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Un blog creato da comparse_e_figuranti il 02/06/2008

Comparse e Figuranti

Come interpretare se stessi e sopravvivere...

 
 

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Capre e Gattini... (sottotitolo: quando gli animali contano più del titolo di studio)

Post n°12 pubblicato il 24 Settembre 2008 da comparse_e_figuranti
 
Foto di comparse_e_figuranti

“C’era una volta un gattino, che saliva sul camino …e il camino si ribalta! Ve ne racconto un’altra, ve ne racconto un’altra!”. Questa era una devastante filastrocca che dei dementi cantavano in una vecchia, direi vetusta, trasmissione televisiva (credo fosse la Tv dei Ragazzi, nel primo pomeriggio sulla Rai, quando ancora non esisteva Rai 3 e a malapena Rai 2 ma anche no): la ricordo bene per un motivo preciso: la mia allegra compagnia di amici decerebrati frequentava, me compreso, i campi da calcio della provincia partecipando, con una squadra che definirla tale equivale a dare dell’intelligentona a Flavia Vento, agli usuali campionati giovanili di football (sì football, perché Calcio mi pare un nome idiota da dare a uno sport: sarebbe come chiamare “Cazza” lo sport velistico oppure “Remo” il canottaggio). Ebbene, la mia memoria da 64 kb mi aiuta a ricordare che spesso, dopo una sconfitta (ovviamente meritata), quell’allegra compagnia di amici decerebrati, sempre me compreso, si dilettava nell’intonare quella tenue nenia quasi a voler glorificare la vita nelle sue catastrofi: la sconfitta, in epoca romana, equivaleva all’esilio, spesso alla morte. Noi, fortunatamente, dissacravamo la vittoria dell’avversario con questo coro palesemente stonato (ma lo era anche la versione originale) pur consapevoli che nello sport, come nella vita, è necessario far tesoro delle sconfitte e provare a migliorarsi. Noi no. A volte percepivo che nell’apice di un pareggio all’ultimo minuto, ci pervadeva inconsciamente il desiderio di perdere, forse spinti dall’ormai tossica dipendenza da quella canzoncina idiota. E facevamo gli errori più infantili pur di incassare un goal. Ebbene, con la stessa precisione mnemonica, ricordo che nel campionato Giovanissimi (fino ai 14 anni) del 1976, dopo un girone di andata che ci aveva visto perdere 15 partite su 16 (con un fortunatissimo pareggio per un rigore inesistente, trasformato dal nostro centravanti ad occhi chiusi bestemmiando), decidemmo che si doveva cambiare Inno e optammo per la canzoncina che , guarda caso, era il proseguo della trasmissione Tv: “capra capretta che bruchi l’erbetta, vuoi una manciatina di sale da cucina, il sale è salato etc. etc..”. So di aver poche possibilità di essere creduto ma i dati storici parlano chiaro; facemmo un girone di ritorno con uno score di 15 partite vinte su 16 ( e il solito pareggio) che non ci portò alla testa della classifica ma fu, a suo modo, il Segno. Il Segno che eravamo passati dalla dimensione di Calciatori per divertimento passivo alla sostanza di Calciatori per divertimento attivi, e cioè eravamo giunti alla Passione. Perché racconto questo? Credo che il motivo stia nel fatto che oggi, nella mia vita, io abbia bisogno di recuperare quel valore. Da Essere Umano passivo a Essere Umano per Passione. E so già di essere sulla buona strada. P.s.: A mia memoria, tanto per rimanere nella tematica del periodo televisivo, ricordo che uno dei miei allegri compagni di squadra riusciva a dire “E l’ultimo chiuda la porta..SLAM!” (noto finale degli episodi di Nick Carter – Fumetti in Tv n.d.r. - )con un unico lunghissimo rutto. La cosa è ovviamente superflua ma in qualche maniera trova il suo spazio su queste righe poiché quel mio allegro compagno ora è uno stimatissimo medico chirurgo, abbastanza noto a livello nazionale nell’ambito dei trapianti di fegato. Credo che lo chiamerò, dopo così tanti anni, e gli canterò il “Capra Capretta che bruchi l’erbetta…”.

 
 
 
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