Creato da giulio.stilla il 21/04/2014
Un po' per celia, un po' per non morire...

Area personale

 
 

Archivio messaggi

 
 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

Cerca in questo Blog

 
  Trova
 

FACEBOOK

 
 
 

Ultime visite al Blog

 
rio33giulio.stillabrunagaglianoalessiamarcolinamagistri1aieiebraso_2015cicalagpsagredo58topobimbo.66mlr777Fanny_Wilmotgiovanni80_7Tony_058Elemento.Scostante
 

Chi può scrivere sul blog

 
Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

 

 
« La secelta 2LA SCELTA (4) »

Traduzione

Post n°66 pubblicato il 02 Dicembre 2015 da giulio.stilla

 

LA SCELTA E LA FILOSOFIA DI SOREN KIERKEGAARD  (3)   

 

 Il filosofo che ha precorso, nella prima metà dell'Ottocento, l'avvento della grande sensibilità esistenzialistica del Novecento, è stato Soren Kierkegaard, nato a Copenhagen, nel 1813. Visse per 42 anni una vita combattuta da drammatiche vicissitudini interiori, generate quasi sempre da un profondo convincimento di portare "una scheggia nelle carni", inferta da un inspiegabile destino famigliare, che lo rendeva incapace di decidere, di operare una scelta, perché qualsiasi scelta avesse intrapreso, anche la più piccola e insignificante, gli sembrava carica di terribili incognite e di oscure minacce, che lo tenevano fermo al "punto zero".

Al "punto" senza scelte, drammaticamente inchiodato in una sorta di paralisi psicologica, senza via di scampo, in un fervido contesto di profonde riflessioni sulla vita degli uomini, sempre avvertita come esperienza assurda e contraddittoria.

Tuttavia, se a lui le possibilità assolutamente negative dell'esistenza gli impedivano la "scelta", una qualsiasi scelta che fosse foriera di altre prospettive in una sequela di tappe e di conquiste, tutta la sua opera meditativa  -  racchiusa in libri   come "Aut-Aut", "Timore e Tremore", "Il concetto dell'angoscia", "La malattia mortale"  -   è concentrata sui concetti caratterizzanti l'esistenza, intesa e definita come "singolarità", "possibilità", "scelta", "angoscia", "disperazione" e "fede".

Sono le sei grandi categorie fondamentali dell'esistenza, con le quali ogni singolo uomo deve misurarsi, perché ogni uomo nella sua assoluta singolarità e in solitudine, tra le innumerevoli possibilità, deve maturare quotidianamente le sue scelte, sempre drammaticamente esposte al rischio.

Le scelte dell'esistenza, ovvero gli stadi più importanti, che ogni singolo è chiamato a percorrere dalla visione complessiva che egli ha della vita, sono: a) lo stadio estetico, b) lo stadio etico, c) lo stadio religioso.

Lo stadio estetico è la scelta esistenziale del Soggetto che si orienta a vivere la vita in maniera estetizzante, secondo la componente più accentuata di una certa sensibilità dacadente, direi dannunziana o oscar wildiana. Perseguire, cioè, l'impegno raffinato di vivere la vita come arte e l'arte come vita. Una vita eccezionale e non ripetitiva, finalizzata a rendere se stessa una esclusiva forma d'arte, dotata di particolare sensibilità per la bellezza, superiore ad ogni forma di razionalità e sorda a qualsiasi richiamo alle istanze elementari del realismo filosofico e morale.

Il principio fondamentale di chi è impegnato a vivere una vita estetica è "l'arte per il gusto dell'arte". E' l'estetismo tipico delle opere di Oscar Wilde o dei personaggi dei romanzi del D'Annunzio, come quello dell'esteta Andrea Sperelli, che, nel romanzo "Il

Piacere", "era per così dire tutto impregnato d'arte [...]. Dal padre appunto ebbe il

culto delle cose d'arte, il culto spassionato della bellezza, il paradossale disprezzo de' pregiudizi, l'avidità del piacere." (G. D'Annunzio, Il piacere, libro I, cap. II)

Interpretava "vita come si fa un' opera d'arte... La superiorità vera è tutta qui... La volontà aveva ceduto lo scettro agli istinti; il senso estetico aveva sostituito il senso morale. Codesto senso estetico...gli manteneva nello spirito un certo equilibrio...Gli uomini che vivono nella Bellezza, ... che conservano sempre, anche nelle peggiori depravazioni, una specie di ordine. La concezione della bellezza è l'asse del loro essere interiore, intorno a cui tutte le loro passioni ruotano". ( G. D'annunzio, il Piacere, libro II, cap, II).

E' l'estetismo che il vate di Pescara intendeva rappresentare nell'apparato scenico del "Vittoriale degli Italiani".

E' il Don Giovanni, il seduttore, " Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni" - opera lirica dell'austriaco Wolfgang Mozart - il quale, animato da un amore estremamente sensuale, vive la sensualità con immediatezza e infedeltà, momento per momento, escludendo la ripetizione e la noia. Per lui vale la raffinata ricerca del piacere, così come scrive il filosofo Nicola Abbagnano: <"Godi la vita e vivi il tuo desiderio" insegna l'esteta, per il quale "ogni donna non è che uno spunto poetico" messo al sevizio della propria raffinata ricerca del piacere>. ("Itinerari di filosofia", vol.3°, Paravia, pag.39).

 Per il Don Giovanni, il seduttore, non ci sono valutazioni etiche che possano ritardare il piacere. Egli esclude ogni riflessione ed ogni ripensamento di carattere morale. La sua scelta estetica è una scelta senza impegno, vuota di significato, senza senso e senza progetto e, perciò, priva di responsabilità. Ma una scelta non dettata dalla responsabilità non è una scelta di libertà. Non esiste, infatti, libertà senza responsabilità, che orienta verso una meta etica e opera discernimento, sinderesi, capacità di distinzione tra il bene e il male. Lo sbocco finale di una scelta estetica è la noia che introduce alla disperazione. Una scelta cioè senza speranza, tipica di certi "amanti", che, avendo perduto il fascino della giovinezza, in preda al disincanto e alla disillusione, approdano, come dopo una navigazione burrascosa, sulla sponda della inquietudine e delle disperazione. Mi sovviene alla mente l'aforisma dei nostri padri, che, ben conoscendo, per memoria empirica, la dispersione dei valori morali nella conduzione di una vita esteticamente sensuale, erano soliti affermare: "Puttane e cavalli di carrozza, buona gioventù e mala vecchiezza". Anche se, in verità, l'esteta di Kierkegaard, in balia della disperazione, non aspetta il sopraggiungere della vecchiaia per accorgersi che una vita senza progetto morale non è degna di essere vissuta.

Ecco allora il salto di qualità dallo stadio estetico a quello etico. Questo passaggio, argomenta il filosofo danese, non è un passaggio di carattere evolutivo. Cioè, non si passa dalla vita estetica a quella etica per induzione graduale. C'è bisogno di rottura, di ribellione alla vita precedente, priva di senso, e saltare nel campo della scelta radicale e definitiva della vita etica, dominata da responsabilità ed animata da valori assiologici e leggi morali, che portano alla scelta assoluta, tipica della vita normale.

 



 

 

Non è più la vita dell'amante infedele, che come un'ape sugge di fiore in fiore il nettare del piacere, per l'affermazione di una vita eccezionale. Per la scelta etica la eccezionalità risiede nella vita normale di tutti, che scelgono il matrimonio, sapendo che questo è regolato dall'impegno quotidiano di essere padre e marito fedele.

Questi per una scelta di libertà si sottopone alle leggi della responsabilità e della moralità, perseguendo costantemente l'impegno a realizzare il progetto che si è dato per la edificazione della famiglia etica.

La scelta etica è una scelta assoluta, non permette deroghe e deresponsabilità, si vive per essa fino a quando la consapevolezza dell'impegno etico non si traduca in anelito di Infinito, che è latente nel cuore di ogni uomo. Se la scelta etica è una scelta assoluta, allora l'uomo etico che anela all'Infinito non può non pentirsi della presenza del male nel mondo. Per la sua storia di appartenenza al genere umano non può non sentirsi in colpa per tutti i crimini che hanno irrorato di sangue le zolle tutte della Terra. Egli si avverte corresponsabile di tutti gli orrori della Storia. Non può chiamarsi fuori, per es., dallo genocidio degli Ebrei. Non può sentirsi estraneo alla esaltazione, ideologica o pseudo-religiosa che sia, della barbarie jihadista e della volontà demoniaca della morte che sprezza violentemente la vita, come avviene, in tutta Europa e nel mondo, in questi terribili giorni battuti da minacciosi venti di guerra. Per l'appartenenza allo stesso genere umano vittime e carnefici, martiri ed aguzzini, sono accomunati allo stesso beffardo destino, che getta l'uomo etico nella fucina rovente del pentimento.

Quando Kierkegaard maturava e scriveva questi pensieri, essendo vissuto nella prima metà dell'Ottocento, non poteva conoscere gli orrori delle due Guerre Mondiali e la truce barbarie jihadista del nostro tempo. Ma penso che se avesse conosciuto, in particolare, l'assurdità che migliaia di giovani ventenni, nati e cresciuti nel cuore della vecchia Europa  - in Francia, in Inghilterra, nel Belgio  -   sono stati assoldati da forze demoniache per diffondere il terrore nelle capitali europee e imbrattare di sangue innocente le coscienze più evolute della nostra civiltà laica e cristiana..... io penso che il filosofo di Copenaghen avrebbe indugiato con più forza sul concetto che l'uomo etico,

Il filosofo avrebbe rimarcato, certamente, il concetto del pentimento, che occupa il cuore e la mente dell'uomo etico, costretto a chiedersi in quale ambito, educativo, formativo, sociale e spazio-temporale, avrebbe sbagliato tanto da popolare la Terra di mostri. E, non trovando alcuna risposta convincente a questo drammatico interrogativo, l'uomo etico capisce che il pentimento non cancella le colpe, l'angoscia e la disperazione. Che ben venga, però, il pentimento e tutto ciò che ne consegue, riflette Kierkegaard, perché con il pentimento nasce quella rottura profonda con il proprio passato e il salto sicuro e definito dallo stadio etico a quello religioso. (Continua)

 

 

 

 

 
 
 
Vai alla Home Page del blog
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963