Schegge di vetroAd averlo saputo prima, me ne stavo nel Beleriand! (Le immagini riprodotte su queste pagine sono di proprietà dei rispettivi autori, sperando che la dichiarazione mi sollevi dalla promozione di cause civili, che non ho tempo) |
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Post N° 13
Post n°13 pubblicato il 21 Gennaio 2005 da Mthrandir
Filippica: Io protesto
Ho iniziato questa specie di trip mentale del blog da pochissimo tempo senza sapere, nell’ordine:
Svolto questo breve ragionamento, e assegnata una crocetta sul “si” alla questione numero 4 azzerando, di fatto, anche le prime tre, ho cominciato a vaneggiare per iscritto tanto per vedere se questa attività avrebbe attecchito nel mio spirito. Ha attecchito, accidenti! Così, non mi sono più limitato a scrivere sul mio, ma sono andato a curiosare altrove per vedere come altri avessero risolto la questione. Come era fin troppo facile attendersi, ho trovato un campionario vasto e assai composito; alcune cose interessanti, altre meno, ma anche questo era facile da prevedere. Cosa c’entra tutto questo con la filippica? C’entra, e vado a spiegare. Per quanto ognuno sia discretamente libero di fare e brigare ciò che gli salta in mente, specie a casa sua, io voglio protestare ufficialmente contro un atteggiamento che, mi pare, sia piuttosto diffuso. Da molte parti capita di trovare messaggi scritti con l’alfabeto latino, ma il cui contenuto è traducibile soltanto passando per l’aramaico antico. Si ricava l’impressione che, per dimostrare che ciò che si è scritto è intelligente e profondo, si debba necessariamente esprimerlo nel modo più complicato possibile. Capisco la tentazione: esiste un’equivalenza non scritta secondo la quale un testo scorrevole e piacevole da leggere non possa riguardare argomenti di una certa complessità, ma ci si può anche ribellare a questa fesseria, o no? A meno che non sia vera una delle seguenti ipotesi: la prima riguarda le mia capacità interpretative. E’ possibile che mi manchino i riferimenti culturali o il dominio totale della lingua per cui, in realtà, è scritto tutto in modo che chiunque possa comprendere. La seconda, invece, prende le mosse da una considerazione opposta (me la sottopose un brillante Professore universitario qualche lustro fa): quando si comincia con il parlar troppo difficile – aggiunse anche che, di solito, a questo linguaggio si unisce la tendenza a disegnare frecce – allora potete alzarvi e andarvene poiché l’oratore non ha più niente da dire. Io continuo a scrivere, a meditare e a leggere oscillando perpetuamente tra le due teorie.
Mthrandir |
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