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Quando i giornali non conoscono le persone

Post n°152 pubblicato il 25 Giugno 2007 da Guerrino35


Al mare sotto l’ombrellone avevo fatto alcune interviste a compagne e compagni della Singer per capire come avevano vissuto la stessa esperienza di lotta. Ho potuto ricostruire dei profili di grande interesse.

Caterina
Arrivò a Lombardore nel ’69, a 34 anni, già sposata e con 7 figli nati a Palermo.
Fu assunta in Singer nel maggio del ’70.
Il primo lavoro fu ai forni per l’abbinamento dell’isolante allo schienale dei frigoriferi, durò un anno. Successivamente, in terza linea, aggiungeva gli accessori ai frigo: cassetti, sportellini, ecc. Divenne jolly senza categoria, perché il posto di jolly era già coperto dal delegato della linea. Lavorò pure al reparto cucine e alla linea delle lavatrici, sempre addetta agli accessori e pure in magazzino dove preparava gli accessori.
Caterina è una delle persone che ha subito molta mobilità all’interno dello stabilimento. La direzione tendeva ad approfittare della disponibilità dei lavoratori accentuando la mobilità provvisoria da reparto a reparto. Come consiglio di fabbrica cercammo di attenuarla, ottenendo comunicazioni e motivazioni, per impedire che i capi facessero girare quelli a cui volevano far girare le scatole.
Fece molti straordinari, addirittura molti doppi turni, fino al 72. La sua salute ne risentiva, accusava molti dolori alle spalle e alle mani. Non aveva fatto un giorno di mutua fino all’operazione della cistifellea e dovette tornare al lavoro con la ferita ancora aperta. I figli, il più piccolo aveva 7 anni quando lei entrò in Singer, venivano seguiti dal doposcuola e dalle suore. Il marito mancò nell’82 per un tumore ai polmoni, all’origine del quale potrebbe non essere estraneo il suo lavoro, anche lui in Singer, macinava la plastica. Le condizioni di lavoro di Caterina peggiorarono perché aveva a che fare con la trielina per attaccare i gocciolatoi e con la lana di vetro.
Durante l’assemblea permanente era sempre presente in fabbrica e a tutte le manifestazioni: voleva riavere il posto di lavoro. Lo ottenne, soprattutto in considerazione della sua vedovanza, nell’’83 dopo 7 anni di cassa integrazione. La cassa integrazione le creò molti disguidi per i suoi ritardi, ma i due figli avevano cominciato a lavorare e aiutavano in famiglia.
Il lavoro era alla Olivetti, una delle aziende di De Benedetti, che si era collocata nello stabilimento Singer. Durò 4 anni, fino alla pensione. Erano circa 150 dipendenti, una trentina ex-Singer. Prima fu addetta all’inchiostratura dei nastri, poi nuovamente agli accessori. I ritmi erano intensi e continuo era il controllo dei tempi e metodi per ottenere un aumento di produzione. Si era arrivati al punto che con difficoltà si trovava il tempo per andare in bagno. I delegati erano frustrati dall’insuccesso della lotta Singer e sui problemi della nocività si faceva finta di niente.
Ho voluto parlare di Caterina per prima perchè da tutti riconosciuta come grande lavoratrice. A testimonianza della sua dignità di lavoratrice cito questo dialogo che mi ha ricordato. Un capo nuovo, che non si era presentato pretendeva che lei eseguisse il lavoro in modo diverso:
“Signora, lei deve fare così” “Io ho sempre fatto in quest’altro modo, lei pensi ai fatti suoi”. Arriva il capo reparto: “Perchè, Signora, non segue le direttive?”. “Nessuno me lo ha presentato come capo”.
Le condizioni di lavoro peggioravano e la salute di Caterina anche. Si avviò alla pensione portandosi a casa una bella ernia discale, conseguenza del modo di lavorare.
Ora Caterina cammina con l’aiuto di una molla di Codevilla nel piede sinistro.
In Singer, oltre al marito erano entrati anche il suo primo figlio e una figlia, che furono tra i primi ad essere avviati ai corsi della scuola dell’obbligo. Ma il figlio voleva tornare in Sicilia e si licenziò.
Ho richiesto a Caterina un giudizio sull’attività del consiglio di fabbrica, mi ha risposto con semplicità che non ne ha mai avuto fiducia.

 
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Rispondi al commento:
suresh.06
suresh.06 il 25/06/07 alle 13:35 via WEB
Sarai tornato rigenerato e super abbronzato. Ora tutte le donne non resisteranno alla tentazione di leggere "Quando". :-) Io avevo dei Jolly un po’ bastardi, se non ti incazzavi di brutto come spesso faccio io, ti lasciavano lì a pisciarti addosso. Il settore era lo stesso: frigoriferi bianchi in una multinazionale: Iar Siltal. Ero interinale, capireparto e cronometristi, facevano si che l’organizzazione della linea fosse mal spartita in termine di tempi. Ai lavoratori interinali venivano assegnati posti di lavoro in cui non si aveva il tempo di respirare o di asciugarsi il sudore…la mia linea, la linea 1, era vicino alla verniciatura, ai forni. Ora so che questa multinazionale è in fase di ristrutturazione…moltissimi rischiano di perdere quei 950-1000 ero che sono la loro vita. Molti sono meridionali, giovani a volte giovanissimi, assoldati dal caporalato legalizzato delle agenzie di lavoro temporaneo. Dovranno tornarsene a casa, e credo francamente che per loro sia la cosa migliore. Qui si usa e si getta, qui non c’è più speranza. Ciao.
 
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