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Ritorno ad Auschwitz 

Il silenzio. Il silenzio di Birkenau. Il silenzio di Birkenau non assomiglia a nessun altro silenzio: ha in sé le grida di disperazione, le preghiere strangolate di migliaia e migliaia di comunità che il nemico condannò ad essere ingoiate dall'oscurità di una notte infinita, una notte senza nome. Il tacere degli uomini congelato nel cuore della disumanità. Silenzio eterno sotto un cielo azzurro.

Silenzio di morte nel cuore della morte...

Nel regno delle ombre che è Auschwitz nessuno cammina lentamente; la morte si getta contro la sua preda. Non ha tempo, la morte: dev'essere contemporaneamente dappertutto.
La vita, la morte: tutto si unisce in una folle velocità. Il futuro si limita qui all'attimo che precede la selezione; qui bisogna correre dietro al presente, perché non scompaia del tutto. Si corre a lavarsi. Si corre mentre ci si veste. Si corre alla distribuzione del pane, della margarina, della zuppa. Si corre all'appallo, si corre al lavoro, si corre da un blocco all'altro, alla ricerca di uno sguardo famigliare.Alla ricerca di una parola di consolazione.
L'abbaiare dei cani... le grida dei carnefici, il rumore dei randelli di gomma che si abbattono sulla nuca dei prigionieri. Il dolore rende muti gli uomini affamati e deboli; la loro umiliazione pesante come una maledizione.
*Elie Wiesel, Premio Nobel per la Pace 1986*

 

GENERALE

Generale, il tuo carro armato è una macchina potente
Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d'una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l'uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.
*Bertolt Brecht*

 


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Auschwitz, perché andarci? Perché è giusto

Post n°51 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da silentemc

Quando, solo qualche ora fa, ai miei compagni di viaggio ho confidato, come hanno fatto tutti, le proprie impressioni dopo aver visto i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau, io ho detto loro che mi sentivo solo molto dispiaciuto.

Dispiaciuto per i morti e per tutti i significati che quell’angolo di mondo contiene? No.

Infastidito forse perché, da quando ero giunto di fronte al famoso cancello di Auscwitz “Arbeit Macht Frei”, che in italiano significa “Il lavoro rende liberi”, fino alla mia ultima occhiata alla cosiddetta “porta della morte” del campo di Birkenau dove giungevano, dopo un viaggio interminabile i deportati stipati come bestie su treni merci, mi ero reso conto che avevo conservato il mio distacco, come un encefalogramma piatto?

No, niente di tutto questo.

Nell’albergo dove ci trovavamo comodamente alloggiati a Cracovia, dopo aver fatto colare quel mio piccolo outing per tutti i miei compagni di viaggio i quali, in fondo, sentivo di doverlo fare, ho poi anche aggiunto che avevo compreso anche il fatto del motivo che mi aveva spinto a recarmi in quei luoghi: andarci era il mio unico modo per esprimere il giusto rispetto nei confronti di chi era perito per mano della follia nazista e, soprattutto, per cercare di trovarmi in un luogo dove era inutile mettersi qualsiasi maschera perché, anche se sono trascorsi oltre settant’anni, in quei posti tutti indossano una divisa a righe verticali bianche e blu. Anche noi.

Forse è stato così ma, dicendo tutto questo, io ero  forse preparato a tale spettacolo?

Evidentemente sì.

E poi, che cosa speravo accadesse dentro di me?

In fondo penso di non saperlo.

Tutte queste domande, e non sono le uniche, forse ora esistono dentro di me solo a causa del mio marcio interiore. Probabilmente sì!

Inoltre, e posso qui affermarlo con certezza e serenità, non mi vergogno anche del fatto, vero, che in fondo a me è “piaciuto” molto di più visitare il museo sulla fabbrica di Oskar Schindler a Cracovia che, invece, vedere con i miei occhi quei due campi di sterminio i quali, e lo erano stati per me come credo per tutti gli altri, il tanto atteso “piatto forte” del nostro viaggio.

Allora perché ora scrivere queste righe?

Perché redigere una sorta di piccolo reportage come l’avevo fatto, qualche anno prima, quando ero andato a visitare Medjugorje in Bosnia Erzegovina (anche quello un posto che riusciva ancora a mostrarsi duramente segnato dalla follia serba la quale, in fondo, non era poi tanto diversa da quella che si era re-spirata in quegli anni in Polonia e in larga fetta d’Europa)?

Semplice: perché, nonostante il mio marcio cinismo, sono convinto che sia giusto farlo.

Tornando a quando sono andato a vedere Medjugorje io, all’epoca ero un ateo insensibile quale mi scopro di esserlo ancor oggi ma, in quell’occasione, scrivendo su un giornale una sorta di reportage, avevo co-munque consigliato a chi mi leggeva di andare a vedere Medjugorje con i propri occhi.

Ora, allo stesso modo, nonostante il mio marcio interiore oggi lo avverto fortificato, invito a chi s’imbatterà in queste righe, ad andare in Polonia a guardare in faccia quella dura realtà con i propri occhi i quali, nel proprio silenzio, sappiamo che non ci mentono mai.

E poi ragazzi, in fondo ci vogliono solo due ore di aereo (alcuni deportati, quelli provenienti dal Pireo, ci hanno messo 17 giorni) per vedere quel palcoscenico il quale, ne sono certo, sarei anche in grado di descriverlo più che dignitosamente in ogni suo dettaglio, regalando anche emozioni ma, e potete credermi sulla parola, questo sarebbe solo una fatica inutile quanto stupida perché, scrivere di Auschwitz e Birkenau,  sarebbe diverso per ognuno di noi.

E poi per chi non lo sa, il cambio Euro-Zloty è anche molto vantaggioso.

Auschwitz e Birkenau certo non sono solo le 4-5 tonnellate di capelli conditi di cuoio capelluto stipati dietro una fredda vetrata in un blocco di Auschwitz o forse anche peggio se in questi posti, se mai esista una sorta di classifica di “merito”, come i luoghi dove quel bastardo pazzo di Josef Mengele si dilettava a fare esperimenti macabri quanto strampalati su dei poveri bambini mentre, appena fuori dai suoi laboratori, venivano  fucilati innocenti al ritmo di una catena di montaggio nel piccolo cortile tra i blocchi 9 e 11.

Assolutamente no!

Questi luoghi, insieme a molti altri dettagli disseminati ad Auschwitz e Birkenau, probabilmente potrebbero anche essere le tessere del mosaico che ognuno di noi ha dentro di se e che si potrebbe scoprire se, alla fine, si trovasse il coraggio di andare a portare la propria presenza/testimonianza in quei posti.

Certo, se ci penso un attimo, la propria presenza in quel luogo è solo un segno infinitesimale come le particelle di fuliggine nerastra dei corpi bruciati nei vari forni crematori di Birkenau le quali sono riuscite a coprire di DNA umano quasi tutto il circostante.

Ma, essere andati là rimane un fatto importante, certo non per la storia, ma per se stessi.

Essere distaccati o piangere di fronte a scenari simili sono, secondo me, la medesima cosa perché penso che l'uomo, potenzialmente, sia solo un mammifero spregevole e bastardo il quale, dentro di se, nasconde  una sorta di angolo di Auschwitz e Birkenau sempre pronto a esplodere.

Che ci piaccia o no, penso che questa sia un afaccia della realtà di essere umani.

Allora mi chiedo: sono migliore dopo esserci andato?

Personalmente penso di no anche perché, probabilmente, dentro di me, so bene che in fondo essere anda-to là probabilmente è stato solo un atto di codardo egoismo il quale, inviando queste mie parole a tutti,  cerco almeno di mitigarlo un po’.

Dico questo anche perché, a ogni ora che passa da quel fine settimana trascorso in Polonia, mi rendo conto del fatto di essere sempre la stessa persona la quale, spesso, diceva a chi domandava il perché di quel viaggio in Polonia, che andare a visitare i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau era sempre stato un mio piccolo sogno e, nel mio caso personale, questo sogno non si è trasformato in un incubo come, forse, in fondo speravo.

Quindi mi sto dicendo che mi sono soltanto levato solo uno sfizio?

Non sono in grado di rispondere a questa domanda e probabilmente non lo sarò mai.

Io però conosco solo un fatto che mi riguarda direttamente: mi sono portato via da Birkenau un piccolo sasso annerito il quale, e di questo ne sono certo, lo conserverò gelosamente finché campo ma, ed è questa la mia unica verità, io sono rimasto lo stesso.

Quindi si tratta di una sconfitta?

No, non lo credo anche perché, dato che sono molti quelli che sono molto meno marci del sottoscritto, se avete tempo e coraggio di andare a vedere quei posti e scoprire anche il vostro mosaico interiore, beh andateci perché, ve lo posso assicurare, sarà un viaggio forse egoistico ma sicuramente importante perché, come il campo di Birkenau, è senza i nostri nascondigli quotidiani dove sappiamo celarci.

Quindi, se ce la fate, fate un buon viaggio dentro voi stessi.

 

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