Creato da: lecasame il 04/04/2010
Con calma e per piasèr

 

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 2001.

 

DIFENDIAMOCI!

Intanto difendiamoci
da chi ci sta sbranando,
poi penseremo a individuare
chi glielo sta lasciando fare.

 

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UN GIORNO MIGLIAIA DI UOMINI LASCERANNO...

Proclama all’occidente 
del presidente algerino Houari Boumediene
nel 1974 dal podio delle Nazioni Unite:

“’Un giorno milioni di uomini lasceranno l’emisfero sud per fare irruzione nell’emisfero nord. E non in modo amichevole.

Verranno per conquistarlo, e lo conquisteranno popolandolo con i loro figli. E’ il ventre delle nostre donne che ci darà la vittoria”.

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IL CUCULO

... quando si schiude l’uovo del cuculo, il piccolo intruso sbatte fuori dal nido i suoi “fratellastri” caricandosene sul dorso le uova e gettandole fuori, o spingendo giù gli altri uccellini del nido se sono già nati...

Leggi tutto

 

SPOT PARTITO DEMOCRATICO SVEDESE

 

QUESTA E' SPARTA!

 

Dichiarazioni DIRITTI UMANI

Dichiarazione Universale
dei diritti umani

................................

Dichiarazione Universale
dei diritti dell'uomo nell'islam

................................

 

Messaggi di Aprile 2012

 

NIGERIANA IN TRENO SENZA BIGLIETTO, MORDE L'AGENTE

Post n°832 pubblicato il 18 Aprile 2012 da lecasame

In treno senza biglietto morde l’agente: arrestata

La colf nigeriana di 24 anni, è stata fermata sulla linea Calalzo-Conegliano per calmarla sono intervenuti i carabinieri, al poliziotto undici giorni di prognosi

Colf senza biglietto del treno morde un agente della Polizia di Stato a Vittorio Veneto. Arrestata dai carabinieri una ventiquattrenne nigeriana residente in città. Scene da far west lunedì verso le 19, sulla tratta Conegliano-Calalzo. A.V.O., nubile, regolare, viaggiava sul treno diretto a Vittorio Veneto. L’africana vi era salita senza biglietto. Quando si è presentato il controllore, lei si è rifiutata di dare le generalità. Il dipendente si è così rivolto a un agente della Polizia di Stato che viaggiava sul convoglio.

Con lui, ha pensato, riuscirò ad avere i dati necessari. Ma la giovane colf non ha battuto ciglio neppure davanti al poliziotto. Con caparbietà si è rifiutata sia di esibire il biglietto, che di farsi identificare. A quel punto all’agente non è rimasto che chiamare la centrale operativa dei carabinieri di Vittorio Veneto. La pattuglia dell’Arma ha atteso l’arrivo del treno sui binari della stazione ferroviaria cittadina. La donna però aveva sentito la telefonata. Appena il treno si è fermato in stazione ha cercato di svignarsela. Una fuga vana bloccata poco dopo dai militari. La colf, una volta acciuffata, ha cercato in tutti i modi di opporre resistenza, mordendo e graffiando al braccio destro il poliziotto. L’agente ha dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso di Costa.

I sanitari gli hanno riscontrato lesioni guaribili in undici giorni. A.V.O. è stata arrestata per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. La domestica è stata immediatamente rinchiusa nella camera di sicurezza del comando dei carabinieri di Vittorio Veneto a disposizione dell’autorità giudiziaria. Ieri mattina per la giovane extracomunitaria è avvenuta la convalida dell’arresto. L’avvocato incaricato della difesa della nigeriana ha chiesto i “termini a difesa”, cioè il tempo necessario per poter studiare gli atti. Il processo slitterà così nel mese di maggio.

http://tribunatreviso.gelocal.it/cronaca/2012/04/17/news/in-treno-senza-biglietto-morde-l-agente-arrestata-1.4379148

 
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PAOLA SEVERINO, MINISTRO DELLA GIUSTIZIA DEL GOVERNO MONTI

Post n°831 pubblicato il 17 Aprile 2012 da lecasame

 
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SICILIA. 30MILA FORESTALI PER 5.100 KM2

Post n°830 pubblicato il 17 Aprile 2012 da lecasame

Trentamila forestali per 5.100 Km2
di Rosario Battiato

Ambiente. I costi clientelari della salvaguardia.
Costi. La Copaff (Commissione paritetica per l’attribuzione del federalismo fiscale) ha calcolato che
per le foreste
Sicilia, Calabria e Campania spendono il 75,5% di tutte le regioni, pur avendo il 14,5% di superficie.
Cause. Al primo posto c’è la Sicilia: 1.455 € l’anno per ettaro; seguono la Calabria (597 €) e la Campania (410 €). Sono le regioni dove si concentra il maggior numero di operai forestali e l’Isola batte tutti

PALERMO – Regione che vai, foresta che trovi. In Sicilia la gestione delle foreste è l’ultimo, anche se non del tutto inedito, cavallo di Troia scatenato dalla polemica federalista per attaccare il cuore della gestione amministrativa isolana. Non si tratta però di una polemica infondata, perché in effetti la gestione di un ettaro di foresta in Sicilia costa proporzionalmente molto di più che nel resto d’Italia. Necessità dei nostri pregiatissimi boschi? Non si direbbe proprio. Si tratta semmai di un esercito di operai forestali che figlio di una gestione non sempre illuminata delle risorse di mamma Regione, oggi pesa come un macigno sulle finanze della Sicilia.

Per comprendere appieno gli esiti di un meccanismo che nella sua storia riprende le care tematiche siciliane dell’intreccio tra politica, clientelismo e improvvisazione creativa, bisogna cominciare proprio dal bosco.
L’ultimo rapporto dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio registra in Sicilia, dati aggiornati al 2005, una stima di superficie pari a 388 mila ettari anche se un recente aggiornamento, realizzato durante la gestione di Pietro Tolomeo, dirigente generale del corpo Forestale della Regione Siciliana, ha evidenziato una nuova mappatura dei boschi regionali. “Abbiamo completato l’inventario forestale, che non è altro che la classificazione delle reali superfici boscate presenti in Sicilia, perché i dati precedentemente esistenti erano ormai superati, e gli elenchi presentavano dati estremamente inferiori alla realtà”. Il risultato è stato sorprendente in quanto “è emerso che la superficie boscata è il doppio di quanto risultava dall’inventario nazionale”, cioè che la differenza tra “il dato vecchio e quello che noi abbiamo acquisito è da 350.000 ettari a 510.000 ettari”. Un risultato da non sottovalutare perché, in teoria, le foreste siciliane dovrebbero essere tra le più tutelate d’Italia perché godono di un rapporto tra operaio forestale ed ettaro curato tra i più elevati.

 Gli operai forestali nell’Isola sono circa 25mila (5.550 solo a Catania), per una superficie boscata pari a 510mila ettari, che vuol dire poco più di
20 ettari a testa
da curare.
Un numero in continua contrazione, 30.754 nel 2006, 28.866 nel 2008, e intorno a 25 mila nel 2010, ma che resta  appena inferiore alla metà dell’intera quota nazionale che si aggira intorno a 70 mila. E pensare che l’Isola ha una media di bosco su territorio complessivo inferiore a quella nazionale, ovvero poco meno del 10% contro il 30% di media nel resto del Paese.
Se tutti avessero la nostra media, gli italiani sarebbero un popolo di forestali.
Ad esempio, riflettendo la media regionale sulla superficie boschiva della Toscana, pari a poco più di un milione di ettari secondo i dati dell’ultimo inventario pubblicato nel 2008 e aggiornato al 2005, ci dovrebbero essere circa 50 mila operai forestali. In realtà, la Toscana prevede un meccanismo che conta appena 600 operai forestali, dati Regione Toscana, 200 tecnici e 3.800 volontari convenzionati che non ricevono rimborsi personali, ma unicamente contributi alle associazioni d'appartenenza. I forestali toscani sono tutti assunti a tempo indeterminato.
Ma la Toscana non è l’eccezione dell’eccellenza, perché in realtà sembra proprio che l’eccezione in negativo sia la Sicilia. In Umbria, il patrimonio boschivo più ampio d’Italia in rapporto all’estensione della regione, ci sono solo 650 operai forestali per 390.255 ettari di bosco, cioè circa
600 ettari a testa.
Ovviamente si tratta di calcoli di massima, che non tengono effettivamente dei giorni lavorativi dei precari, né del loro effettivo impiego sul territorio, ma sono statistiche sin troppo evidenti per non servire come strumento di riflessione sulla questione.

Il problema non è tanto degli operai, che hanno subito un meccanismo clientelare che nel corso degli anni ha sostanzialmente tenuto loro in uno stato di precarietà perenne, i famosi 78sti (settantottisti), 101sti (centunisti) e 151sti (centocinquantunisti), ma di un sistema che favoriva una collocazione nella grande macchina amministrativa della Regione. Inserimento che però ha i suoi costi, infatti secondo un’inchiesta di Panorama per gli stipendi di questo esercito di precari la Regione sborsa 170 milioni di euro, e a fine anno è prevista l’indennità di disoccupazione, fino a un massimo di 3 mesi. Questi ragionamenti sono stati confermati anche dal conteggio della spesa regionale in Sicilia per le foreste in rapporto a quanto si spende in altre regioni italiane. Il calcolo è stato effettuato dalla Copaff (Commissione tecnica paritetica per l’attribuzione del federalismo fiscale) che ha la fotografato la mappa dei costi delle foreste in Italia. Secondo la Commissione un ettaro di foresta determina una
spesa annua regionale di
1.455€ in Sicilia, di
597€ in Calabria, di
410€ in Campania.
Queste tre regioni mantengono complessivamente il 14,5% delle foreste italiane, ma
assieme spendono il 75,5% di tutte le regioni italiane.
La Toscana spende complessivamente 12 milioni di euro, pari a circa 10 euro per ettaro di superficie boscata. Un dato pienamente confermato anche dal bilancio regionale isolano.

Nel 2008, l’impegno per funzione della
Regione Siciliana nel settore foreste ha toccato quota
324.057.802€, cifra record italiana seguita dalla
Calabria a 287.088.211€.
Nel 2009 solo una piccola flessione, ma l’Isola resta leader a quota 279.729.893€.

 
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BERGAMO. MAROCCHINO AGGREDISCE E DERUBA RAGAZZA

Post n°829 pubblicato il 15 Aprile 2012 da lecasame

Prende a pugni ragazza per rubarle l'iPad, arrestato

(AGI) Bergamo - Ha aggredito una ragazza e l'ha presa a calci e pugni per prenderle la borsetta che conteneva anche l'Ipad, ma non e' riuscito a farla franca. E' stato preso il responsabile della brutale aggressione di una giovane di 19 anni avvenuta l'altra sera a Martinengo. La ragazza stava rientrando quando e' stata affrontata da un uomo che l'ha picchiata con violenza, l'ha derubata ed e' scappato con la borsa della ragazza, che conteneva il borsellino, il cellulare e l'iPad. La vittima dell'aggressione e' salita in casa dove i genitori hanno dato l'allarme. Ora e' ricoverata in ospedale per una serie di traumi soprattutto al volto. Basandosi sulla descrizione del rapinatore, i carabinieri e la polizia locale sono risaliti a un

marocchino clandestino

di 32 anni, con precedenti per droga e furti. La sua foto segnaletica e' stata mostrata alla ragazza, che lo ha riconosciuto. L'immigrato e' stato arrestato per rapina e lesioni e portato in carcere .

http://www.agi.it/ultime/notizie/201204151114-cro-rom0020-prende_a_pugni_ragazza_per_rubarle_l_ipad_arrestato

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Clandestino e con precedenti per droga e furti...

Sveglia gente!

 

 
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A Milano gli Hu sono più dei Brambilla

Post n°828 pubblicato il 15 Aprile 2012 da lecasame

A Milano gli Hu sono più dei Brambilla
Domenica, 15 aprile 2012 - 15:50:00


Fra i primi trenta cognomi milanesi, venticinque anni fa, non ce n'era nemmeno uno straniero. Oggi ce ne sono quattro e l'unica continuità con il passato è rappresentata dal vertice della classifica, che anche nel 2012 è occupata, dai Rossi ma già al secondo compare l'orientale Hu. Non solo: tra i primi dieci cognomi registrati all'anagrafe del Comune di Milano, ben tre sono di chiara provenienza cinese. I dati, forniti dall'assessore Daniela Benelli, "dimostrano come Milano stia cambiando sul piano etnico e sociale". Tant'è vero che il milanesissimo Brambilla, cognome con cui viene identificata la famiglia meneghina per antonomasia, è solo all'ottavo posto, mentre l'altrettanto milanese Fumagalli è al trentesimo.

"Questa classifica dei cognomi - spiega l'assessore Benelli - è un indicatore dell'evoluzione nel tempo della città e dei suoi abitanti. Se negli anni Cinquanta e Sessanta colpiva il diffondersi dei cognomi meridionali, ora questo discorso vale per quelli stranieri: con il tempo verrà meno lo stupore anche per questi ultimi". I cognomi cinesi in città vanno per la maggiore: fra i primi 100 se ne contano ben 12. Ci sono 3.694 Hu, 1.625 Chen e 1.439 ìZhou. Poi 1.030 Wang, 930 Wu, 916 Lin, 829 Zhang, 742 Liu, 684 Zhao, 676 Li, 633 Zhu, 581 Zheng. E i milanesi a questi cognomi brevi si sono ormai abituati per ragioni storiche: la comunità cinese è la più antica della città, visto che il primo insediamento in via Paolo Sarpi risale agli anni Venti.

A parte la massiccia presenza dei cinesi, scorrendo l'elenco dei 100 cognomi più diffusi, spiega l'assessore, non si rilevano 'invasioni' degli stranieri. Solo tre, fra i primi cento, i cognomi di chiara matrice araba: Mohamed al 34esimo posto (944 persone), Ahmed, al 63esimo (741). Ibrahim al 75esimo posto (656). Sorprese anche dall'analisi dei cognomi ambrosiani doc. Tra i primi dieci figurano al terzo posto Colombo (3.685), al quarto Ferrari (3.568), al settimo Villa (1.905), tutti di antica tradizione meneghina. Brambilla, invece, compare solo al nono posto della classifica (1.536 cittadini), mentre Beretta (il cognome del primo sindaco di Milano) è relegato addirittura al 28esimo posto con 1.042 persone.

http://affaritaliani.libero.it/milano/cinese150412.html

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Ci stanno SOSTITUENDO...

 
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La figuraccia del sottosegretario Polillo con l'imprenditore Zucchi

Post n°827 pubblicato il 14 Aprile 2012 da lecasame

Una "lezione" data
dall'imprenditore Zucchi

...
- E' cambiato qualcosa col ministero Monti?
- No. Tutto peggiorato, solo più tasse.
...

 
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Tranviere aggredito da un immigrato

Post n°826 pubblicato il 13 Aprile 2012 da lecasame

Anche la moglie del dipendente atm ha ricevuto un calcio

Tranviere aggredito da un immigrato

Il conducente del 23, a fine servizio, ha ricevuto un pugno in faccia da un africano che pretendeva di farlo ripartire

MILANO - Aggressione ai danni di un conducente Atm da parte di un cittadino africano, ieri pomeriggio alle 16.15 in piazzale Bottini: la vittima, 36 anni, ha riportato un taglio al labbro inferiore. Il conducente del tram 23, giunto a fine corsa, stava sistemando il mezzo quando un uomo di presunta origine senegalese gli ha chiesto di

condurlo in piazza Leonardo da Vinci.

Dopo aver spiegato di non poter ripartire perché giunti al capolinea, il conducente Atm

è stato aggredito con un pugno

dall’uomo, che è poi fuggito nella stazione della metropolitana di Lambrate, ha saltato i tornelli ed è salito su un convoglio diretto verso la stazione Centrale. Ad allertare le forze dell’ordine è stata la moglie 42enne del conducente che, attendendolo al capolinea, ha assistito alla scena e, cercando di intervenire,

è stata colpita con un calcio.

L'uomo è stato sicuramente ripreso dalle telecamere di sorveglianza della stazione di Lambrate: indagini in corso

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_aprile_7/tranviere-aggredito-africano-piazza-bottini-2003994077800.shtml

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IMMIGRATI prepotenti e arroganti!

 
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BERTINOTTI E' STATO BOCCIATO TRE VOLTE ALLE SUPERIORI

Post n°825 pubblicato il 13 Aprile 2012 da lecasame

Sapevate che anche Bertinotti, come Renzo Bossi, è stato bocciato tre volte alle superiori?

Uno è chiamato “Il Trota” ed è additato quale esempio della scarsa meritocrazia italiana. L’altro è stato persino docente universitario. Verrebbe da pensare che uno sia un autentico somaro e l’altro un intellettuale, come minimo laureato. Invece no. Renzo Bossi, il “Trota”, e Fausto Bertinotti, il docente universitario, vantano la medesima carriera scolastica. Entrambi non sono laureati, anche se per la verità il figlio del leader del Carroccio è ancora all’inizio della sua carriera universitaria. Ed entrambi si sono diplomati con ben tre anni di ritardo a causa di ripetute bocciature.

Su Renzo Bossi si sa già tutto e il contrario di tutto, inutile soffermarsi ulteriormente. Parliamo di Fausto Bertinotti: il “comunista in cachemire” si è diplomato come perito elettronico (!!) presso l’Istituto Tecnico “Omar” di Novara. Correva l’anno 1962, Fausto Bertinotti è nato nel 1940: il diploma gli è stato consegnato alla veneranda età di 22 anni (età in cui oggi in teoria si potrebbe conseguire una laurea breve) a causa delle

tre bocciature maturate durante i cinque anni delle scuole superiori.

Non esattamente uno studente modello. Eppure ha fatto una brillante carriera in politica. E nessuno se ne lamenta.

Per la verità in pochi conoscono le peripezie scolastische del comunista in cachemire, ma i pochi che ne hanno l’onore addirittura riescono a trasformare lo scarso rendimento in un “valore aggiunto” che depone a favore di Bertinotti.

Guardate come lo descrive Aldo Cazzullo in questo articolo apparso sul Corriere della Sera nel 2005.

Bertinotti , secondo Cazzullo,

non è “un somaro”, “un asino”, bensì, udite udite, ”L’unico leader della sinistra italiana ad aver avuto una formazione proletaria” (!!), “ad aver imparato a leggere non sui classici ma sulle pagine sportive dell’Avanti” (!),

E poi?

“E poi le interrogazioni all’Istituto per periti industriali Omar, dove si diplomò con un paio di anni di ritardo (parziale ammissione di Bertinotti, in realtà gli “anni di ritardo” sono tre n.d.r.) parlando per ore anche se impreparato”.

Ma che bravo!

Insomma, a differenza di Renzo Bossi, Bertinotti ne esce bene. Ed era pure in gamba, molto in gamba, perché durante le interrogazioni parlava per ore anche senza sapere nulla. Si potrebbe dire che in politica sia rimasto lo stesso.

Cari laureati italiani con 110 e lode, sappiate che Bertinotti è diventato presidente della Camera. E pure docente universitario, incarico prestigioso che in teoria dovrebbe spettare ai soli laureati. Invece no,

 il glorioso ateneo di Perugia, per festeggiare i suoi 700 anni di storia, nel 2008 ha deciso di offrirgli nientemeno che una cattedra da “docente di diritto costituzionale”.

Osserviamo il manifesto che raffigura il viso di una precaria e quello di Renzo Bossi: c’è scritto “Laureata con 110 e lode, operatrice call center, 800 euro al mese” sotto la ragazza, “Bocciato tre volte alla maturità, consigliere regionale della Lombardia, 10.000 euro al mese” sopra il “Trota”. Diecimila, però, sono anche le preferenze che Bossi jr ha ottenuto per diventare consigliere regionale.

E se sostituissimo la faccia di Renzo Bossi con quella di Fausto Bertinotti, scrivendo

 “Bocciato tre volte alle superiori, mai laureato, ex parlamentare, ex segretario di partito, ex presidente della Camera, ex docente universitario, pensionato a 9.000 euro al mese”?

Ovviamente, non potrebbe mancare la considerazione finale che appare sul manifesto: “Questa è l’Italia!”. O no, cari compagni?

http://www.qelsi.it/2011/sapevate-che-anche-bertinotti-come-renzo-bossi-e-stato-bocciato-tre-volte-alle-superiori/

 
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GRADUATORIE PER ALLOGGI PUBBLICI A SAN MINIATO (PISA)

Post n°824 pubblicato il 13 Aprile 2012 da lecasame

Graduatoria provvisoria per l'assegnazione di alloggi pubblici

San Miniato (PISA) - 10 aprile 2012

 

Ai primi venti (20) posti
gli unici che avranno concrete possibilità di prendere casa
CI SONO SOLO cinque (5) ITALIANI

S V E G L I A  G E N T E !

 
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Torino: campo rom tra topi, rifiuti, sale biliardo e bar abusivi

Post n°823 pubblicato il 13 Aprile 2012 da lecasame

11 Aprile 2012, ore 10:45

Torino: nell'inferno del campo rom tra topi, rifiuti, sale biliardo e bar abusivi

Il campo nomadi di lungo Stura Lazio è una città nella città. Un inferno per chi ci vive. Ma anche per chi abita o lavora lì vicino. Le uniche a sorridere sono le bambine, che la mattina fanno da mamme ai fratellini appena nati. Li portano a spasso in passeggino sulla via principale, fatta di terra e pietre, facendo lo slalom tra i cadaveri dei topi. Le mamme, quando il sole si alza, stendono i panni. I padri dormono ancora, sfilacciano i cavi di rame o chiacchierano, bevendo una birra dietro l'altra. Le bimbe che giocano con bambole in carne ed ossa non vanno a scuola. E neppure i maschietti, che quando non escono per cercare ferraglie o battere moneta ai semafori passano il tempo giocando a biliardo nei bar dentro il campo. Per ora, gli zingari ne hanno aperti tre. Uno più piccolo dentro una baracca con sala per le feste e televisore, uno con gazebo e carambole, l'altro con dehor per le danze.

Rivendono - senza scontrino - birre, Coca Cola e superalcolici. Ma anche acqua potabile, visto che nel campo non c'è neppure una fontana. Le condizioni igieniche sono disperate.

Le toelette, una tazza dentro un gabbiotto di legno senza porte, scaricano direttamente nel fiume.

L'immondizia si confonde con i giocattoli, diventa parte integrante della città, che continua ad ingrandirsi, ad accogliere persone nuove e ad inglobare problemi. Non tutti, naturalmente, delinquono. Anzi, in molti campano raccogliendo ferri vecchi che poi vengono ripuliti e rivenduti. Ma i criminali ci sono, e il rischio di "contagio" della parte sana di un campo in cui

un uomo venne bruciato vivo perché si rifiutava di andare a rubare

resta altissimo.

Alcuni pregiudicati, pare che in questi giorni siano cinque o sei, hanno addirittura ottenuto i domiciliari. E i magistrati, per spedire loro pratiche e convocazioni, fanno riferimento al numero delle baracche, tracciate con una bomboletta spray di colore rosso. I numeri dei residenti, invece, sono incerti. Ma alcune stime parlano di duemila persone. Tra loro, anche due italiani che hanno deciso di abbandonare la vita dall'altra parte del fiume per trasferirsi qui, in quel girone infernale che monsignor Nosiglia definì «da quarto mondo». «L'ho fatto per amore - spiega uno dei due - e sono stato accolto benissimo. In fondo stiamo bene, ma se ci dessero qualche pala per raccogliere l'immondizia e qualche cassone industriale per buttarla staremmo meglio».

Stefano Tamagnone -
tamagnone@cronacaqui.it 

http://www.cronacaqui.it/torino/24396_torino-nellinferno-del-campo-rom-tra-topi-rifiuti-sale-biliardo-e-bar-abusivi-foto-e-video.html

VIDEO

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Se andassero a lavorare e pagassero le tasse potrebbero vivere civilmente e l'immondizia la butterebbero regolarmente nei cassonetti comunali. E magari invece di delinquere e defecare nei fiumi potrebbero essere una risorsa per il Paese che li ospita.

 
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'I veri razzisti sono gli stranieri che delinquono

Post n°822 pubblicato il 12 Aprile 2012 da lecasame

''I veri razzisti sono gli stranieri che delinquono''
E' la premessa di Marco Zappa per spiegare l’iniziativa a livello nazionale intrapresa

VITERBO – ''Premetto che noi non siamo affatto razzisti. Riteniamo invece che i veri razzisti siano loro. Quegli esseri bestiali, assimilabili a quelli che un tempo venivano definiti 'barbari', che agiscono con modalità ormai tristemente note: reiterati casi di stupro, pestaggi violentissimi e casi sempre più frequenti di omicidio. Un comportamento che denota un disprezzo misto a odio verso gli italiani. Ecco perché diciamo che i razzisti sono loro''.

Parte da questa premessa la spiegazione dell’iniziativa a livello nazionale intrapresa da Marco Zappa, apprezzato pittore e scultore, figlio di Ausonio Zappa, il fondatore delle Accademie di Belle Arti di Milano e Viterbo, vittima di un selvaggio pestaggio nella sua villa a Bagnaia durante un rapina compiuta da quattro giovanissimi romeni.

Si tratta di una sorta di ''manifesto'' in 12 punti, intitolato ''Movimento d’identità nazionale'', finalizzato a sollecitare alle istituzioni una serie di interventi necessari a restituire tranquillità alle famiglie, a promuovere l’integrazione degli immigrati ''che vivono onestamente tra noi la realtà del lavoro quotidiano ed assistono con vergogna e imbarazza alle brutali gesta di una esigua minoranza di loro connazionali'', e a colpire con durezza e determinazione chi delinque.

Perché ha scelto proprio la pubblicazione di un ''manifesto'' per porre all’attenzione dell’opinione pubblica la sua iniziativa?

''E’ un tentativo, forse ingenuo ma sentito, di svegliare tutti noi dal torpore del perbenismo, dall’ignavia e dall’ipocrisia dilagante che hanno corrotto le nostre coscienze. Ammesso e riconosciuto lo scadimento etico della nostra società, a partire dalla carenza educativa della famiglia e la ricerca di vani ideali, tanto effimeri quanto superficiali, dobbiamo pur registrare un fenomeno sconosciuto a noi italiani, che ci ha trovato impreparati, quindi privi di difese. Mi riferisco alla

massiccia invasione di immigrati comunitari dell’Est europeo, in primo luogo romeni, e di extracomunitari

di varie provenienze che sta destabilizzando la qualità della nostra vita e, soprattutto, le abitudini consolidate da in secoli di sviluppo culturali che hanno sancito la grandezza del nostro Paese. Un’invasione che ha dato buoni frutti di integrazione e rispetto reciproco, ma che ha anche generato una spirale di violenza brutale ad opera di frange criminali giunte in Italia al solo scopo di delinquere''.

L’immigrazione è un fenomeno che riguarda tutto il continente europeo. Perché lei ritiene che ci siano bande criminali che prediligono l’Italia per le loro scorribande?

''Perché conoscono bene le nostre leggi, la cronica incapacità del nostro Paese a rendere effettive le pene inflitte, la tentazione irresistibile delle nostre classi dirigenti a discernere le ragioni sociologiche, antropologiche, psicologiche o filosofiche che sottintendono tali comportamenti. Disquisizioni che finiscono per occultare la verità, cioè che tale furia bestiale non nasce da situazioni contingenti o casuali, me è ben studiata e premeditata, e trova facile attuazione in una realtà, qual è la nostra, retta da leggi risibili, cavilli. Sanno bene che ad ogni episodio di violenza noi ci indigniamo, gridiamo vendetta, ma poi aspettiamo il prossimo caso per ricominciare daccapo e pieghiamo la testa. Proprio come vogliono loro''.

Non teme che la sua iniziativa possa travolgere anche gli immigrati onesti, che sono la stragrande maggioranza, e innescare una spirale di odio anche contro di loro?

''No. Conosciamo bene i meriti degli stranieri onesti. A loro chiediamo di comitati o rappresentanze cittadine per segnalare subito alle forze dell’ordine gli elementi pericolosi, affinché possano essere subito espulsi dal nostro Paese''.

12/04/2012 - 04:00

 
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Tutti gli uomini del Pd indagati, arrestati, imputati e condannati

Post n°821 pubblicato il 12 Aprile 2012 da lecasame

Tutti gli uomini del Pd indagati, arrestati, imputati e condannati

Legenda:
P patteggiamento o condannato
A arrestato
I indagato
R rinviato a giudizio o imputato

Piemonte 8
A P Bartolomeo Valentino ex assessore di Collegno (Torino): 2 anni per concussione.
P Antonio Tenace assessore della Provincia di Novara: 2 mesi e 20 giorni per violazione del segreto d’ufficio.
R Michele Cressano consigliere comunale a Vercelli: falso ideologico e abuso d’ufficio.
P Giusi La Ganga candidato alle ultime elezioni comunali del Pd: 20 mesi di reclusione e multa di 500 milioni di lire per finanziamento illecito ai partiti.
I Giuseppe Catizone sindaco di Nichelino: abuso edilizio.
R Andrea Oddone sindaco di Ovada: omicidio colposo.
I Franco De Amicis ex segretario Pd Basso Canavese: bancarotta fraudolenta.

Liguria 8
A Franco Pronzato ex consigliere di Claudio Burlando e Bersani: corruzione.
A Franco Bonanini presidente del Parco delle Cinque Terre e parlamentare europeo: truffa e associazione a delinquere.
A Roberto Drocchi funzionario, ex candidato di Savona: truffa continuata e falso in atti pubblici.
I Vito Vattuone consigliere regionale: associazione per delinquere, corruzione e altri reati.
I Giancarlo Cassini assessore regionale all’Agricoltura: associazione a delinquere, corruzione e altri reati.
P Massimo Casagrande ex consigliere comunale di Genova: 1 anno e 6 mesi per corruzione.
P Claudio Fedrazzoni ex consigliere comunale di Genova: 1 anno e 6 mesi per turbativa d’asta.
P Stefano Francesca ex portavoce del sindaco di Genova: 1 anno e 4 mesi per corruzione.

Lombardia 2
I Filippo Penati ex presidente della Provincia di Milano: corruzione, concussione e finanziamento illecito.
A Tiziano Butturini ex sindaco di Trezzano sul Naviglio: 2 anni e 5 mesi per corruzione.

Emilia-Romagna 9
I Luigi Ralenti sindaco di Serramazzoni (Modena): corruzione e turbativa d’asta.
I Alberto Caldana ex assessore della Provincia di Modena: peculato.
P I Flavio Delbono ex sindaco di Bologna: 1 anno e 7 mesi per truffa aggravata, peculato, intralcio alla  giustizia.
I Alberto Ravaioli sindaco di Rimini: abuso d’ufficio.
I Aldo Preda, ex senatore, Cinzia Ghirardelli, membro coordinamento provinciale, Cesare Marucci, ex consigliere comunale di Ravenna, Gianluca Dradi ex assessore di Ravenna: tutti per falso in bilancio.
I Nerio Marchesini attivista: trasferimento fraudolento di valori di una ‘ndrina calabrese.

Toscana 15

R Alberto Formigli ex capogruppo in comune a Firenze: associazione per delinquere, corruzione e altri reati.
R Salvatore Scino vicepresidente del consiglio comunale: falso ideologico.
I Andrea Vignini sindaco di Cortona (Arezzo): abuso d’ufficio.
I Graziano Cioni ex assessore di Firenze: corruzione e violenza privata.
I Gianni Biagi ex assessore all’Urbanistica di Firenze: corruzione.
I Gianluca Parrini consigliere regionale: abuso d’ufficio.
I Gian Piero Luchi ex sindaco di Barberino del Mugello: abuso d’ufficio.
I Alberto Lotti ex vicesindaco di Barberino del Mugello: corruzione e abuso d’ufficio.
I Paolo Cocchi ex assessore regionale: abuso d’ufficio.
I Daniele Giovannini ex assessore comunale di Barberino del Mugello: abuso d’ufficio.
I Giovanni Guerrisi consigliere comunale di Barberino del Mugello: falso ideologico.
I Marzio Flavio Morini sindaco di Scansano (Grosseto): corruzione.
I Fabrizio Agnorelli sindaco di Piancastagnaio (Siena): truffa aggravata e falso.
R Fabrizio Neri ex sindaco di Massa-Carrara: abuso d’ufficio.
I Antonella Chiavacci ex sindaco di Montespertoli: omissione di controllo.

Umbria 7
I Eros Brega presidente del consiglio regionale: peculato e concussione.
I Maria Rita Lorenzetti ex presidente della regione: abuso d’ufficio.
I Maurizio Rosi ex assessore regionale alla Sanità: abuso d’ufficio.
I Luca Barberini consigliere regionale: peculato.
I Nando Misnetti sindaco di Foligno: peculato.
I Sandra Santoni ex capo di gabinetto di Lorenzetti: peculato.
R Giacomo Porrazzini ex sindaco di Terni ed ex deputato europeo: disastro ambientale e truffa.

Marche 1
P Fabio Sturani ex sindaco di Ancona: 1 anno e 9 mesi e interdizione dai pubblici uffici per 5 anni per concussione.

Puglia 7

P Domenico Gatti sindaco di Modugno (Bari): falso ideologico.
I Alberto Tedesco senatore: associazione per delinquere, corruzione, concussione, turbativa d’asta, abuso d’ufficio e falso.
I Michele Mazzarano ex segretario organizzativo del partito: finanziamento illecito ai partiti.
R P Flavio Fasano ex sindaco di Gallipoli (Lecce) ed ex assessore provinciale ai Lavori pubblici: 2 anni per falso e rinviato a giudizio per turbativa d’asta.
A I Sandro Frisullo ex vicepresidente della regione: associazione a delinquere e turbativa d’asta.
I Antonio De Caro capogruppo al consiglio regionale ed ex assessore di Bari alla Mobilità e al traffico: tentativo d’abuso d’ufficio.
I Adolfo Schiraldi ex presidente consiglio comunale di Triggiano (Bari): concussione.

Calabria 4
R I Agazio Loiero ex governatore regionale: associazione per delinquere, falso e abuso d’ufficio e imputato per abuso d’ufficio.
R Nicola Adamo ex vicepresidente della giunta regionale: associazione per delinquere, falso e abuso d’ufficio e imputato per associazione per delinquere, concussione, abuso d’ufficio.
A I Pietro Ruffolo assessore comunale di Cosenza: associazione per delinquere finalizzata alla truffa e al riciclaggio, e arrestato per detenzione abusiva d’armi.
P Giuseppe Mercurio ex capogruppo al Comune di Crotone, 4 anni per voto di scambio.

Veneto 2
P Statis Tsuroplis imprenditore iscritto al partito ed ex consigliere del sindaco di Venezia: 1 anno e 9 mesi per corruzione.
P Tullio Cambruzzi, tesserato pd e manager pubblico: corruzione, ha patteggiato 2 anni.

Lazio 5
Piero Marrazzo ex presidente della regione dimessosi dopo una vicenda di cocaina e trans.
R Francesco Paolo Posa ex sindaco di Frascati e consigliere provinciale: truffa, falso e indebita percezione di  erogazioni pubbliche.
I Guido Milana eurodeputato ed ex presidente del consiglio regionale: truffa, falso e indebita percezione di  erogazioni pubbliche.
I Ruggero Ruggeri consigliere provinciale: truffa, falso e indebita percezione  di erogazioni pubbliche.
R Valdo Napoli ex assessore all’Ambiente di Montefiascone: corruzione.

Campania 13
R I  Antonio Bassolino ex presidente della regione: epidemia colposa e omissione d’atti d’ufficio, sotto processo per truffa aggravata ai danni dello Stato e frodi in pubbliche forniture e per peculato.
I Rosa Russo Iervolino ex sindaco di Napoli: epidemia colposa e omissione in atti d’ufficio.
I Andrea Lettieri ex sindaco di Gricignano d’Aversa (Caserta): concorso esterno in associazione mafiosa.
I R Vincenzo De Luca ex senatore e sindaco di Salerno: abuso d’ufficio, concussione, associazione per delinquere finalizzata a truffa e falso.
P Corrado Gabriele consigliere regionale ed ex assessore regionale: 4 anni e 3 mesi per pedofilia.
A R Aniello Cimitile presidente della Provincia di Benevento: falso.

I Enrico Fabozzi sindaco Villa Literno: concorso esterno in associazione mafiosa

A I Fabio Solano componente direttivo cittadino pd di Benevento: truffa.

I Giuseppe Russo cons. regionale: truffa. Carlo Nastelli ex consigliere comunale di Castellammare: tentata estorsione.
R Carlo Nastelli, Nino Longobardi, Antonio Cinque ex consiglieri comunali di Castellammare di Stabia: truffa ai danni dello Stato e concorso in falso.

Sardegna 3
I Renato Soru, ex presidente regione, consigliere regionale e membro della segreteria nazionale: aggiotaggio, assolto in primo grado per abuso d’ufficio e turbativa d’asta.
P Graziano Milia presidente Provincia di Cagliari: 1 anno e 4 mesi per abuso d’ufficio.
I Roberto Deriu, presidente Provincia di Nuoro: abuso d’ufficio.

Abruzzo 7
R Ottaviano Del Turco ex presidente della regione: associazione per delinquere, concussione, corruzione e altri reati.
R Antonio Boschetti ex assessore regionale alle Attività produttive: associazione per delinquere, concussione e altri reati.
R Bernardo Mazzocca ex assessore regionale alla Sanità. associazione per delinquere, concussione e abuso d’ufficio.
R Camillo Cesarone ex capogruppo alla regione: associazione per delinquere, concussione e corruzione.
P Luciano D’Alfonso ex sindaco di Pescara: 4 mesi per abuso d’ufficio.
I Massimo Cialente sindaco dell’Aquila: rifiuto in atti d’ufficio.
I Fabio Ranieri consigliere comunale dell’Aquila: truffa.

Basilicata 4
I Franco Stella presidente Provincia Matera: indagato per abuso d’ufficio.
R Prospero De Franchi ex presidente del consiglio regionale: rinviato a giudizio per falso e truffa.
R Pasquale Robortella consigliere regionale e sindaco di San Martino d’Agri: rinviato a giudizio per truffa ai danni dell’Ue.
I Nicola Montesano consigliere comunale di Policoro (Matera): indagato per falso e turbativa d’asta.

Sicilia 7
A Gaspare Vitrano deputato regionale: concussione.
I Elio Galvagno consigliere regionale: falso in bilancio.
I Salvatore Termine consigliere regionale: falso in bilancio.
I Vladimiro Crisafulli senatore: falso in bilancio, rinviato a giudizio per abuso d’ufficio.
I Giuseppe Picciolo deputato regionale: calunnia.
P Vittorio Gambino funzionario: falso in atto pubblico.
P Giuseppe Palermo funzionario: falso in atto pubblico.

 

Venerdì 29 Luglio 2011

http://blog.panorama.it/italia/2011/07/29/tutti-gli-uomini-del-pd-indagati-arrestati-imputati-e-condannati/

 
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:-)

Post n°820 pubblicato il 12 Aprile 2012 da lecasame

 
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LE CONVERTITE

Post n°819 pubblicato il 11 Aprile 2012 da lecasame

Claudio Galzerano* e Vincenzo Di Peso**

Le convertite

La nuova frontiera della minaccia terroristica di matrice religiosa passa attraverso il reclutamento di giovani donne, spesso occidentali, che abbracciano l’Islam

Da tempo Al Qaeda sta cercando di compensare l’affievolimento della propria capacità operativa (causata dalla significativa perdita di uomini e mezzi) con la capillare diffusione della sua ideologia, allo scopo, soprattutto, di reclutare nuovi adepti.
In una società dominata dalla cultura digitale e che ci consente (o ci impone) di essere permanentemente connessi, le potenzialità offerte dagli strumenti informatici e dai nuovi mezzi di comunicazione sono ampiamente sfruttate anche dalle organizzazioni terroristiche di matrice religiosa.
Non a caso, tali organizzazioni hanno pianificato massicce campagne di propaganda nel Web indirizzate in prevalenza verso i giovani musulmani residenti nei Paesi occidentali.
Ne deriva che oggi ci troviamo a fronteggiare una minaccia terroristica estremamente frammentata e, nello stesso tempo, più pervasiva che in passato, in grado di assumere i volti più diversi.
Anche quello di una

donna occidentale.

Negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei si è assistito al fenomeno di

donne convertitesi all’Islam,

in taluni casi

dopo essersi sposate con un musulmano,

le quali hanno assunto

atteggiamenti più radicali rispetto alle donne di religione islamica dalla nascita.
Vi sono esempi di

donne convertite che hanno fornito supporto logistico e finanziario, che hanno svolto la funzione di corrieri e che hanno eseguito particolari compiti operativi

come la famosa

convertita statunitense Jihad Jane,

al secolo Colleen LaRose, arrestata nel 2009 con l’accusa di stare organizzando attentati in Europa.
Ve ne sono poi altre che si sono occupate dell’aspetto propagandistico e del reclutamento soprattutto sul Web, intessendo una fittissima rete di relazioni.
In questa direzione anche in Italia abbiamo colto spunti di significativo interesse.
A partire dalla fine degli Anni ’90, infatti, l’antiterrorismo italiano ha dispiegato mezzi, risorse e intelligenze per contrastare un fenomeno –

l’integralismo islamico

in quegli anni nuovo e per molti versi sconosciuto al di fuori di un ristretto gruppo di specialisti.
Già allora – parliamo del 2000 – ci imbattemmo in una

convertita all’Islam, una giovane milanese

di 28 anni, che impegnava tutte le sue risorse per

stampare e diffondere un opuscolo dal titolo Al Mujahidat (La combattente).

Era un documento scritto in italiano, distribuito, con frequenza mensile, presso diverse moschee del nostro territorio e rivolto in particolare alle donne musulmane.
La convertita che ne curava la pubblicazione – una certa Barbara islamizzatasi con il nome di

Umm Yahya’ Aisha

era la

moglie di un imam senegalese, Abdelkader,

che in quegli anni guidava la preghiera in una

moschea a Carmagnola,

vicino Torino.
Costui era

noto all’antiterrorismo

 dal 1996, allorquando fu perquisito dalle Digos di Milano e Torino nell’ambito di una delle prime operazioni di polizia effettuate in direzione

 dell’integralismo islamico,

quella convenzionalmente chiamata

Shabka (la rete),

conclusasi con

l’arresto di diversi estremisti

accusati di fare parte di una

cellula di supporto logistico dei Gruppi islamici armati algerini.

Questo imam, sospettato di essere

uno dei punti di riferimento nel nostro Paese per gli aspiranti combattenti

desiderosi di raggiungere i territori di jihad, venne

espulso verso il Senegal nel 2003 perché ritenuto pericoloso per la sicurezza nazionale.

Barbara alias Umm Yahya’ Aisha seguì il marito insieme ai loro figli.

segue

 
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LE CONVERTITE (2° parte)

Post n°818 pubblicato il 11 Aprile 2012 da lecasame

In quel medesimo contesto si accertò che anche

un’altra donna italiana convertita collaborava alla redazione del periodico Al Mujahidat/La combattente.

Si trattava di una

ragazza bergamasca di nome Anna

la quale, all’atto della conversione all’Islam, assunse il nome di

Khadija.

Anche lei era la

moglie di un estremista islamico di origine marocchina

diventato

cittadino italiano grazie al loro matrimonio.

Le ultime notizie sull’uomo, anch’egli al tempo sotto la lente di ingrandimento della Digos, risalivano al giugno del 2001, quando questi lasciò l’Italia con un volo diretto a Teheran.
Nel novembre 2001, un giornalista del New York Times venne in possesso di un appunto trovato in un’abitazione di Kabul sui cui erano annotati i nomi di Anna e Kassim, il loro indirizzo di Bergamo e il numero di telefono della loro abitazione.
Circa due anni dopo, vennero acquisite nuove notizie su

Kassim: si trovava in un carcere del Marocco,

condannato per il suo presunto coinvolgimento in

vicende di terrorismo.

L’uomo sarebbe stato

rimesso in libertà

solo nel 2011, per effetto della grazia ricevuta dal Re Mohamed VI.
La sempre più ampia diffusione di Internet intervenuta in quegli anni influì non poco sulle dinamiche con le quali questo cenacolo di integralisti diffondeva le proprie convinzioni estremiste.
Nel 2007 venne acquisita la notizia che sul

blog qital.splinder.com

erano state postate

minacce all’Italia

e ad alcuni

giornalisti,

in ragione della loro posizione notoriamente critica nei confronti del radicalismo islamico.
Questo spazio web, scritto perlopiù in italiano, conteneva numerosi testi e file multimediali nei quali venivano diffusi i messaggi dei principali leader di

Al Qaida,

riportate asserzioni apologetiche del

jihad e della violenza

come strumento di

affermazione dell’Islam

nonché di

compiacimento per le azioni suicide.
Fu inoltre trovato una specie di sito gemello,

ummusama.splinder.com,

che riportava contenuti di

esaltazione dell’Islam radicale,

ma indirizzato a una

audience prevalentemente femminile.

Scoprimmo quindi che i siti in questione erano stati

creati in Senegal

e gestiti dai

coniugi Barbara/Umm Yahya’ Aisha e Abdelkader.

I due siti furono oscurati con provvedimento dell’Autorità Giudiziaria.
In quel contesto, emersero in particolare le figure di due giovanissimi convertiti, tra cui

una 21enne di Reggio Calabria,

talmente suggestionati dai messaggi jihadisti da creare, a loro volta, due distinti spazi web in cui venivano replicati e rilanciati i contenuti dei siti telematici oscurati.
Dopo solo un mese dal provvedimento di oscuramento, la coppia di estremisti creò due cloni di tali spazi web, appoggiandosi a un diverso internet provider:

abulbarakat.blogspot.com e ummusama.blogspot.com.

Anche questi due siti furono oscurati con un secondo provvedimento giudiziario, in ragione dei

contenuti jihadisti

che ospitavano.
Si trattava, com’è facile intuire, di un gioco a rincorrersi tra chi creava nuovi blog e chi cercava di applicare la legge, con l’ovvia frustrazione di questi ultimi di fronte alla delocalizzazione dei server in qualche remoto angolo del pianeta dove era impossibile fare osservare i provvedimenti di oscuramento.
Fu nell’ambito di queste ricerche che gli inquirenti si sono imbattuti in diversi altri siti islamisti.
Tra questi merita di essere citato quello chiamato

minbar-sos.


Si tratta probabilmente del

più importante sito jihadista

rivolto a un pubblico di cultura francofona, creato, originariamente in Svizzera, da un’altra coppia di jihadisti internauti:

la belga di origine marocchina Malika El Aroud e il tunisino Moez Garsallaoui.

Il pensiero di Malika El Aroud è riassunto in poche dichiarazioni che la donna rilasciò nel maggio del 2008 durante un’intervista al New York Times:

«Il mio ruolo non è quello di mettere bombe. Io ho un’arma, la scrittura. È per parlare chiaro ed è questa la mia jihad. Con le parole si possono fare molte cose, anche scrivere ha lo stesso effetto di una bomba».

Malika El Aroud è stata arrestata sette mesi dopo questa intervista, nell’ambito di un’operazione eseguita dall’antiterrorismo belga, e sta scontando una pena a 8 anni di reclusione per associazione terroristica.

L’attuale marito Moez Garsallaoui

si trova nella regione afgano-pakistana dove si è unito alle milizie talebane.
La nostra Barbara non ha mai nascosto la sua profonda ammirazione per Malika El Aroud.
Al riguardo, sul suo nuovo blog

ummusama.wordpress.com

la convertita italiana ha aperto anche una

biblioteca virtuale dedicata alla terrorista belga chiamandola La Madrasa (biblioteca islamica) di Malika.

Questo sito è stato inoltre utilizzato da Barbara per raccogliere firme e petizioni a favore dell’innocenza di Malika El Aroud, di cui in passato aveva anche tradotto in italiano il libro Les soldats de Lumiere.
Questo librbro Soldati di Luce consiste in una sorta di autobiografia nella quale Malika El Aroud tenta di riscattare la figura di un suo precedente marito, il defunto Dahmane Abdelsattar, autore materiale dell’omicidio del leader dell’Alleanza del Nord afgana, il comandante Massoud, perpetrato il 9 settembre 2001.
Peraltro, il blog di Barbara è “specializzato” nel pubblicare le traduzioni in italiano di testi che si soffermano sui compiti assegnati alla donna jihadista.
Citiamo a puro titolo di esempio, Il ruolo delle sorelle nel jihad (ripreso dal kavkazcenter, sito dei jihadisti ceceni) o le raccolte di hadith che legittimano la partecipazione delle donne al jihad e in particolare alla lotta armata.
Un altro tema sul quale la Barbara ha speso molte energie è quello dell’educazione da impartire ai figli di genitori musulmani.
Si tratta più che altro di un modello educativo (se così lo possiamo chiamare) rivolto a plasmare le menti dei bambini verso gli aspetti radicali della religione islamica, affinché essi possano diventare “i combattenti di domani”.
La convertita aveva creato anche un blog, in italiano, significativamente intitolato Il Mujahidino – dedicato alla Ummah di domani: per tutte le bambine e i bambini musulmani.
In realtà, il blog era dedicato più che ai bambini ai loro genitori, in particolare alle madri, alla scopo di fornire loro esempi di indottrinamento religioso radicale.
Parte dei contenuti di questo sito, più volte oscurato, sono stati trasfusi in ummulbarakat.wordpress.com blog dai toni apparentemente più moderati.
In esso, tra una favoletta e una spiegazione religiosa, si affrontano temi quali l’uso, o meglio l’obbligo, di indossare l’hijab per le donne sin da bambine (ponendo ipocritamente la questione come libertà di indossare l’hijab dappertutto) o il jihad inteso come lotta armata e definito testualmente il “Jihad più grande”, quello consistente “nella difesa della società musulmana, quando essa venga attaccata dai nemici dell’Islam (…)”.
Stando alla nostra educatrice è questa la strada che, secondo la promessa di Allah, porta il martire ad acquistare la vita eterna in Paradiso.
In definitiva,

non è un caso che proprio le estremiste islamiche che vivono in Occidente, in particolare le convertite, siano quelle più attive nell’azione di propaganda del jihad.

Questo micro-fenomeno sembra alimentato da più fattori, anche apparentemente contradditori.
Da un lato, infatti, le islamiste “occidentali” si portano dietro il retaggio di una cultura di emancipazione femminile alla quale istintivamente e inconsciamente non possono rinunciare; dall’altro, devono (o hanno scelto di) condividere un universo dominato dallalla figura maschile.
Questa ambiguità è stata risolta declinando al femminile l’impegno per il jihad, abbracciandone gli aspetti, per così dire, intellettuali (propaganda, proselitismo, traduzione e diffusione di testi) e pseudo-morali (sostegno ai combattenti, educazione dei figli al jihad).
In altri termini, l’islamista “occidentale” sembra ritrovare nel furore religioso e ideologico una posizione di prestigio sociale che le sarebbe altrimenti preclusa nella comunità islamica tradizionale.

Barbara da qualche tempo vive con i figli in Gran Bretagna, da dove continua ad alimentare il suo impegno militante.

*direttore divisione antiterrorismo internazionale dcpp/ucigos
**addetto divisione antiterrorismo internazionale dcpp/ucigos

 
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LEGA NORD, UMILTA', RIGORE, CORAGGIO, ONESTA'

Post n°817 pubblicato il 11 Aprile 2012 da lecasame

Mai i partiti italiani sono stati capaci di esprimere tanta umiltà e tanto rigore con se stessi come la Lega Nord; mai i partiti italiani sono stati pubblicamente coraggiosi e onesti con se stessi come la Lega Nord.


 

 
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Barista non serve il caffè al magrebino, il cliente lo denuncia: «Sei razzista»

Post n°816 pubblicato il 10 Aprile 2012 da lecasame

Barista non serve il caffè al magrebino, il cliente lo denuncia: «Sei razzista»

Esasperato dall'ennesima rissa fra stranieri ubriachi, il gestore della coop di Abano impone il divieto alle dipendenti

di Eugenio Garzotto

PADOVA - Un caffè rifiutato per ben due volte a un nordafricano. Secondo quest’ultimo, a causa del colore della pelle, tant'è vero che ha deciso di denunciare il fatto ai carabinieri di Abano. Ma per il gestore del bar il motivo è un altro. Il fatto è avvenuto l'altro ieri al centro ricreativo comunale di via Donati, la struttura dell'amministrazione gestita da 7 anni dalla cooperativa sociale Faber. Sarebbe stato - secondo la denuncia - lo stesso presidente del sodalizio, Lorenzo Pistore, a dare disposizione ai dipendenti di rifiutare per due volte all'immigrato la tazzina. Un caso di razzismo? Non proprio.

Pistore, infatti, ammette di avere impartito quell'ordine. Motivo:

l'esasperazione cui il gestore del Crc è oramai giunto dopo l'ennesima rissa consumatasi nel locale, il giorno precedente, scoppiata proprio per un dissidio fra extracomunitari.

Ma andiamo con ordine. Tutto comincia la sera prima, il sabato della vigilia pasquale. Il Centro ricreativo ospita un concerto all'aperto che richiama un centinaio di persone. D'improvviso,

salgono i toni fra due nordafricani. Si comincia con urla e spintoni, poi si passa a calci e pugni.

La gente assiepata vicino al piccolo palco teme che la situazione degeneri e si rifugia all'interno del locale. Pistore in quel momento è assente. Viene informato dai dipendenti della cooperativa che poi chiamano i carabinieri. Arriva una pattuglia e gli animi si sedano.
I militari procedono all'identificazione dei due "contendenti". Poi tutto torna tranquillo. Ma Lorenzo Pistore la prende malissimo. È la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Il Crc è frequentato da anziani e famiglie. Un posto tranquillo in cui spesso però alcuni extracomunitari alzano il gomito e perdono il controllo.

Più volte il gestore del centro ha chiesto aiuto a un nordafricano
(di cui però non vuole dire il nome) con un rilevante "peso" nella sua comunità di intervenire per placare gli animi più accesi e tenere sotto controllo i connazionali che hanno maggior propensione a esagerare con l'alcol e a perdere il controllo anche per motivi futili. Ricevendo sempre un rifiuto. Ed eccoci a domenica. Quando proprio quella persona varca l'ingresso del Crc, si avvicina al bancone e chiede un caffè. Pistore ha dato precise disposizioni alle dipendenti: niente consumazione. Una forma di «ripicca» per il mancato appoggio.

L'uomo se ne va, ma nel pomeriggio si ripresenta. La scena è la medesima: ancora la richiesta di un caffè, ancora una risposta negativa. Il messaggio è chiaro. E soprattutto, indirizzato a una persona specifica che non può equivocare. Se ne va minacciando una denuncia per razzismo e mantiene la promessa: ieri ha varcato la soglia della caserma dei carabinieri. Oggi Pistore si recherà al comando per fornire la propria versione dei fatti.

http://www.gazzettino.it/articolo.php?id=190075&sez=NORDEST

Se l'immigrazione fosse stato - e fosse - un fenomeno seriamente gestito e controllato, oggi non saremmo PREDA di immigrati clandestini, violenti, delinquenti.

 
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Gran Bretagna: «Sì al velo islamico, no alla croce cristiana»

Post n°815 pubblicato il 10 Aprile 2012 da lecasame

Gran Bretagna: «Sì al velo islamico, no alla croce cristiana»

Nadia Eweida e Shirley Chaplin erano state licenziate perché portavano la croce al collo. Secondo lo Stato inglese, poiché il cristianesimo non impone di indossare simboli religiosi, è giusto che le due donne siano state allontanate. «Così, però, - dice il loro avvocato - si discrimina la religione cristiana e lo Stato giudica non secondo principi laici, ma confessionali». Persino la stampa russa parla di decisione «totalitaria» e «sovietica».

 

Il governo inglese si era già schierato dalla parte dei datori di lavoro che vogliono vietare ai propri impiegati di indossare simboli religiosi. Ora, però, la Gran Bretagna si è spinta oltre, discriminando la libertà di espressione di alcune confessioni.

Il fulcro della relazione che la Gran Bretagna ha portato davanti alla Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo, sul caso di due donne licenziate perché portavano la croce al collo, dice - in sostanza - che a rimetterci deve essere la religione cristiana, proprio grazie al suo carattere liberale. Mentre quella musulmana deve essere rispettata per via delle norme che vincolano i suoi fedeli. Per il governo, insomma, le croci si possono vietare, mentre il velo e il turbante no.

Le due vittime, Nadia Eweida e Shirley Chaplin, furono licenziate nel 2006 e, in seguito, persero il ricorso presentato davanti ai tribunali inglesi. La prima donna fu licenziata dalla British Airways perché si rifiutò di togliere la croce che portava al collo che, a parere dei dirigenti dell'azienda, rovinava la divisa della compagnia. La seconda fu esclusa dal reparto di un ospedale statale in cui lavorava da 30 anni per non aver accettato di nascondere la catenina.

Neil Addison, avvocato del Thomas More Legal Centre (per la difesa delle vittime di discriminazioni religiose), ha sottolineato che le motivazioni del governo inglese si spostano sempre più in là: «Non si vietano più simboli religiosi in generale, ma si proibisce di portare simboli cristiani in pubblico per il fatto che non sono obbligatori. Diversamente dal velo o dal turbante islamici che, invece, devo essere accettati perché imposti dal credo musulmano. Questo significa privilegiare alcune religioni rispetto ad altre». Tale decisione, ha continuato Addison, è ancor più grave dal momento che «mina le fondamenta di uno Stato laico, lasciando che la giustizia prenda decisioni su basi religiose e teologiche per dire cosa sia obbligatorio o meno».

I media europei non hanno parlato della vicenda. A dare, invece, ampio risalto alle nuove motivazioni legali è stata la televisione russa, che ha paragonato le misure inglesi a quelle sovietiche: «Un grande errore viene fatto oggi dall'Occidente liberale che impone alle persone libere le misure che ci imposero i regimi totalitari. (...) Non sanno cosa significa la persecuzione religiosa. È un segno di follia preoccupante quando norme di questo tipo non solo vengono introdotte, ma addirittura discusse come ragionevoli. Che c'è, infatti, di violento nel portare una croce al collo? Chi e cosa si può danneggiare? Perché si possono portare amuleti, veli o turbanti e non indossare simboli d'amore?»

http://www.tempi.it/gran-bretagna-s-al-velo-islamico-no-alla-croce-cristiana

 
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Nessuno infanghi la canottiera che cambiò il Paese

Post n°814 pubblicato il 10 Aprile 2012 da lecasame

Nessuno infanghi la canottiera che cambiò il Paese

Chi getta fango su Bossi parla in perfetta malafede: è stato fra i pochi a lavorare per risolvere davvero i problemi degli italiani. E prima di lui il Nord non esisteva


di Giuliano Ferrara - 08 aprile 2012

La mia parte indignata è morta, se mai sia vissuta. Non me ne importa delle lauree dei famigli, delle macchine sgargianti e rombanti, del giro della Rosi (che naturalmente deve lasciare la carica senatoriale seduta stante), della moglie arpia, dei poteva o non poteva non sapere a proposito di un uomo che è stato grande nella salute e grandioso nella malattia.

 

Bossi non lo vedo da quasi vent’anni, quando mollò il primo governo Berlusconi lo chiamai in faccia in tv «la cara salma», e mai previsione fu più azzardata. Del bossismo non ho amato mai nulla, non ho mai urlato il «grazie barbari» del compianto Giorgio Bocca, non ho mai flirtato in chiave antipolitica con il cappio in Parlamento e tutto il resto di «Milano, Italia », ho sempre considerato la Lega una tribù sciamannata e una satrapia personale dai toni pagani, figuriamoci, a me piaceva il garibaldino Craxi e, se era per la Lega e i suoi tesorieri, preferivo Citaristi e la Dc. Di Roma ladrona sono figlio e abitante, ne so più di Fiorello e dei nuovi stornellatori.

Di nemesi non sono autorizzati a parlare quelli di Repubblica . Sono sempre stati, loro e il loro esercito politico di riferimento, dalla parte del giustizialismo, anche di quello duro e puro alla leghista, se era per colpire chi non rientrava nel cerchio magico dei loro interessi e pregiudizi. Troppe ne abbiamo viste, noi garantisti, di nemesi. A partire dal loro eroe preferito Di Pietro, anche lì macchine sgargianti e un partito padronale- contadino, per finire con la sinistra perbene che i suoi sistemi fatti apposta per abusare dei finanziamenti pubblici e accaparrarsi ogni tipo di finanziamento irregolare li ha messi in piedisenza pudore o, se volete, con grande ipocrisia. Però il mancato riconoscimento della vera storia di Umberto Bossi, il seppellimento sotto i lazzi e gli insulti della sua rozza ed eccezionale avventura che ha convinto un terzo degli elettori del Veneto, un quarto di quelli della Lombardia e che ha cambiato la cultura e l’incultura politica italiane, questo mi avvilisce e mi umilia come persona che ama la storia e la politica, che desidera capire le cose e non esercitare la superbia del proprio io nel gesto d’accusa.

Prima di Bossi il nord di questo Paese non esisteva, né civilmente né politicamente. Bossi nasce da una costola della sinistra, come disse una volta D’Alema. Forse. Nasce certamente da una costola del mio Paese, e chi oggi getta palate di infamia su di lui e sulla sua parabola non si rende conto di quello che dice o lo dice in perfetta malafede.

Quando ebbe un primo attacco del male dopo un comizio, questo straordinario popolano da pizzeria, Craxi gli fece immediati auguri «perché ho bisogno di avversari sani». Nessuno come un capo socialista del sistema dei vecchi partiti era lontano dal bossismo e dalla sua versione dell’attacco alla casta romanocentrica. Ma nella vecchia cultura repubblicana il senso della storia era vivo, e anche gli avversari sapevano rispettare uno spiantato da falsa laurea capace di sollevare le valli e le città e la grande pianura padana in un’impresa che aveva effetti sismici sulla pietrificata mentalità delle vecchie istituzioni sabaude e meridionali. Siamo diventati, per quanto riguarda il linguaggio della classe snobistica che fa l’opinione e scrive sui giornali, una comunità di guardoni e uditori giudiziari, gente che non ha lo sguardo lungimirante e pietoso necessario a comprendere, che non vuol dire giustificare o chiudere un occhio, vuol dire al contrario spalancare gli occhi. Padre debole e sentimentale? Chissenefrega. Marito birbaccione rientrato e rinchiuso nell’ovile del coniugio nel momento disperato della menomazione da malattia?

Chissenefrega. Non sapeva far di conto sui nostri soldi, affidati a improbabili suoi tesorieri senza che fossero fissate regole sicure di controllo e certificazione?

Chissenefrega. Se è per questo, anche il dignitoso e non ladro Rutelli di conti se ne intendeva a quanto pare pochino, e i Lusi di tutti i partiti, tutti, sono per legge le persone più libere di peccare e incasinare i conti che ci siano al mondo.

Ma intanto Bossi fu altro, è stato una chiave per la comprensione e l’incanalamento di grandi e pericolose rabbie nordiste, ha flirtato con i mostri del secolo, da Milosevic in giù, ha usato una lingua da trivio, la sua gesticolazione corporale era la volgarità incarnata, ma mostro non è mai stato.

Se chi gli sputa addosso adesso, brutti maramaldi che non sono altro, avesse fatto un centesimo di quello che ha fatto Bossi per cercare soluzioni ai problemi veri italiani, avrebbe il diritto di parlare.

 
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