n°16 pubblicato il 06 Agosto 2007 da ExPiazzaAlimonda
 

Ringraziamo guitarandvoice per averci autorizzato la pubblicazione di questo suo post.  Lo pubblichiamo per intero, perchè riteniamo importanti anche le sue iniziali riflessioni.
Grazie, Luigi e Stefi

GENOVA 2001 ....

Ho ricevuto tramite e-mail da un'amica questa lettera aperta di Enrica Bartesaghi.Mi ha colpita molto l'ironia amara che traspare da ogni singola parola, la delusione e al contempo la rabbia per un avvenimento,quale questo è da considerarsi oggi alla luce del lavoro continuo d'informazione e di ricerca della verità, che può essere definito come una palese violazione dei diritti umani. Volendo considerare per assurdo in secondo piano le barbarie provocate, quello che più mi rende triste è la consapevolezza di un sistema che funziona male fin dalla radice, fin dai vertici; un complotto continuo per sfogare forse frustrazioni mai fronteggiate, forse per la foga del potere che rende onnivori. Chi restituirà la fiducia nello Stato e nella giustizia a quei ragazzi che nella Diaz e a Bolzaneto nel 2001 hanno subito quella grande e violenta e distruttiva delusione? su quali basi costruiamo la nostra coscienza sociale e morale?? come può un ragazzo oggi adolescente crescere con il senso della giustizia, dello stato che tutela la collettività,con la voglia di cambiare ciò che non funziona?
Come può lo Stato abusare fino a questo punto del suo potere?fino a mascherare un eccidio, fino a mandare appositamente la polizia in quel luogo  con manganelli e armi per dare a quei ragazzi una 'lezione'? E ancora, quale forza bruta percorreva le braccia di quei poliziotti mentre sferravano manganellate,mentre violentavano senza alcun ritegno quelle ragazze,mentre inneggiavano al fascismo alla stregua dell'eccidio di Auschwitz? solo senso di appartenenza alla polizia? solo l'adempimento di un ordine superiore? solo frustrazione accumulata?solo una forma di sfogo?
Non lo so; so solo che  il mio senso della giustizia,un valore in cui credo fermamente,ha subito un colpo troppo forte ed è difficile gridare che 'la legge è uguale per tutti' o che 'lo Stato tutela la collettività e il singolo perseguendo la certezza del diritto e il valore della legalità'...

LETTERA APERTA AI GIORNALISTI DI REPUBBLICA E UNITA'

In qualità di presidente del Comitato verità e giustizia per Genova, vi scrivo per chiedere scusa.Chiedo scusa a nome delle centinaia di manifestanti arrestati, feriti,umiliati e torturati nel mese di luglio del 2001 a Genova, nelle strade, nelle piazze, alla scuola Diaz, nelle caserme di Bolzaneto e Forte San Giuliano.Noi allora non lo sapevamo che avremmo (dopo ben sei anni) causato
l'allontanamento di De Gennaro dal vertice della Polizia italiana. Che quei giorni avrebbero macchiato la sua onorata carriera (anche se si tratta di una macchia davvero piccola, di quelle che il Ministro degli Interni, Amato, ha subito lavato nominandolo a capo del suo gabinetto). Che, per colpa nostra, De Gennaro sarebbe stato indagato per istigazione e induzione a falsa testimonianza.Giustamente nei giorni scorsi sui quotidiani La Repubblica e L'Unità avete ripetutamente sottolineato tutto l'orrore di questa faccenda  incresciosa, ridando all'uomo ed al poliziotto tutta la sua onorabilità. E non siete stati i soli, numerosi parlamentari (di destra, di centro e di sinistra), a partire dall'on. Violante hanno fatto lo stesso. Perché De Gennaro è stato un capo della polizia "bipartisan" nominato dal centro-sinistra, confermato dal centro-destra, nuovamente confermato dal centro-sinistra, un uomo "quattro-stagioni" come la pizza. E' vero, alla Diaz, abbiamo fatto di tutto per farci massacrare, fingendo di dormire, alzando le mani di fronte ai manganelli e chiedendo pietà. Abbiamo anche costretto un poliziotto a fingere un accoltellamento, altri a dover portare nella scuola due bottiglie molotov, altri a firmare verbali falsi, ma che altro potevamo fare? Mettetevi nei nostri panni e, cercate di non sporcarvi,  perché sono ancora pieni di sangue. E il sangue, come ogni casalinga che si rispetti sa bene, non si lava facilmente. Meno male che nel frattempo altri solerti poliziotti hanno provveduto a distruggere le due molotov!
E a Bolzaneto? Abbiamo fatto di tutto per costringere poliziotti, carabinieri, guardie penitenziarie, medici ed infermieri a divertirsi con noi. Non sapendo come passare il tempo, abbiamo giocato a nascondino, rimanendo anche dieci ore in piedi con le braccia alzate contro il muro e le gambe divaricate. Ma i nostri torturatori sono stati buoni con noi e non si sono nascosti tanto bene. Così si sono fatti scoprire, da noi e dalla Magistratura. Che risate ci siamo fatti mentre spaccavano la mano ad uno di noi e la cucivano senza anestesia, ci spruzzavano gas irritanti, ci accompagnavano al bagno con la testa per terra tra insulti e botte, ci minacciavano di morte e di stupro. Ancora mi piangono gli occhi al ricordo.

Ma non è stata solo colpa nostra. Siamo poi stati ingannati da quei "terroristi" di Amnesty International che hanno dichiarato che a Genova c'è stata la più grande violazione dei diritti umani in un paese occidentale dal dopoguerra. E noi ci abbiamo creduto, voi no per fortuna. Che ne sapevano noi, allora, che De Gennaro, Manganelli, Gratteri ed altri, avevano un solido trascorso nell'antimafia, addirittura a fianco di Falcone e Borsellino? Vi assicuro: non ce l'hanno detto, né alla Diaz, né a Bolzaneto, altrimenti non ci saremmo fatti massacrare e torturare con il rischio di rovinare la loro splendida ed onorata carriera. Meno male che il governo Prodi ha sistemato decorosamente De Gennaro e Manganelli. Oggi sull'Unità si parla di Gratteri come uno dei  probabili vice e, giustamente, il giornalista ha tralasciato di scrivere che Francesco Gratteri è uno dei 29 imputati per il processo Diaz; ringrazio il giornalista per la dimenticanza,  altrimenti avrei dovuto scusarmi anche con lui.
Chiedo scusa anche al dottor Manganelli, che non era a Genova nel 2001, anzi stando a quanto riportato dai vostri quotidiani era in ferie. Ebbene, sappiate che il 21 luglio, prima, durante e dopo l'irruzione alla Diaz, fu comunque in costante contatto con i dirigenti imputati, come lui stesso ha riconosciuto quando e' stato chiamato in tribunale come testimone nel rocesso Diaz, il giorno 2 maggio del 2007.  Per alcuni davvero non ci sono mai vacanze. Per fortuna, nonostante tutto il casino che abbiamo fatto, né De Gennaro, né il governo Berlusconi, né il governo Prodi si sono lasciati sviare dalle nostre testimonianze. Infatti gli imputati, più alti in grado, per i fatti della Diaz e di Bolzaneto sono stati tutti promossi. Questori, vice-questori, dirigenti: Gilberto Caldarozzi, Francesco Gratteri, Giovanni Luperi, Spartaco Mortola, Filippo Ferri, Vincenzo Canterini, Alessandro Perugini.

A tutti loro, a De Gennaro, a Manganelli,  ed a voi giornalisti di Repubblica e dell'Unità impegnati quotidianamente nel duro lavoro di informare correttamente gli italiani, ancora grazie!

Grazie a loro ed a voi abbiamo definitivamente capito cosa significano in Italia le parole: libertà, verità e giustizia.

Enrica Bartesaghi

Presidente Comitato verità e giustizia per Genova 

 
 
 

Anche Libero dice la sua...

Post n°15 pubblicato il 30 Luglio 2007 da ExPiazzaAlimonda
 
Tag: g8

Quello che salta all'occhio in questo video è la TOTALE contraddizione tra le dichiarazioni rilasciate durante le udienze dei processi e quello che mostrano i vari video - tra l'altro acquisiti come prove per i procedimenti penali. Citiamo qualche passo, che ha dello scandaloso e dell'incredibile...

attenzione ... cerchiamo di fare dei fermati,cercate di portare via delle persone,cercate di fare prigionieri

nel momento in cui si siamo fermati siamo stati oggetto di lanci di oggetti ....non avevamo nessun tipo di iniziativa, eravamo solo soggetto passivo...

perchè magari ha cercato  il contatto fisico con noi - e si sente una persona picchiata dire "sono un giornalista"... chi è rimasto era chi aveva in maniera manifesta intenzione di avere contatti con noi - e nel video si sente una persona che dice so' della rai, so' della rai

non c'è stata da parte nostra nessuna attività di contrasto attivo,ci siamo limitati a contenere le ripetute avanzate del personal... dei dimostranti di natura violenta nei nostri confronti, il nostro è stato un intervento difensivo

al processo venne fuori che la carica non autorizzata è avvenuta anche con l'ausilio di armi improprie..."no questo non è un tonfa in dotazione" "ci può spiegare la presenza di questi oggetti in mano a dei carabinieri? " " io posso solamente dire che il reparto è tutto quanto equipaggiato con il tonfa ...   due ipotesi , o hanno portato degli oggetti non autorizzati per conto proprio  .... o nella mischia, si siano ...abbiano perso, o comunque utilizzato altri oggetti  contundenti per l'azione"

qualcuno lancia un sasso, guardate..lei ha visto qualcuno dei suoi uomini lanciare dei sassi verso dei dimostranti? che ho visto qualcuno dei miei uomini no ... non ho detto che non li hanno lanciati ho  ho detto che non li ho visti io. .... lei ricorda quella scena? chi può essere quell'agente? ... sono io.

Ecco il video, guardatelo.

 
 
 

Chi ha sparato a Carlo Giuliani?

Post n°14 pubblicato il 29 Luglio 2007 da ExPiazzaAlimonda
 

Pubblichiamo l'intervista che Mario Placanica rilasciò il 30 novembre al quotidiano Calabria Ora. Emergono, da questa intervista, molte discrepanze con quanto dichiarato da Placanica inizialmente e nel corso di questi anni. Insieme all'intervista riproponiamo un video dove vengono fatte notare le "incongruenze" tra quanto sostenuto inizialmente da Placanica, Raffone e Cavataio e quanto invece sostenuto da chi sta ancora cercando la verità e un altro video recuperato in rete anche questo relativo alla ricostruzione di quei momenti. Buona lettura e buona visione, si fa per dire.  Luigi e Stefania

Quando sei arrivato a Genova? Siamo arrivati il 17 luglio
A quale reparto eri stato assegnato?Ero con il dodicesimo battaglione Sicilia.
Da quanto tempo eri nel battaglione?Da dicembre del 2000
.
Avevi già svolto compiti di controllo dell’ordine pubblico?
Sì, un banale servizio d’ordine allo stadio di Palermo.
Arrivato a Genova che clima hai trovato?Eravamo stanchi. Le operazioni di sistemazione sono state lunghe e snervanti.
Tra i colleghi vi confrontavate?C’era una tensione indescrivibile.
Gli ufficiali tentavano di tranquillizzarvi?I superiori gridavano sempre.
Che ordini vi sono stati impartiti per le giornate del G8?Ci dicevano che le situazioni sarebbero state un po’ particolari, non come semplice ordine pubblico ma qualcosa di più.
In che senso?Ci dicevano di stare attenti, ci raccontavano che ci avrebbero tirato le sacche di sangue infetto. Ci dicevano di attacchi terroristici. La sensazione era come se dovessimo andare in guerra.
Si è detto che per tenersi carichi alcuni fecero uso di droga.Che io sappia no. Certo che c’era un’agitazione fuori dalla norma. Può darsi anche questo. Io non ne ho mai fatto uso.
Quella mattina del 20 luglio dove sei stato dislocato?Ci hanno posizionato vicino la "Fiera" insieme ad alcuni poliziotti. Ci sono state delle cariche sul lungomare, ma solo di alleggerimento. Abbiamo partecipato alle cariche in cui venne dato alle fiamme il blindato dei carabinieri. In quella situazione mi è stato affidato il compito di sparare i lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Però dopo un po’ il maggiore Cappello mi ha preso il lanciagranate perché diceva che non ero capace. Io stavo sparando a "parabola", così come mi è stato insegnato, e invece lui ha iniziato a sparare ad altezza d’uomo, colpendo in faccia le persone. Cose allucinanti.
Quando hai iniziato a sentirti male?Io dovevo togliere il nastro ai lacrimogeni e passarli al maggiore Cappello. Quando si toglie il nastro fuoriesce un po’ di gas e quindi ho iniziato a sentirmi male. Così sono stato accompagnato in una via che conduce a piazza Alimonda. Sulla strada ho visto di tutto, ho visto picchiare a sangue dal colonnello Truglio e dal maggiore Cappello alcune persone con la macchina fotografica. Ho iniziato a vomitare e mi hanno fatto salire sulla camionetta.
Chi eravate sul Defender?C’eravamo io, Cavataio, carabiniere in ferma biennale e, Raffone, un ausiliario seduto dietro insieme a me.
Nessuno che avesse esperienza?Sì, eravamo solo noi.
Accanto avevate un’altra camionetta?Si, c’era un altro defender con a bordo il colonnello Truglio. Il responsabile del nostro mezzo era il maggiore Cappello.
C’erano altri colleghi?C’era il plotone dei carabinieri davanti a noi che ci faceva da scudo.
Dalle immagini si vede partire la carica dei manifestanti, tu cosa hai visto?I carabinieri sono scappati, ci hanno superato, noi abbiamo fatto retromarcia e siamo rimasti incastrati contro un cassonetto della spazzatura.
Cosa ti ricordi di quei momenti?Solo un rumore infernale.
Quando vi siete incagliati cosa hai pensato?Ci hanno lasciato soli, ci hanno abbandonato. Potevano intervenire perché c’erano i carabinieri e anche gli agenti della polizia. Potevano fare una carica per disperdere i manifestanti e invece non hanno fatto niente. Quel momento è durato una vita.
Quando hai estratto la pistola?Quando mi sono visto il sangue sulle mani. Ero stato colpito alla testa. Ho tolto la pistola e ho caricato
.
Cosa vedevi davanti a te?
Non vedevo praticamente nulla, ero quasi steso, solo Raffone era un po’ più alzato. Mi è arrivato l’estintore sullo stinco, scalciando con i piedi l’ho ributtato giù. Loro continuavano con questo lancio di oggetti, io ho gridato che avrei sparato. Poi ho sparato in aria.
Sei convinto di aver sparato in aria?Sono convinto di aver sparato in aria, non ho preso mira, è la verita.
Quanti colpi hai sparato?Due colpi, tutti e due in aria.
Eri seduto?Ero steso, con il braccio alzato verso l’alto, all’interno del defender. La mano era sopra la ruota di scorta del Defender.
Hai sentito solo i tuoi due colpi?Sì. Dopo i due spari sul defender è salito un altro carabiniere che si chiama Rando di Messina e ha messo lo scudo sul vetro che avevano rotto. Davanti è salito un maresciallo dei Tuscania di cui non ricordo il nome. E siamo partiti. Eravamo diretti all’ospedale ma abbiamo dovuto allungare il percorso perché sulla strada c’erano i manifestanti, quelli di Agnoletto, che non volevano farci passare. Al pronto soccorso mi hanno ricoverato perché avevo perso molto sangue.
Non vi siete accorti di quello che era successo a piazza Alimonda?No. Ho saputo della morte di Carlo Giuliani alle 23 quando sono venuti in ospedale i carabinieri con un maggiore. Però non mi hanno comunicato la notizia in ospedale. Mi hanno fatto dimettere, mi hanno fatto firmare la cartella e mi hanno portato in caserma. Lì mi hanno detto che avevo ucciso un manifestante.
Come ti sei sentito in quel momento?Mi è caduto il mondo addosso. Io sapevo di aver sparato però ero convinto anche di aver sparato in aria. Mi hanno fatto l’interrogatorio, mi hanno messo sotto pressione e io ho risposto quello che potevo rispondere. Hanno cercato di farmi dire qualcosa in più, ma io l’ho detto che non avevo sparato direttamente.
Quanto è durato l’interrogatorio?Un’ora circa, intorno a mezzanotte.
E dopo cosa è successo? Mi hanno riportato alla fiera di Genova. Mi hanno fatto dare sette giorni di prognosi.
Che ambiente hai trovato quando sei rientrato in caserma?Mi chiamavano il killer. I colleghi hanno fatto festa, mi hanno regalato un basco dei Tuscania, "benvenuto tra gli assassini" mi hanno detto.
I colleghi erano contenti di quello che era capitato?Si, erano contenti. Dicevano morte sua vita mia, cantavano canzoni. Hanno fatto una canzone su Carlo Giuliani.
Tu come ti sentivi?Io ero assente, non volevo stare con nessuno, mi sentivo troppo male.
Dopo tre giorni ti hanno mandato a Palermo.Ero felice di lasciare quel posto. Però appena arrivato in Sicilia sceso dall’autobus il colonnello mi ha preso a schiaffi.
Perché?Forse per scrollarmi un po’, ma non lo so.
A Palermo come ti hanno accolto i colleghi?Tutti mi chiedevano, si informavano. Non ti dico che pressione psicologica.
Ma a casa quando sei tornato?Dopo una settimana che ero a Palermo mi hanno dato trenta giorni di convalescenza. Però mi hanno mandato nella caserma di Sellia e i miei genitori non potevano entrare. Mio padre tra l’altro era ricoverato in ospedale a Catanzaro. Io uscivo di nascosto, ma a Catanzaro non sono riuscito a salire.
Che idea ti sei fatto, era per proteggerti o perché non volevano che parlassi all’esterno?Non lo so se mi proteggevano o avevano paura di qualcosa. Anche perché subito in quei giorni mi hanno messo gli psicologi per farmi controllare. Ma io che malattia avevo...
Certo che accettare di aver ucciso un ragazzo...Ma io non ero sicuro di averlo ucciso. Mi venivano i dubbi perché se io ho sparato in aria come fanno a dire che l’ho colpito in faccia, che sono un cecchino.
Avevi sparato prima di quel giorno?Tre volte al poligono e non ti dico i risultati, non ne ho preso uno. Non ero buono con la pistola anche per questo mi hanno mandato al battaglione. Alle stazioni mandano quelli più bravi, gli altri vanno nei battaglioni.
Dopo Sellia ritorni in Sicilia...Lì sono iniziati i problemi. Perché tutte quelle domande erano uno stress incredibile. Insomma ho iniziato a marcare visita. Mi hanno trasferito a Catanzaro al reparto comando, poi sono andato a un corso integrativo in Sardegna. Ma anche lì continuavano le domande e non ho neanche finito il corso. Sono tornato in Calabria e per due anni ho iniziato a lavorare a singhiozzo.
In questo periodo ti capita un altro episodio che ha fatto discutere. Ti salvi quasi miracolosamente da un incidente stradale. Ho perso improvvisamente il controllo del veicolo. Lo sterzo è come se si fosse bloccato, non riuscivo più a sterzare.
Dopo questo periodo difficile però inizi a sentirti meglio e il 22 novembre 2004 ti sottoponi a una visita psichiatrica all’ospedale militare per tornare in servizio.Era parecchio che non lavoravo, mi sentivo di voler riprendere, ero più sereno, mi ero appena fidanzato. Il dottore Pagnotta dell’ospedale militare dopo avermi esaminato mi dice che ero idoneo. Porto il certificato in commissione medica e invece i tre ufficiali della commissione non ne tengono conto e mi dicono che mi fanno fare un’altra visita.
Perché un’altra visita?Non me lo hanno detto. Mi hanno mandato dalla dottoressa Vittorina Palazzo. Secondo me avevano già deciso di congedarmi. Con la dottoressa ci eravamo già visti a Villa Bianca. Io ero andato perché prendevo delle gocce per dormire. Lei invece, senza visitarmi, mi ha fatto prendere l’Aldol. Dormivo venti ore al giorno, mi ha rovinato, non me lo doveva dare.
Fai quest’altra visita il 13 dicembre del 2004 e cosa succede?La dottoressa mi ha dichiarato non idoneo. Mi è caduto il mondo addosso.
Potevi però chiedere di essere destinato agli uffici?Me lo hanno consigliato loro di fare domanda e io l’ho fatto. Non l’hanno accolta perché non ero inquadrato nella forza dell’Arma, perché ero ancora in ferma volontaria. I quattro anni però erano già scaduti, ma non ne hanno tenuto conto.
Hai presentato ricorso al Tar?Ma dicono che è innamissibile il mio rientro, hanno prodotto la mia domanda per i ruoli civili sostenendo che io ero già consapevole di voler andare in ufficio, quando invece sono stati loro a consigliarmi di farla. E non hanno tenuto conto della mia causa di servizio, a me spetta il ruolo civile.
Perché non ti vogliono più?Sono un capro espiatorio usato per coprire qualcuno. Le porte sono chiuse per Placanica.
A logica però sarebbe stato più conveniente tenerti buono e non lasciarti solo?Però se vengo congedato per problemi psichici chi mi crede! Per anni mi hanno sottoposto a uno stress psichico insopportabile. Mi hanno detto che i no global mi avrebbero ammazzato. Sono arrivati a dirmi che avrebbero ucciso mia moglie quando era incinta. Con il congedo che mi hanno dato chi mi darà un lavoro?
Eppure c’è una terza perizia...Ho chiesto una perizia di parte effettuata da Mauro Notarangelo che ha certificato che io sto bene. Sono riuscito a ripulirmi da tutti i farmaci che mi hanno fatto prendere.
A distanza di cinque anni quale è il tuo pensiero su questa vicenda?Credo che mi sono trovato in un ingranaggio più grande di me. Che ero nel posto sbagliato, non si potevano mandare ragazzi inesperti e armati in quella situazione.
Secondo te si è detta tutta la verità sul G8 di Genova?No.
Cosa è rimasto all’oscuro?Ci sono troppe cose che non sono chiare.
A cosa ti riferisci?A quello che è successo dopo a piazza Alimonda. Perché alcuni militari hanno "lavorato" sul corpo di Giuliani? Perché gli hanno fracassato la testa con una pietra?
Hai posto queste domande ai tuoi superiori?Una volta ho telefonato al maggiore Cappello. Lui mi ha detto che non dovevo avere dubbi. Però lui mi disse di aver saputo quanto successo la sera alle 20 e invece nelle immagini che ho rivisto si vede lui accanto al corpo di Giuliani. Io non ho sentito altri spari, però anche i colleghi che erano dentro al defender non hanno sentito i miei colpi. Ritengo che cremare il corpo di Giuliani sia stato un errore, forse si sarebbe potuto scoprire di più, qualcosa sul corpo forse c’era.
Sei alla ricerca della verità?Si. Come fanno a dire che l’ho sparato in faccia. Non è vero. È impossibile. Non potevo colpire Giuliani. Ho sparato sopra la ruota di scorta del defender.
Perché hai deciso di parlare solo adesso?Perché ci vuole coraggio e io finalmente l’ho trovato. Merito anche dell’avvocato a cui mi sono rivolto, Antonio Ludovico, che mi ha sempre sostenuto e mi ha consigliato di non aver paura della verità.

 
 
 

20 luglio 2007, un grande cerchio

Post n°13 pubblicato il 24 Luglio 2007 da ExPiazzaAlimonda
 

Quello che pubblichiamo stasera è una testimonianza che ci ha inviato Remedios.Mcr - per gli amici come noi Reme. Venerdì scorso lei era lì, insieme a tanta gente - non ci importa quanta, erano tante persone - che ha voluto insieme a lei ricordare a sei anni di distanza l'uccisione di Carlo Giuliani e gli accadimenti del G8. E' bello vedere una ragazza così giovane ma altrettanto sensibile a certe tematiche sociali - ne è prova il suo blog - a differenza di altri suoi coetanei e non (purtroppo). Pubblichiamo il suo pezzo con gioia, ringraziandola per quella che è e per essere stata per un giorno i nostri occhi a Genova. Grazie Reme, Luigi e Stefi

Un grande cerchio per il 20 luglio

 
A sei anni dal fatto, la memoria non viene meno: ed è così che, in un torrido pomeriggio genovese, tante persone si radunano in una piazza, in quella piazza, a commemorare una serie di massacri che passerà alla storia così com’è passata alla storia la strage di Ustica, quella di Piazza Fontana, la strage della stazione di Bologna e tante altre carneficine.

Erano presenti molti genovesi, ma non solo: molte persone avevano grossi zaini sulle spalle, cartine della città in una mano, la bandiera della pace nell’altra.
Giovani, famiglie, persone anziane, bambini: tutti insieme per levare un tributo alla giustizia, un tributo alla verità.

La commemorazione inizia alle 17 circa con l’arrivo del corteo proveniente dal Carlini: un grosso furgone rosso guida un fiume di persone che canta “Bella Ciao”. Noto sui loro volti la sincera voglia di farsi sentire e, in particolare, un signore anziano con un fazzoletto rosso attorno al collo che canta orgoglioso la sua canzone e un bambino sulle spalle del papà che canta a sua volta.

Giunti in piazza, il corteo si unisce agli altri mentre sale sul furgone La Casa Del vento che inizia ad intonare le note di “Genova Chiama”. Senza nemmeno accorgercene, ognuno inizia ad abbracciare il vicino e si viene così a formare un grande cerchio ai piedi del furgone… Noto la mamma di Carlo: sul suo viso, non ci sono lacrime, ma sorrisi di speranza.

Ore 17.27
Due minuti di silenzio, ma Aidi decide di rompere quel silenzio e, salendo sul furgone allestito a palco, inizia a parlare: è arrabbiata, certo, è arrabbiata perché lei non ha messo al mondo un figlio per la violenza fascista, ma per la felicità.. E allora basta!
YA BASTA!
Mentre lei parla, però, i manifestanti sono in rispettoso silenzio: soltanto alla fine si sentono gli applausi. Lunghi applausi. 

E poi suonano Cisco, Guido Foddis e tanti altri gruppi… Peccato, però, che certi gruppi famosi non vogliano immischiarsi in faccende di questo tipo: un grido come il nostro sarebbe ancora più forte se accompagnato da note famose. Esistono innumerevoli canzoni sulla pace e sull’amore ma, chissà come mai, quando è il momento di esporsi, c’è sempre qualcosa di meglio da fare.

Ma, in fondo, non mi lamento: giro lo sguardo e vedo don Gallo.. Sorride, come sempre. Ecco una persona famosa che non ha paura di esporsi! 

Siamo giunti così al termine. Il sole si è nascosto tra i palazzi già da un po’ e in piazza è perfettamente palpabile una rassicurante atmosfera di resistenza e di fratellanza.

Che immagine resterà del 20 luglio 2007?
Sicuramente mi rimarrà impressa l’immagine di quel grande cerchio di persone. Mi dispiace solo non aver potuto scattare una foto di quel grande momento: c’ero dentro anch’io.

Reme


Qui le foto scattate da Reme, questa è quella che ha scelto per il suo blog e noi la riproponiamo qua.

 
 
 
 
 

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