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Mostra “Emozione barocca. Il Guercino a Cento”, dal 9 novembre 2019 al 15 febbraio 2020.

Post n°423 pubblicato il 10 Dicembre 2019 da marialberta2004.1
 
Foto di marialberta2004.1

 Maria Alberta FaggioliSaletti 

Mostra “Emozione barocca. Il Guercino a Cento”, dal 9 novembre2019 al 15 febbraio 2020, a cura di Daniele Benati.  2

  

Clicca sull’immagine: Guercino, San Carlo Borromeo in orazione, olio su tela 1614, Cento, Chiesa parrocchiale di San Biagio.

 

▪Nella sede di San Lorenzo, opere potenti, di grande ricchezza pittorica. 

Si inizia con la Sacra famiglia con San Francesco e due donatori, di Ludovico Carracci (1591, anno della nascita del Guercino, un tempo nella Chiesa conventuale dei Cappuccini di Cento, ora nella Pinacoteca Civica), da Guercino detta ‘Carraccina’, nel doppio significato di opera del grande Carracci e di cara zinna (espressione dialettale), perché considerata dal pittore il proprio primo nutrimento artistico. L’esposizione prosegue con Carlo Bononi, I Santi Lorenzo e Pancrazio e gloria d’angeli (1610 ca., dalla Chiesa di San Lorenzo a Casumaro, frazione centese), il pittore che ha saputo portare a Ferrara le novità dei Carracci, in particolare di Ludovico (all’interno della tradizione locale, dopo Dosso e Bastarolo), e con Scarsellino, Il matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria, dalla grande, elegante capacità pittorica e figurativa con colori caldi e luminosi (1610, olio su tavola di piccole dimensioni, oggi a Cento, nella Collezione Grimaldi Fava).

 

Le opere di Ludovico Carracci,di Bononi e dello Scarsellino, incrocio vitale di soluzioni bolognesi e ferraresi, con pennellate di tocco veneto, sono in dialogo con magnifici capolavori del Guercino, per i tratti comuni di plasticità, colore, atmosfera, magnificenza soave. A rappresentare la ‘poetica’ del Guercino, fatta di sentimento, dedizione al vero -veri paesi, vere persone e animali che ha cominciato a dipingere fin da bambino, e fedeltà al dato di natura, secondo la riforma dei Carracci (in particolare del ‘naturalismo inquieto’ di Ludovico, con l’attenzione alla resa degli affetti!), e di Carlo Bononi (il suo ‘naturalismo moderno’), sono esposte opere giovanili, della prima e seconda maturità, e dell’ultimo Guercino. Anzitutto le grandi pale d’altare giovanili,con composizioni audaci, dallo stile vigoroso, caratterizzato dalla viva intelligenza del chiaroscuro, dalla ricchezza cromatica, dal naturalismo delle figure unito alla sensibilità per la resa delle atmosfere (Sant’Alberto che riceve loscapolare dalla Madonna del Carmine,1618 Cento, Pinacoteca Civica); seguono le opere più studiate della prima maturità (o periodo di transizione), di delicato classicismo, puntate sul primo piano, dalla pennellata larga e ricca di colore, con chiaroscuri nuovi e originali, che rivelano un’accettazione pressoché completa della maggior parte delle regole della teoria classica comprese quelle dell’idealizzazione e della semplificazione. Capolavoro del personale approdo del Guercino al classicismo, il Cristo risorto che compare alla madre (1628-30, Cento, Pinacoteca Civica), nel quale il racconto di un episodio assente nei Vangeli, è svolto con attenzione tutta particolare al ‘teatro dei sentimenti’ espressi mediante i gesti e gli atteggiamenti dei due protagonisti. La viva commozione che fa luccicare gli occhi della Vergine si contrappone allo sguardo abbassato di Cristo, definito da Goethe “incomparabile”.

 

In Mostra, il grandioso allestimento della Cappella Barbieri dalla Chiesa del Rosario, la citata Cappella di famiglia, con le quattro tele spettacolari eseguite dal Guercino nel 1643-45: Crocifissionecon la Madonna, la Maddalena e San Giovanni Evangelista, Il Padre Eterno, rappresentato con la barba a ricordare il proprio cognome Barbieri, San Francesco d’Assisi, San Giovanni Battista, capolavoro della fase matura, omaggio a Guido Reni, ma più naturalistico. Nello stesso spazio espositivo, collocata in altezza, la giovanile Vergine Assunta (del 1620) rapita in cielo da un turbine dorato, con effetti di chiaroscuro nella pittura robusta e ricca di colore, è stata eseguita per la primitiva Chiesa del Rosario, anch’essa cara al Guercino. 

I classici della seconda maturità hanno colori intensi, caldi e ricchi, fino alla dolcezza delle pennellate e alla qualità suprema della pittura dell’ultimo Guercino, con la sua costruzione compositiva e poetica fatta di studiati rapporti cromatici, equilibrio spaziale e armonia della luce.

Spiccano San Giovanni Battista nel deserto (1650, Cento, PinacotecaCivica), personale costruzione compositiva e poetica degli elementi tipici dell’iconografia del Battista nel deserto, e Diana cacciatrice (1657-58), con lo sguardo rivolto all’indietro, i colori pastello delle vesti di seta lucente, le carni compatte, come compatti sono i particolari del levriero che l’accompagna nella caccia.

Personaggi memorabili, Santi, di cui abbiamo scritto, che mostrano la grande capacità del Guercino di esprimere la fede fino al trasporto mistico, religiosi, come quello nel Ritratto di giovane ecclesiastico (olio su rame, 1613-14, Cento, Collezione Grimaldi Fava), di dimensioni ridotte, il primo ritratto a noi noto del Guercino, piccolo capolavoro del pittore, poco più che ventenne, che ritrae un giovane dallo sguardo bruno, penetrante e potente, e personaggi della Storia dell’Arte, come la Sibilla (1619, Cento, Fondazione Cassa di Risparmio), la mitica profetessa dipinta per il Legato ferrarese Serra, con la figura femminile che occupa tutto lo spazio disponibile, una florida popolana dall’incarnato delicato e dalle forme morbide accarezzate da luce intensa con un bell’effetto di ‘macchia’.

La forza dei personaggi sta anche nell’uso realistico del chiaroscuro e nel plasticismo che rende certe figure “a rilievo”, nei  corpi illuminati di luce o nella forza dell’ombra/penombra, nella bellezza dei volti/degli sguardi, nell’amplificazione dei gesti eloquenti, 

nelle pose delle mani, nell’animazione dei sentimenti, oltre che nei colori tutt’uno con la luce, nei fondi con paesaggi e cieli (annuvolati o sereni), e nei dettagli simbolici che richiedono un’analisi iconologica. Ne sono un esempio fra i tanti, i gialli o i bianchi simbolici delle vesti di alcuni Santi e il grande Angelo dalla veste frusciante, con il bocciolo di rosa, in silenzioso dialogo con un altro Angelo, nel dipinto San Carlo Borromeo in orazione (1614, Cento, Chiesa Parrocchiale di San Biagio). Il particolare del dipinto è stato assunto come logo della Mostra.

 

Raffigurazione simbolica impegnativa, per la cui realizzazione il Maestro doveva avere un suggeritore di salde conoscenze teologiche è San Pietro (Cristo consegna le chiavi a San Pietro, 1618): di spalle, un vecchio calvo inginocchiato con i piedi nudi e i polpacci robusti, umile eppure monumentale, riceve i simboli del triplice potere conferitogli da Cristo, la chiave d’argento, simbolo dell’autorità del papato in terra, la cattedra su cui San Pietro deve sedere, simbolo del suo insegnamento e dell’infallibilità del Papa, e la tiara, simbolo del governo di Pietro come vicario in terra di Cristo. Nell’immagine, di grande qualità pittorica, il chiaroscuro e l’atmosfera richiamano Caravaggio (dal Guercino visto a Roma), ma con l’interesse alla resa degli affetti di Ludovico Carracci.

 

Fra le opere da segnalare, La Madonna di Reggio, detta della Ghiara, dipinto dal Guercino a 8 anni, sulla facciata della casa paterna a Cento (1598-99, affresco riportato su tela). Da non trascurare i Disegni del Maestro, nei quali le innate capacità grafica e inventiva mostrano il suo talento straordinario e ne rivelano la cura che produce studi e disegni preparatori per le sue opere. I disegni, inoltre, è bene ricordarlo, venivano eseguiti dal Maestro, per incisioni, o anche per la devozione privata.

 
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