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RACCONTO DI VIAGGIO

Post n°432 pubblicato il 19 Ottobre 2010 da Guerrino35

 

16 ottobre2010

Il solito trambusto per trovare la pila nella valigia al nostro arrivo. Solito viaggio.

Fanhe poi si fa perdonare, ma al nostro arrivo è sempre scorbutico. La luna e gran parte delle stelle sono coperte. Difficile capire dove mettere i piedi, quando l'unica luce è la pila di Giulio, che, sebbene in precarie condizioni di salute per il paludismo, è venuto a prelevarci all'aeroporto di Bissau, dove l'aereo, che ci ha portati da Lisbona, è giunto in perfetto ritardo alla quattro della notte.

L'umidità è tanta, .con l'aggiunta di qualche goccia di pioggia. La strada di Fanhe è peggio di come si possa pensare. Per evitare le buche e le pozze si deve procedere a passo d'uomo.

La luce del giorno è attesa al completo verso le sette e dalle cinque alle sette riusciamo a dormire come se fosse una notte intera.

Il solito chiacchiericcio del donne al pozzo ci avverte che il giorno è arrivato. Dopo i primi saluti, ci guardiamo intorno.

La dispensa è praticamente vuota.

Il cielo è coperto da nuvole e il pannello solare collegato alle batterie non riesce a fornirle di energia sufficiente .

La cena è a luce di lumini, la loro funzione sarebbe quella di tener lontano le zanzare, che però si dirigono i con l'olfatto e non gliene può importare nulla se non si vede un tubo. Però ancora non sono state avvertite del nostro arrivo.

Giulio non sta bene. Con Felipe, che guida la vecchia Toyota lo riporto a casa, a Nhoma. Intanto passeremo dai frati per la solita provvista di acqua.

Padre Eugenio con francescana generosità ci dà anche gasolio, altrimenti non ce l'avremmo fatta a ritornare a Fanhe, e con assoluta semplicità anche riso, pasta, pesto, marmellata e pure una scatola di bottiglie di vino. Siamo commossi. Ci invita tutti e quattro per il pranzo della domenica e naturalmente anche a messa. L'invito ci rallegra .

Pia operatrice sanitaria tra le donne immigrate della zona di Porta Palazzo a Torino, deve interfacciarsi con Beatrice, la nostra infermiera, e non viene troppo coinvolta nel caos iniziale della riapertura della casa. E' il suo primo impatto con Fanhe , fortunatamente pieno di poesia.

Decido di rinviare la mia andata definitiva a Nhoma adomani, sia per risparmiare un viaggio della macchina, sia per dare una mano. Questa decisione ci lascia senza pane e senza zucchero, ma la pasta al pesto del pranzo e il riso e fagioli della cena sono ottimi.

La luce dei lumini è favorevole alla conversazione: Luca dà un grande contributo alla stessa regalando a noi gran parte del tempo non necessario ai suoi concetti concisi e incisivi. Pia vuol sapere e noi tutti vogliamo conoscere i suoi pensieri..

 

 

Ho parlato molto con Beatrice, dice Pia, mi ha accompagnato in alcune moranze e mi ha presentato a alle donne che incontravano, Li abbiamo invitate ad un incontro per sabato prossimo. Tutte avevano un bellissimo bambino sulla schiena. Mi sono sembrate serene. Nessun accenno a problemi di salute. Cosa devo dire? Beatrice è orientata a parlare di contraccezione e di maternità programmata.”

Pino: “ Tu prima ascolta. Se ti presentano problemi riguardanti la loro salute, la loro condizione di donne, le loro difficoltà, capirai verso quali indicazioni orientarle”.

Pia: “Ho paura di far più male che bene”.

Guerrino:” tieni presente che per il modo di pensare nel villaggio, i figli sono la ricchezza più grande, la vera ricchezza. Che la gestione dei figli è ben condivisa tra le diverse mogli di una famiglia, che i figli ritengono tutte loro madri le mogli del padre. Gli stessi figli che non esitano, nel periodo dell'allattamento ad attaccarsi al seno di tutte. Con questa organizzazione familiare le donne si prendono in tutta tranquillità, periodi in cui si allontanano dalla famiglia, per recarsi presso parenti od amici con i quali hanno realtà affettive sovente assenti nell'ambito familiare, comunque la solidarietà fra mogli e donne è forte.

Pia: “Anche per questo Beatrice propone di non tacere sulla contraccezione. Ci sono situazioni nelle quali la conoscenza corretta di queste tecniche migliora la qualità della vita delle donne.”

 

17 0ttobre

E' domenica. Rifaccio la valigia che non avevo disfatto, ma che era diventata caotica

Continuiamo la pulizia della cucina, frigo, cassetti, sarebbe comico evitare la malaria e prendersi la lettospirosi. Facciamo colazione. Abbiamo ancora qualche creker sottratto ai pasti dell'aereo e qualche biscotto portato da casa.

Cerchiamo di essere puntuali alla messa, per poi rallegrarci della mensa. Il pensiero mio è che poi devo restare là. Mi carico di motivazioni positive, ma il loro funzionamento è scarso.

Padre Eugenio ci accoglie calorosamente e durante la messa, alla quale partecipiamo per la grande amicizia che ci lega a questi frati, ci presenta alla comunità cristiana, che ci accoglie con un bel canto di benvenuto in balanta. Alla fine del rito si stringono attorno a noi come a fratelli graditi. Alcuni li conosciamo, in particolare la numerosa famiglia di Giulio, ancora ammalato.

Sono incuriosito dalle parole in balanta di un famoso versetto di San Giovanni: .Chiedo a Carolina la grande donna, moglie di Giulio, seduta vicino a me. In questo caso grande non ha di certo solo il significato di anziana, è una delle colonne della comunità per la sua saggezza ed operosità. Capisco le parole cammino e respiro, ma non capisco che parola balanta abbiano usato per indicare verità

Chiedo a padre Eugenio: “Nhi can n' Psina, thosso cu djabm.' qual'è la traduzione letterale?” “Thosso vuol dire: è cosi. Djabm:respiro. Psina è la strada stretta del villaggio dove si cammina in fila indiana. In italiano: Io sono la via, La verità e la Vita”. Questa scritta in lettere cubitali sull'abside mostrano le difficoltà nell'incontro tra civiltà. In questo caso, La cultura balanta lpovera di parole astratte , si organizza a capire le tante parle astratte della cultura greco romana. Finito il rito padre Eugenio ritiene utile prima della mensa uno spuntino, che certo non rifiutiamo. Intanto con padre Jose, Giuseppe, giovanissimo francescano appena ordina to sacerdote porto la valigia nella cella che mi hanno assegnato.

Alla finestra ci sono le sbarre, ma Jose, con molta gentilezza mi porge subito le chiavi della porta. Tutti dichiarano che sono libero, ma Gaber dice che “libertà è partecipazione” ed io vorrei partecipare con i miei amici anche a Fanhe.

Dopo aver precisato cosa potrò fare in convento, lontano da loro 20 chilometri, attività sintetizzabili in una parola sola: bolagne, ci salutiamo. Devono poter fare la spesa e Pino ha un lungo elenco di cose necessarie.

Mi rifugio in un abbiocco pomeridiano ristoratore. Di seguito, non essendo ancora riuscito ad attaccarmi a internet, mi accingo alla lettura del libro di Fusaro: Ben tornato Marx.

L'unico che ho portato, non avendo trovato nella libreria dell'aeroporto la nuova biografia di Mandela.

Non leggerò molto neppure questo. Jose si accinge a fare esercizi a corpo libero come allenamento alla lotta libera, appunto. Gli propongo una biciclettata. Mi accontenta ma devo tirare il collo per stargli dietro mentre si dirige su una bella srtada sterrata in buone condizioni, non capisco perchè le piogge distruggono solo quella di Fanhe.

Siamo diretti al Rio Geba. Ma non ci arriviamo perchè per le sette, da voi le 23, dobbiamo accendere il generatore prima vogliamo fermarci da Giulio a salutare la sua bellissima famiglia, circa 20 persone, Parecchi figli adottati od affidati. Difficile capire le percentuali. La prima la splendida Nilze, laureata lavora al ministero della giustizia,

Tra Jose e Giulio si sviluppa un discussione teologica, dalla quale mi tengo volentieri fuori perchè in portoghese e perchè riguarda la preghiera. Coinvolto da Jose in francese mi costringono a dire la mia che non risulta ortodossa, ma Giulio sembra apprezzare.

La necessità di accendere il generatore per il solito buio, che arriva solitamente alle diciannove, mi salva dal precisare le solite tesi eretiche. Devo stare accorto. Sono tornato in convento.

 

 

18 ottobre

giornata schizofrenica.

Al mattino incontro con il console italiano dal 84 in Africa , da poco nominato al consolato della Guinea Bissau. Ho dovuto andare solo a rappresentare i volontari di Fanhe e il gruppo Abala lite, perchè Pino, Luca e Pia sono infognati per le difficoltà che riscontrano nella riapertura della casa. Padre Cossa mi ha presentato come volontario e scrittore appassionato della cultura balanta. Ha dato poche speranze per il progetto che i frati hanno presentato all'Italia per essere finanziato. Mentre è disponibilissimo a firmare visti turistici di tre mesi per studenti che vogliono imparare l'italiano, purchè si garantisca il rientro, e con i titoli di studio opportuni si superi l'esame di lingua per essere ammessi alle università italiane, cosa di cui approfitterà subito la sorella di padre Cossa. Si prevede che tornerò con una figlia di 21 anni , ospite a casa mia, decisa a fare medicina e tornare nel suo paese.

Al pomeriggio incontro con Quide un villaggio nella foresta. Si cammina sotto le piante, a parte la piazza che ha come unico edificio la una bella scuola, nuova che aprirà a giorni.

Naturalmente ora sono l'uomo delle bolagne. Accopagnato da baldi ho cercato di vedere la configurazione e i problemi di questa risaia. Ottima l'impressione e cercheremo la possibilità di un ripristino graduale. Cinque chilometri di equilibrismo su argini molto stretti, tanto che per rispondere a una telefonata di Pino ho rischiato di cadere in acqua. A sera le lotte con il segnale internet. Tra una caduta di segnale e lungaggini incredibili sono riuscito a mandare una mail a Doni e Piera e ho potuto scrivere qualcosa su fb con errori nascosti dalla fretta di cogliere il momento favorevole.

 

 

 

 
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