Creato da lllll_June_lllll il 08/08/2008
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Se La-torre è pendente...il Pd è traballante.

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Il Partito Democratico, travolto dalla vicenda Villari, non sa più che pesci pigliare.

Il suo leader, Veltroni, e i pezzi grossi del partito hanno preteso da subito le dimissioni di Villari, senza dargli l'opportunità di attendere che egli potesse aprire bocca, dopo la sua nomina a sopresa alla Commissione di Vigilanza RAI.

Non solo! Il Pd ha consentito silente al linciaggio morale che l'alleata Idv ha operato nei confronti dello stesso Villari, definendolo un Giuda venduto per trenta denari.

Il Pd ha condannato Villari prima ancora che questi dichiarasse che si sarebbe dimesso dopo che maggioranza ed opposizione avessero trovato un candidato condiviso. E quando questo si è verificato, e il candidato gradito da entrambi gli schieramenti è stato individuato nella figura del senatore Pd Sergio Zavoli, ecco che Villari ha deciso comunque di non lasciare l’incarico, ferito dalle lapidazioni provenienti dalla propria parte politica e dall’Idv.

Il Pd ha prontamente provveduto alla epurazione di Villari. Ma, come se non bastasse, attribuisce al centro destra la totale colpa di questa vicenda, che sta facendo fare una pessima figura solo a Veltroni.

Parliamoci chiaro: Villari è un senatore del Pd. Non l'ho candidato io nelle liste del Pd, nè tanto meno ce lo ha messo il centro destra. Ce lo ha messo l'ala moderata del Pd, ed il suo principale sponsor è stato Franceschini. Ed ora imputarne colpe al centro destra è una difesa dell'indifendibile.

Il Pd Arturo Parisi, non proprio in sintonia con Veltorni,  ha candidamente ed onestamente ammesso che non si può imputare al Governo e alla maggioranza un problema che è tutto interno al Pd.

Se una colpa si può imputare al centro destra in questa vicenda -colpa gliela imputano a sinistra; io lo considererei un merito-  è l'aver riportato allo scoperto, con la scelta di Villari, l'antica dicotomia (e mi limito a parlare di dicotomia per non parlare di sentimenti ben più sgradevoli) tra Veltroniani e Dalemiani.

Ma questa c'è sempre stata!

D'Alema e Veltroni non si sono mai sopportati.

Hanno fatto buon viso a cattivo gioco in campagna elettorale, e lo fanno ancora alle manifestazioni di piazza, in cui si presentano talora insieme, un po' come certe coppie del gossip che sono prossime allo scoppio e tuttavia si fanno riprendere dai fotografi in effusioni amorose solo per dimostrare l'inesistenza di una crisi esistente e lacerante.

Il caso Villari ha messo in luce ancora di più le già evidenti fratture tra i due gruppi interni al Pd: i dalemiani, che sappiamo bene non volevano Orlando alla presidenza della Commissione di Vigilanza della RAi, e i veltroniani, che in tutta questa vicenda appaiono succubi di Di Pietro ed accusano la corrente dalemiana di collaborazionismo col nemico Berlusconi.

Il caso Villari ha rimarcato anche le divergenze tra i vetroniani e i rutelliani, che non avrebbero certo gradito Orlando, che av evano già da tempo espulso dalla Margherita.

La vicenda della Commissione di Vigilanza Rai  mostra unicamente un Pd fatto di cocci tenuti insieme dal collante dell'anitberlusconismo, non differentemente da ciò che era l'Unione ai tempi dell'ultimo governo Prodi.

Il Pd altro non è che una Unione senza Prodi ,a cui è stato fatto solo un piccolo lifting grammaticale: un cambio di nome e l’aggiunta di un aggettivo, “democratico”, che accostato a certi esponenti di questo partito è un ossimoro stridente.

Nell'Unione, è vero, c'era anche al sinistra radicale, ora sparita dalla scena parlamentare. Ma tutti riusciamo bene a comprendere come oggi, pur mancando Diliberto, Caruso, Ferrero e compagnia cantando, il ruolo della sinistra radicale lo stia interpretando magistralmente Di Pietro.

Di Pietro ha assimilato alla perfezione il fare dilibertiano e della dissidenza: il leader del Pdci dichiarava che “Berlusconi fa schifo e lo dobbiamo dire”. E Di Pietro, coi suoi paragoni di Berlusconi a dittatori sanguinari argentini, col suo turpiloquio da postribolo, con le sue urla, i suoi insulti, il suo sobillare la piazza (in buona compagnia di Epifani) è il degno erede dell'odio ideologico della sinistra radicale. Di Pietro, come chiedeva in passato la sinistra massimalista, ha perfino chiesto una commissione di indagine sui fatti del G8 di Genova, ed ora sputa sui poliziotti che difendeva lo stesso veleno che propinava a suo tempo la sinistra radicale.

Mi trovo a pensare che Unione e Pd non siano poi una cosa diversa, con la differenza che Prodi parlava sempre di coesione (non accorgendosi che questa era inesistente) e Veltroni invece parla di vento che sta cambiando (non accorgendosi che nel Pd c'è tempesta più che vento).

In perfetto stile di sinistra, quando c'è un problema, se ne deve individuare prontamente un capro espiatorio e nella vicenda Villari, che ha fatto percepire le note stonate degli aedi del Pd, il capro espiatorio è stato rinvenuto nel senatore Pd  Latorre, definito un complottista al soldo del centro destra, e ritenuto il principale artefice dello schiaffo morale ad Orlando nella vicenda RAI.

Nicola Latorre, che è vicecapogruppo del Pd al Senato e dalemiano di ferro, durante una trasmissione televisiva -in cui era invitato assieme al vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Italo Bocchino, e al capogruppo dell'Italia dei Valori, Massimo Donadi- ha passato un foglietto (pizzino) a Bocchino, in cui non ha fatto altro che consigliare allo stesso di sbattere in faccia a Donadi come, la coerenza che si chiedeva al centro destra di votare il candidato dell’opposizione non si sia vista a sinistra quando la stessa sinistra ha posto il veto sulla candidatura di Pecorella alla Corte Costituzionale.

Il pizzino di Latorre è stato sicuramente un atto di leggerezza, ma crocifiggerlo per questo, come fanno Veltroni e Idv è penoso.

Ma poi che ha scritto Latorre di tanto sbagliato?

Ha unicamente fatto intendere quanto la gente comune già sapeva: che è alquanto arrogante, come Veltroni e Di Pietro hanno fatto, imporre al centro destra un candidato alla presidenza della commissione di vigilanza Rai dalla maggioranza sgradito, quando si è preteso di mettere il veto sul candidato indicato dal centro destra alla Corte Costituzionale.

Latorre non ha scoperto l'acqua calda, ma al limite al sua levità attesta ulteriormente come anche all’interno della sinistra si percepisca superbia dei diktat di Veltroni e Di Pietro

Se Latorre non ne esce bene da questa vicenda, e lui stesso si definisce una torre pendente, Veltroni ne esce a brandelli.

June

 
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