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Messaggi di Marzo 2016
Post n°478 pubblicato il 31 Marzo 2016 da Guerrino35
www.resistenze.org - popoli resistenti - siria - 29-03-16 - n. 582 La narrazione che ha ucciso il popolo siriano
Post n°477 pubblicato il 24 Marzo 2016 da Guerrino35
Cinque anni di guerra in Siria Higinio Polo | elviejotopo.com Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare 15/03/2016 Oggi fanno cinque anni da quando è iniziata la guerra in Siria. La maggior parte delle fonti ne data l'inizio al 15 marzo 2011. In quei giorni sulla stampa internazionale si parlava di manifestazioni a Damasco e in altre città siriane, di confuse informazioni sui morti nelle proteste represse dalla polizia e anche delle manifestazioni dei sostenitori di Bashar al-Assad, nella caotica ondata delle "primavere arabe" che ha avuto inizio in Tunisia, per proseguire in Egitto e in altri paesi. L'emergere di nuovi attori politici in Siria, come la "Organizzazione siriana per i diritti umani", che ha fornito informazioni ai media di tutto il mondo e che dietro aveva la mano dei governi occidentali, ha iniziato a cambiare la situazione. Allo stesso tempo, in quei giorni di marzo, Francia e Gran Bretagna stavano preparando la guerra contro Gheddafi, mentre Obama, che aveva minacciato il leader libico, dichiarava di non essere intenzionato a inviare truppe in Libia, ma che avrebbe agito secondo un altro piano. Una settimana dopo l'inizio della guerra in Siria, la flotta Usa si preparava a lanciare l'attacco in Libia, e gli aerei inglesi, americani e francesi cominciarono a bombardare il paese. E l'Arabia Saudita interveniva in Bahrain per reprimere le proteste della popolazione. Non c'è dubbio che le prime proteste in Siria siano state duramente represse dal governo e il numero dei manifestanti morti, anche se oggi ancora non ben definito, lo dimostra. Queste manifestazioni di protesta furono rapidamente riconvertite dalle monarchie del Golfo e dai servizi segreti nordamericani in gruppi armati beneficiari di finanziamenti, armi e sostegno diplomatico, oltre a un enorme impatto sui media occidentali. L'emergere dell'Esercito Libero Siriano, costituito dai settori dell'opposizione siriana più estremi, da disertori dell'esercito e da jihadisti che iniziavano ad arrivare nel paese, fra i primi gruppi armati, segnarono l'inizio di una guerra civile aperta. Quelle "primavere arabe", che da quanto si supponeva avrebbero inaugurato un'epoca democratica e di libertà in gran parte del Medio Oriente e del Nord Africa, hanno condotto al caos libico (Gheddafi è stato ucciso nell'ottobre 2011, probabilmente da commandos guidati dai servizi segreti occidentali), in cui oggi anche i bambini vengono rapiti e impiccati. Hanno portato anche al colpo di stato egiziano, sostenuto dagli Stati Uniti, e in Yemen alla caduta di Ali Abdullah Saleh del febbraio 2012, avvenuta dopo il sanguinoso intervento militare di Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, con la complicità e l'appoggio statunitense, che prosegue oggi anche se non suscita tanta attenzione internazionale. La Siria è stata trasformata in un campo di battaglia dove diverse milizie e gruppi terroristici sponsorizzati da Arabia Saudita, Turchia e dalle monarchie del Golfo Persico, aiutati dagli Stati Uniti e in compagnia di Daesh e al-Qaeda che occupano gran parte del paese, con i gruppi curdi che si oppongono sia al governo di Damasco che ai jihadisti, si fronteggiano con l'esercito siriano di Bashar al-Assad, che riceve l'aiuto dell'Iran e del libanese Hezbollah, oltre ai bombardamenti russi che attaccano le truppe jihadiste che si oppongono al governo di Damasco. La Turchia, l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti si sono dimostrati disposti a inviare truppe in Siria, con l'obiettivo palese di rovesciare il governo siriano. Gli incerti negoziati di Ginevra, stimolati da Mosca e infine accettati da Washington, possono essere il modo per raggiungere la pace. Ma la tregua è molto fragile. Gli Stati Uniti volevano fin dall'inizio rovesciare il governo siriano con la vecchia scusa di promuovere la democrazia, pretesto che ha già inondato di sangue tutto il Medio Oriente, dall'Afghanistan all'Iraq, passando per Siria e Yemen, per non parlare della Libia. Perché il mostro della guerra è sempre peggio di una dittatura. L'irresponsabilità Usa ha scatenato il massacro di centinaia di migliaia di siriani e un esodo di milioni di persone che affollano i paesi vicini e che lottano anche per raggiungere l'Europa. La cecità dei paesi dell'Unione europea, sempre accomodante verso Washington, li ha portati a sostenere i gruppi terroristici stimolati dagli Stati Uniti... senza prevedere che la guerra e la crisi umanitaria da essa innescata avrebbe causato centinaia di migliaia di profughi che cercano di raggiungere l'Europa, rifugiati che ora l'Unione europea vuole ignorare, in uno spettacolo vergognoso fatto di indifferenza e irresponsabilità dei principali governi europei. Gli Stati Uniti hanno chiamato "opposizione moderata siriana" i feroci gruppi jihadisti da loro armati, che sul terreno non differiscono nelle loro azioni dal Fronte al-Nusra o da Daesh. In questo senso, il linguaggio fa parte della strategia di guerra. Questa "Coalizione Nazionale" promossa dagli Stati Uniti raggruppa decine di distaccamenti armati, molti dei quali dipendenti dai paesi della regione, dall'Arabia Saudita alla Turchia, come pure i gruppi guidati dai servizi segreti, tra cui emergono in particolare quelli di Israele. Va ricordato che nel marzo 2011 Israele aveva insistito con gli Stati Uniti perché venisse subito attaccato l'Iran e, per delega, il suo alleato nella regione, la Siria. In realtà, attaccare la Siria era stata un'ipotesi costantemente avanzata negli anni di presidenza Bush, inerzia poi proseguita da Obama. Il New York Times riportava nel gennaio 2002 che il principe Abdulaziz, capo dei servizi segreti dell'Arabia Saudita, estremamente turbato, aveva così risposto ai funzionari del governo Usa: "Alcuni giorni dite di voler attaccare l'Iraq, altri giorni la Somalia, altri ancora il Libano, altri la Siria ... Chi volete attaccare, tutto il mondo arabo? E volete che vi sosteniamo? È impossibile, impossibile". In seguito, lo scoppio delle "primavere arabe" avrebbe inaugurato uno scenario diverso e l'Arabia Saudita appoggiò il partito dei sostenitori del rovesciamento del governo di Damasco. Fino ad oggi. Ora i bombardieri del Pentagono si limitano ad attaccare Daesh, la sinistra creatura partorita dalla disastrosa occupazione statunitense dell'Iraq e dai gravi errori dei suoi militari e funzionari nella gestione del paese. Gli Stati Uniti hanno inoltre trascinato gli alleati della Nato, sia pure con riluttanza, nelle loro avventure in Medio Oriente e Nord Africa, mentre la cancrena in Iraq e in Afghanistan, in Yemen e Libia avanza, mentre la sofferenza senza fine del popolo palestinese prosegue ignorata e Israele continua uccidere e mentre Washington lavora per tentare di limitare il peso di Mosca nella regione. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti hanno cercato di evitare morti tra i loro soldati perché i cittadini americani non vedessero le scene desolanti dell'arrivo dei sacchi per cadaveri negli aeroporti, ma senza preoccuparsi troppo del fatto che altri alleati avrebbero preso il loro posto nel gigantesco letamaio in cui è stato trasformato il Medio Oriente. Né il governo Usa ha espresso preoccupazione per la gigantesca crisi dei rifugiati causata dalle loro guerre: la stragrande maggioranza di coloro che arrivano in Turchia, Libano e Giordania, come in Europa, sono cittadini afgani, iracheni e siriani. Una crisi che sta lacerando il continente europeo, riempiendolo di barriere, xenofobia, di indifferenza per la sofferenza altrui e di bande di estrema destra, mentre i governi europei convivono con la violazione dei diritti umani dei rifugiati, con l'umiliazione, con la vergogna. Le scene dei rifugiati sotto la pioggia, al freddo, repressi dalla polizia in alcuni paesi europei, dei bambini davanti alle recinzioni; i trecentomila morti, gli undici milioni di sfollati, i cinque milioni di profughi: queste sono le uniche vittorie statunitensi, dopo cinque anni di guerra in Siria.
Post n°476 pubblicato il 03 Marzo 2016 da Guerrino35
www.resistenze.org - osservatorio - della guerra - 29-02-16 - n. 578 From Italy to Lybia? Il caso dei droni armati a Sigonella Matteo De Fazio * intervista Mazzeo | antoniomazzeoblog.blogspot.it 28/02/2016 Qualche giorno fa, il Wall Street Journal ha rivelato come da circa un mese governo italiano abbia autorizzato il decollo di droni armati statunitensi dalla base di Sigonella, in Sicilia, per permettere operazioni militari in Nord Africa. Fino al mese scorso infatti, questi droni sembravano utilizzati solo per sorveglianza aerea. I commenti di queste ore parlano del conseguente intervento in Libia auspicato dagli Usa e dissimulato dal Governo italiano: una decisione che non è un preludio di un intervento militare, secondo il ministro Gentiloni. Ne abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, giornalista ed esperto di geopolitica militare. Questa notizia è strettamente legata alla questione libica? Ci troviamo di fronte ad un'escalation inarrestabile: questo tentativo di intervento in Libia, prima con i bombardamenti, poi con un intervento via terra è programmato da oltre un anno ed è all'ordine del giorno in ambito Nato e nella Conferenza dei paesi arabi. A meno che non ci sia da parte delle Nazioni Unite un tentativo diverso, penso che si andrà molto probabilmente verso un secondo conflitto in Libia. In questo quadro geostrategico la Sicilia e la base di Sigonella, che ormai è una capitale mondiale degli aerei senza pilota, assumerà un ruolo determinante. Però non è una notizia nuova: già nella 2011, nella prima grande guerra scatenata contro la Libia di Gheddafi, da Sigonella partirono non soltanto i droni di intelligence Global Hawke che operano in questa base da una decina di anni, ma soprattutto i droni killer Predator e Reaper. Nel 2013 fu presentato un rapporto al Parlamento da alcuni studi di ricerca che evidenziarono come un accordo bilaterale tra Italia e Stati Uniti per dislocare aerei killer stabilmente nella base di Sigonella era stato firmato nella primavera del 2013, quindi già da 3 anni questi sistemi operano dalla Sicilia e sappiamo di interventi sia in Nord Africa sia in Niger, in Mali o in Somalia. Gentiloni ha detto che non sarà il preludio ad un intervento in Libia. Che ne pensa? Stiamo parlando di droni killer, dunque con una funzione strategica di first strike: servono ad annientare gli obiettivi militari (ma spesso colpiscono anche quelli civili) impedendo qualsiasi tipo di risposta. Nelle logiche di guerra, a partire dalla prima guerra del Golfo (ma anche nei Balcani, in Afghanistan, in Iraq o in Libia) prima di un intervento di terra e di un'eventuale occupazione da parte delle forze armate, c'è bisogno di un intervento massiccio di bombardamenti che distruggano le infrastrutture. Tentare di edulcorare la pillola come sta facendo il Governo italiano mi sembra una mistificazione. Un commento sulla questione del "di volta in volta" di Renzi: 30 anni fa, con la vicenda di Sigonella sul fatto dell'uso della parte americana della base per operazioni di pirateria internazionale che scatenò un momento di grande conflitto tra l'Italia e gli Usa, si pose il problema. Quando una forza armata straniera utilizza le infrastrutture italiane a uso proprio non ci sono strumenti diplomatici né tecnici per impedire un uso che sia contrario alle visioni politiche e agli interessi geostrategici del nostro paese. Tornando alla questione costituzionale, il problema dovrebbe portare a una discussione sulla presenza di basi straniere nel nostro paese, che non possono essere giustificate con il trattato Nato, che era un trattato di mutua sicurezza. Come tocca l'articolo 11 della Costituzione? I costituzionalisti pongono il problema sulle questioni relative alla difesa, soprattutto quando si concede l'uso del territorio a una potenza straniera per operazioni portate avanti unilateralmente, quindi fuori da accordi bilaterali o multilaterali come la Nato. Vorrei ricordare che la base di Sigonella, come Camp Derby vicino Livorno o la base stessa di Vicenza sono classificate basi Usa, date in concessione alle forze armate statunitensi fuori da una possibilità di valutazione geopolitica in ambito Nato. Ciò avrebbe richiesto per lo meno un passaggio parlamentare: alcuni costituzionalisti hanno posto il problema sia per strumenti di comunicazione, come il Muos, sia per esempio per la presenza di testate nucleari nella base di Aviano e di Ghedi che sicuramente violano il dettato costituzionale e la firma italiana all'accordo internazionale di non proliferazione nucleare. Come pongono l'Italia nel quadro del terrorismo globale queste decisioni? Non dobbiamo dimenticare che l'Italia negli anni '70 e '80 ebbe un ruolo determinante come ponte di dialogo tra l'Occidente e il mondo arabo: questo ha consentito per moltissimi anni di tenere fuori l'Italia da veri e propri attentati terroristici quando organizzazioni radicali del mondo arabo erano invece presenti in altre parti d'Europa e agivano profondamente colpendo la sicurezza e l'ordine pubblico. Questa situazione è cambiata, l'Italia ha fatto una scelta di campo, a mio parere disastrosa, fornendo la piattaforma per operazioni militari di altri, perdendo un ruolo che sarebbe stato importante per l'Ue per tentare il dialogo e proporsi come ponte di confronto e pace, determinando un'inversione di tendenza che va verso la guerra totale e globale che si sta preparando sotto i nostri occhi. Un'occasione persa che sovraespone milioni di persone, soprattutto quei cittadini che vivono accanto alle basi strategiche. Purtroppo chi di spada ferisce, non può che aspettare di perire di spada". * Intervista a cura di Matteo De Fazio, pubblicata in Riforma.it, quotidiano on-line delle Chiese Evangeliche Battiste, Metodiste e Valdesi, il 24 febbraio 2016.
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Inviato da: minarossi82
il 11/11/2016 alle 19:59
Inviato da: dimariamonicaa
il 08/04/2016 alle 20:46
Inviato da: Guerrino35
il 31/03/2016 alle 21:21
Inviato da: Guerrino35
il 03/04/2015 alle 08:31
Inviato da: Guerrino35
il 19/09/2014 alle 09:58