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GIU' LE MANI DALL'ERITREA

Post n°472 pubblicato il 25 Giugno 2015 da Guerrino35

www.resistenze.org - popoli resistenti - eritrea - 23-06-15 - n. 549

Mohamed Hassan: "Giù le mani dall'Eritrea!"

Grégoire Lalieu, Investig'Action | michelcollon.info
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

22/06/2015

La tragedia umanitaria dei migranti nel Mediterraneo ha posto un paese del Corno d'Africa relativamente sconosciuto al centro dell'attenzione dei media. L'Eritrea sarebbe in effetti il più grande fornitore di rifugiati. Le loro testimonianze costruiscono l'immagine di uno Stato terrificante dove regna la dittatura, la tortura e la fame. Pochissimi giornalisti hanno visitato l'Eritrea. Andando controcorrente rispetto alcune informazioni che riceviamo su questo paese misterioso, Mohamed Hassan denuncia una campagna di demonizzazione. Conoscitore del Corno d'Africa, egli mette in dubbio ciò che viene detto, ma soprattutto quello che non viene detto sull'Eritrea. E si unisce ai rappresentanti delle comunità eritree in Europa, riunitisi il 22 giugno a Ginevra per inviare un messaggio chiaro all'Occidente: "Giù le mani dall'Eritrea!" (#handsoffEritrea)

Dopo l'ultimo naufragio dei migranti nel Mediterraneo, l'Eritrea è al centro dell'attenzione. Lei che conosce questo paese e che lo visita spesso, cosa ne pensa di quanto è stato scritto sull'Eritrea dalla stampa occidentale?

Occorre innanzitutto interrogarsi sul modo in cui i media ci informano sull'Eritrea. Le testimonianze dei rifugiati sono numerose. Ma avete sentito quelli della diaspora che sostengono il governo eritreo? Avete potuto leggere le risposte del presidente, di un ministro o anche di un ambasciatore agli attacchi indirizzati all'Eritrea? Immaginate di dovervi informare su Cuba. Quale sarebbe la vostra opinione se non si prendessero in considerazione che le testimonianze degli esuli cubani in Florida? Quando la stampa procede in modo tanto unilaterale, senza dare la parola a tutte le parti, fa più propaganda che informazione.

Le testimonianze riportate secondo lei non sono affidabili?

Ovviamente, coloro che fuggono dall'Eritrea hanno il loro punto di vista. Ma ho notato alcune lacune sistematiche nel ritratto che viene fatto di questo paese. Ad esempio, si sottolinea il fatto che nessuna elezione si sia svolta dopo l'indipendenza del paese nel 1993. Si fa anche riferimento alle misure adottate dal governo nel 2001, vale a dire la chiusura di media privati e l'arresto delle opposizione politiche. Ma non si dice nulla del contesto. Potremmo quindi semplicemente credere che il presidente Isaias Afwerki sia stato improvvisamente colto da un eccesso di autoritarismo, tratteggiando così il ritratto di un tiranno capriccioso. Lo hanno anche accusato di essere un alcolizzato e di avere denaro nascosto in Svizzera. Senza fornire alcuna prova, naturalmente. La realtà è diversa. Isaias Afwerki è un uomo lucido, che non ha alcun problema col bere. Conoscendo un minimo l'Eritrea, è assurdo dover controbattere simili voci! Il presidente è modesto. Se vi recaste ad Asmara, lo potreste incontrare mentre cammina per strada, in sandali e senza guardie del corpo. Ciò è molto lontano dall'immagine del tiranno megalomane che sfrutta il suo popolo per la sua ricchezza personale.

Ha parlato di misure nel 2001. Che cosa è successo che i media non dicono?

Nel 2001, l'Eritrea stava emergendo da una guerra terribile con il suo vicino etiope. L'Eritrea è stata una ex colonia dell'Etiopia e ha condotto la più lunga lotta del continente africano per ottenere l'indipendenza. Ma l'Etiopia non lo ha mai digerito e nel 1998 tra i due paesi scoppiò un conflitto. Durante la guerra, alcuni media privati eritrei, corrotti dall'Etiopia, chiamarono a rovesciare il governo. Anche alcuni politici e ufficiali dell'esercito collaborarono con il nemico, sperando di approfittare del conflitto per prendere il potere ad Asmara. Questa guerra fece cadere molte maschere in Eritrea, tanto più che erano in pochi a pensare che il governo vendesse cara la pelle. Ma alla fine riuscì a respingere l'invasione etiopica. E successivamente prese delle misure di sicurezza che vietano i media privati, imprigionando coloro che avevano collaborato con il nemico. Va anche ricordato che prima della guerra erano state pianificate le elezioni, istituita una commissione elettorale e predisposto il voto appena prima dell'invasione.

Sul piano democratico, la situazione non è certo delle più gratificanti. Ma nell'affrontare questo problema, si deve compiere un'analisi completa che tenga conto del contesto. Quello che i media occidentali non lo fanno.

Non c'è stata alcuna guerra con l'Etiopia da quindici anni a questa parte. Ma ancora non ci sono state le elezioni. E l'informazione resta nelle mani dello Stato. Perché?

In primo luogo, tra i due paesi le tensioni rimangono palpabili. Il governo etiope si lancia regolarmente in diatribe bellicose contro il suo vicino. E' anche alla luce di questa situazione di tensione che va analizzata la questione della coscrizione in Eritrea. Contrariamente a quanto è stato scritto dalla stampa, i giovani non sono arruolati a forza e a vita per il servizio militare. Prima della guerra, la durata del servizio era fissato a diciotto mesi. Poi si è alzata durante il conflitto, ma dopo è stata riportata alla sua durata originaria. L'Eritrea ha circa 6 milioni di abitanti, quasi la metà del Belgio. Dall'altro lato, l'Etiopia ha una popolazione di 90 milioni. Si capisce molto rapidamente che l'Eritrea non ha i mezzi umani e materiali per costruire un grande esercito in grado di tenere testa al suo vicino. Il governo non ha d'altronde la volontà di spenderci tanto denaro. Da qui, il servizio di leva che permette di utilizzare un esercito di riserva in caso di conflitto.

Quindi non dimenticate che l'Eritrea si trova in una delle regioni più caotiche dell'Africa. Su questo tema, inoltre, il governo ha una visione molto interessante di cui purtroppo non sentiamo parlare. Esso ritiene che l'ingerenza delle potenze neo-coloniali sia la principale responsabile dei conflitti che attraversano il Corno d'Africa. E per attenuare la tensione, l'Eritrea chiama a riunire tutti gli attori regionali intorno a un tavolo per dialogare pacificamente, senza intromissione delle potenze straniere. Infine, il governo è molto franco su questo argomento: elezioni e media privati non sono una priorità, senza offesa per la visione etnocentrica degli occidentali che glorificano il voto a scapito di altre questioni più critiche. Il governo eritreo sta combattendo in primo luogo sul terreno dello sviluppo. Di questo i media non parlano, finendo così col perdere, io credo, il punto essenziale. In effetti, dopo l'indipendenza l'Eritrea ha rifiutato gli aiuti della Banca mondiale e del Fmi, così come i programmi ad essi collegati. "Gli eritrei sanno meglio di queste istituzioni internazionali cosa è meglio per l'Eritrea", aveva obiettato il presidente Afwerki.

Così facendo, l'Eritrea è diventato il primo paese in Africa a raggiungere gli Obiettivi del millennio. Questo programma è stato messo a punto dalle Nazioni Unite nel 2000 per eliminare la fame, espandere l'assistenza sanitaria e l'istruzione, migliorare le condizioni di vita di donne e bambini, ecc. Esso si basa principalmente sull'aiuto dell'Occidente, ma è un po' caduto nel dimenticatoio con la crisi economica. Ora, ciò che di eccezionale ci mostra l'Eritrea è che un paese africano non ha bisogno di elemosine dall'Occidente per svilupparsi. Al contrario, dobbiamo fermare i saccheggi organizzati dalla Banca mondiale, dal Fmi e da tutte quelle istituzioni che vogliono imporre il neoliberismo ai paesi del Sud.

Ai primi di giugno, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha pubblicato un rapporto di condanna dell'Eritrea. Secondo il rapporto, "il governo eritreo è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani, sistematiche e diffuse". Il rapporto aggiunge che "queste violazioni potrebbero costituire dei crimini contro l'umanità".

Anche in questo caso, il rapporto si basa esclusivamente sulle testimonianze di rifugiati, avendo il governo eritreo negato l'accesso alla commissione di indagine delle Nazioni Unite. Ma un rapporto costruito a partire dalle sole testimonianze dei richiedenti asilo non può essere attendibile. Infatti, per ottenere lo status di rifugiato politico, alcuni non esitano a mascherare la loro nazionalità e a raccontare ciò che il paese ospitante vuole sentire. Tra i profughi eritrei, si trovano pertanto degli etiopi che si fanno passare per quello che non sono al fine di ottenere asilo. Nel 2013, due parlamentari francesi hanno presentato al ministro degli Interni un rapporto che indica la pericolosa contiguità tra coloro che aspirano allo status di rifugiati politici e i migranti economici. A questi ultimi, le reti mafiose che gestiscono le filiere di transito verso l'Europa propongono la falsa testimonianza e dei dossier sulla persecuzione già pronti. Quindi, se alcuni ispettori dell'Onu fanno il loro lavoro con coraggio, anche dispiacendo le grandi potenze, altri non esitano a sacrificare il loro dovere di obiettività sull'altare degli interessi politici. Nel 2011, ad esempio, lo stesso Alto commissariato per i diritti umani agevolò l'intervento della Nato in Libia denunciando la repressione di manifestanti pacifici con carri armati, elicotteri e aerei. Oggi sappiamo che queste accuse erano del tutto campate in aria. Ma avevano lo scopo di fare pressione sul governo libico. La stessa cosa sta accadendo con l'Eritrea.

Chi vuole mettere pressione sull'Eritrea e perché?

Economicamente e politicamente, l'Eritrea è un sasso nella scarpa del neocolonialismo occidentale. L'Africa è un eldorado per le multinazionali. E' il continente più ricco... con le persone più povere! Ed ecco che un paese africano dichiara e dimostra attraverso la pratica che l'Africa può svilupparsi solo liberandosi dalla tutela occidentale. Il presidente Afwerki è stato molto chiaro sulla questione: "Cinquanta anni e miliardi di dollari di aiuti internazionali post-coloniali hanno fatto ben poco per sollevare l'Africa dalla sua povertà cronica. Le società africane sono diventate delle società zoppicanti". Egli ha aggiunto che l'Eritrea deve camminare con le proprie gambe. Poi, come tutti i leader africani che hanno tenuto questo genere di discorsi contro il colonialismo, Isaias Afwerki è diventato un uomo da abbattere agli occhi dell'Occidente.

Il governo eritreo non facilita questa campagna di demonizzazione rifiutando di ospitare una commissione di inchiesta delle Nazioni Unite?

E' necessario comprendere ciò che può apparire come un atteggiamento di chiusura. In primo luogo, l'Eritrea si trascina un pesante contenzioso con le Nazioni Unite. Il paese fu colonizzato dagli italiani. Dopo la Seconda guerra mondiale e la sconfitta di Mussolini, l'Eritrea avrebbe dovuto ottenere la sua indipendenza, ma fu ricongiunto all'Etiopia contro la sua volontà. L'ex segretario di Stato Usa, John Foster Dulles, all'epoca dichiarò: "Dal punto di vista della giustizia, le opinioni del popolo eritreo devono essere prese in considerazione. Tuttavia, gli interessi strategici degli Stati Uniti nel bacino del Mar Rosso e le considerazioni per la sicurezza e la pace nel mondo rendono necessario che questo paese sia ricongiunto al nostro alleato, l'Etiopia". Questa decisione ha avuto conseguenze catastrofiche per gli eritrei. Sono stati letteralmente colonizzati dall'Etiopia e hanno dovuto condurre una terribile lotta lunga 30 anni per ottenere la propria indipendenza.

Inoltre, durante questa lotta, gli eritrei hanno affrontato un governo etiopico sostenuto alternativamente da Stati Uniti e Unione Sovietica. Durante la Guerra fredda, di solito si faceva parte di un blocco o dell'altro. Ma non accadeva mai di avere sulla schiena entrambe le due superpotenze del tempo! Cosa che lascia dei segni, ovviamente.

Ecco perché oggi l'Eritrea ritiene di non avere alcuna responsabilità nei confronti della cosiddetta "comunità internazionale". Essa difende fieramente la propria sovranità per sviluppare al meglio la sua rivoluzione. Non tutto è perfetto, naturalmente. Gli eritrei sono i primi a riconoscerlo. Nonostante i risultati eccezionali per un tale paese in termini di sanità, istruzione e di sicurezza alimentare, tutti vi risponderanno con grande umiltà che c'è ancora molto da fare. Ma perché l'Eritrea continui a progredire, la cosa migliore da fare è di non voler decidere al posto degli eritrei. Per questo mi unisco alla diaspora nel dire alle Nazioni Unite: "Giù le mani dall'Eritrea!"

Per un approfondimento, vedi il dossier: Tutto quello che non dovreste sapere sull'Eritrea
 
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