Pubblico in sintesi un articolo di Gian Antonio Stella, che leggo sul Corriere.
Nei giorni in cui l’Italia si spacca sul nucleare, emerge dal profondo Nord una comunità montana virtuosa che si è dotata della più grande centrale pubblica fotovoltaica d’Europa. Senza un centesimo di soldi statali.
Siamo in Valle Sabbia, a nord-est di Brescia, lungo il fiume Chiese. Zona per secoli poverissima. Di montanari cresciuti nel mito della Ferriera Italiana di Vobarno e delle acciaierie Falck, finite una quindicina di anni fa alla famiglia Chan di Hong Kong.
Valle di gente seria. Che aveva fatto della Comunità montana una cosa seria. Al punto che, quando esplose lo scandalo delle comunità montane a livello del mare e si pose il problema di cancellare le comunità pataccare proprio per salvare quelle vere e virtuose, uno degli esempi citati a modello era sempre questo: la Val Sabbia.
Qui l’organismo altrove ridotto a un carrozzone ha messo insieme 25 comuni della valle più altri 16 che si sono aggregati.
Qui la Secoval (società per i servizi comunali) frutto dell’alleanza è riuscita a strappare contratti altrimenti impensabili per la fornitura del gas e la rimozione dei rifiuti urbani.
Qui sono stati raggruppati per risparmiare tutti i servizi Ici, Tarsu (smaltimento spazzatura), Tia (Tariffa di igiene ambientale).
Qui c’è una banca dati che gestisce tutti gli strumenti di pianificazione e programmazione territoriale così precisa e aggiornata da contenere le foto di ogni edificio e ogni cancello d’accesso.
Qui 15 dipendenti coprono il lavoro di una ragioneria unica, un ufficio tecnico unico, una segreteria unica.
Totale dei dipendenti comunali: 297. 1 ogni 538 abitanti. A Milano 1 ogni 74.
Fatto sta che quando il governo Berlusconi ha deciso di sopprimere di fatto tutte le comunità montane, in Val Sabbia non si sono lagnati più di tanto. E dopo aver mandato un moccolo a chi non aveva capito niente del loro ruolo, si sono impuntati di sopravvivere a dispetto di Roma.
La centrale della Val Sabbia |
Ma veniamo alla centrale fotovoltaica.
Spiega il presidente della comunità montana Ermano Pasini: «C’erano finanziamenti per le energie alternative di scadenza il 31 dicembre 2010. Una volta deciso, dovevamo fare in fretta. Tre mesi, tartassando gli uffici tutti i giorni, se ne sono andati per le autorizzazioni. A settembre, finalmente, siamo partiti: ci restavano 90 giorni».
L’area giusta viene individuata in una valletta isolata in località Gusciana, sotto il monte Budellone nel comune di Paitone. Deve esser risanata: ci sono infatti tredici capannoni con i tetti di amianto. Tutta roba pericolosissima, da smaltire come rifiuti speciali in discariche speciali per un totale di 350 mila chili di materiale contaminato.
Tre mesi per buttare via tutto, ripulire, risanare, costruire la centrale: da far tremare le vene ai polsi. Ma è lì che viene fuori uno dei rarissimi esempi virtuosi di questa Italia litigiosissima: tutte ma proprio tutte le decisioni da prendere passano all’unanimità sia nei comuni di destra, dove vota sì anche la sinistra, sia nei comuni di sinistra, dove vota sì anche la destra. Un piccolo miracolo.
Vengono trovati i soldi: 23 milioni e mezzo di euro anticipati (mutuo ventennale) dalla Banca Cooperativa Valsabbina. Viene individuato chi può costruire l’impianto, il Consorzio Stabile Sardegna.
Ai primi di settembre 2010 partono i lavori. «Non ce l’avremmo mai fatta, senza quegli operai, quei tecnici, quei manovali sardi. Erano un centinaio. Hanno lavorato come pazzi anche di notte, con i fari. Perfino la vigilia di Natale, hanno lavorato», spiega l’architetto Antonio Rubagotti.
«Demoliti i capannoni e portato via l’amianto, hanno posato 24.024 pannelli per un totale di 38.438 metri quadri. Tutti stesi seguendo il più possibile la conformazione del terreno, tra gli alberi, in modo da avere il minor impatto possibile dal punto di vista visivo.
E posati con una inclinazione di 10 gradi rinunciando a quella ideale (oltre i 30) purché dessero meno nell’occhio. Certo, ci rimettiamo il 5 o 6% di resa. In compenso non è orrendo come certi impianti che si vedono in giro. A guardarlo da lontano sembra un lago…».
Fatto sta che il 28 dicembre l’impianto era finito. Pronto per essere allacciato alla rete elettrica. E da allora fornisce energia per 7,8 milioni di kilowatt all’anno.
Il che consente un ricavato annuale di circa 5 milioni di euro: «Uno e otto lo diamo alla banca per restituire il mutuo, uno e qualcosa se ne va per la gestione e l’assicurazione e due tornano ai comuni che non pagano più un centesimo per tutta l’illuminazione pubblica.
Tutti soldi di risparmio sulla partita corrente. Quella che toglie il sonno ai sindaci», ride Ermano Pasini. «Abbiamo fatto o no un affarone?».
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Inviato da: Rebuffa17
il 18/05/2012 alle 15:37
Inviato da: Rebuffa17
il 17/05/2012 alle 09:00
Inviato da: puzzle bubble
il 08/05/2012 alle 17:34
Inviato da: Alice_violet
il 12/04/2011 alle 16:23
Inviato da: francesconapoli_fn
il 30/03/2011 alle 22:58