Creato da Darkthrone85 il 10/05/2005

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CRISTIANO GODANO - ROCKSTAR (GENNAIO 2006)

Post n°79 pubblicato il 13 Aprile 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Ciao a tutti, buonasera, scrivo dopo un periodo abbastanza lungo di tempo, e mi dispaice per questo, ma ho avuto vari impegni, dunque stasera vi propongo lo scritto che Cristiano Godano (M.K.) ha pubblicato per il mensile Rockstar, precisamente vi pubblico quello di Gennaio, fin'ora mancante sul blog.
Leggete attentamente, saluti ;)

 

LA CADUTA

La Ulica Volhonka era strabocchevole di traffico, quel venerdì. Io e Luca eravamo ormai in prossimità del Cremlino e già da un po’ stavamo camminando, giungenti da un lungo giro incominciato all’Arbat vecchia, ripiegato quasi su sé stesso una volta fi nita quella, indirizzato a un primo boulevard di raccordo (ove si trovano la statua di Gogol’ in un cortile di casa-museo ad egli dedicato e una di Puskin che conduce la moglie a nozze), e deviato poi verso la via dove sonnecchia la casa in cui visse Tolstoj. Non ci spingemmo però sin laggiù, tornammo sui nostri passi e proseguimmo in direzione opposta verso la Volhonka. Appunto. Erano circa le 18 e stavamo muovendo le nostre gambe a un passo medio.

Eravamo sul lungo marciapiedi costeggiante la fi umana metallica e fumante del corso alla nostra destra, poco più in là la Moscova, e sulla nostra sinistra si avvicendavano grosse costruzioni che assumevano a volte le sembianze del museo a volte della sede di qualche istituzione di turno. In avvicinamento a un semaforo importante stava per delinearsi una scena che diffi cilmente dimenticherò, e che ha preso un posto di prima fi la nelle cose che la mia memoria rivisiterà quando tornerà a ricordare il nostro viaggio a Mosca, ottobre 2005, dopo il lungo tour estivo. Il semaforo si prende la briga di fermare cinque corsie d’auto istupidite dal freddo e dalla discreta noncuranza un po’ incivile dei loro proprietari, difficilmente propensi a spingere fi no alle soglie del garbo le loro maniere di guida. A quattro/cinque metri dal vigile automatico lampeggiante, che già da una generosa manciata di secondi sta tenendo a freno le macchine, vedo una vecchina, di spalle, che tenta di attraversare la grossa strada iniziando proprio in quell’istante l’impresa. “Troppo tardi!”, penso fra me e me.

È una signora molto anziana, infagottata nel suo cappotto grigio/nero punteggiato di beige e dal capo ricoperto di uno spesso foulard. Mi allarmo all’improvviso ricordando le nostre premure quotidiane nell’affrontare quel viavai tossico e ipertrofi co, e con apprensione e irrigidimento osservo quel che accade (ho la stolida fi ssità di chi non sa che fare, quando bisognerebbe avere la concreta mobilità di chi lo sa molto bene): la donna avanza a fatica, zoppicando vistosamente, forse più che altro barcollando, illuminata in modo sinistro dai fasci di luce che riaccendono la città e pressata pesantemente dal rombo della massa di vive lamiere in attesa del verde. Procede al rallentatore al punto da chiedersi se sia consapevole di quel che sta facendo, e si direbbe di no. Quando è all’altezza della seconda fi la prendo bene coscienza di quanti metri le mancano, ed è ormai certo che di quel passo non potrà raggiungere nemmeno la metà di quella striscia di asfalto!

Dietro me nessuno pare accorgersi di nulla, e Luca non ha il tempo di avvertire meglio: sono secondi, decisamente corti per i pensierosi passeggiatori distratti che li riempiono di crucci, o piacevolezze, o menefreghismo, lunghi per me che li riempio di angoscia, lunghissimi per quella signora che li riempie di passi stentati. Alzo un po’ la voce per comunicare al mio amico il disagio che provo, ma in concomitanza di ciò i circuiti interni del semaforo impartiscono l’ordine e il countdown ha inizio. Non credo sia solo la persuasione di suggestioni da formula uno se mi pare di ricordare un wrom wrom di attesa dei mezzi ammassati in fi la, e al meno tre gli acceleratori iniziano a farsi sentire senza pietà. Meno due: la vecchina procede verso la terza fi la. Meno uno: la vecchina quasi la raggiunge. Zero: le gomme si muovono. E in quel preciso istante ella si ridesta violentemente, sbattendo la faccia e il corpo intero contro l’aspra realtà di quel che le sta succedendo a pochi centimetri. Se dietro e di fi anco (la prima e la seconda corsia) tutto è impazientemente fermo, la terza quarta e quinta se ne fottono e le si pongono innanzi come uno sbarramento mobile, minaccioso e spietato.

Ed è nella sequenza di secondi successiva che il mio diaframma mentale apre l’obiettivo e scatta le istantanee più crude: ella si arresta alzando le mani, in un gesto asimmetrico di terrore e resa immediata, mentre il piede sinistro le cede mettendola in postura sbilenca e drammatica. Ora è un burattino animato, che alza la testa non dico al cielo, ma poco sotto, alle contingenze più che alla provvida sventura, e lentamente (oh, quanto lentamente!) inizia una giravolta su sé stessa, facendo leva su quel piede di cui non fi darsi più. Il fascio di luce orizzontale delle auto in seconda corsia, altezza gambe-fi anchi-ventre, illumina la scena per me: posso vedere e fotografare tutto senza usare il fl ash. A metà del suo incredibile giro, mani e braccia sempre a mezz’aria, duramente oscillanti ed orizzontali, scorgo il suo sguardo poco prima della caduta: occhi sbarrati, imploranti, alla russa (cosa signifi ca? Non lo so, ma è per dire di un misto di smarrimento commiserevole e compostezza rassegnata e secolare). Occhi algidi come una pianura siberiana in pieno inverno lambita da un fuoco gigante, che li scioglie giusto un po’. Occhi perduti nella disperazione di uno sbaglio, che roteano tardi in orbite spaurite, fi ssandosi inconsapevolmente nei miei: un frangente infi nitesimo di secondo, il tempo di un battito di ciglia che né io né lei ci sogniamo di fare. È una visione in bianco e nero, è un fotogramma di fi lm di Ejzenstejn (che non ho mai visto, ma che immagino così), è il farsi attuale di un pezzo d’apparato immaginifi co consegnato alla storia tempo addietro, ricontestualizzato per me, dal vivo, a Mosca.

E da quelle pupille atterrite il crollo del corpo indebolito dalla paura ha inizio, nella stessa disarmonica torsione dei primi istanti arresi alla consapevolezza, verso il grigio manto stradale bagnato da una pioggerellina costante. Come tutto il resto anche la caduta è terribilmente lenta, e quando ella si abbatte al suolo lo si coglie più dal contraccolpo che non dalla dinamica discendente dell’immediato prima. Ora è a terra, e dietro di lei non si capisce bene cosa stanno per fare le macchine in prima e seconda corsia: una cosa è certa, per ora sono ferme. E mi sembra di per sé un miracolo. Questo è il momento in cui riesco a decidere di muovermi: corro verso di lei, e di fi anco a me, meno lesto e, oso dire, meno apprensivo, un ragazzo russo. La alziamo e la portiamo verso il bordo del marciapiede: ora le auto possono fi nalmente ripartire... Non parlo quella lingua e non capisco nulla della scarna conversazione fra lei e il giovane, ma sento di dovermi soffermare perché ho intuito in fretta le intenzioni dell’uomo: sta per lasciarla lì, ai confi ni della strada maledetta, senza proporsi di risolvere proprio nulla. Io vorrei dire alla donna “non ce la potrà mai fare signora ad attraversare con un passo così lento e diffi coltoso: il tratto stradale è troppo lungo per lei, si diriga al più vicino sottopassaggio; magari l’accompagniamo noi”, ma mi limito a bofonchiare a lui e alla sua ragazza: “ma che fate... la lasciate così?”.

Loro chiaramente non mi capiscono, la donna anziana rientra un po’ verso il marciapiede, la coppia la lascia sola e io rimango inebetito a guardarla. Decido di andare via anch’io, e per molti minuti mi chiederò, perplesso e tormentato, se ho fatto la cosa giusta, pensando a lei che riproverà ad attraversare. Mi giro una prima volta e la vedo ferma, schiena rivolta alla strada; dopo pochi metri mi rigiro ancora e non la scorgo più, inghiottiti entrambi dal viavai di gente indaffarata. Due notti dopo, in taxi, sono con Dunja, nostra amica moscovita, donna attraente per sensibilità, fascino, sembianze ineffabili dello spirito, sguardo allo stesso tempo serpentesco e soffice, temperamento quieto e indomabile. Le riferisco dell’episodio narrato poco sopra e le chiedo se hanno senso le mie deduzioni a proposito della società russa, che sento dura, rigida. Lei mi risponde di sì. “Ai tempi del comunismo la gente si è poco alla volta abituata a farsi sempre di più gli affari propri. C’era un sistema di delazione tale per cui si verificarono spesso denuncie assurde al regime: il figlio che accusa il padre, il vicino di casa, l’amico... Con l’esito dell’immediato confino, senza processo...

La polizia sapeva bene come diffondere il terrore e riuscì per moltissimo tempo a impedire alle persone di creare movimenti organizzati di protesta. Divenne inevitabile assumere un atteggiamento simile, chiudendosi in sé stessi e imparando a non occuparsi in alcun modo di nessun altro all’infuori di sé e di pochi fidati. E ora questa società ne è la conseguenza”. Riposiziono un attimo la vecchietta all’interno del mio immaginario campo visivo, la rivedo in terra, inerme, indifesa, terribilmente sola. Nel frattempo il taxi giunge a destinazione: un locale sconosciuto ai turisti e alla maggioranza dei cittadini sta per accoglierci, e in esso sperderò i miei pensieri sorseggiando ancora una volta la vodka.

Cristiano Godano

 
 
 

MARLENE KUNTZ - SONICA

Post n°77 pubblicato il 29 Marzo 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Buonanotte Buongirono vista l'ora, è da tanto che non aggiorno il blog e voglio farlo con un testo di una canzone divenuta ormai sempre più leggendaria dei Marlene Kuntz, ovvero, "Sonica", proprio poco fa mi è venuta voglia di ri-ascoltarla per la milionesima volta e ho deciso di metterla nel sito.
Nel testo della canzone Cristiano Godano è il protagonista ovvero "Orso" che dopo aver ascoltato in cuffia per ore musica a livelli assordanti una volta uscito di casa e con il ronzio della stessa ancora nelle orecchie è stordito e guarda la gente con diffidenza... leggete e riflettete, saluti ;)
P.S. ho visto che nessuno mi scrive più dei commenti, sappiate che sono moolto graditi, davvero, se potete commentate, grazie!

Sonica

ORSO si sposta goffamente con passo irregolare
nel flusso irregolare della gente che scontra;
le mani dentro a un buco, tasche sfinite
vociare di monete obsolete
ORSO CI VEDE NEBULOSAMENTE, NEBULOSAMENTE: GIA’
Le luci del giorno gli danno quel non so che lo turba
gli manca quel buio che non si trova in fondo
alla via  -IN FONDO ALLA VIA- luci del giorno che danno
quel non so che ti turba e ti fanno lievitare!
fragori nella mente, rumori, dolori
lampi, tuoni e saette, schianti di latte
fragori e albori di guerre universali, scontri letali SONICA, SONICA…

(Cristiano Godano)

 
 
 

SCRITTO DI CRISTIANO GODANO PER ROCKSTAR

Post n°76 pubblicato il 11 Marzo 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Buonanotte a tutti, prima di andare a dormire, vi ho trascritto il nuovo articolo di marzo che Cristiano Godano ha scritto per il mensile Rock Star
Saluti!


Hey Dj!

Nella mia giovinezza fui anche un pò dj. Successe a Le Macabre, club rock di culto rimasto in piedi negli anni con le sue sembianze di grotta, nella cittadina di Bra. Ci vissi un buon sessanta per cento dei miei venerdì sera, escluse le settimane estive  tra la fine di giugno e la fine di settembre, in un arco temporale fra i miei 17 e i miei 23 anni e con punte ben più alte in certe fervide stagioni, vicine all'ottanta per cento. E ci vissi un buon quaranta per cento dei sabati nella stessa fascia annuale moltiplicato sei. I concerti che si tennero legittimano lo status di luogo mitici: un sacco di new wave italiana (solo i Litfiba non passarono di lì) e un sacco di roba straniera tipo i Thin With Rope (che sono il mio terzo miglior concerto di sempre); poi Nico, all’epoca del bellissimo Camera Obscura, Steve Wynn, Fleshtones, Camper Van Beethoven, Das Damen, White Zombie, Brian Ritchie (bassista di Violent Femmes), tanti altri. Per la provincia di Cuneo, quella che alcune bands del luogo avrebbero poi chiamato intitolando una compilation che li vedeva protagonisti “Provincia In Grata”, erano letteralmente eventi, e un gruppo di persone del mio stampo, ossia entusiasti appassionati, ne godeva con adesione magnifica e batticuore irrefrenabile. E dunque fui anche un po’ dj: ero infatti una figura con la sua definita personalità nell’ambito del gruppo che contava e che faceva capo alla famiglia stessa dei gestori, e non fu difficile accedere alla cabina del mixer ogni tanto, senza la pretesa di trasformare quella attività in una occupazione fissa e metodicamente impostata. D’altronde non erano i tempi delle cifre strabilianti e incredibili che al giorno d’oggi prende uno che sappia riempire il popolo notturno un locale facendolo ballare… Per me si trattava più che altro di aver la soddisfazione di vedere gente che si divertiva con ciò per cui io impazzivo: e ricordo tuttora con gioia di esser stato colui che impose il sound dei Gun Club al, per così dire, mood precipuo del locale. E non erano poche le volte in cui chiedevo a qualche amico di mettere per me il disco successivo a “Run Through The Jingle”, la qual canzone, coi mugolii sexy e stonati del cantante Jeffrey Lee Pierce, andavo a godere in pista commuovendomi in maniera vigorosa con convulsioni ballerine e guitar air…
Quando infine due mesetti fa un mail di un amico addetto ai lavori mi ha chiesto se mi andava di fare il dj per una sera in un locale di Torino che aveva in corso una specie di rassegna con, in qualità di ospiti dj’s, cantanti o musicisti del nostro ambito, il mai del tutto sopito strascico, latente in me da quella lontana esperienza, mi ha suggerito di non dire di no in modo impulsivo e di prendermi qualche giorno di tempo per rifletterci. Nell’arco di quella vaga riflessione ho cominciato a immaginare cosa avrei potuto selezionare, io che sono totalmente fuori dal giro del nightclubbing, che non sono aggiornato coi dischi “giusti” e che dell’attitudine del dj che fa ballare non so più nulla e nulla mi interessa; e da quei pensieri la prima cosa che ho ricavato è stata che avrei accettato se in termini comunicativo/promozionali si fosse fatto capire al pubblico che con me non si veniva esattamente a ballare ma ad ascoltare. Ecco la risposta dell’amico: “No problem: ciascuno viene a mettere ciò che più gli piace. La gente sa che le cose stanno così…”. Allora ho dato un impulso deciso ai miei pensementi per renderli sicuri e spavaldi e ho incominciato a impostare nel mio cervello un’atmosfera, sperando di poter arrivare a un magico connubio tra ciò che sarebbe piaciuto a me sentire in un locale in qualità di avventore e quanto di esso sarebbe stato piacevole anche per la gente, che vieppiù assumeva al mio fantasticare le caratteristiche assai sfumate di un mucchio benevolo, ben disposto, volenteroso, attento, facilmente (!) catturabile dalla sola malìa di sonorità affascinanti e inconsuete… L’idea di un dance-floor si è a sua volta persa piuttosto velocemente nei meandri di note inappropriate ad essa, e da lì in poi nemmeno ho più postulato o tenuto in considerazione la sua effettiva esistenza: chissà come ho potuto, ma ho incominciato a intravedere tavolini e gente seduta a chiacchierare con l’orecchio vigile potenzialmente attratto da ciò che le casse avrebbero diffuso.. Un’atmosfera cool, non c’è che dire, alla quale mancava solo il fumo grazie a un raziocinante rimasuglio di adeguamento alle contingenze della realtà… Ed ecco che mi sono poco per volta ritrovato a spulciare innanzitutto fra i vecchi vinili, con l’idea, super specifica degli intrippati in queste cose, di voler trovare le musiche che avrebbero saputo imporsi per la loro intramontabilità o per il loro essere in linea con ciò che si sente al giorno d’oggi (concetti – ed esiti nei confronti di chicchessia – che al me ascoltatore casalingo fanno sostanzialmente un baffo tornito e ben lisciato). Scartando ipotesi estreme di composizioni classiche o di musica cosiddetta contemporanea (Berio… Feldman… dischi del catalogo ECM… quant’altro… un azzardo che ho faticato a impedirmi del tutto), ho però pensato che non avrei voluto escludere certa new wave degli anni ottanta, soprattutto i pezzi di provenienza dell’ambito dell’elettronica. Non che io sia mai stato un buon acquirente di quele cose, ma alla fin fine, tra Cabaret Voltaire, Throbbing Gristle, Nitzer Ebb, Tuzedomoon, 23 Skidoo, Severed Heads, Nocturnal Emissions, Pankow, Psychic tv, 400 Blows, Pink Industry, eccetera, c’era di che scegliere, e ho scelto i secondi, i quarti e quinti (con mia somma sorpresa i Cabaret Voltaire, che all’epoca apprezzavo molto, li ho lasciati dov’erano). Poi ho accoppiato ad essi due tre cose dell’elettronica di adesso, tipo i Matmos, lo sperimentatore svizzero Luigi archetti, Pan America, e ho ritenuto conclusa la parte dei suoni elettronici. Felice di quanto ho selezionato ho mantenuto contatto con le atmosfere sperimentali e mi sono idealmente collegato con progetti quali Einsturzende Neunbauten, i francesi Bastard, i This Heat, i Current 93 (!), gli Swans, i lavori dell’etichetta di John Zorn, gli Art Ensemle of Chicago, i Nurse With Wound, scegliendone alcuni; e per cocciutaggine sono ritornato ad almeno un disco dell’ambito contemporaneo individuando un movimento di un lavoro per archi di Gorecki. Poi ho mescolato il tutto con il rock e ho fatto sforzi sovraumani per trovare la selezione giusta (una sola!) dei miei beniamini: un pezzo dall’ultimo di Nick Cave, uno da New York City Ghosts & Flowers dei Sonic Youth, uno da On The Beach di Neil Young, uno dall’ultimo di Leonard Cohen, uno da Oh Mercy di Bob Dylan. Infine ho condito con scelte  ciascuna per un suo preciso motivo anomale: Latin Playboysm Scott Walzer (dal magnifico e insostenibile Tilt), Alexander Hacke, Low, Bonnie “Prince” Billie, Radiohead, Barry Adamson, Bjork, Johnny Cash. In due giorni divertenti ho tentato successioni alternative dei pezzi e sono arrivato a goderne di una in modo esaustivo, convinto delle mie mosse. Per sicurezza ho scritto la scaletta, preferendo la certezza delle prove alla impulsività del momento: il primo pezzo era di Luidi Archetti, l’ultimo di Throbbing Gristle…
Volete sorridere? Arrivato il gran giorno sono arrivato in anticipo al mixer per riprendere confidenza con un oggetto da tempo dimenticato, con la crescente, circoscritta ansia a causa del pubblico sopraggiungente e giudicante, e con la montante preoccupazione di aver portato con me dischi dalle atmosfere fighe ma imballabili (eccome se c’era il dance floor! Eccome se c’era…) E… beh, quella sera, dal mio arrivo in poi, sono a loro volta intervenute una quindicina di persone (forse venti) a sprazzi, a sparuti grappoli, a gruppuscoli disorientati e straniti da un posto deserto e probabilmente desolante. Squagliandosela alla chetichella…
Fine della storiella.

(Post Scriptum: ben difficilmente sarò uno dei quei musicisti che ben sanno come integrare il cachet magretto dei concerti. E per più di un motivo.)
Cristiano Godano

 
 
 

SCRITTO DI CRISTIANO GODANO PER ROCKSTAR

Post n°75 pubblicato il 08 Marzo 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Buon pomeriggio a tutti, oggi vi trasrvio un nuovo articolo, scritto da Cristiano Godano, per il mensile Rockstar, leggetelo, saluti ;)


MK S-LOW

 
Di una esibizione fiera della propria libertà. Della voglia di fare ciò che più piace quantunque non sia l’unica eventualità possibile, perché molte sono le cose che piacciono e non una soltanto. Ma scegliere quella e scartare le altre, colei che popola il cervello da tempo con le sue immagini e i suoi suoni, e che con garbo e gentilezza discreta ne regala grammi misurati, volta dopo volta, ammonticchiandoli nel recesso dei desideri arditi e difficili da realizzare. Proprio lei, che altro non è se non la conseguenza riassuntiva ed emblematica di un percorso speciale, dispiegato nel susseguirsi dei lavori portati a termine, delle agognate collezioni di canzoni, delle opere ostinate della creatività, dei cd. Un tracciato limpido e concreto che i sordi non hanno visto nel suo dipanarsi coerente e lineare e che i ciechi non hanno sentito nel suo contrappunto alla circostante boscaglia dalle gravide e ingarbugliate fronde. Una collezione nelle collezioni, per così dire, un disco estraibile a mo’ di best s-low del repertorio, l’idea consapevole e fiera di una Marlene dolce e poetica, intrisa di sfaccettato lirismo, maculata di malizia e velluto. Capace di comporre una lunga sequenza di canzoni ad ogni occasione più lente e più intime, pudiche, gentilmente inquiete; e arrese sì, a tutta prima, al trambusto dell’arrembaggio distorto, ma non vinte e respinte, né imprigionate o uccise, poiché emerse, infine e a ingannevole fatica, dal magma effuso di una fastidiosa opinione, trasformandosi in impavidi fiori dal gambo ostinato e dal petalo bello, intenso, ardimentoso. Come ginestre su declivi di vulcani.

Ed esibirli fieramente, questi fiori, con la fierezza della già detta libertà di fare quel che più piace, portando in scena l’ardito desiderio di potersi sdoppiare in altro, tanto scientemente quanto pericolosamente: ad esempio in esseri che cerchino il calore rinfrancante della delicatezza. E costellarne il palco, di quei gambi e di quei petali, disponendone il tremolio veemente e i tenui colori coraggiosi come in potenziale schieramento da battaglia, per fronteggiare gli sparuti brontolii, chetare i malcelati disappunti, sedare le maldestre irrequietudini. E per rilucere, in verità, di impressioni condivise con il folto resto del pubblico - il respiro ingolfato e rallentato dalle emozioni pervasive - lasciandole scorazzare e moltiplicarsi in un via vai di impalpabili vettori, il cui addensamento cortocircuitato le ispessisca e le renda fronte compatto e visibile aleggiante sulle teste, serpeggiante fra i corpi. Come un elemento benefico e inebriante allo stato gassoso, da inalare con più che logica fiducia.

Ardito è il desiderio di quietare una frangia rockettara dandogli in pasto un’infilzata di crude carni tenere, ancora recanti in sé, nelle nervature a vista, i palpiti e le eccitazioni dei palpiti più introversi (la tenerezza degli intimi ingarbugliamenti dell’animo fattisi carne, con le turbe delle sue angosce, con il rammarico delle sue sconfitte, con la pena dei suoi impacci); e portando in scena un’infiorata sfumata e delicata di piccole o grandi oppressioni e di fragili vagiti del cuore, orchestrati non sui toni forti e facili dei timbri ruggenti, ma sulle difficili esilità dei suoni nudi e sospesi e delle note sfiorate in punta di piedi, cercando la soave culla del loro calore ovunque i musicisti lo producano per sé, innanzi tutto e se mai vi riusciranno. E in quella culla capiente invitare i molti a prendervi posto, e a rimirare, per così dire e farneticare, il vorticoso turbine di galassie conturbanti che dal Perché ultimo e insolvibile porti ai dubbi meschini e gloriosi delle nostre meschine e gloriose quotidianità. Ardito dunque il desiderio di progettare un trattenimento all’apparenza estremo, quantunque il tragitto già sopra segnalato ne legittimi l’essenza intima del significato: dar voce a un talento kuntzico, la dimostrata capacità di comporre gran canzoni, lente, contenute, sussurrate. E rock.

E performarle, queste canzoni, in presa elettrica diretta, addosso davanti dietro di fianco a chi presenzierà, senza stratagemmi che le inseriscano in ambiti di effetto mirato (il fiato che si dà alla scaletta quando serve uno stacco d’atmosfera…); e il solo blasone della loro credibilità e del loro mito - perdio! quanto si voglia circoscritto - si incaricherà di portarsi sulle spalle il peso della detta arditezza.

Di una esibizione, in fine, fiera della propria libertà e del repertorio proposto. E di un desiderio ardito di dargli gloria equidiffusa, celebrandolo il più possibile nella sua estesa dimensione senza gli intervalli del pratico ammiccamento, involvendo gli spettatori in un contesto di silenzio imprescindibile imposto dalla delicatezza rinfrancante; per la gioia equidiffusa di coloro che da tempo si aspettano ciò al fine di godere di una Marlene che non fomenti i furiosi danzatori dal gomito alto e appuntito e dalle manate in faccia; per la gioia di coloro che sono parte integrante, vitale, essenziale, genuina, toccante, amorevole, silenziosa, raffinata, consapevole e gratificante di chi segue da tempo il suo percorso con le fitte boscaglie intorno.

Non era ben tutto chiaro, immagino, ma ho sin qui parlato del nostro tour, che abbiamo chiamato “Marlene Kuntz s-low” e che sta facendo tappa nei soliti posti della nostra piccola Italia, da febbraio fino a metà marzo. Chi ci conosce bene ha intuito il tipo di scaletta che faremo: chi bene non ci conosce venga a farsi un giro. La novità è garantita. I buoni risultati forsemagarichissà. I cattivi forsemagari chissà.

Cristiano Godano

(da Rockstar n.306, Febbraio 2006)

 
 
 

MARLENE KUNTZ - LIVE 18-2-2006 (BRESCIA,FOTO)

Post n°71 pubblicato il 20 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Buonasera a tutti, grazie ad una grandissima fan che ha messo online, su un forum non ufficiale dedicato ai marlene kuntz, le sue foto del concerto, posso mettere qui il link alle sue foto sul mio photo archivio, saluti ;)

http://photobucket.com/albums/e91/Darkthrone85/MK%20LIVE%2018-2-2006%20by%20Carla/

 

 
 
 

MARLENE KUNTZ - LIVE 18-2-2006 (BRESCIA, FOTO E MINI-VIDEO)

Post n°70 pubblicato il 19 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Salve a tutti, buonasera, ancora un grazie ad un fan dei Marlene che mi ha mandato le foto del cocnerto e dei mini-video con audio, del concerto dei Kuntz di ieri sera a Brescia ecco i links :

 

mini - video :
http://www.sendspace.com/file/vzrbae
http://www.sendspace.com/file/8mdpi8
http://www.sendspace.com/file/01geos
http://www.sendspace.com/file/84ncn7
http://www.sendspace.com/file/n1vg6s


spero di avervi fatto cosa gradita.
Saluti ;)

 
 
 

MARLENE KUNTZ - FUOCO SU DI TE

Post n°69 pubblicato il 17 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Buonanotte a tutti, prima di andare a coricarmi, vi voglio trascrivere questo prezioso testo di Cristiano Godano, che risiede nell'album del 1994 (il primo) "Catartica", lo voglio inserire proprio perchè i marlene finalmente dopo tanto tempo, in questo s-low tour risuonano con grandissimo gusto il pezzo in questione, eccolo per voi :

Fuoco Su Di Te

Dammi un’arma, Signore, voglio udire gli spari
Voglio farne un po’ fuori….
e già che faccio la lista ci metto dentro pure te che
con quella faccia mi basti
IO VOGLIO FARE FUOCO SU DI TE
Io sono fuori di testa? si sono fuori di testa!
Hai mica visto volare, il mio teschio, Signore?
Perché ho perso la testa
IO VOGLIO FARE FUOCO SU DI TE, FUOCO SU DI TE
Sarebbe bello vedere i tuoi contorni svanire
sul rogo delle mie brame
Sarebbe bello godere di questo rito incivile
con tata gioia sacrale
Noi stiamo per generare l’idea di vomitare
sui vostri piatti migliori
e stiamo per eliminare chi non si sporca le mani
e dentro al Cuneo muore
IO VOGLIO FARE FUOCO SU DI TE

(Cristiano Godano)

P.S. l'immagine che vedete è la copertina di catartica...

 
 
 

M.K. - Live @ Comiso 4 settembre 2005, e M.K. - Live @ Faenza (MEI) 27 novembre 2005 FOTO!!! E MINI-VIDEO!!

Post n°68 pubblicato il 16 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Buonasera a tutti, co-produzione tra me e un utente di un forum sui Marlene Kuntz; ed ecco le foto del concerto e i mini-video, online su questi links, spero di avervi fatto cosa gradita, se potete e volete commentate o mandatemi e-mail ;)

Mini - Video :

http://www.sendspace.com/file/dkqtii

http://www.sendspace.com/file/37rw1w

http://www.sendspace.com/file/z657px

http://www.sendspace.com/file/v66nyv

http://www.sendspace.com/file/fwyajq

http://www.sendspace.com/file/jzkz06

 
 
 

SCRITTO DI CRISTIANO GODANO PER ROCKSTAR

Post n°67 pubblicato il 16 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Buongiorno a tutti, oggi vi trascrivo un articolo apparso sulla rivista Rockstar, che vede Cristiano Godano in uno scritto virtuoso dei suoi, a voi la lettura ;)

 

LINFA

(Ohh, quegli occhi...
Quel che offri spalancando le palpebre sul mio mondo e spargendovi i celesti colori della tua anima è un incanto di aerea attrazione, in cui vengo a rigenerare le energie, come se mi circonfondesse un’aura fatata in cui brillare di istanti di vita rifi orita. Vi ci entro per lasciarmi pervadere da un alito d’estasi in forma di bolla trasparente, e mi sento rapito al mondo ch’è fuori, che vive di mille altri mondi e sapori - la gente a te dietro e di fi anco. Su un’orbita speciale viaggiamo invisibili, schivando traiettorie concrete di sguardi rapaci o traversandole immuni dalle loro concrete pretese; e vibrandovi intorno - e lontano... lontano... - come astri ambìti da sonde che mai riusciranno a raggiungerli, ci teniamo nascosti ai magneti che avvincono gli altri pianeti. In questa galassia che risuona per tutti di armonie e melodie, di grida e stridori, di pelli percosse e di balli, il suono che è nostro soltanto è magia, e altri da noi non lo può ascoltare: è un caldo fl uire di languide attese, un limpido scorrere in grandi e leggere distese di linfa, di voglia sfacciata di ariosa meraviglia...

Sui flussi di questo tuo ammirare discendo dagli spazi universi all’acquoso avanzare, che a te mi conduce; e sul natante immaginario in cui giaccio, mi godo ammaliato i paesaggi, i giardini e l’aereo verdore: ardore di te. Che sei terra e sei cielo. E che m’offri le stelle più accese e sperdute, che inviano a me scintillanti carezze impensate: arrivan da te, ma tu non lo sai. Te che m’offri l’azzurro di un cielo irradiato da giovane luce pronto a spander su me un impalpabile ammanto: chiarore che mi permea e adorna di sfumature; bagliore che mi rende radioso di lumeggianti tinture, per le quali il mio corpo è il dipinto della nostra empatia. Portami via, anche solo col fi ato di un soffi o virtuale...

E con me gioca e gioca e ancor gioca, con la vaga malizia di quel luccichìo sensuale in fuga dall’occhio eccitato: lascia che giunga al mio occhio allertato, è in attesa di prenderlo e farsene vanto. E poi gioca col viso, che sporge il suo rapimento; che promette l’intento di schiudersi a me; che si estrania da tutto con fare speciale, nel suo respirare, in quel canticchiare che pare voluttuoso, e in quel trasognare cilestro e stregato: promesse di un eros prezioso, dal gusto di mele spremute, nate da poco, tenute intoccate per chi, magnifi che e acerbe, le possa apprezzare. Mele giunte da un regno di ninfe assai rare, mele da bere o da mordicchiare, per fi nalmente cader posseduti laddove si credesse di poter possedere: e in quella rete di seducente musa, sentirsi entusiasti di esserne diventati creatura inclusa...

“Danza per me questa canzone al passo della malizia; dài vita alla mia illusione facendo che ti piaccia. Molle ti sogno fra le note, spargendovi sensualità: quando saranno inebriate la musica migliorerà...”: così canta ed ondeggia lì sotto, come canto ed ondeggio quassù. Ti posseggo con questa illusione fi no a che non mi possiederai tu. E continua a dardeggiare la tua estasi sensuale, di un turchino avvolgente in rutilante avvampare: io son bersaglio defi nito, messo a fuoco e pur sempre colpito in questo giuoco trascinante, che può solo continuare...
Ohh, quegli occhi...)

Il locale era gremito, trasudava attesa, attutiva nella sua ovatta il rumoreggiare smanioso di un migliaio di persone stipate, ormai pronte all’ingresso sul palco dei cinque fi guri: due magri signori dal capello lungo, coi loro pantaloni stretti e camicie attillate, un inglese pelato dallo sguardo attento, un toscano verace e barbuto e un D’Artagnan con due specie di piccoli spadini di legno dalla punta bombata. Si sentiva il fremito ruggente di un pubblico giunto al limite - giusto prima di una incazzatura non propriamente trattenuta - e si propagava nei camerini adiacenti tramite le pareti e la porta aperta, che dava sul palco stesso una volta saliti tre gradini. Li salimmo all’ora suggerita da quelli del posto, e il fremito proruppe in vari modi liberatori: urla, rinnovate tensioni del corpo, spintoni per mantenere le posizioni, e “ohh, uhh, ahh” di varia natura, dal brusìo allo stupore, dal commento al divertimento. Partirono le bacchette del moschettiere picchiettando sul rullante il tempo della bellezza, e il tam tam amplificato catturò l’attenzione inglobandola nella rotondità avvolgente del suono; e ammansì l’agitazione. Poi, beffarda, arrivò una mezzora di bordate o poco più: un fuoco di fila di elettriche note violente che all’improvviso scompaginò il folto mucchio di fronte, sparpagliandone ogni elemento in diversi metri quadri di piastrelle madide. Ogni elemento, sì, tranne chi stringeva i suoi pugni alla transenna: quei pugni ostinati, divertiti, incazzati, disperati portavano, ricambiati, il vigoroso nerbo agli avambracci in tensione, e su per i gomiti e le braccia sino alle spalle comunicavano un sentimento di resistenza pertinace. Una propaggine estrema avvolgeva di sè certi fasci del collo, ingrossati per questa necessità e supportati dagli urli o dal canto, a seconda di quale canzone. La “cosa” scivolava poi all’indietro spalmandosi uniforme sulle schiene, facendosi corazza per attutire i colpi. Dalle natiche in giù, in misura del morbidume, ci si attrezzava alla meglio. “Cenere” fece starnazzare un ebbro gayo e simpatico, un tale dal tono di voce garrulo e acuto che si lasciava trasportare dalle onde della corrente: un po’ qua e un po’ là faceva pervenire a noi del palco le sue esternazioni per me, e intorno a lui c’era chi sorrideva e c’era chi si incazzava. “Ape regina” pitturò una smorfi a di rabbia, felice di potersi manifestare sul volto di una ragazza grintosa, che a guardarla capivi esser lì solo per quella e poche altre canzoni: su cert’altre assumeva una forzata espressione di indifferenza. “Sonica” creò un trambusto e vidi assembramenti di facce in visibilio: era il tableaux vivant di un’immagine pitturata negli anni dal marlenico furore. “Festa mesta” fece urlare a squarciagola un ragazzo che con impeto esplosivo scaraventava per aria le mani spalancate: le dita tremavano di un incredibile vigore, e avrebbero potuto strozzare un dobermann. “Cara è la fi ne” fece abbracciare una tenera coppia proprio sotto le casse di sinistra: la forza della loro stretta si faceva sentire al solo guardarla, e in qualche modo portò loro riparo dal tuonante muro di rumore. “Canzone di domani” fece comparire il sorriso a una fanciulla dai biondi capelli cascanti, che riuscì a ballare entro un minimo spazio poiché da dietro ci fu chi la protesse: nel pezzo successivo scomparve, fagocitata da uno scompiglio acceso nei suoi pressi, e poco prima di andarsene vidi che aveva perso quel luminoso sorriso. Poi si planò morbidi nell’ambito delle atmosfere dei pezzi lenti, e quando giunse “Danza” mi accorsi di quegli occhi: tutto si era un po’ acquietato, me compreso, e tutto ora meglio scorgevo. Da quel momento si aprì una grossa parentesi nella performance, ma nessuno se ne accorse (o chissà...); e al ritorno dei pezzi infi ammati la parentesi, lenta, si chiuse. In seguito ebbi la prodigiosa occasione di perdermici ancora, in quegli occhi e in quell’azzurro lume...

Cristiano Godano

(da RockStar n°304, Dicembre 2005)

 
 
 

MARLENE KUNTZ LIVE @ CIRCOLO DEGLI ARTISTI 9-2-2006 (ROMA) FOTO!!!

Post n°66 pubblicato il 12 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Buon pomeriggio a tutti, pubblico qui sul blog, un collegamento per vedere le foto che ha fatto una ragazza alla seconda data di roma dei marlene kuntz, e che mi ha gentilmente mandato per metterle online

 

 
 
 

10 FEBBRAIO: IN RICORDO DEI MARTIRI DELLE FOIBE E DELL'ESODO DEI 350.000 ITALIANI D'ISTRIA, FIUME E DALMAZIA

Post n°65 pubblicato il 10 Febbraio 2006 da Darkthrone85

Il silenzio a volte è più doloroso di qualsiasi indignazione urlata, di qualunque dichiarazione, di qualunque verità. Il silenzio sulla tragedia delle Foibe, le cavità carsiche nelle quali furono sotterrati vivi dai partigiani del Maresciallo Tito decine di migliaia di italiani, il silenzio sull'esodo dei nostri connazionali di Istria, Fiume e Dalmazia, costretti a fuggire dalla ferocia e dalla pulizia etnica. Pagine tristi della nostra storia mai scritte, mai completamente metabolizzate da una Nazione che ha preferito dimenticare. Grazie a chi non ha dimenticato, però, a chi per anni ha condotto una battaglia per riportare alla luce squarci di verità, nomi, cognomi, volti, lapidi, testimonianze raccolte dal vento che ha aperto le porte sbarrate dall'omertà e dai colpevoli silenzi. Grazie a chi non ha dimenticato e grazie al Parlamento italiano, che nel 2004 ha istituito una Giornata della Memoria per la tragedia delle foibe e dell' esodo degli Italiani di Istria, Fiume e Dalmazia che si celebrerà ogni anno il 10 Febbraio. Una data che non servirà ad alimentare odi, perché la storia non è strumento di lotta politica; il 10 Febbraio sarà il momento per raccogliere i sussurri e le voci di quel pezzo di Italia che non c'è più, eppure così viva nella memoria dei sopravvissuti. Grazie a chi non ha dimenticato, e qualche anno fa ha scritto un libro che raccoglieva quelle voci e quei sussurri, per cominciare a raccontare nelle scuole che cosa accadde in quegli anni: quel libro si chiamava "Il Rumore del Silenzio" e sembrò un sasso lanciato nello stagno di una scuola italiana immobile e troppo innamorata delle proprie certezze. Andò subito esaurito e se ne parlò molto. Oggi viene ripubblicato, a cura del "Comitato 10 Febbraio", per celebrare nel migliore dei modi questo primo appuntamento, raccontando fatti, elencando numeri, facendo parlare i protagonisti. Nessuno restituirà la vita a quelle voci, nessuno ripa gherà con un pezzo di terra italiana, istriana, fiumana o dalmata i nostri fratelli cacciati dalle loro case. Noi proveremo a restituire loro la dignità del ricordo, perché non debbano mai più sentire attorno a loro il silenzio.

P.S. Riflettete e commentate, ripeto, questo articolo non vuole essere un articolo "di parte", ma solo un ricordo di vite umane tristemente strappate all'esistenza in nome di chissà quale credo politico ed etnico... saluti

P.S. non ho voluto mettere immagini perchè su itnernet ho trovato cosa molto cruente, e preferisco non metterle! al prossimo aggiornamento ;)

 
 
 

MARLENE KUNTZ LIVE @ CIRCOLO DEGLI ARTISTI 8-2-2006 (ROMA)

Post n°64 pubblicato il 10 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Salve a tutti, buonanotte vista l'ora, concludo  il mio contributo per il concerto dei marlene a roma del 8-2-2006 con lo show completo in .mp3!! Purtroppo, non sono riuscito a mettere i files nel mio sito, probelmi di netiquette ed altro, alora ho optato per sendspace, prima di mettervi i link, devo dirvi che questa registrazione è stata fatta su un registratorino con qualità bassissime, su cassetta,poi ripulito da me e portato su pc e reso stereo, ho anche tolto un pò di fruscio di fondo, spero che gradiate saluti ;)
questi sono i link :

01.lieve
http://www.sendspace.com/file/dkrhoo

02. La lira di Narciso
http://www.sendspace.com/file/7ore50

03. A chi succhia
http://www.sendspace.com/file/by5gsf

04. Schiele, lei, me
http://www.sendspace.com/file/oopmyk

05. Ti giro intorno
http://www.sendspace.com/file/7pjywh

06. Fuoco su di te
http://www.sendspace.com/file/iso8im

07.  La canzone che scrivo per te
http://www.sendspace.com/file/9zqydu

08. Serrande alzate
http://www.sendspace.com/file/4ntbtd

09. Infinità
http://www.sendspace.com/file/h92nrk

10. Amen
http://www.sendspace.com/file/kuwuok

11. L'inganno + lunga coda psichedelica
http://www.sendspace.com/file/55k60x

12. Come stavamo ieri
http://www.sendspace.com/file/8i77pu

13. Lamento dello sbronzo
http://www.sendspace.com/file/k58kq9

14.Bellezza
http://www.sendspace.com/file/a7itrp

15. Nuotando nell'aria
http://www.sendspace.com/file/bwkpuf

spero di aver fatto cosa gradita a tutti quelli che c'erano e anche e soprattutto a chi per un motivo o per un altro non c'era.

 
 
 

MARLENE KUNTZ - LIVE CIRCOLO DEGLI ARTISTI, ROMA 8-2-2006

Post n°63 pubblicato il 09 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Buon pomeriggio a tutti, quello che vado a raccontarvi è stato uno dei iù bei concerti che abbia mai visto! dei Marlene e non solo, atmosfere splendide, canzoni magnifiche, anche cose che i marlene non proponevano da anni, grandissima prestazione di tutti, luca, riccard, cristiano e ovviamente gianni al basso, grandissima la prova vocale oltre che musicale di Cristiano, che ha cantato le sue splendide liriche con estrema disinvoltura, davvero pregevolissima insomma la prova di tutto il gruppo e 1ora e mezza circa è volata via subito, io sono ancora emozionato dal concerto, acustica perfetta, marlene perfetti come non mai, mai una sbavatura, mai un'imprecisione, e poi con le loro distorsioni non è semplice!, ma loro ce l'hanno fatta, concerto letteralmente s-p-e-t-t-a-c-o-l-a-r-e-!!

Vi lascio con la scaletta e 2 link dai quali poter scaricare le 105 foto che ho fatto al concerto.. allora la scaletta è stata la seguente :

Lieve
La lira di Narciso
A chi succhia
Schiele, lei, me
Ti giro intorno
Fuoco su di te
La canzone che scrivo per te
Serrande alzate
Infinità
Amen
L'inganno + lunga coda psichedelica
Come stavamo ieri
----------------------
Lamento dello sbronzo
Bellezza
Nuotando nell'aria

i link per le foto sono due, su uno ci sono tutte le foto da vedere e salvare, l'altro è un collegamento per scaricare l'intero archivio di 105 foto in 7 mega zippati, scegliete voi, sappiate comunque che alcune foto sono davvero suggestive! Eccovi i links:

P.S. per scaricare l'archivio su sendspace, cliccate col tasto destro del mouse sul nome del files e scaricate nel pc l'archivio .zip!

 
 
 

MARLENE KUNTZ - LA CANZONE CHE SCRIVO PER TE

Post n°62 pubblicato il 08 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Salve, buon pomeriggio a tutti, scrivo sul blog, per dirvi che stasera andrò a vedere i Marlene in concerto, al circolo degli artisti e poi ne scriverò quasi sicuramente, una recensione su questo blog, ovviamente, intanto vi trascrivo la bellissima lirica de "La Canzone Che Scrivo Per Te" trat dal bellissimo e sottovalutato album "Che Cosa Vedi" (sonica, 2000) leggete e se potete commentate; saluti

La Canzone Che Scrivo Per Te

Non c’è contatto di mucosa con mucosa
eppur mi infetto di te,
che arrivi e porti desideri e capogiri
in versi appassionati indirizzati a me;

e porgi in dono la tua essenza misteriosa,
che fu un brillio fugace qualche notte fa;
e fanno presto a farsi vivi i miei sospiri
che alle pareti vanno a dire “ti vorrei qua”.

Questa è la canzone che scrivo per te:
l’ho promessa ed eccola.
Riesci a scorgerti? Si che ci sei,
prima che ti conoscessi.

(Ora ho il tuo splendido sorriso da succhiare:
sfavilla di felicità.
L’osservo su dalla tua fronte vanitosa
che ai miei baci ha chiesto al priorità).

Pure frig waters these eyes that always miss you
Nothing but violence from my empty gun
I’m using silver to light up these blackheart faces
blinding your fingers with my skin that burns for you

Questa è la canzone che scrivo per te:
l’ho promessa ed eccola.
Riesci a scorgerti? Si che ci sei
proprio mentre ti conosco.

This song is for me
I listen like I promised you
I can see me in your words from hell
that you write for me

E ho le tue mani da lasciarmi accarezzare il cuore
immune da difese che non servono

Ma ora ho in testa il viso di qualcuno più speciale di me,
che sa cantare ma ha più stemmi da lustrare di me
… e questo è il tuo svago.
Per quel che mi riguarda sei un continente obliato.
Per quel che ho visto in fondo mi è piaciuto.

Don’t tell me. What you want from me
No, don’t tell me… I Don’t wanna hear. Don’t tell me

Questa è la canzone che scrivo per te:
l’ho promessa ed eccola.
Riesci a scorgerti? Non ci sei più,
dopo che ti ho conosciuta.

This song is for me
I listen like I promised you
I can see me in your words from hell
that you write for me
(Cristiano Godano)

P.S. la foto che vedete in alto a sinistra è relativa al concerto del 4-2-2006 dei Marlene a Pordenone

 
 
 

MARLENE KUNTZ - AURORA

Post n°59 pubblicato il 06 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Il Testo dell canzone di Cristiano Godano (Amrlene Kuntz) che ho deciso di proporvi oggi è contenuto nel bellisimo e sottovalutatissimo disco dei Marlene, dal titolo "Come Di Sdegno" dov'è anche contenuta la celebre e lunghissima improvvisazione strumentale "La Vampa Delle Impressioni", un grandissimo disco da riscoprire, soprattutto come al solito, oltre che per la musica, per le straordinarie liriche di Godano

Aurora

Non ti sei accorto ancora che siamo
più attraenti delle metafore?
(la mediocrità ti consolida
e gli ipocriti sostengono l’opera)

E’ un abbaglio stomachevole
che non ci fa sorridere
No, non ci fa sorridere.

Non ti sei accorto ancora che siamo
più veraci delle retoriche?
(Freschi come aurora di marmo
risplenderemo sulle tue reliquie)

E’ un orgoglio miserevole
ignorare l’innegabile
e non ci fa sorridere
no non ci fa sorridere.

un giorno, presto, capirai
piegato all’evidenza di ogni verità
e ci farai sorridere e ti farai deridere.

(Cristiano Godano)

P.S. la foto che vedete a sinistra è relativa al concerto del 30-08-2005 dei Marlene Kuntz a Crema

 
 
 

MARLENE KUNTZ - LIEVE

Post n°57 pubblicato il 03 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

Buon pomeriggio a tutti, vi scrivo un'altro testo musicale del grande Cristiano Godano, cantante dei Marlene Kuntz, tratto dall'album "Catartica" datato 1994, l'8 andrò a vederli dal vivo, poi vi racconterò il concerto, come ho fatto per il precedente che avevo visto, saluti e se potete commentate:

Lieve

Forse, davvero, ci piace, si ci piace di più
oltrepassare in volo, in volo più in là
Meglio del perdersi in fondo all’immobile
Meglio del sentirsi forti nel labile.
Forse, sicuro, è il bene più radioso che c’è
Lieve svenire per sempre persi dentro di noi
Meglio del perdersi in fondo all’immobile.
Meglio del sentirsi forti nel labile.
Forse, davvero, ci piace, si ci piace di più
(Cristiano Godano)

(P.S. la foto che vedete è tratta dal concerto del 14-09-2003 a Modena)

 
 
 

NIETZSCHE - ANTICRISTO (22° PARTE)

Post n°56 pubblicato il 01 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

E questo è l'ultima parte della splendida opera del sommo filosofo tedesco, a presto con altri stralci d'opera o opere complete, saluti

LXII:
Con ciò arrivo alla conclusione e pronuncio il mio giudizio. Condanno il cristianesimo, sollevo contro la Chiesa cristiana l'ac­cusa più terribile che abbia mai levato un accusatore. A mio pare­re essa, la più grande corruzione che si possa immaginare, ha avuto la volontà dell'ultima corruzione possibile. La Chiesa cri­stiana non ha lasciato nulla di intatto nella sua corruzione, ha reso ogni valore un disvalore, ogni verità una menzogna, ogni integrità una bassezza d'animo. E si osi ancora parlarmi dei suoi benefici «umanitari»! Abolire una condizione di miseria era contrario al suo più profondo vantaggio: ha vissuto sulla miseria, ha creato miserie per fare eterna se stessa... Per esempio il germe del peccato: fu soltanto la Chiesa ad arricchire l'umanità di tale mise­ra condizione! L' «uguaglianza delle anime davanti a Dio»: que­sta falsità, questo pretesto di rancunes delle persone abiette, que­sto concetto esplosivo che infine divenne rivoluzione, idea moderna e principio del declino dell'intero ordine sociale, è dinamite cristiana... Benefici «umanitari» del cristianesimo! Coltivare dalla humanitas una contraddizione di sé stessi, un'arte di autolesionismo, una volontà di mentire a qualsiasi costo, un'avversione e un disprezzo per ogni istinto buono e onesto! Eccoli i benefici del cristianesimo! Il parassitismo come unica prassi della Chiesa; con il suo ideale di anemia, di «santità» che succhia tutto il sangue, l'amore e la speranza di vita; l'aldilà come volontà di negare ogni realtà: la croce come distintivo di ricono­scimento per la cospirazione più lugubre che sia mai esistita, una cospirazione contro il benessere, la bellezza, la buona costruzio­ne, il valore, lo spirito, la bontà d'animo, contro la vita stessa... Voglio scrivere su tutti i muri questa eterna accusa al cristianesi­mo, dovunque ve ne siano. Posseggo dei caratteri visibili persino ai ciechi...Proclamo il cristianesimo l'unica grande maledizione, l'unica grande depravazione interiore, l'unico grande istinto di vendetta, per il quale nessun espediente è abbastanza velenoso, lugubre, sotterraneo e meschino; lo dichiaro l'unica macchia immortale del genere umano...
Calcoliamo il tempo da quel dies nefastus con cui iniziò questa fatalità, a partire dal primo giorno del cristianesimo! E perché non calcolarlo piuttosto dal suo ultimo giorno? Da oggi? Trasvalutazione di tutti i valori!

 
 
 

NIETZSCHE - ANTICRISTO (21° PARTE)

Post n°55 pubblicato il 01 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
Foto di Darkthrone85

LIX :
L'intera impresa del mondo antico per nulla: non ho parole per esprimere il mio sentimento davanti a una cosa tanto terribile. E se si considera che tutto il lavoro era stato soltanto preparatorio, che, con granitica coscienza di sé, erano state appena gettate le basi per un'impresa di millenni! Tutto il significato del mondo antico fu vano!... A che scopo erano esistiti i greci? A che i roma­ni? Tutte le condizioni prime per una cultura erudita, tutti i meto­di scientifici erano già là: si era già affermata la grande, incom­parabile arte del leggere bene, condizione indispensabile per la tradizione culturale, per l'unità delle scienze; le scienze della natura, insieme alla matematica e alla meccanica, erano sulla buona strada: il senso dei fatti, l'ultimo e il più prezioso di tutti, aveva le sue scuole e una tradizione ormai secolare! Si capisce ciò? Tutto l'essenziale per mettersi all'opera era stato scoperto; i metodi, è bene ripeterlo una decina di volte, sono la cosa fonda­mentale, anche la più difficile, ciò che è stato osteggiato tanto a lungo da abitudini e pigrizia. Ciò che oggi abbiamo riconquista­to per noi stessi con un indicibile autodominio; poiché tutti anco­ra, in qualche modo, abbiamo in noi i cattivi istinti, quelli cristia­ni; la libera visione della realtà, la mano cauta, la pazienza e la serietà nelle cose più piccole, tutta la rettitudine della conoscenza; tutto ciò esisteva già più di duemila anni fa! E ancora di più il tatto e il gusto fine e delicato! Non come un addestramento del cervello! Non come l'educazione «tedesca» con modi da villani! Ma come corpo, come gesto, come istinto: in una parola, come realtà... Tutto questo per nulla! In una notte solo un ricordo! Greci! Romani! La nobiltà degli istinti, il gusto, l'indagine meto­dica, il genio dell'organizzazione e del governo, la fede, la volontà di un futuro per l'umanità, il grande sì a tutte le cose, visibile come imperium romanum, visibile con tutti i sensi, il grande stile diventato non più solo arte ma anche realtà, verità, vita... E non distrutto in una notte da un evento naturale! Non calpestato dai germani e da altri bifolchi! Ma condotto alla rovina da anemici vampiri astuti, occulti e invisibili! Non conquistato, ma solo dissanguato!... La sete di vendetta occulta e l'invidia meschina diven­tate padrone! Tutto ciò che è deplorevole, che soffre di sé, che è colpito da sentimenti cattivi, l'intero mondo-ghetto dell'anima improvvisamente in alto! Basta leggere un qualsiasi sobillatore cri­stiano, sant'Agostino per esempio, per capire, per subodorare quali sordidi personaggi fossero emersi. Sarebbe un grosso errore pre­supporre nei capi del movimento cristiano mancanza di intelli­genza. Sono astuti, astuti fino alla santità, questi padri della Chiesa! Ciò che manca loro è un'altra cosa assai differente. La natura li ha trascurati, ha dimenticato di fornirli di un modesto numero di istinti onesti, rispettabili e puliti... Detto tra noi: non sono neppure uomini... Se l'Islam disprezza il cristianesimo ha mille volte il diritto di farlo: l'Islam ha, come presupposto, degli uomini…

LX :
II cristianesimo ci derubò del raccolto della cultura antica, poi ha seguitato a derubarci sottraendoci il raccolto della cultura isla­mica. Il meraviglioso mondo culturale moro di Spagna, a noi in fondo più affine (dal momento che si rivolge ai nostri sensi e al nostro gusto più di quanto non facciano Grecia e Roma), venne calpestato (e non dico da quali piedi) : perché? Perché era nobile, perché doveva le sue origini a istinti virili, perché diceva sì alla vita anche con rari e squisiti tesori della vita moresca!... Più tardi i crociati combatterono contro ciò davanti a cui avrebbero fatto meglio a prostrarsi nella polvere: una cultura in confronto alla quale persino il nostro XIX secolo potrebbe apparire assai povero e «arretrato». Miravano al bottino, è naturale: l'Oriente era ricco... Ma siamo onesti! Le crociate? Alta pirateria, nient'altro! La nobiltà tedesca, in fondo nobiltà vichinga, si trovava in questo nel proprio elemento: la Chiesa sapeva fin troppo bene come avere in pugno l'aristocrazia tedesca... La nobiltà tedesca, sempre gli «svizzeri» della Chiesa, sempre al servizio di tutti i cattivi istinti della Chiesa, ma ben pagata... È stato proprio con l'aiuto della spada tedesca, del sangue e del coraggio dei tedeschi, che la Chiesa ha condotto la propria guerra a morte contro tutto ciò che di più nobile vi è sulla Terra! A questo punto sorgono molte dolorose domande. L'aristocrazia tedesca è quasi assente nella storia della cultura più elevata: si può immaginarne la ragione... Il cristianesimo, l'alcool: i due grandi strumenti di corruzione... In sé non doveva esserci scelta tra l'Islam e il cristianesimo, così come tra un arabo e un ebreo. La decisione è già data: nessuno è più libero di scegliere. O si è Cianciala o non lo si è... «Guerra all'ultimo sangue contro Roma! Pace e amicizia con l'Islam»: così pensava e fece il grande spirito libero, il più geniale degli impera­tori tedeschi, Federico II. Come? Bisogna che un tedesco sia un genio, uno spirito libero, perché provi sentimenti rispettabili? Mi sfugge come un tedesco abbia mai potuto avere sentimenti cri­stiani...

LXI:
Qui è necessario accennare a un ricordo cento volte più doloro­so per i tedeschi. I tedeschi hanno impedito all'Europa di racco­gliere l'ultima grande messe culturale che essa abbia mai raccol­to: quella del Rinascimento. Si capisce, c'è almeno il desiderio di comprendere che cosa fu il Rinascimento? La trasvalutazione dei valori cristiani, il tentativo, intrapreso con tutti i mezzi, con tutù gli istinti, con tutto il genio, di condurre alla vittoria i valori oppo­sti, i valori nobili... Finora questa è stata l'unica grande guerra, fino a oggi è mancato un modo più decisivo di porre le questio­ni rispetto a quello del Rinascimento. Il problema che esso pone è lo stesso che pongo io: non si ebbe mai forma di attacco più radi­cale, più diretta, più rigorosa su tutto il fronte contro il centro! Attaccare nel punto cruciale, nella stessa sede del cristianesimo, per porre i valori nobili sul trono, ovvero parli negli istinti, nei desi­deri e nei bisogni più infimi di coloro che appunto vi erano assisi... Scorgo una possibilità di magia e di fascino di colori ultrater­reni; mi pare che risplenda con un tremito di raffinata bellezza, che in essa si sveli un'arte così divina, così diabolicamente divina, che è vano cercare nel corso dei millenni una simile possibilità: contemplo uno spettacolo nel medesimo tempo tanto pieno di significato e così meravigliosamente paradossale che tutti gli dèi dell'Olimpo avrebbero avuto ragione di scoppiare in una risata, Cesare Borgia papa... Ho reso l'idea?... Benissimo, questa sarebbe proprio stata la vittoria che solo oggi io auspico: con ciò il cristia­nesimo sarebbe stato abolito. Invece che accadde? Un monaco tedesco, Lutero, giunse a Roma. Questo monaco, con tutti gli istinti vendicativi di un sacerdote malriuscito, a Roma si ribellò contro il Rinascimento... Invece di cogliere con profonda gratitu­dine l'evento grandioso che si stava verificando, il Cristianesimo vinto nella sua stessa sede, da tale spettacolo attinse solo nutri­mento per il suo odio. L'uomo religioso non pensa che a se stes­so. Lutero vide la corruzione del papato, mentre era chiaro pro­prio l'opposto: l'antica corruzione, il peccatum originale, cioè il cri­stianesimo, non sedeva più sul trono papale! Al suo posto vi era la vita! Il trionfo della vita! Il grande sì a tutte le cose elevate, belle e fiere!... Così Lutero ristabilì la Chiesa: l'attaccò... Il Rinascimento divenne un evento privo di significato, una grande inanità! Ah questi tedeschi, quanto ci sono costati! Inutilità, questa è sempre stata l'opera dei tedeschi! La Riforma, Leibniz, Kant e la cosiddet­ta filosofia tedesca; le guerre di «liberazione»; l'impero, ogni volta un'inutilità in sostituzione di qualcosa che già esisteva, di qualco­sa d'irreparabile... Lo ammetto, questi tedeschi sono i miei nemici. In loro disprezzo ogni sorta di sudiciume di concetti e di valori, di vigliaccheria di fronte a ogni sì e no. Per quasi un millennio hanno distorto e aggrovigliato tutto ciò su cui hanno messo le mani, hanno sulla coscienza tutte le cose fatte a metà (riuscite per tre ottavi!), di cui l'Europa è afflitta. Hanno sulla coscienza pure la forma di cristianesimo più disonesta, più inconfutabile che esi­sta: il protestantesimo... Se non ci sbarazzeremo mai del cristia­nesimo, sarà colpa dei tedeschi...

 
 
 

NIETZSCHE - ANTICRISTO (20° PARTE)

Post n°54 pubblicato il 01 Febbraio 2006 da Darkthrone85
 
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Buon pomeriggio a tutti, continuo gli aggiornamenti sull'opera dell'Anticristo di Nietzsche, leggete attentamente e se volete commentate

 

 

LVI :
In conclusione, il punto è a quale scopo si dice una bugia. La mia obiezione contro i mezzi del cristianesimo è che manca di fini «santi». In esso esistono solo fini malvagi: avvelenamento, calunnia e negazione della vita, disprezzo per il corpo, denigra­zione e autoprofanazione dell'uomo per mezzo del concetto di peccato, ne consegue che anche i suoi fini sono malvagi. È con sen­timento opposto che leggo il codice di Manu, un'opera incomparabilmente spirituale e superiore, al punto che il solo nomi­narla assieme alla Bibbia sarebbe un peccato contro lo spirito. S'indovina subito che ha una vera filosofia dietro di sé, in sé, non soltanto un ebraismo maleodorante intriso di rabbinismo e superstizione. Offre qualcosa persino agli psicologi più esigenti. Senza dimenticare la cosa principale, ciò che lo distingue da ogni Bibbia: è lo strumento tramite il quale le classi nobili, i filosofi e i guerrieri, mantengono il controllo sulla moltitudine; valori nobi­li ovunque, un senso di perfezione, un'affermazione della vita, un piacere trionfante di sé e della vita; il sole risplende su tutto il libro. Tutti i temi sui quali il cristianesimo riversa la sua inesauri­bile volgarità, per esempio la procreazione, la donna, il matri­monio, in esso vengono trattati con serietà, rispetto, amore e fiducia. Come si può porre in mano a fanciulli e a donne un libro che contiene queste spregevoli affermazioni: «Per evitare la for­nicazione che ogni uomo abbia la propria moglie, e che ogni donna abbia il proprio marito... Poiché è meglio sposarsi che pro­vare libidine»? Ed è lecito essere cristiani finché la nascita del­l'uomo viene cristianizzata, ovvero macchiata, con il concetto della immaculata conceptio?... Non conosco alcun libro nel quale si dicono alle donne tante cose tenere e buone come nel codice di Manu; questi vecchi e santi dalla barba grigia possiedono un modo di essere gentili nei confronti delle donne che forse è insu­perato. «La bocca di una donna - è scritto in esso, - il seno di una fanciulla, la preghiera di un bambino, il fumo del sacrificio sono sempre puri». In un altro passo: «Non v'è alcunché di più puro della luce del sole, dell'ombra di una giovenca, dell'aria, dell'acqua, del fuoco e del respiro di una fanciulla». Un ultimo passo, forse pure una santa menzogna: «Tutti gli orifizi del corpo al di sopra dell'ombelico sono puri, tutti quelli al di sotto impuri. Solo nella fanciulla tutto il corpo è puro».

LVII :
Si coglie in flagrante l'empietà dei mezzi cristiani, se si paragonano i fini cristiani con quelli del codice di Manu, se si illumina con luce viva questo grandissimo contrasto di fini. Il critico del cri­stianesimo non può esimersi dal compito di rendere disprezzabile il cristianesimo. Un codice come quello di Manu nasce come tutti i buoni codici: riassume l'esperienza, la prudenza e la morale spe­rimentale di lunghi secoli, conclude, non crea nulla di più. Il pre­supposto per una codificazione di questo genere è la convinzio­ne che i mezzi per dare autorità a una verità acquisita lentamen­te e a caro prezzo siano fondamentalmente diversi da quelli con cui la si dimostra. Un codice non racconta mai l'utilità, le ragio­ni, la casistica nella preistoria di una legge: giacché così facendo perderebbe il tono imperativo, il «tu devi», la condizione per essere ascoltato. Il problema sta proprio in questo. A un certo punto dell'evoluzione di un popolo, la sua classe più illuminata, ovvero più riflessiva e lungimirante, dichiara conclusa l'esperien­za secondo la quale si deve vivere, cioè si può vivere. Il suo obiet­tivo è di incamerare il raccolto più ricco e completo possibile, proveniente dai tempi della sperimentazione e delle esperienze negative. Quindi innanzi tutto va evitata la continuazione dell'esperimento, il perpetrarsi dello stato fluido dei valori, dello stu­dio, dell'analisi, della scelta, della critica in infinitum dei valori. Contro tutto ciò viene eretto un doppio muro: da un lato la rive­lazione, ossia l'affermazione che la ragione di quella legge non è di origine umana, non è stata cercata e trovata lentamente, dopo molti errori, ma che essa, in quanto di origine divina, è intera­mente e assolutamente senza storia, un dono, un miracolo, sem­plicemente riferita... Dall'altro la tradizione, cioè l'assunto che la legge esiste già da tempo immemorabile e che sarebbe impieto­so, un crimine contro gli antenati metterla in dubbio. L'autorità della legge si fonda su queste tesi: Dio l'ha data, gli antenati l'han­no vissuta. La ragione più alta di questo procedimento risiede nell'intento di allontanare gradualmente la coscienza dalla vita, riconosciuta come giusta (cioè dimostrata attraverso un'enorme esperienza, minuziosamente vagliata): così da ottenere il completo automatismo dell'istinto, presupposto di ogni genere di abilità, di ogni forma di perfezione nell'arte di vivere. Redigere un codice come quello di Manu significa concedere a un popolo il diritto di divenire maestro, di divenire perfetto, di ambire alla somma arte della vita. A tale fine è necessario renderlo incosciente: questo è lo scopo di ogni sacra menzogna. L'ordine per caste, la legge suprema e dominante, è solo la sanzione di un ordine natu­rale, di una legge naturale primaria sulla quale nessun volere arbi­trario, nessuna «idea moderna» ha potere alcuno. In ogni società sana si distinguono tre tipi di gravitazione in senso fisiologico, che si condizionano l'un l'altro, ognuno con la sua propria igie­ne, il suo proprio àmbito di lavoro, il suo proprio sentimento di maestria e di perfezione. La natura, non Manu, separa le persone di natura prevalentemente spirituale da quelle in cui domina la forza muscolare e un temperamento forte e da quelle del terzo tipo, che non si distinguono né per l'una né per l'altra, i mediocri, le ultime come maggioranza, le prime come élite. La casta superiore, che definisco la minoranza, possiede, essendo la più perfetta, anche i privilegi della minoranza: tra questi vi è pure quello di rappresentare sulla Terra la felicità, la bellezza e la bontà. Solo agli uomini più spirituali sono concesse la bellezza, il bello: soltanto nel loro caso la bontà non è debolezza. Pulchrum est paucorum hominum: il bene è un privilegio. Nulla è loro vieta­to più severamente delle cattive maniere o di uno sguardo pessi­mistico, di un occhio che imbruttisca, per non dire dell'indigna­zione sull'aspetto generale delle cose. L'indignazione è privilegio dei Ciandala, come pure il pessimismo. «Il mondo è perfetto - così s'esprime l'istinto dei più spirituali, l'istinto che dice di sì, - l'im­perfezione, tutto ciò che è al di sotto di noi, la distanza, il pathos di tale distanza, lo stesso Ciandala fanno parte di tale perfezione». Gli uomini più spirituali, essendo i più forti, trovano la loro feli­cità dove gli altri troverebbero la loro distruzione: nel labirinto, nella severità verso sé stessi e gli altri, nell'esperimento; la loro gioia sta nel dominio di sé: tra essi l'ascetismo diviene natura, bisogno, istinto. Il compito duro è per essi un privilegio, trastul­larsi con i pesi che schiacciano gli altri uno svago... La conoscen­za: una forma di ascetismo. Essi rappresentano la razza più onorevole di uomini: il che non esclude che sia la più allegra e la più amabile. Comandano non perché lo vogliono, ma perché è nella loro essenza; non sono liberi di essere secondi. I secondi sono i custodi della legge, i tutori dell'ordine e della sicurezza; i nobili guerrieri; soprattutto il re in quanto formula suprema del guer­riero, del giudice e del tutore della legge. I secondi sono gli ese­cutivi dei più spirituali, quello che è a essi più vicino, che fa parte di loro, che li libera da ogni onerosità nel compito di governare; il loro seguito, il loro braccio destro, i loro migliori discepoli. In tutto ciò, ripetiamolo ancora, non v'è alcunché di arbitrario, nulla di «artificiale»; ciò che è diverso è artificiale; in questo caso si è violata la natura... L'ordine, l'ordine gerarchico delle caste, for­mula soltanto le leggi supreme della vita stessa; la separazione dei tre tipi umani è necessaria per conservare la società, per rendere possibili i tipi superiori e supremi; la disuguaglianza dei diritti è la condizione prima dell'esistenza dei diritti stessi. Un diritto è un privilegio. Nel suo modo di essere ognuno ha anche il suo privi­legio. Non sottovalutiamo i privilegi dei mediocri. La vita diviene sempre più dura man mano che si eleva, aumenta il freddo e aumentano le responsabilità. Una cultura elevata è una piramide: può erigersi soltanto su una base larga, essa presuppone come condizione primaria una parte di mezzo sana e fortemente con­solidata. L'artigianato, il commercio, l'agricoltura, la scienza, gran parte dell'arte: in una parola tutte le attività professionali, non sono assolutamente compatibili che con una misura media nel potere e nel volere; tali cose sarebbero fuori luogo tra coloro che rappresentano l'elite, l'istinto che appartiene loro si oppone tanto all'aristocraticismo quanto all'anarchismo. Per essere una pub­blica utilità, una ruota, una funzione, è necessario essere prede­stinati per natura: non è la società, ma quella sola specie di felicità di cui è capace la grande maggioranza, a rendere questa una macchina intelligente. Per la mediocrità la felicità consiste nel­l'essere mediocri: l'abilità in una sola cosa, la specializzazione, sono un istinto naturale. Sarebbe totalmente indegno per uno spirito profondo vedere un'obiezione già nella stessa mediocrità. La mediocrità è addirittura il primo requisito per l'esistenza delle eccezioni: una cultura elevata trova in essa la sua condizione. Quando l'uomo eccezionale tratta i mediocri con più gentilezza di quanto non faccia con se stesso e con i suoi pari, non si tratta solo di gentilezza del cuore, ma semplicemente di un suo dovere... Chi odio maggiormente tra la plebaglia dei nostri giorni? La gen­taglia socialista, gli apostoli dei Ciandala che nell'operaio corro­dono l'istinto, il piacere, il sentimento di gratificazione per il suo piccolo essere, che lo rendono invidioso, che gli insegnano la vendetta... L'ingiustizia non si trova mai nella disuguaglianza dei diritti, ma nella pretesa di diritti uguali... Che cosa è cattivo"? In verità ho già risposto a questa domanda: tutto ciò che è figlio della debolezza, dell'invidia, della vendetta. L'anarchico e il cri­stiano hanno un'origine comune...

LVIII :
In effetti fa differenza a quale scopo si mente: se lo si fa per con­servare oppure per distruggere. Si può stabilire una perfetta equa­zione tra il cristiano e l'anarchico: i loro fini e i loro istinti sono rivolti solo alla distruzione. La prova di tale affermazione si può ricavare dalla storia, che lo dimostra con spaventosa precisione. Abbiamo appena considerato una legislazione religiosa che ha come scopo quello di «eternare» una grandiosa organizzazione sociale, condizione suprema perché la vita prosperi. Il cristianesi­mo invece ha trovato la propria missione nell'annientamento di un'organizzazione siffatta, giacché in essa la vita prosperava. In quel sistema, il risultato della ragione, di lunghi periodi di sperimen­tazione e incertezza, doveva essere seminato a vantaggio del più lontano futuro e si doveva portare a casa il raccolto più abbon­dante, ricco e completo possibile: invece venne avvelenato duran­te la notte... Ciò che esisteva aere perennius, l'imperium romanum, la forma più grandiosa d'organizzazione raggiunta in condizioni avverse fino a quel momento, di fronte alla quale tutto ciò che è venuto prima e tutto ciò che è venuto dopo è stato solo imper­fetto, grossolano, dilettantismo; questi santi anarchici hanno preso per «atto pio» il distruggere «il mondo», vale a dire l'impe­rium romanum, finché non rimase eretta una sola pietra, finché anche i germani e altri bruti non poterono divenire i padroni di esso... Il cristiano e l'anarchico: ambedue décadents, ambedue incapaci di operare in altro modo che non sia dissolvente, vele­noso, debilitante, come sanguisuga; ambedue istinto di odio mor­tale verso tutto ciò che esiste, che è grande, che ha durata, tutto ciò che promette futuro alla vita... Il cristianesimo è stato il vam­piro dell' imperium romanum, l'enorme impresa dei romani di pre­parare il terreno per una grande cultura che aveva un futuro venne disfatta in una sola notte dal cristianesimo. Non si è ancora capi­to? L'imperium romanum che conosciamo, che la storia della pro­vincia di Roma ci insegna a conoscere sempre meglio, questa che fu la più ammirevole tra tutte le opere d'arte in grande stile, costi­tuiva un inizio: la sua struttura era programmata per misurarsi con i millenni. Fino a oggi non si è mai costruito in questa manie­ra, non si è neppure sognato di costruire in tal modo sub specie aeterni! Questa organizzazione era salda abbastanza da sopporta­re i cattivi imperatori: l'accidentalità delle persone non deve influenzare simili imprese: primo principio di ogni grande archi­tettura. Eppure non fu sufficientemente forte contro la forma più corrotta di tutte le corruzioni: contro il cristiano... Questi furtivi parassiti che, nel cuore della notte, nella nebbia e nell'ambiguità strisciavano accanto a ogni individuo e ne risucchiavano il senso di serietà responsabile verso le cose vere, l'istinto per le realtà; questa vile marmaglia, effeminata e lusingatrice, gradualmente ha alienato le «anime» da questo enorme edificio, quelle nature preziose, virilmente nobili che consideravano la causa di Roma la propria causa, la propria dignità, il proprio orgoglio. Quello stri­sciare dei bigotti, quella segretezza da conventicola, quei tetri concetti come l'inferno, il sacrificio degli innocenti, l’unio myst­ca nel bere il sangue e soprattutto il fuoco della vendetta lenta­mente ravvivato, della vendetta dei Cianciala, questo fece padrona di Roma la stessa specie di religione già combattuta nella sua forma precedente da Epicuro. Bisogna leggere Lucrezio per capi­re a che cosa fece guerra Epicuro: non al paganesimo, ma al «cristianesimo», intendo dire alla corruzione dell'anima per mezzo dei concetti di peccato, penitenza e immortalità. Osteggiò i culti sotterranei, l'intero cristianesimo latente; già in quel tempo nega­re l'immortalità era una vera redenzione. Ed Epicuro avrebbe vinto: ogni spirito rispettabile dell'impero romano era epicureo: a quel punto apparve Paolo... Paolo, l'odio dei dandola contro Roma, contro «il mondo», l'odio diventato carne, genio, l'ebreo, l'ebreo eterno par excellence... Ciò che egli intuì fu il modo di accendere un «incendio universale» con l'aiuto del piccolo movi­mento settario dei cristiani al di fuori del giudaismo, e come, con il simbolo di «Dio sulla croce», poter raccogliere sotto un potere enorme tutto ciò che veniva calpestato, nascosto, che era ribelle, l'intera eredità degli intrighi anarchici dell'impero. «La salvezza viene dagli ebrei». Il cristianesimo come formula per superare tutti i culti sotterranei, per esempio quello di Osiride, della gran­de Madre o di Mitra, e per riassumerli: il genio di Paolo consiste in questa intuizione. Il suo istinto in merito era talmente sicuro che, con una spietata violenza sulla verità, pose le idee, con le quali quelle religioni dei Cianciala esercitavano il loro fascino, in bocca al «Salvatore» da lui inventato (e non solo in bocca), cosic­ché fece di lui qualcosa che persino un sacerdote di Mitra poteva comprendere... Questa fu la sua visione sulla via di Damasco: comprese che per disprezzare «il mondo» aveva bisogno della fede nell'immortalità, che il concetto di «inferno» avrebbe assoggetta­to anche Roma, che con l'«aldilà» si uccide la vita... Nichilista e cri­stiano: fanno rima, e non soltanto...

 
 
 

NIETZSCHE - ANTICRISTO (19° PARTE)

Post n°50 pubblicato il 30 Gennaio 2006 da Darkthrone85
 
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LIII :
È così poco vero che un martire stia a dimostrare la verità di una cosa, che vorrei affermare che un martire non ha mai avuto nien­te a che fare con la verità. Nel tono con cui un martire proclama la propria convinzione di verità in faccia al mondo è espresso un livello talmente basso di onestà intellettuale, una tale ottusità riguardo alla questione della «verità» che non è mai necessario confutare un martire. La verità non è qualcosa che alcuni possie­dono e altri no: solo i contadini o gli apostoli dei contadini della specie di Lutero possono pensare alla verità in questi termini. Si può star certi che, secondo il grado di coscienziosità nelle que­stioni dello spirito, la modestia, la moderazione su questo punto, cresceranno sempre. Sapere cinque cose e rifiutare con mano leg­gera di sapere le altre... La «verità», come la intende ogni profe­ta, ogni settario, ogni libero pensatore, ogni socialista, ogni uomo di Chiesa, è una prova assoluta che non s'è ancora dato inizio a quella disciplina dello spirito e a quel superamento di sé indi­spensabili a trovare una qualsiasi verità, sia pure la più piccola. La morte dei martiri, detto tra parentesi, è stata una grande sciagu­ra nel corso della storia: ha sedotto... La conclusione di tutti gli idioti, donne e nazioni incluse, che una causa per la quale qual­cuno è disposto a morire (ovvero che, come il cristianesimo pri­mitivo, genera addirittura un'epidemia di desiderio di morte) abbia un qualche valore, è divenuta un indicibile ostacolo per la ricerca, per lo spirito di ricerca e di prudenza. I martiri hanno nuociuto alla verità... E ancora oggi basta una crudeltà della persecuzione per dare una reputazione onorevole a un settarismo in sé ancora insignificante. Come? Il valore di una causa aumenta se qualcuno rinuncia alla propria vita per essa? Un errore che è diventato rispettabile è un errore dotato di un ulteriore fascino seduttivo. Signori teologi, credete che vi concederemmo l'occa­sione di fare i martiri per le vostre menzogne? Si confuta una cosa mettendola rispettosamente da parte: proprio in questo modo si confutano anche i teologi... Fu proprio questa la stupidità di tutti i persecutori della storia del mondo: concedere alla causa avver­sa le apparenze dell'onorabilità, donarle il fascino del martirio.... Ancora oggi la donna si inginocchia davanti a un errore perché le è stato detto che qualcuno morì sulla croce per esso. E dunque la croce un argomento? Ma riguardo a tutte queste cose un solo uomo ha pronunziato la parola di cui si sarebbe avuto bisogno da millenni: Zarathustra.
Scrissero lettere di sangue sul sentiero che percorsero, e la loro stoltezza insegnava che la verità si attesta col sangue. Ma il sangue è il peggiore testimone della verità; il sangue avvele­na la dottrina più pura e la trasforma in illusione e odio dei cuori. E anche se qualcuno si getta nel fuoco per la sua dottrina, che dimostra ciò? In verità è più significativo se la dottrina di qualcu­no emerge dal suo stesso rogo!

LIV:
Non  lasciamoci  ingannare:   i  grandi  spiriti  sono  scettici. Zarathustra è uno scettico. La forza, la libertà, dovute al vigore e a un eccesso di forza dello spirito, si dimostrano con scetticismo. Gli uomini di convinzione non arrivano affatto a considerare il principio di valore e di disvalore. Le convinzioni sono prigioni. Costoro non vedono sufficientemente lontano, non guardano sotto di sé: invece, perché si possa parlare di valore e di disvalore, bisogna vedere cinquecento convinzioni sotto di sé, dietro di sé... Uno spirito che vuole fare grandi cose, che vuole anche i mezzi per realizzarle, è necessariamente uno scettico. La libertà da ogni sorta di convinzioni è parte integrante della forza, come il saper guardare liberamente... La grande passione dello scettico, fonda­mento e potenza del proprio essere, ancora più illuminata, più dispotica di quanto sia egli stesso, prende al proprio servizio tutto il suo intelletto; lo rende intrepido; gli dà persino il coraggio di usare mezzi empi e, all'occorrenza, gli concede delle convinzioni. La convinzione come mezzo: si può raggiungere molto soltanto per mezzo di una convinzione. La grande passione necessita e si serve delle convinzioni, ma non si sottomette a esse, si riconosce sovrana. Viceversa, il bisogno di fede, di qualcosa non condizio­nato da un sì o da un no, il carlylismo, se mi è concesso usare l'espressione, è un'esigenza della debolezza. L'uomo di fede, qualsivoglia tipo di «credente» è necessariamente una persona dipen­dente, uno che non si considera un fine, che non può determi­nare alcun fine da sé. il «credente» non appartiene a se stesso, può solo costituire un mezzo, deve essere usato, necessita di qualcuno che si serva di lui. Il suo istinto conferisce il massimo onore a una morale di autorinuncia: tutto lo persuade in questo senso, la sua intelligenza, la sua esperienza, la sua vanità. Qualsiasi forma di fede è per se stessa espressione di autorinuncia, di autoalienazio­ne... Se si considera quale bisogno abbia la maggior parte della gente di una regola che la vincoli e la costringa dall'esterno, e come la coercizione o, nel significato più alto, la schiavitù, sia la sola ed estrema condizione in cui le persone dalla volontà debo­le, specialmente le donne, possano prosperare, allora si comprenderà anche la convinzione, la «fede». L'uomo di convinzio­ne ha in essa la sua spina dorsale. Non vedere certe cose, non essere indipendente in alcun punto, essere sempre parziale, avere in tutti i valori un'ottica severa e necessaria: tutto questo spiega perché esista, in genere, una tale specie di uomini. Ma questo fa sì che sia il contrario, l'antagonista di ciò che è veritiero, della verità... Il credente non è libero di possedere una coscienza per la questione del «vero» e del «falso»: essere onesti su questo punto significherebbe il suo crollo immediato. La limpidezza patologica della sua prospettiva rende l'uomo convinto un fana­tico: Savonarola, Lutero, Rousseau, Robespierre, Saint-Simon, il tipo opposto agli spiriti forti ed emancipati. Ma le grandi attitu­dini di questi spiriti malati, di questi epilettici concettuali, impres­sionano le grandi masse: i fanatici sono pittoreschi e l'umanità preferisce vedere atteggiamenti che ascoltare ragioni...

LV:
Un passo ulteriore nella psicologia della convinzione, della «fede». Molto tempo fa sottolineai che le convinzioni sono per la verità nemiche più pericolose di quanto lo siano le bugie (Umano, troppo umano, I, af. 483). Questa volta vorrei porre la domanda decisiva: esiste, in generale un'opposizione tra la menzogna e la convinzio­ne? Il mondo intero ritiene che vi sia, ma che cosa non crede il mondo intero? Ogni convinzione ha la sua storia, le sue forme ori­ginarie, i suoi tentativi, i suoi errori: diviene convinzione dopo che non è stata tale per lungo tempo e dopo che per un periodo anco­ra più lungo è stata tale a stento. Come? La menzogna non potreb­be trovarsi sotto tale forma embrionale di convinzione? Talvolta è necessario solo un cambiamento di persone: pet il figlio diventa convinzione ciò che per il padre era ancora menzogna. Io defini­sco menzogna il non voler vedere certe cose che si vedono, il non voler vedere qualcosa così come si vede: se la menzogna abbia luogo davanti a dei testimoni o meno è del tutto irrilevante. La forma più comune di menzogna è quella che si fa a sé stessi: men­tire agli altri è relativamente eccezionale. Ora questo non voler vedere ciò che si vede, questo non voler vedere qualcosa così come si vede, costituisce la condizione primaria di tutti coloro che appartengono in qualche modo a questo o quel partito: l'uomo di partito è necessariamente un bugiardo. La storiografia tedesca, per esempio, è convinta che Roma incarnasse il dispotismo e che i tedeschi abbiano portato lo spirito di libertà nel mondo: che differenza c'è tra questa convinzione e una menzogna? Ci si può ancora stupire del fatto che, se tutti i partiti, inclusi gli storici tede­schi, per istinto hanno in bocca le grandi parole della morale, que­sta continui a essere la morale, quasi solamente perché qualsiasi tipo di uomo di partito necessita di essa in ogni momento? «Questa è la nostra convinzione: lo riconosciamo dinanzi a tutto il mondo; per essa viviamo o moriamo. Rispettiamo tutti coloro che hanno delle convinzioni!» Ho udito discorsi simili uscire persino dalle labbra di antisemiti. Al contrario, signori, un antisemita non diventa certo più rispettabile mentendo per principio... I sacerdo­ti, che in questioni simili sono più astuti e comprendono assai bene l'obiezione che si potrebbe sollevare riguardo al concetto di convinzione, ossia alla falsità per principio, perché asservita a uno scopo, hanno ereditato dagli ebrei la prudenza di introdurre a questo punto il concetto di «Dio», di «volontà divina», di «rivela­zione di Dio». Anche Kant, col suo imperativo categorico, si trovò sulla stessa strada: allora la sua ragione divenne pratica. Vi sono questioni in cui non spetta all'uomo decidere del vero e del falso: tutte le questioni supreme, tutti i sommi problemi di valore sono al di là della ragione umana... Comprendere i limiti della ragione: soltanto questa è autentica filosofia... A che scopo Dio diede all'uomo la rivelazione? Dio avrebbe fatto qualcosa di superfluo? L'uomo non è in grado di sapere da sé cosa è buono o cattivo e per questo Dio gli insegnò la sua volontà... Morale: il sacerdote non mente. La questione del «vero» o del «falso» non si pone nei ter­mini in cui ne parlano i sacerdoti; non permette affatto di menti­re. Giacché, per mentire, bisognerebbe poter stabilire che cosa in questo caso sia vero. Ma questo è proprio ciò che l'uomo non può fare: il sacerdote è così il solo portavoce di Dio. Un simile sillogi­smo da sacerdote non è affatto soltanto ebraico e cristiano; il dirit­to alla menzogna e l'astuzia di una «rivelazione» appartiene al tipo del sacerdote, ai sacerdoti della décadence quanto a quelli del paga­nesimo (pagani sono tutti quelli che dicono sì alla vita, per i quali «Dio» è la parola del grande sì a tutte le cose). La «legge», la «volontà di Dio», il «libro sacro», 1'«ispirazione»: tutte parole che definiscono soltanto le condizioni sotto le quali il sacerdote giunge al potere e attraverso le quali lo mantiene; tali concetti si trovano alla base di tutte le organizzazioni sacerdotali, di tutte le forme di potere sacerdotale o filosofico-sacerdotale. La «sacra menzogna», comune a Confucio, al codice di Manu, a Maometto, alla Chiesa cristiana, non è assente in Platone. «La verità esiste»: ciò significa, ovunque lo si affermi, che il sacerdote mente...

 
 
 

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