Creato da: a.benassi il 10/08/2006
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Karma Experience: la nuova frontiera degli Urli

Post n°70 pubblicato il 02 Aprile 2009 da a.benassi

Una promessa è una promessa, e Paolo a quella dannata strettoia aveva promesso
che prima o poi sarebbe tornato. Mentre risaliamo i pozzi verso il Nautilus, ci
viene da pensare che però 17 anni sono proprio tanti e se sono passati per noi
speriamo che almeno non se ne siano accorte le corde. L'ultima volta che eravamo
passati da queste parti era il 2001, ed il tutto già sembrava molto lontano.
Allora pensammo bene di andare a vedere la centrifuga d'acqua posta alla base
del Nautilus. ne usci qualcosa a metà strada tra un'immersione e un gioco di
prestigio stile Hudinì sepolto vivo nell'acquario. Uscii come un cane bagnato ma
di prosecuzioni neanche l'ombra. Ero abbastanza convinto di aver chiuso i giochi
con gli Urli, ma non avevo fatto i conti che la Santabarbara a Curve e la
promessa che paolo gli aveva fatto. Già il nome ne aveva fatto una specie di
creatura metafisica, una entità oscura, sospesa a metà del pozzo nautilus, un
posto visto solo da paolo e simone, ovviamente non presente sul rilievo, un
qualcosa di mistico come una specie di serpone atzeco in attesa. Erano ormai
almeno 15 anni che a cadenza semestrale Paolo inseriva l'argomento nei
discorsi... con noncuranza, nei momenti di stanca delle esplorazioni... quando
pozzi e meandri scarseggiavano... potevi stare sicuro che ad un certo punto il
discorso sarebbe arrivato da quelle parti... "e poi ci sarebbe la santabarbara a
curve...lì continua..." per almeno una decina d'anni mi sono smarcato da questa
oscura entità e dall'obbligo di andare a metterci il naso, qualcosa mi diceva
che il posto era infido. Ma una promessa è una promessa. Mentre con marco e
paolo risalgo abbandonando i grandi saloni degli urli per la misteriosa acqua
del nautilus mi viene in mente che assomigliamo tanto al seguito dei tre
moschettieri... Ventanni dopo... peli bianchi, acciacchi vari, ma la stessa
malattia mentale che ci porta contro ogni logica verso posti veramente infami.
un paio di ore dopo ne ho la certezza. dopo i primi dieci metri di strettume
paolo ha un dubbio esistenziale: o lui è cresciuto in altezza o la strettoia s'è
ristretta. con la mazzetta proviamo a rendere umana la curva a gomito che gli
imprigiona il femore, gli va bene che la strettoia accetta la modifica
strutturale; il piano b prevedeva la frantumazione dell'anca per rendere paolo a
misura di strettoia. il peggio però viene dopo. davanti a noi si profila
qualcosa simile alla tana del bianconiglio di alice nel paese delle
meraviglie... una versione rimpicciolita della normale santabarbara, e pure
bella bagnata. Paolo avanti decide di fare l'uomo-spugna, mezz'ora dopo se ne
pentirà amaramente, qualcuno ha dimenticato lo scaldabagno spento e questa volta
la muta è rimasta a casa. ma il problema è che la faccenda non è finita, la
simpatica strettoia si è enormemente allungata negli ultimi 17 anni ed il
saltino visto lo scorso millennio ancora non si vede. adesso è la volta del
meandro-strettoia di fianco, stile erdigheta per gli specialisti, altri 4-5
metri...e finalmente la rosa mistica, la visione del motore immobile... il
pozzetto. adesso il problema è scendere. Da questo punto in poi non so bene
cosa sia successo, so solo che nonostante fossi abbastanza dubbioso alla fine mi
sono ritrovato a fare capriole e ribaltamenti in strettoia fino a ritrovarmi
alla base del saltino di 3-4 metri con il forte dubbio su come ritornare dentro
il budello e uscirne. qualcosa a metà tra una rinascita reincarnata e una
espulsione intestinale. da sopra il resto della banda era ancora ben compresso
nel budello e vista l'acqua fredda non aveva certo voglia di metterci le tende.
le esplorazioni serie andavano rinviate e organizzate. restava però da capire di
che morte morire... avanti il meandro sembra continuare... proseguo con la
circospezione che solo la certezza di essere assolutamente solo può dare...
fortunatamente in confronto a prima sembra tutto largo, poi ad un certo punto
arriva la tanto cercata sosta e frontiera... un bel pozzo da dieci largo, e
sotto qualcosa che sembra crescere... dal fondo allegro sale un lontano rumore
di acqua che corre.
Per oggi può bastare. adesso bisogna aspettare l'estate, poca acqua, niente
bufera di neve all'uscita non possono che migliorare la situazione. il futuro è
oscuro, per ora possiamo solo sognare che la santabarbara a curve sia la mistica
via per nuove e lontanissime regioni... con la fantasia per noi è già la porta
per posti talmente lontani che quando torneremo, una volta difronte al budello
non potremo che dire: "... bè ormai siamo fuori".

 
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Post N° 68

Post n°68 pubblicato il 27 Novembre 2008 da a.benassi


Novità! Esplora gli itinerari ed i percorsi del Parco della Vena del Gesso e dell'Appennino Faentino nelle simulazioni di Google Earth.

 Prova la Corolla delle Ginestre!

Scarica il file Kmz, riproduci il tour su google earth ed esplora i link

 
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A Spasso nella Vena del Gesso su G.Earth

Post n°67 pubblicato il 26 Novembre 2008 da a.benassi


Scarica il file Kmz e riproduci il Tour

 
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FinisTerrae e Finedimondo (2° parte)

Post n°64 pubblicato il 07 Novembre 2008 da a.benassi

 
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FinisTerrae e Finedimondo (I°parte)

Post n°63 pubblicato il 07 Novembre 2008 da a.benassi

 
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Il Fato è avverso al Pratiglio...

Post n°62 pubblicato il 26 Novembre 2007 da a.benassi
Foto di a.benassi

Anche questa volta non c'avevamo capito nulla.  La tarda mattina di sabato siamo in tre a risalire verso pian della croce; la neve non ci spaventa e poi figuriamo se siamo usciti vivi dallo svincolo per Frosinone fatto come un mendro tra due camion... ormai almeno per oggi non c'ammazza più nulla. Mirko s'è fatto prendere dal fascino discreto della grotta bagnata, vuoi vedere che alla lunga la facciamo turistica, tipo acquapark? Il programma per oggi è semplice: arriviamo all'affluente di -250 per rivedere se si passa, rileviamo quella manciata di metri che ci mancano, lasciamo i captori per la prossima colorazione con il pozzo batticuore, poi rapidi e scarichi in discesa fino al pozzo X a -440 per vedere se riusciamo ad andare via col vento in poppa... già perchè siamo in inverno è quindi al giro di boa per tutto l'ambaradam di soffi e sospiri. Così almeno si pensa. Che si sia in inverno non c'è dubbio, verso le cinque l'acqua comincia a diventare granita, sul telo raccogliticcio su cui stiamo cercando di cambiarci, serpeggia disappunto e vaghe voci di fuga, qualcuno, bastardo dentro per bruciare i ponti ha convinto gli altri a rinunciare a giacche e tenda. O si entra o si scappa a valle, vince la grotta, ma solo perchè ormai è notte e gli undici gradi sicuri a meno di cinquanta metri di distanza sono meglio di una incerta trattoria.   All'inizio tutto torna, l'aria esce trotterellando dal suo ingresso medio e senza problemi arriviamo di bolina fino allo spogliatoio, l'acqua non manca, ma poteva essere peggio. I dubbi cominciano all'affluente. Qui l'aria ci viene in faccia, ancora ci siamo, ma dal fondo non viene proprio niente. Controlliamo l'affluente, Mirko prova a passare in un paio di strettoie, il neopreno non aiuta gli strettoisti, però forse la prossima volta a martellate andrà meglio, rileviamo e lasciamo i captori. Il dubbio diventa certezza al sifone. Aria dal fondo proprio non ne viene, quello che si comportava da ingresso alto tace senza nessun dubbio. l'intera cellula a valle dell'affluente appare disinnescata. la grotta 'funziona' solo nella prima parte, tra il misterioso ingresso basso e quello 'medio' da cui entriamo. In corso di discesa cominciamo a riflettere sulla faccenda. Al Fato ci siamo passati appena prima d'entrare, e funziona alla grande: sbuffi d'aria calda che sembra un fumarola. Ne consegue che il Pratiglio non sarà mai Fatiglio. Ne consegue che hai voglia a cercare d'inverno in giro per il Malaina il misterioso ingresso alto, neve o non neve se tutto si ferma non c'è modo di trovarlo. Le cose si complicano. E sopratutto perchè si dovrebbe fermare tutto? Sifone, l'ennesimo da queste parti; probabilmente sul solito strato di q.1100. Continuiamo a scendere l'acqua comincia ad aumentare, ci si diverte, appena dopo Tomba di Guido diamo un occhiata al primo grande arrivo. Questa volta d'acqua ne viene a catinelle... poi un dubbio, ma quella che avevamo appresso fino ad ora? Si fanno due conti, e vuoi vedere che dal Sifone morto a Tomba di Guido ci gira intorno per ricomparire da qui? Mi sa che la prima risalita non è da fare. Si continua a scendere, il pozzo delle meteoriti è una bella centrifuga, cambiamo al volo un pezzo di corda ciancicata da un coboldo cattivo ed ammariamo ormai al pozzo X. Era meglio fossi sceso l'altra volta che sembrava tanto largo, questa volta mica ci passo, declino l'invito a rimanere incastrato con la muta in una strettoia battuta dall'acqua e mi offro volontario per scendere un'altro paio di pozzi. Tanto per vedere se finiamo nel conosciuto. Paolo lancia un paio di madonne per provare a passare, poi anche lui decide di provare con sistemi d'esplorazione indiretta. Ed infatti un paio di pozzi dopo incontro la sua luce. Il pozzo X non è una via, ma una fregatura. Di scendere oltre non se ne parla, la bella finestra a metà delle meteoriti dovrà aspettare trapano e stagioni meno umide, quindi non ci resta che risalire continuando le solite riprese demenziali. Questa volta vanno in scena le strettoie riprese da ogni angolo possibile. 

P.s.

Come siamo messi?

A questo punto nella parte acquatica sono rimastre tre risalite: -550 sul pozzo action mutante, -700 al campo base, -840 al fondo. Da quale di queste verrà l'aria? Quale sarà il nuovo abisso sifonato? Trovarlo d'inverno a questo punto è da scartare, quindi bisogna cercarlo d'estate, un buco, che forse non è un buco, che aspira sperso sulla montagna, sarà dura... a meno che una nostra conoscenza non riveli sorprese.  Da dentro proveremo sicuramente la prima risalita di -550, per le altre stiamo ancora cercando la fantasia. Poi c'è il discorso del fondo, a cui vedremo di dare un occhiata underwater, prossimamente...

p.p.s.

La foto col pratiglio non c'entra nulla, è il vecchio shackleton in una grotta di ghiaccio in antartide, forse nel 1912-13, prima della catastrofe psicocosmica...

 
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Amarcord - Piccoli imprevisti Laotiani

Post n°61 pubblicato il 06 Ottobre 2007 da a.benassi

Non tutte le spedizioni riescono col buco. Dopo una serie di bei risultati a spasso tra vietnam e laos alla fine degli anni '90, ci ritroviamo all'alba del nuovo millennio con un improvviso calo di vocazioni a partire in tre: Pollo, Pacu ed io, il posto lo conosciamo bene, ormai il centro laos lo sentiamo quasi casa nostra, le grotte che continuano ci sono... si, siamo pochi, ma cosa potrebbe mai andare storto?

Domenica 24.12.2000

 

Villaggio di Ban Thong, di nuovo prigionieri, questa volta con cinque fucilieri attorno. Bene che ci vada ci vogliono cacciare o per Nakai o per Gnommalat, ma scortati. La situazione è tesa ed ingarbugliata; strano modo di passare la vigilia di natale, non so come andrà a finire, ma le cose sanno ormai poco di speleologia, strani loro, strani noi. Bisognava andare via di corsa ieri sera, prima di dargli il tempo di pensare(…) Riusciamo a rinunciare ai cinque fucilieri, ma il carretto ci porta obbligatoriamente lontano dalle grotte; non sappiamo se la scorta è appostata in giro o se ci segue. La situazione sa un poco di guerriglia. Siamo sul fiume Nam Koang, ad un paio di chilometri dal sistema lasciato in sospeso l’anno scorso, tre chilometri invece ci separano da Vangyen: decidiamo che valga la pena provare a dare un’occhiata all’imbocco e verificare la situazione. La sfortuna che ci accompagna dall’inizio ci segue ancora; la grotta è piena d’acqua, tutto l’imbocco ed il corso del fiume è cambiato. Impossibile entrare dall’ingresso basso, se non bastasse in giro si vedono tre armati che somigliano molto a quelli della mattina. Decidiamo di andare al paese, questa volta la cosa sembra giusta e la situazione pare girare al meglio. Al villaggio si ricordano di noi e ci accolgono a festa, niente armati e si comincia a bere alla grande. Buona anche la cena a suon di pollo e polenta che ci pacifica con il mondo, o almeno così ci sembra. Qui siamo in Laos, non sappiamo realmente quali strani meccanismi possano operare sulla realtà; forse il potere del presidente del villaggio di Ban Thong si estende anche nella sfera dell’invisibile, fatto sta che Giovanni deve averlo fatto incazzare di brutto tanto da farsi mandare con successo una maledizione ad effetto immediato. Se ormai ero abituato a svegliarmi di colpo sentendo Pacu vomitarmi vicino, il botto di questa notte era decisamente nuovo e c’abbiamo messo un po’ a capire che il sacco a pelo di Pollo non conteneva più Pollo, che invece gemeva contorto sotto la casa, tre metri più in basso. Sporgendosi dal parapetto della veranda era venuto giù lui, la sigaretta che si stava fumando e tutta la veranda. Dopo un triplo carpiato, che purtroppo nessuno ha fotografato, era atterrato alla grande su schiena e spalle. Una gran bella botta da rimanerci secco ma che fortunatamente sembra aver avuto scarse conseguenze serie, se non mettere fuori combattimento un terzo della spedizione. E così ancora una volta per ora niente grotte. Un santo natale con botto di capodanno in anticipo.

 

 

25.12.2000 Lunedì

Natale in casa Vangyen; invece di una spedizione speleo sembra un ospedale da campo, qualcosa tipo MASH; tra centro traumatologico, ulcere gastriche e fegati spappolati, più tutti i pazienti locali che soffrono di tutto quello di cui si può soffrire, vero o finto che sia, più i rimedi alle erbe che stanno testando su Giovanni, comincio ad aver paura a stare ancora bene. Che altro potrà ancora succederci in 19 giorni? (…) Con Pacu facciamo un giro per vedere le condizioni delle grotte vicine e ci ritroviamo di nuovo nel clima di guerriglia. Anche qui sanno e ci fanno capire che se andiamo in grotta arrestano prima loro e poi noi. La cosa comincia a diventare pesante, in giro nella boschina si ha un certo timore d’incontrare i cecchini. Molto pesante.Come se non bastasse l’acqua è alta anche qui, mi faccio la terza grande nuotata, facciamo il traforo dell’anno scorso, e naturalmente quando c’è da trovare la grotta che forse prosegue, e per cui abbiamo corda e tutto il necessario, sbagliamo imbocco ed esploriamo una grottina nuova ma con poche pretese. Ormai è tardi e comincia a farsi buio, il clima è simpaticamente ostile e torniamo al paese fingendoci animali selvatici, con il rischio di farci sparare non una ma due volte. Il peggio deve ancora arrivare. La discussione notturna di tutto il villaggio ha noi come argomento, i toni sono accesi e si capisce da quanto curano il Pollo, che non vedono l’ora che ci leviamo di torno.

 

 

 

26.12. 2000 Martedì

Noi ci proviamo ancora, speriamo sia solo suggestione: zaino tattico, tutto dentro, non diamo nell’occhio, andiamo da soli, forse è la volta buona, dateci due giorni e portiamo a casa i nostri risultati… Non faccio a tempo a scendere la scala di casa che l’intero villaggio ci circonda. Tutto si fa chiaro, spunta un altro fuciliere, capiamo facilmente il messaggio: se proviamo ad andare in grotta non solo c’arrestano, ma ci sparano anche. Praticamente siamo prigionieri in casa a meno d’andarcene a Gnommalat.  Ci sembra tanto, troppo, ma solo perché non sappiamo ancora il resto. Si decide di levare definitivamente il disturbo, convinti ad uscire in due giorni dal paese. Il tocco finale lo troviamo sul sentiero di ritorno; pattuglia militare in divisa, tutta armata, che è venuta a cercarci e ci scorta in amorevole marcia forzata, non a Gnommalat, ma fino a Nakai, alleggerendoci dei nostri passaporti e costringendoci a dormire in qualcosa a metà tra una guesthouse, una caserma e una galera.

 

27.12.00 Mercoledì

“No problem” qui il problema è che non è un problema se vengono a prenderti a fucili spianati e non ti dicono nulla, è questo che preoccupa. La nostra posizione è quantomeno ambigua, aspettiamo, non si sa chi e quando. Non sappiamo di cosa dobbiamo rispondere, possiamo uscire, ma siamo bloccati qui. Guardiamo costruire il palazzo vicino a noi e vediamo la corriera passare, speriamo di non dover vedere il tetto. Pacu aggancia la rete telefonica tailandese e riesce a spedire un messaggio in italia, se non ci sentono tra qualche giorno comincino a cercarci. Gettiamo le basi per una possibile fuga notturna con traversata a nuoto del Mekong in stile rifugiato politico.

Se riusciamo a tornare in Italia si impone una pausa con il sud est asiatico. Mentre ancora non sappiamo nulla sul nostro incerto futuro, già progettiamo la nuova spedizione. Meta l’Honduras, così da mettere un poco di chilometri nel mezzo (…) Mentre aspetto mi sorge il dubbio che, visto come fanno le cose da queste parti, potrebbero anche essersi dimenticati d’averci sequestrato i passaporti (…) A casa bisogna ricordarsi di farsi benedire alla grande, una tale concentrazione di iella non è normale.

 

Le cose cambiano, la ruota gira, oggi siamo qui, domani chissà, 500 kip trovati per terra mi convincono ad essere ottimista. Ci stavamo quasi abituando al nostro status di detenuti amministrativi  come c’eravamo autodefiniti, organizzati con fornello, pentolino e tortellini, quando nei pressi del caffè arrivano i due pezzi grossi attesi da Thaket. Giovane rampante, due stelle che parla inglese, vecchia roccia cortina di ferro a tre stelle che parla russo e vietnamita. Alla fine la nostra situazione non è così grave, il plotone può attendere, ricompaiono i passaporti, anche se nelle loro mani, rinunciamo per il momento ad ogni spiegazione nel dettaglio, come loro rinunciano ad approfondire il misterioso contenuto dei nostri cinque zaini. Diplomaticamente tradotto, non cerchiamoci problemi. Il grande capo è anche visibilmente contrariato d’essere stato scrostato dal suo ufficio in città per venire a risolvere problemi in montagna, tra polvere e montanari. L’accordo è fatto, loro decidono che noi non si deve mettere più piede nelle montagne, che si deve tornare subito a Thaket tutti insieme, e noi decidiamo di rinunciare a visitare le allegre galere e conservare il diritto a tornare in Tailandia. Ci sta tutto benissimo e siamo pronti a firmare. Nella Uaz del capo siamo in sette, oltre a noi arrestati di prima classe, visto che ci siamo ci portiamo via anche due arrestati di seconda classe, due bracconieri vietnamiti beccati in montagna. Capiamo al volo che quelli stanno peggio di noi. Il passaggio a Gnommalat per raccogliere parte dei nostri bagagli  ha del comico, con tutta la famiglia che strabuzza gli occhi vedendoci cosi scortati, non sanno bene se gli conviene salutarci a far finta di non conoscerci, noi si risponde con frasi di circostanza, come a dire: “si deve andare, ci vediamo un’altra volta, forse…”

p.s.

 Sette anni dopo Pacu e Pollo sono ripassati a salutare i nostri amici di Gnommalat, considerato che noi s'era ancora vivi e loro altrettanto come poteva finire se non con grandi bevute di Lao Lao? 

 
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Post N° 60

Post n°60 pubblicato il 13 Settembre 2007 da a.benassi
Foto di a.benassi

 
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Post N° 59

Post n°59 pubblicato il 13 Settembre 2007 da a.benassi
Foto di a.benassi

 
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Immagini e frammenti

Post n°58 pubblicato il 13 Settembre 2007 da a.benassi
Foto di a.benassi

Adesso che un fondo l'abbiamo raggiunto ci piacerebbe almeno provare a raccontare anche per immagini qualcosa di questo posto dimenticato da Dio; in attesa di montare il girato dell'ultima volta, grazie all'amico Astigo che ha pensato bene d'immortalare sia la tenda che le nostre facce, il tutto indistintamente marcio, il campo Isla Madre de Dios a -700 prende forma anche per chi ha avuto la fortuna di non dormirci. La didascalia recita: lago 30cm a sinistra, cascata dall'alto e pozzo in basso un metro avanti, cascata dall'alto un metro indietro.

 
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