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Post n°48 pubblicato il 15 Marzo 2010 da caffenerobollente10
Sono mesi che non scrivo su questo diario virtuale, sono mesi che le cose tra i consueti alti e bassi vanno bene, ma mica si può pretendere che tutto vada sempre liscio?! Eppure oggi, dopo tanto tempo, sento la necessità di condividere il mio dolore. Come se questa condivisione potesse aiutarmi a ridimensionarlo distribuendone una piccola parte a persone che non conosco o meglio che conosco solo virtualmente. Oggi è il "primo" giorno di ritorno alla normalità, sono tornata in ufficio come facevo ogni giorno prima del 15 febbraio scorso. Ho accompagnato mio figlio a scuola e poi mi sono diretta in ufficio. Ho acceso il computer, ho risposto al telefono, parlato con clienti ed aiutati a risolvere i loro piccoli o grandi dubbi ma ... non riesco proprio a viverla come una giornata normale. Non ho voglia di mettere ordine nella montagna di documenti sparsi da un mese sulla scrivania. Non ho voglia di far altro che quello che sto facendo. Sfogarmi. Piangere. Lasciarmi andare nella sconsolazione. Una settimana fa, si proprio il giorno della festa della donna, moriva mio padre. Attacco cardiaco, i medici non sono riusciti a rianimarlo. E' l'episodio conclusivo di un malore accaduto la notte tra il 14 ed il 15 di febbraio. Un mese preoccupazioni culminate nel dolore estremo della perdita. Era anziano mio padre: avrebbe compiuto 83 anni a fine mese. La sua vita l'aveva sicuramente vissuta. Non avevamo un gran rapporto con mio padre: troppo simili per non aggredirci ad ogni occasione. Eppure mi sono accorta di quanto lo amassi e se ne è accorto anche lui. Scarsa consolazione. Papà ha subito un intervento di triplo bypass. So che avrei sofferto comunque se fosse morto durante l'intervento o subito dopo. Quello di cui non riesco a capacitarmi, almeno non razionalmente, è invece il fatto che sia accaduto dieci giorni dopo l'operazione. Da quando è stato trasferito nel reparto degenti avrebbe dovuto iniziare la graduale ripresa ed invece per lui è iniziato il declino. Ha smesso di credere nelle proprie capacità di ripresa. E' proprio per la valutazione delle sue capacità che i dottori avevano deciso di sottoporlo all'intervento. E' un uomo forte e volitivo, mi hanno detto, vedrà che se supererà l'intervento ed il post intervento ne uscirà. Ed invece lui si è arreso. Non voleva tornare a casa. Non riusciva a capacitarsi del fatto che dopo una vita senza neppure un ricovero per una banalità, un vita passata in buona salute, gli fosse capitato proprio quello. L'avevano tagliato tutto. Gli avevano tagliato lo stomaco e le gambe, come diceva lui. Gli è mancata la forza ed io non sono stata in grado di trasmettergli la mia voglia di riaverlo a casa. Sono stata nervosa, tesa, scontrosa, incazzata perché si rifiutava di mangiare e faceva i "capricci". Sono stata ottusa... troppo spesso sono ottusa, o forse solo troppo egoista per capire che non siamo tutti uguali ed il mio non è l'unico sistema di vita giusto. Non faccio promesse per il futuro, buoni propositi di guardare più agli altri e meno a me. Non credo davvero di esserne capace. Spero che anche il lento passare del tempo, pur togliendomi il dolore, però non mi tolga la memoria. |
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