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quello che resta

Post n°13 pubblicato il 16 Aprile 2012 da marina3210

Ci sono nella nostra esistenza migliaia di incontri, il più delle volte inconsistenti quanto un alito di brezza.

Conosci persone con le quali condividi anni di quotidianità senza che lascino alcuna traccia nel tuo essere.

Ti imbatti, prima o poi, nelle tempeste di un rapporto tormentato che nulla lascia come prima ma che per esistere deve continuamente nutrirsi di qualcosa, piantare solide radici nella tua anima, frugare fra gli ormoni, annullare orgoglio e ragione.

Ascolti, anche per interi lustri, cattedratici pedissequi ripetitori di trite e ritrite teorie, aspettando ansiosamente il giorno dell’esame per un saluto che suoni diverso da un arrivederci.

Arriva, infine, il giorno in cui invece ti chiedi chi sei, come sei giunto ad esserlo, chi devi, nel bene o nel male, ringraziare.

Passare buona parte della giornata guidando, sollecita facilmente elenchi e riflessioni. Eccola la mia personalissima lista, partorita fra un casello e l’altro di un’autostrada che ormai di me conosce ogni sentire, più di quanto io ne conosca stazioni di servizio e svincoli. L’ordine è assolutamente casuale; son ricordi che fermo sul foglio così come vengono, consapevole che magari domani la classifica sarà già diversa.

 

Avevo tredici anni o poco meno e un’educazione a senso unico (cattolica e moralistica con muse ispiratrici quali Raiuno, Festival di Sanremo e biblioteca selezionata da mamma-maestra). Un pomeriggio qualsiasi di un giorno che vorrei tanto segnalare ai futuri biografi, mi imbatto in un programma di quelle che, allora, erano note come “radio libere”. Lui, e chi può dimenticarlo, si chiamava Onofrio; il suo programma, titolo scopiazzato da una vecchia trasmissione della RAI, “L’Altro Suono”.

Francesco Guccini, Fabrizio De Andrè, Claudio Lolli, Roberto Vecchioni…

Un ciclone di emozioni e di riflessioni spalancava una finestra chiusa al mondo. Credo davvero di aver incrociato per la prima volta arte e poesia e di non essermene più staccata. Ma, ed è ciò che più conta, volgevo lo sguardo verso mondi che non mi appartenevano: quello del disagio sociale, degli Ultimi (negli splendidi ritratti di Fabrizio de Andrè), della inconcludenza di un certo tipo di vita (l’angoscia metropolitana di Claudio Lolli), dei luoghi comuni sputtanati e derisi dalla colta ironia del grande Guccini. (Ahimè, sapessi linkare…).

Credo di poter attribuire ad Onofrio qualche insufficienza scolastica ma anche innumerevoli meriti in quella che una volta usavano chiamare “formazione”.

Ovviamente non mi leggerà mai; questo abbraccio resterà tanto caldo quanto virtuale.

 

Rosetta Moncada era una prof. vecchio stampo (un giorno spiegava, il successivo interrogava …) ma preparata come poche. Un dì ci “consigliò” un libro.

Per qualche genitore eravamo troppo piccole per il “Mastro don Gesualdo” e in effetti le prime pagine scorrevano lente. Poco dopo però la storia ti conquistava e la scrittura del Verga ti faceva capire che un romanzo non è solo quel castigo divino che ti tocca riassumere per evitare un brutto voto ma un sottile e irrinunciabile piacere. Ti accompagnava in un mondo di inganni ed ingratitudini variamente assortite che non conoscevi e avresti volentieri tenuto fuori l’uscio ma che, una volta note, potevi ragionevolmente contrastare.

 

C’è una bambina nel mio cuore, un piccolo gigante che non potrò più vedere se non in fortuiti incontri stradali, complice un semaforo troppo spesso spietatamente verde.

Non gioverebbe cambiar casa evitando i percorsi comuni. Come fai a dimenticare chi ti ha insegnato a voler bene senza che ce ne sia un motivo preciso, un obbligo parentale o il traino potente di un istinto primordiale ma umanissimo quale quello sessuale?

L’amore per un bimbo non può camuffarsi con nient’altro, nascondersi dietro l’attrazione, nutrirsi di convenienza. Quando c’è, c’è!

Quando non puoi più disporne, recuperarlo, perché altri hanno deciso così, il vuoto è indescrivibile, il dolore impareggiabile. Resta la felicità però di averlo conosciuto questo sentimento, di aver capito che in ognuno, magari ben nascosto, esiste anche questo genere d’amore, poco cantato ma che ti eleva senza limiti.

 

Il mio gattone grigio vive i suoi ultimi giorni. Non credo che nessuna persona a me vicina abbia mai mostrato in pari quantità e contemporaneamente, nella sua lunga vita e nel momento del dolore, orgoglio, dignità, affetto, solidità, personalità… Mi manca già; è un ricordo indimenticabile anche mentre abbasso lo sguardo dalla tastiera vedendolo ancora dormire, nella sua cesta ai miei piedi, il sonno di chi ha già dato.

 

Zio Alfredo, quando si ripassava insieme la lista delle parolacce da non dire, o perlomeno mai a scuola, non mancava di aggiungere che anche “non ci riesco” è una parolaccia… “tu puoi riuscire a fare tutto piccolina bella…”.

Beh, il pulpito era autorevole considerando che era ritornato a piedi dalla Russia, sfidando pallottole e ghiaccio.

Quante volte mi ha aiutato quella frase, quante volte ha evitato che consegnassi un compito universitario in bianco o che rinunciassi a priori a conoscere chi mi piaceva.

Della Russia mi parlò solo una volta, non amava compiacersene; l’altra cosa che mi resta di lui è proprio questa: il valore di un’impresa non dipende dai fiumi di parole che dopo la accompagnano.

 

Le svolte importanti, non sempre dipendono da un bel gesto o da un saggio esempio.

Un giorno vengono a trovarmi in ufficio due utenti: un padre con un ragazzo disabile. Il padre, ad alta voce ed incurante della circostanza che anche il figlio ascoltasse, mi implora: “la scongiuro, mi aiuti, sono stanco di portarmelo in giro”. Lessi nel volto, perfettamente consapevole, del ragazzo tutta l’umiliazione che può provare un essere umano retrocesso, suo malgrado, al ruolo di pacco postale.

Quel giorno e per sempre capii quale parte del mio lavoro avrei privilegiato, almeno fino a quando burocrazia ed ignoranza di capi e capetti me lo consentiranno.

 

Non amavo internet e alimentavo la mia diffidenza verso chat, blog e compagnia bella, citando tristi storie originate dalla rete o il pericoloso populismo senza filtri di un Beppe Grillo.

Non so seguendo quale traccia, in una notte di noiosa insonnia, mi imbatto in un blog gestito da due ragazze, Sara ed Erba.

Mille film hanno raccontato di un colpo di fulmine; il mio fu da manuale. Un nuovo linguaggio, una scrittura ironica e dissacrante qualunque fosse l’argomento, una impalcatura intelligente, retta da due gambe efficacissime in quanto diverse e perfettamente incastrate fra di loro. Altrettanto validi molti dei commentatori, con buona pace di chi, e continuo a cospargermi il capo di cenere, pensava che la rete fosse frequentata solo da perditempo sgrammaticati.

Poi un romanzo, “Smetto Domani”, letto mentre il mio personale dolore toccava l’apice e quello della protagonista si arrampicava su sentieri diversi dal mio ma visibili ed a tratti convergenti.

“Dicono che tutto ciò che stiamo cercando, sta cercando anche noi e che se rimaniamo quieti ci troverà”.

Grazie Sara.

 

E grazie Onofrio, Rosetta, But, Corina, Alfredo… piccoli, grandi incroci della vita che riconosci solo quando, finita l’illusione di essere tu a condurre il battello, ti accontenti di aver avuto degli splendidi compagni di viaggio.  

 

 

 
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Commenti al Post:
pabela84
pabela84 il 16/04/12 alle 01:08 via WEB
Credo che presto dovrò fare anch'io un resoconto di nomi ed emozioni. Che le cose cambiano ma le persone, che se ne vadano a zonzo o restino, ci sono. Ci scarabocchiamo come lavagne, ci graffiamo, ci smussiamo. Nella corrente è così difficile non farsi del male, eppure per un solo istante di piacere, autentico, ascoltato, vissuto a fondo, siamo disposti a soffrire molto a volte. A nessuno auguro di cadere, eppure è la via del senso delle cose. Cadere è inevitabile, ma certe cadute aiutano più di altre. Il modo in cui ci aggrappiamo, amiamo, ci fermiamo, lottiamo mentre siamo a terra ci forgia e ci dà una forma che sarà sempre in noi e ci renderà unici ovunque andremo. Ed essere noi stessi, liberi, unici, è l'unico modo di dar senso alle cose che corrono e ci sovrastano. Io ci credo che ne valga sempre la pena. Per quelle poche persone che ricorderemo sempre, semplicemente perché sono in noi, come l'acqua che fa da padrona nel nostro corpo.
(Rispondi)
 
 
marina3210
marina3210 il 16/04/12 alle 01:19 via WEB
Se per i bilanci è ancora presto, forse non è inutile invece, di tanto in tanto, fare il punto della situazione. Capire quello che resta, quando la schiuma scompare, non può che farci bene.
(Rispondi)
 
PRONTALFREDO
PRONTALFREDO il 16/04/12 alle 15:24 via WEB
Ciao pabela, ciao marina (84 + 3210 = 3294). Vorrei lasciare un commento intelligente, ma non ci riesco. Zio Alfredo.
(Rispondi)
 
 
marina3210
marina3210 il 16/04/12 alle 16:34 via WEB
Grazie per avere ricordato l'indimenticabile tuo omonimo, uomo di solenni mangiate e infinita cultura sportiva. Per la verità, e qua mi rivolgo a Pabela, ai miei occhi un unico difetto l'aveva: andava a caccia...
(Rispondi)
 
doracecoi
doracecoi il 17/04/12 alle 13:58 via WEB
Anche a me manca tanto la mia bambina, lontana e sola. Grazie, bello questo post.
(Rispondi)
 
 
marina3210
marina3210 il 17/04/12 alle 23:28 via WEB
Penso che tu stia parlando di tua figlia, e che sia lontana solo temporaneamente. Capisco il tuo dolore; il mio però è diversissimo, è il dolore di chi non potrà recuparare mai più quel rapporto.
(Rispondi)
 
 
 
pabela84
pabela84 il 18/04/12 alle 00:05 via WEB
Niente è perduto davvero. Niente. Il dolore e il distacco fanno male. Come le ingiustizie e gli eventi che ci scivolano dalle mani. Ma nulla è perduto. Non possediamo nulla se non la parte di noi stessi che vogliamo conoscere. Per il resto ci vuole tutto l'amore del mondo per strigerci forte fino a che non sarà il momento di aprire gli occhi e accorgerci che niente, niente poteva andare diversamente. E niente si è perduto. Fino ad allora, ti abbraccio.
(Rispondi)
 
 
 
 
marina3210
marina3210 il 18/04/12 alle 00:23 via WEB
Con parole sicuramente migliori delle mie, hai riassunto il senso di quella parte del mio post che parla d'amore. E' incoraggiante capire che non sei sola su quella barca.
(Rispondi)
 
ottimistasempreecomu
ottimistasempreecomu il 18/04/12 alle 00:09 via WEB
Cara mia, qualche sera fa venne a casa mia mia figlia. A volte (direi spesso, per la mia felicità) quando fa tardi il sabato sera si ferma a dormire a casa mia, anzichè tornare al paese dalla mamma...ho avuto la ottima/pessima idea di tirar fuori uno scatolone di foto che illustravano la mia vita: bambino, infante, scolaro, liceale, universitario, militare, ecc....di tutte ho dovuto spiegare ambienti, amici...e mi sono commosso....e la fregatura è che mia figlia se n'è accorta!!!! Un bacione grande, amica mia...e ricorda che io sono come il sole: ci sono sempre, anche se talora le nubi lo nascondono!!!!
(Rispondi)
 
 
marina3210
marina3210 il 18/04/12 alle 00:39 via WEB
I ricordi possono essere tanto il miele quanto l'aspro della nostra esistenza: tutto sta nell'uso che se ne fa. L'unica vera fregatura delle foto digitali è che non hanno alcun bisogno dello scatolone. Vuoi mettere l'emozione di tirarlo fuori, spolverarlo, ripensare all'ultima volta che... Oggi invece consegni le tue emozioni ad un anonimo DVD, quasi fossero una radiografia dell'arco dentale! Che tempi amico mio!
(Rispondi)
 
 
 
svetlana90
svetlana90 il 24/05/12 alle 00:21 via WEB
"Ci sono nella nostra esistenza migliaia di incontri, il più delle volte inconsistenti quanto un alito di brezza". Quello con il tuo blog è per niente inconsistente! A presto Marina.
(Rispondi)
 
tigreruggente0
tigreruggente0 il 23/01/13 alle 15:57 via WEB
mi trovi perfettamente d'accordo,anche il mio cuore è rosso,solo che ho paura che non tanto facilmente ci scrolleremo di dosso il Berlusca,lui sa come incantare le persone e purtroppo ci riesce bene anche perchè sa toccare i desideri più reconditi dell'animo umano. Mi ero ripromesso di non andare a votare perchè i compagnucci mi avevo dato tante delusioni,ma queste elezioni sono importanti,bisogna votare e come............
(Rispondi)
 
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