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Un blog creato da comparse_e_figuranti il 02/06/2008

Comparse e Figuranti

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Nulla è come sembra (sottotitolo: emmenomale)

Post n°22 pubblicato il 25 Febbraio 2009 da comparse_e_figuranti

La giornata era stata pesante per lei. Lo stress delle ore di scrivania, di quel monitor acceso con tutti quei numeri l’aveva spossata nel midollo. Essere una contabile, nonostante il suo animo prettamente umanistico, la portava spesso a quella stanchezza tipica di chi opera, anche se con perizia e puntiglio, in un campo non proprio, e quindi sterile di soddisfazioni personali, anche se con buoni risultati nella carriera: i suoi “capi” erano molto soddisfatti della sua puntualità, dell’impegno che profondeva nel lavoro e anche delle sue capacità di adattamento ad ogni situazione che, nella posizione di “contabile addetta ai contatti con i dipendenti e con le aziende collegate”, lei doveva affrontare giornalmente. Ma quella sera era proprio avvilita dalla stanchezza di una settimana davvero estenuante. Decise che l’indomani si sarebbe “ricaricata” con una lunga corsa al parco, con le sue inseparabili canzoni registrate nell’Mp3.

E così fece, nel tardo mattino della domenica.

Un paio di pantaloni un po’ aderenti ma elasticizzati, una maglietta non  provocante ma comunque insufficiente a nascondere l’abbondanza del suo seno naturale, un comodo “senza maniche” a cercare di ricoprire quell’ingombro esuberante e, calzate le scarpette bianche, via, verso i sentieri di quell’enorme parco che era Villa Pamphili.

Dopo aver percorso la distanza che divi deva dalla grande Villa, iniziò a trottare, per scaldare bene tutta la muscolatura rimasta inquieta nell’immobilità del suo lavoro di massima azione cerebrale e di minima operosità fisica. D’un tratto, si ricordò di tutti quei fatti di cronaca che avevano scosso la sua città negli ultimi giorni: stupri. Uno dietro l’altro. Almeno così la stampa locale e nazionale ne avevano disegnato la sequenza. Quasi uno al giorno, per quasi un mese. Un brivido le percorse rapidamente la schiena a quel pensiero. Lo scacciò mettendo al massimo il volume della musica, quasi se l’inoltrarsi nei testi e nei suoni potesse nasconderla alla vista di qualsiasi malintenzionato. Come quando, anche di sera, alcuni indossavano gli occhiali scuri, convinti che quelle lenti annerite potessero schermarli dagli sguardi dell’umanità.

Procedette nella corsa, alternando scatti brevi a lente frazioni di recupero. Poi, si fermò all’ombra di un ontano, svuotò lo zainetto e scartò dall’alluminio i due panini che aveva preparato la sera prima. Li trangugiò in pochi minuti leggendo un libricino per nulla coinvolgente. Le tornò, per pochi istanti, quel brivido di paura ma scomparve con l’ultimo sorso d’acqua rigenerante, uscito a caduta dalla bottiglietta di plastica immancabile nel suo corredo da footing. Si mise a passeggiare, per respirare a pieni polmoni la sensazione di piacevole sintonia con la natura di quel luogo splendido, e per restare in movimento attivo e quindi mantenere una bassa produzione di acido lattico. Senza accorgersene si era inoltrata in un boschetto che mai aveva percorso in precedenza nell’immensa area di Villa Pamphili. Nulla di inquietante ma non era sicuramente il caso di percorrere sentieri poco frequentati come quello, visti i suoi pensieri di prima. Fece spallucce e proseguì, convinta che a breve il boschetto si sarebbe diradato per lasciare spazio a uno di quei bellissimi prati che ricoprivano gran parte del parco. Svoltò dietro ad una casupola. “Sicuramente – si disse – è un ripostiglio per gli attrezzi dei giardinieri del parco”. Lo superò ma nel farlo scorse un’ombra alla sua destra, che usciva proprio dal retro di quella casupola in legno. Il proprietario di quell’ombra era un uomo, sui quarant’anni, molto robusto, alto almeno un metro e ottanta, la barba incolta, i capelli per nulla curati, l’abito, forse un tempo sportivo, era un misto tra l’abbigliamento di un muratore e quello di un barbone, eterogenea mescolanza di abiti appartenuti un tempo ad altri. Lei si bloccò, come paralizzata. L’uomo si stava avvicinando a lei. Il volume dell’auricolare doveva essere assai alto perché il battito del suo cuore, pur fortissimo, veniva attutito e nascosto dai suoni emanati dal lettore digitale. Ora era del tutto pietrificata dalla paura. Scorse nel volto dell’uomo un mezzo sorriso che sapeva di soddisfazione, come se fosse stato finalmente esaudito in un desiderio, quello di incontrare una donna sola. Quando l’uomo le giunse a pochi metri ormai i suoi pensieri erano già rivolti al dopo, a come avrebbe fatto a superare la cosa, a chi si sarebbe presa cura di lei, a come sarebbe stato dover affrontare i giornalisti, gli interrogatori dei poliziotti e, ancor peggio, quelli degli amici. Osservò l’uomo nel volto, per cercare di fissare bene i suoi tratti: sarebbero stati utili nell’identikit che la polizia le avrebbe chiesto di definire. Era un uomo veramente inquietante. La mascella squadrata, tipica dei tratti somatici dell’Est Europa, gli occhi chiari ma cattivi, senza l’apparenza di una loro umanità. Le mani erano gigantesche, come morse. Lo guardò per un’ultima volta e scorse le labbra dell’uomo muoversi, ma non sentì alcun suono, assordata com’era da quel maledetto e benedetto auricolare. Credette di leggere sulla bocca di quel mostro le parole “qua” e “bona”. Ecco, lo sapeva, era la fine. Chiuse gli occhi, sperando che la luce del giorno si spegnesse di colpo, come in un blackout del improvviso del sole. I secondi passarono lenti come secoli. Poi sentì un dito toccarle la spalla, quasi a spingere. Riaprì gli occhi e vide l’uomo che le chiedeva, a gesti, di togliere l’auricolare. Ormai rassegnata, lo levò e fu quasi pronta ad urlare con tutto il fiato che le rimaneva dopo la lunga corsa….

“Scusa signò, ma che sta affà la Roma?”

morale: Donne, compratevi un rottweiler, o assumete una guardia del corpo, o andate a correre solo nel parco retrostante alla questura ma, ve ne prego, provate a vivere normalmente, senza paura, liberamente, senza diventare schiave di quel terrore che, per non so quale scopo recondito, la stampa nazionale sta diffondendo in modo scriteriato. Gli stupri esistono, avvengono, e si ripetono, ma non sono più frequenti oggi di 20 anni fa, se non persino diminuiti. Siate libere. O almeno provateci.

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Sono felice, e godo epicureamente, di tutte le relazioni sentimentali che non ho avuto con le don...

 
Commenti al Post:
quotidiana_mente
quotidiana_mente il 27/02/09 alle 16:03 via WEB
Condivido completamente la "morale", non dobbiamo cedere alla paura che, in tutti modi, cercano di metterci addosso.
 
 
comparse_e_figuranti
comparse_e_figuranti il 02/03/09 alle 20:21 via WEB
Purtroppo la stampa sta facendo di tutto per rovinare la vita alla gente. O parla di stupri (ma mica di quelli tra le mura domestiche, assai più numerosi e raramente denunciati), o del bacio tra Belen e Corona, o delle scemenze che autocelebrativi politicanti spargono a destra e a manca. E non sanno nemmeno dove sta il Darfur. Figuriamoci se sanno cosa accade laggiù... ma capisco che la canzone di Povia sia un argomento più importante.
 
cassetta2
cassetta2 il 11/11/20 alle 17:22 via WEB
Impegnatevi di più con i post non posso essere l'unico a tenere in piedi la baracca.
 
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