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Un verso al giorno
Poiché tutto quello che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. Chi è che vince il mondo, se non colui che crede che Gesù è il Figlio di Dio? 1Giovanni 5:4,5
Confiniamo il Signore solo per la Domenica, forse...
Simona Paciello
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Paolo, citando una sua esperienza, ha confermato che per timore che si insuperbisse a motivo delle eccellenti rivelazioni ricevute, gli era stata messa una "spina nella carne", un angelo di Satana per "schiaffeggiarlo". La "spina" era, senza dubbio, una infermità fisica, e Paolo la definisce un "angelo di Satana". Lo scopo del diavolo era ed è di portare alla morte, ma anche se il Signore gli permise di agire sul corpo di Paolo, tutto questo non ha contribuito per la morte di Paolo, ma per la sua vita. Infatti la vita dell'apostolo Paolo è stata un continuo trionfo sulla morte e su Satana. Che la potenza della morte voglia assalire i credenti e che Dio non sempre lo impedisca è evidente, ma questo non significa che Lui voglia vederci morire. Anche nel caso di Paolo è evidente questo fatto: l'opera del nemico fu espressamente usata per tenere Paolo spiritualmente vivo, perché se non avrebbe avuto quella "spina", la sua vita spirituale sarebbe stata intaccata, a rischio anche della morte. Infatti dice: "...affinché non avessi ad ad insuperbire..." (2 Corinzi 12:7). Un uomo umiliato in questo modo è un gigante della fede. Si, il nemico attacca il corpo, cerca di paralizzare i credenti, ma la Parola di Dio dichiara in modo glorioso che anche in presenza di un handicap fisico, o qualcosa messo dal diavolo col permesso di Dio, c'è una potenza di vita che ci può abilitare ad adempiere un grandioso piano divino, non limitato da situazioni naturali. Questo è ciò che l'apostolo Paolo dichiara: "La vita che vivo ora nella carne (fisicamente), la vivo nella fede nel Figlio di Dio, il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me." (Galati 2:20). Veramente la sua fu una vita di trionfo sulla morte, ma fu sempre una guerra. Portava i segni delle battaglie contro la morte, ma portava la vita di Dio a coloro che lo ricevevano e lo ascoltavano.
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Il 22 novembre 1873, Anna Spafford si trovava ritta in piedi, accanto alle sue 4 figlie, sul ponte della nave francese Ville du Havre, che stava affondando. Soltanto pochi minuti prima, in una notte stellata, la nave inglese Lochearn era entrata in collisione con il piroscafo francese. Dall'impatto all'affondamento passarono solamente 12 minuti. 226 persone trovarono la morte, 87 sopravvissero. La giovane madre e le sue bambine, di età comprese tra i 2 e gli 11 anni, si diressero immediatamente verso una delle scialuppe di salvataggio. Sulla nave regnava il panico. Mentre ella correva cercando di superare la folla, esitò un momento, e si fermò. "Sono pronta ad incontrare queste persone un giorno, davanti a Dio, se io e le mie bambine occupiamo il posto di coloro che potrebbero avere ancora un'altra occasione di udire la predicazione dell'Evangelo?". In quel momento l'albero di maestra si abbatté con fracasso sulla scialuppa di salvataggio che esse stavano per prendere, causando la morte di tutti quelli che vi erano appena entrati. La nave cominciò ad andare in pezzi. Annie, la figlia più grande, aiutò la madre e Tanetta, la bimba più piccola, che stava aggrappata al collo della madre. Bessie, la penultima, e Maggie, la seconda, stavano in silenzio aggrappate alle ginocchia della mamma. Maggie, rivolgendosi alla mamma le disse. "Mamma, Dio si prenderà cura di noi". Annie aggiunse: "Non aver paura, mamma. Il mare appartiene a Dio;lo ha creato Lui!". Mentre diceva queste parole il mare le inghiottì. L'ultimo ricordo di Anna Spafford è quello della piccola bimba che la forza delle acque le aveva strappato violentemente dalle braccia. Un relitto galleggiante s'infilo sotto il suo corpo privo di sensi, spingendola in superficie, dove una scialuppa la raccolse. Le sue bambine, però, non c'erano più! La sua prima reazione fu di assoluta disperazione. Poi ebbe la sensazione che una voce dentro di sé le parlasse: "Sei stata salvata per uno scopo". Allora le venne in mente il consiglio di un'amica: "E' facile essere riconoscenti quando tutte le cose vanno bene, ma stai attenta a non esserlo soltanto nella buona sorte". |
"E perdonaci i nostri peccati, poiché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore" (Luca 11:4) perdono è una prerogativa esclusiva del cristianesimo. Le scuole di morale dell'antichità avevano quattro virtù cardinali: giustizia nelle relazioni umane; prudenza nel campo degli affari; fermezza nel sostenere la prova o la sofferenza; temperanza o auto rinuncia. Ma non sapevano nulla della misericordia o del perdono, che sono estranei alla natura del cuore umano. Il perdono è un esotismo, che Cristo portò con Sé dal Cielo. Per il tempo che abitò sulla terra, Egli perdonò, lasciando un esempio ai Suoi discepoli, che avrebbero dovuto perdonare nel modo in cui sono stati perdonati. Il Signore non intende affermare che il perdono lo possiamo misurare autonomamente, o che il nostro perdono è la causa del perdono divino, ma unicamente che Dio non può perdonare uno spirito che non perdona. L'unica indicazione certa per dimostrare che il nostro pentimento è sincero è quella di perdonare coloro che ci hanno offeso. Se non perdoniamo, dimostriamo di non aver mai acquisito davanti a Dio la giusta disposizione d'animo in virtù della quale Egli ci possa perdonare. Qual è la tua posizione? Sai perdonare? O ci sono uomini e donne a cui ostinatamente rifiuti il perdono? Se ci sono, dimostri che la tua anima non è a posto davanti a Dio. Il tuo amore per Dio si dimostra tramite il tuo amore per gli uomini; la tua relazione con Dio può essere misurata alla luce delle relazioni che ti legano ai tuoi simili. L'uomo che non ama il fratello che vede non può amare Dio che non vede. Esamina la tua condizione attuale. Se c'è qualcuno nella tua vita per cui ti rifiuti di pregare e di perdonare, sappi che il tuo cuore non è a posto con Dio. La prima cosa che devi fare è pregare per loro e dire: "Perdonaci, perdona quell'uomo che mi ha ferito, ha bisogno di perdono, ma anch'io ne ho altrettanto bisogno. Siamo entrambi nel torto. Sarebbe stato più semplice per lui se avessi agito con giustizia anziché abbandonarmi alle mie reazioni". In secondo luogo, chiedi di avere l'opportunità di incontrarlo. Terzo, dichiara che quando lo incontrerai, ci sarà in te la regalità della grazia divina, per rivestirti di quell'amore misericordioso che copre moltitudine di peccati. Sii disposto a manifestare questa pietosa misericordia divina esprimendola con parole gentili e amabili |
SI! al Maestro unico Ma voi non vi fate chiamar "Maestro", perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli". (Matteo 23:8). L'opinione pubblica italiana in questi ultimi mesi si è divisa in due per una questione davvero importante: l'istruzione dei nostri ragazzi. Alcuni sostengono che la volontà del governo di reintrodurre il maestro unico nella scuola elementare è sconsiderata: ormai -affermano- sono vent'anni che questa figura è stata superata definitivamente, estendendo a tutti i corsi della scuola elementare l'esperienza di collaborazione e condivisione di responsabilità tra docenti che era maturata nel tempo pieno. La pluralità di docenti ha permesso ai maestri e alle maestre di approfondire la conoscenza di una specifica disciplina e ha rafforzato lo spirito di collaborazione, rendendo la scuola elementare una comunità di conoscenze. Dall'altro lato abbiamo, invece, coloro che affermano che il ritorno del maestro unico significhi "riguardare al passato per crescere nel futuro". Il maestro unico -affermano coloro che sostengono il governo- torna in aula per ripristinare un'unità pedagogica fondamentale nelle scuole primarie, essenziale affinché l'apprendimento dei più piccoli possa essere unitario e frutto di un progetto studiato, costante e continuativo. È inoltre importante -secondo il governo- che la scuola primaria torni a dare ai bimbi quello che più gli occorre: le basi e il metodo per studiare e non una pioggia di insegnamenti svariati e slegati l'uno dall'altro; è essenziale che la scuola torni a concedere ai piccoli scolari la possibilità di avere una signora maestra o un signor maestro, guida autorevole e al tempo stesso compagno nelle sfide di ogni giorno, che segue ogni fase dell'apprendimento e della crescita della classe da vicino e con costanza, che studia metodi di insegnamento ad hoc per i suoi alunni e li integra nel modo più coerente possibile. Senza voler entrare ulteriormente nel merito, vogliamo prendere spunto da tutto ciò per riflettere con l'aiuto del Signore su un argomento di vitale importanza: Cristo nostro unico Insegnante. La Scrittura afferma che negli ultimi tempi "alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demoni, sviati dall'ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza. Essi vieteranno il matrimonio e ordineranno di astenersi da cibi che Dio ha creati perché quelli che credono e hanno ben conosciuto la verità ne usino con rendimento di grazie..." (I Tim. 4:1- 4). Questi maestri "dicon male di tutte le cose che non sanno; e in quelle che sanno per natura, come le bestie senza ragione, si corrompono. Guai a loro! Perché si sono incamminati per la via di Caino, e per amor di lucro si son gettati nei traviamenti di Balaam, e son periti per la ribellione di Core. Costoro son delle macchie nelle vostre agapi quando banchettano con voi senza ritegno, pascendo se stessi; nuvole senz'acqua, portate qua e là dai venti; alberi d'autunno senza frutti, due volte morti, sradicati; furiose onde del mare, schiumanti la lor bruttura; stelle erranti, a cui è riserbata la caligine delle tenebre in eterno" (Giuda 10-13). Ecco perchè l'apostolo Giacomo esorta tutti noi a non atteggiarci da maestri "sapendo che ne riceveremo un più severo giudicio" (Giac.3:1). Al tempo di Cristo, degli apostoli e anche nel nostro tempo vi sono persone che amano ergersi da maestri su gli altri. Gesù rivolgendosi agli undici disse: "...Gli scribi e i Farisei seggono sulla cattedra di Mosè. Fate dunque ed osservate tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le opere loro; perché dicono e non fanno. Difatti, legano de' pesi gravi e li mettono sulle spalle della gente; ma loro non li voglion muovere neppure col dito. Tutte le loro opere le fanno per essere osservati dagli uomini; difatti allargano le lor filatterie ed allungano le frange de' mantelli; ed amano i primi posti ne' conviti e i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze e d'esser chiamati dalla gente: "Maestro!" Ma voi non vi fate chiamar "Maestro", perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli". (Matteo 23:5-8). Al tempo di Gesù non mancavano certamente gli insegnanti, sia quelli secolari che religiosi, eppure l'insegnamento del Cristo toccava particolarmente i cuori degli ascoltatori: infatti, leggiamo nella Scrittura che "la gente stupiva della sua dottrina, perch'egli li ammaestrava come avente autorità e non come gli scribi... E tutti sbigottirono talché si domandavano fra loro: Che cos'è mai questo? È una dottrina nuova! Egli comanda con autorità perfino agli spiriti immondi, ed essi gli ubbidiscono!". Possiamo affermare per esperienza personale che Egli è un Insegnante di qualità, "da chi andremo noi?" solo Lui ha parole "di vita eterna" (Giov.6:68). Abbiamo imparato ad andare a Lui per qualsiasi bisogno sia esso spirituale, morale che materiale. Egli ha sempre qualcosa di buono da insegnarci. Durante il Suo ministerio terreno con maggiore frequenza Gli è stato rivolto l'appellativo di "Rabbì", ossia Maestro. Egli è, infatti, il Maestro Perfetto, tutti coloro che Lo ascoltano e apprendono le Sue parole giungono alla vera libertà, infatti Egli stesso ebbe ha dire: "...Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi." (Giov.8:31,32). Leggiamo nel testo Sacro che Gesù era profeta potente in opere e in parole dinanzi a Dio e a tutto il popolo (Luca 24:19). Il Suo non era un insegnamento fragile, sterile pieno di imperfezioni, ma era forte e dinamico. Il Suo parlare tendeva ad arricchire i Suoi interlocutori, mirava ad un cambiamento del cuore e della mente. Il Suo insegnamento compungeva le anime che si ravvedevano e per grazia realizzavano il dono della salvezza. Insieme possiamo affermare "Si! al Maestro unico". Gioacchino Caltagirone
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Inviato da: kb_7
il 01/01/2010 alle 01:56
Inviato da: kb_7
il 16/09/2009 alle 18:00
Inviato da: CRIUNAMICAXTE
il 09/09/2009 alle 22:25
Inviato da: rebecca.mmm
il 08/06/2009 alle 11:21
Inviato da: edmondo2000
il 07/06/2009 alle 12:01