Creato da fedechiara il 14/11/2014
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Il 'campo largo' e l'orizzonte degli eventi che ci mostra i suoi lampi.

Post n°3320 pubblicato il 09 Settembre 2024 da fedechiara
 

Il fragore dell'acqua che scende dai torrenti di montagna e la pioggia intensa che dilava la aride pianure. E' settembre, andiamo, è tempo di cambiare. Il caos interno alle nostre cellule ci prepara all'autunno e il caos del mondo e della sua 'nave dei folli' in precaria navigazione ci agita i pensieri: siamo 'stelle danzanti', implosioni, buchi neri, universi in disfacimento e ri-creazione a partire dalle oscure onde gravitazionali.
Si, lo so, fa un po' ridere dare cosmica forma poetica al Casino Royal del 'campo largo' che si agita e ci manda i suoi flebili lampi di luce e ci ammannisce le stanche intuizioni politiche dalle varie 'feste' settembrine (Festa del Fatto, Festa dell'Unità'+).
Conte+Schlein+Fratoianni e Bonelli-Renzi fratto Calenda.
Più che un 'campo largo' un ronzante buco nero che tutto macina al suo interno e nel fondo dell'imbuto gravitazionale si sente l'eco in dissolvimento della pulzella svizzera che grida: 'Prepariamoci a governareee'.
Risate cosmiche dall'orizzonte degli eventi che lo contorna.
Quei dessi 'vogliono governare', lo hanno detto davvero con sublime sprezzo del ridicolo – con l'Ucraina che collassa e i suonati filo Nato che continuano a mandarci armamenti sempre più letali e 'a lungo raggio' per far finalmente deflagrare la contesa termonucleare.
A seguire, tutte le altre proclamazioni velleitarie sul buon governo che verrà a guida sinistra (nomen omen). E l'unico collante di quei malnati aspiranti al potere malgrado le mille divisioni interne e le idiosincrasie personali è lo ius scholae e il 'Venite parvulus' lanciato alle coste africane e medio orientali con il sostegno a spada tratta alle ong-taxi del mare.
Ma hanno il papa dalla loro, il papa della ipocrita misericordia che tutto risolve dei conflitti di un mondo in cui trionfa la demenza (sic) e la violenza. Quante divisioni politiche può schierare il papa? Facciamoglielo sapere nelle prossime urne elettorali. Fra tre anni.
Intanto zappate, voi preclari ingegni del 'campo largo', qualche stenta patata o altro stitico tubero si mostrerà, nella bella stagione. Concimatelo, concimatelo, il vostro campetto, cari.
O nascondetevi i pochi denari di Pinocchio – con il Gatto e la Volpe che spiano nell'ombra.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante spazio

 
 
 

Artisti cinesi.

Post n°3319 pubblicato il 08 Settembre 2024 da fedechiara
 

08 settembre 2015
Jiang Heng, artista cinese, ('Highway to Hell' - palazzo Michiel - Strada Nuova - Venezia) ci racconta da par suo che, malgrado quegli occhi strani che si ritrovano, lui e i connazionali, uguali pensieri filosofici relativi al dolore di vivere e alla vita breve e all'oscurità della morte, illuminano le sinapsi orientali e occidentali.
Ed ecco la sua riflessione amletica col teschio (molti teschi) adornato di una effimera florealità pittorica che lo traduce in 'pop art' un filo macabra, ma capace di ricordarci che 'siamo polvere' - magistralmente aggregata e in qualche modo funzionante - ma che 'polvere ritorneremo', ahinoi, dopo aver scroccato un bel po' di filo alle Parche.
E, malgrado le bambole e i bamboleggiamenti delle giovanissime fanciulle in fiore che vediamo ospiti delle nostre calli e fanno 'ciao-ciao' con le manine a bordo dei motoscafi strapieni, anche quella loro bellezza orientale e l'incarnato niveo e liscio che gli invidiamo subiranno l'onta del Tempo - che tutto ossida e trasforma in decrepitezza e abbandono e diverso futuro.
Ed ecco spiegarsi davanti ai nostri occhi, a tutta sala, l'orrido campo di morte di migliaia di 'Barbie', - un ossario 'pop' funereo e spaventosissimo su cui campeggia 'l'albero degli impiccati', che già conoscevamo per via di Pinocchio, favola di morte e resurrezione del nostro Collodi -, a dirci che tutto, perfino quelle stupidissime bambole che hanno riempito l'infanzia lieta e leggera delle nostre figlie e nipoti, tutto decade e si corrompe e la vita umana è e sarà piena di pillole da ingurgitare per restare in salute un paio di anni ancora, viva la Medicina che nutre la Speranza.
E sarebbe interessante conoscere come e dove l'artista sia riuscito a collezionare tutte quelle povere bambole morte per smembrarle sadicamente e 'artisticamente'.
La Biennale di 'tutti i futuri del mondo' è anche questo, prova a dirci Jiang Heng: il racconto di un futuro breve e corrotto già al suo nascere. Praticamente un ripasso dell'Eccesiaste.
Tutte le reazioni:

 
 
 

Gli assassini tra noi leggeri.

Post n°3318 pubblicato il 08 Settembre 2024 da fedechiara
 


L'impressione che si ha surfando bravamente dentro al tunnel liquido degli ultimi fatti di cronaca nera è che viviamo in una società italiana/europea indifesa dove ogni orrore e belluinità e le uccisioni gratuite e 'per futili motivi' sono state sdoganate da un clima di colpevole buonismo diffuso e tolleranza oltre ogni limite di orrore. Gli assassini tra noi leggeri.
E da seguire con amore e umana sollecitudine dentro le istituzioni carcerarie perché tanto fragilini, poveri cari, e d'un subito ravveduti e sconvolti per quanto hanno commesso di orribile e spaventoso. Nessuno tocchi Caino. (sic)
Sommiamo insieme, in una rapida carrellata, l'intollerabile omicidio di Saman, strozzata dai genitori/zio pachistani per la colpa massima di essersi integrata nel paese ospite e vivere da aspirante donna libera con tanto di amoroso indigeno + il nero Kabobo che andava per strada in ore antelucane con un piccone in mano, scaricando la sua rabbia e/o follia da mancata integrazione sui crani dei malcapitati + i due casi più recenti della povera Sharon che implorava 'Perché, perché!! all'idiota assassino che si era preventivamente scusato per '...quello che ti sto per fare'.
E giù gli affondi del coltello omicida sulla carne della vittima indifesa.
Rivedetevi più e più volte il film dell'orrore, con le sequenze pulp e splatter alla Tarantino, per non dimenticare.
E rivedetevi le sequenze di orrore al quadrato di quell'altro film dell'orco assassino di Paderno che ha sterminato l'intera famiglia a partire dal fratellino di anni cinque che lo adorava, ci informano le cronache. Guardatelo e riguardatelo quel film di sangue e morte - e il novello Caino scatenato col coltello su entrambi i genitori - prima che la collosa pietà e misericordia universale ce lo ricopra e incorriamo d'un subito nelle formulazioni pietose del Beccaria e dei suoi seguaci che ci invitano pubblicamente a 'rieducare' lo sventurato e a dimenticare l'orrore della colpa prima ancora che sia stata scontata.
'Il giudice ha ritenuto di lasciare l'imputato in carcere.' dicono i tiggi, con la lagna buonista e ipocritamente misericordiosa a cui siamo ormai abituati da decenni.
E ci mancherebbe pure che un reo confesso dell'odiosissimo crimine di uccidere i genitori e il fratellino lasci il carcere dopo pochi giorni dal misfatto, maledizione!
La società in cui ci è capitato di vivere è malata di buonismo da un tanto al chilo ed è ormai immemore di quell'immaginario di terribilità e della giustizia inflessibile e crudele che lavava le colpe degli assassini con i più terribili supplizi. Nel Medioevo, squartamenti sulle pubbliche piazze e pubblici affogamenti e decapitazioni terrorizzavano il popolo.
La società del tempo si difendeva dall'orrore del crimine e dei criminali banditi e dei Caino con l'orrore contrapposto e maggiore (perché inferto in pubblico) del supplizio – e sui giustiziati si stendeva la coltre della 'damnatio memoriae' (e i corpi bruciati) che riaccendeva la luce della religione, del 'timor di Dio' e della fede nella giustizia in una società altrimenti fragile e spaventata dal ricorrere atteso degli altri crimini.
I secoli seguenti hanno attenuato i truculenti supplizi e la ghigliottina della Rivoluzione fu inventata per dare un asettico taglio netto e finale tabula rasa con la schiera degli odiati aristocratici delle gabelle e della miseria del popolo - e la pena di morte restò a lungo quale efficace monito di una società che difendeva se stessa dal ricorrere del crimine nelle cronache e pareggiava i conti con i suoi nemici.
Ma oggi ci barcameniamo tra un buonismo spicciolo che tende a cancellare il crimine dagli occhi della società attonita un attimo dopo che l'assassino ha straziato le carni della sua vittima e lo psicologismo spicciolo degli 'esperti' televisivi, psichiatri ed educatori, che si dilungano in analisi stiracchiate sui nascosti perché di quelle male azioni - col finale strappa lacrime dei nonni che 'non lo abbandoneremo'.
E un lungo silenzio sociale in partitura, invece, ci consegnerebbe la giusta meditazione sul male che ci affligge ed impazza quotidianamente in cronaca, accompagnato dalla fida demenza alleata con il metodo, il metodo della follia.
Che tu sia per me il coltello – lettura consigliata per il suo grande ritorno in cronaca. Con la benedizione annessa al preteso 'dio lo vuole' (allah u akbar) dei radicalizzati sul web di ultima generazione di immigrati e lo svolazzo pigro e soave di quell'altro, cittadino italiano a bordo del suo velocipede, che: 'Non so perché l'ho fatto.' e 'Scusami se ti uccido.'
Ma non dimentichiamoci del Beccaria.
Correva l'anno...

 
 
 

Il metodo della follia e l'Ucraina in guerra.

Post n°3317 pubblicato il 03 Settembre 2024 da fedechiara
 


La follia del mondo presente produce i mostri e gli orchi che ammazzano senza un perché e ce lo vengono a dire tranquilli tramite gli inquirenti. 'Non so perché l'ho ammazzata, ma, prima, le ho chiesto scusa.' dice il giovane con cittadinanza italiana Moussa Sangare.
E l'italiano diciassettenne che ha ammazzato i genitori e il fratellino perché 'Mi sentivo oppresso.' (sic) ci regala un'altra perla di demenza vigile e metodica ('c'è del metodo in quella sua follia' – Amleto) ed aggiunge alla sua confessione il particolare decisivo della parallela follia del mondo 'Volevo andare a combattere in Ucraina.' dice al suo interrogante.
Che relazione di senso ci sia tra il combattere in Ucraina e l'uccidere i genitori è intrigo per menti obnubilate quali sono le nostre, di tutti noi che sappiamo come la narrazione distorta dei filo Nato sulla guerra per procura che hanno promosso laggiù (e la combattono pervicacemente tramite gli eroi folli morituri ucraini) si regge sulla menzogna retorica dell'aggressore e dell'aggredito – e basta andare a ritroso negli anni del 'golpe di Maidan' per venire a sapere degli armamenti americani all'esercito di quel paese prima che scoppiasse la guerra e degli istruttori che vi operavano col preciso disegno di annettere l'Ucraina alla 'cintura difensiva Nato' e stringere l'assedio allo storico nemico russo. (Chiedete ai soloni del Pentagono ed ai dirigenti della C.i.a. le informative in merito – se non temete di fare la fine di Assange.)
Dove la parola 'difensiva' è stupidaggine per gonzi poco informati e il danneggiamento tombale del condotto sottomarino che trasportava il gas dalla Russia all'Europa è stato finalmente attribuito alle mene aggressive del paese che si pretende 'aggredito'.
C'è del metodo in questa nostra follia retorica di paesi succubi dell'Alleanza atlantica i cui lacerti ritroviamo poi nel farfugliare del diciasettenne che voleva 'andare a combattere in Ucraina', come ci riportano gli inquirenti.
La mitica democrazia che andiamo a difendere della retorica menzognera dei filo Nato produce mostri e inquina le private tragedie. Facciamocene una ragione.

Strage di Paderno Dugnano, 17enne che ha ucciso la famiglia voleva combattere in Ucraina: la rivelazione ai pm
NOTIZIE.VIRGILIO.IT
Strage di Paderno Dugnano, 17enne che ha ucciso la famiglia voleva combattere in Ucraina: la rivelazione ai pm
Strage di Paderno Dugnano, 17enne che ha ucciso la famiglia voleva combattere in Ucraina: la rivelazione ai pm

 
 
 

L'orizzonte del futuro di Europa.

Post n°3316 pubblicato il 03 Settembre 2024 da fedechiara
 

La città futura - 02 settembre 2016
Mi sono aggirato nei labirinti luridi del mio primo slum metropolitano a 20 anni, a Manila e, quando ne parlai a un amico che lavorava nella capitale, mi disse che ero fortunato di esserne uscito indenne. Mi muoveva la curiosità di tutte quelle persone chiuse in quella dimensione urbana di miseria eclatante e fatica di vivere e nessuna speranza, a breve, di uscire da quel ghetto osceno, crudelmente contrapposto alla città di pietra e monumenti e strade pulite ed edifici governativi e ristoranti e cinema, insomma il 'centro': motore della fragile economia metropolitana che tutto sostiene, anche le briciole che si portano via gli ultimi e i marginali: gli abitanti degli slums.
E anche Bruxelles, l'oscena capitale del 'plat pays' cantato da J. Brel (in realtà un paesaggio ondulato e fitto di boschi e foreste) ha il suo 'centro': motore di una economia turistica asfittica e massimamente caotica – e a stento si passa tra i tavoli e le sedie delle strette viuzze e delle piazzette dove fastidiosi 'mettidentro' insistono a rifilarti il piatto del giorno e le altre schifezze precotte di quasi tutti i ristoranti turistici all over the world.
E Bruxelles ha anch'essa il suo 'slum' – l'immenso distendersi di una crosta di periferia urbana oscena a vedersi e a udirsi (diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d'ira) che ieri era dormitorio delle truppe di lavoratori di una immigrazione interna all'Europa, sopratutto italiana (le miniere del Belgio e le attività metallurgiche oggi morte e sepolte) e oggi è il teatro all'aperto di apparenza miserabile e fitto di cartacce e lattine di una immigrazione 'mondialista' come si ama dire.
E, se percorrete la rue Charles Quint in direzione del centro storico, avrete la plastica rappresentazione di come si presenteranno ai figli e ai nipoti tutte le metropoli europee affannate dall'immigrazione selvaggia di questi anni da qui a un decennio. E ancora non mi è chiaro quali mani 'coloured' e barbe arabe e menti future di chissà che provenienza e tradizione e cultura di origine saranno incaricate di gestire gli archivi della cultura europea occidentale custodita nei musei e nelle pinacoteche che visitiamo e chi dirigerà i concerti della meravigliosa musica classica di Bach e Haendel e Mozart nei teatri storici e negli auditorium.
Però abbiamo già i molti sacerdoti neri che cogestiscono la grande chiesa del Sacre Coeur e officiano i riti funebri e vi celebrano i matrimoni – e così ci è chiaro il perché, in tanta 'crisi delle vocazioni' bianche e occidentali, il papa di Roma insista così tanto nel voler accogliere tutti i sedicenti profughi – qualche prete ne uscirà dalle centinaia di migliaia che accogliamo obtorto collo nella tanto generosa Europa vogliosa di mutazioni epocali.
E, se si eccettua la meravigliosa cattedrale bianca che svetta nel suo biancore gotico sopra il suo alto zoccolo di gradoni con-colori, neanche il centro storico e la sua 'piazza grande' danno emozioni estetiche degne di nota. E vien voglia di scappare al più presto per chi, come noi, 'ha visto Gand' e Bruges – scappare con l'amaro in bocca da questa metropoli futura che ci spinge a rifugiarci mentalmente in un impossibile 'ritorno al passato'.
E sarà per l'affanno dalla calura estiva e la quantità inverosimile di turisti - che pare di essere a Venezia nella sua devastata 'area marciana' con le cavallette del 'mordi e fuggi' quotidiano - che lascio mia figlia seduta su un muretto a far riposare i suoi borders e mi spingo in un bar poco distante e ordino una 'Leffe' bionda e chiacchiero con il facondo gestore, un belga bianco per antico pelo sopravvissuto alla mutazione epocale della sua città e gli chiedo come va, dopo la mattanza dei 'radicalizzati sul web' ultima scorsa.
Risponde: 'Bene.' con un suo certo disagio mal celato, ma poi aggiunge: 'On sait bien que ce n'est pas fini.' Sappiamo bene che non è finita, già.
E, cercando la via del ritorno al parcheggio dove abbiamo lasciato la macchina, passiamo per un lungo-fiume dove l'amministrazione comunale, disperata dopo gli ultimi eventi tragici, ha effigiato una quantità di gente multi colore e di etnia diversa tutti sorridenti e, nell'intenzione e nella speranza degli autori istituzionali, ben integrati e contenti di vivere colà - tutti insieme appassionatamente, nel Belgistan dei nostri tormenti e dubbi atroci. Compresi i poliziotti bianchi delle molte auto-pattuglie che sfrecciano ininterrottamente per via Charles Quint e istituiscono i posti di blocco e sorridono tra loro e si danno pacche sulle spalle – forse felici per la quantità di lavoro che viene assicurata loro dalla città futura delle banlieueus multietniche.
Facciamoci gli auguri. Molti radicalizzati sono già tra noi – lo hanno detto in molti articoli i valenti giornalisti bene addentro alle 'intelligences' dei vari paesi sotto attacco - e molti altri ne andiamo a prendere quotidianamente con le 'navi dei folli' di Frontex, giusto a dieci miglia nautiche dalla Libia. Buonismo o masochismo? Chi vivrà dirà. Intanto i cocci di questa ondata di miseria di ritorno (e i morti e i feriti per le strade) sono nostri.

Midas Charles Quint to Avenue Charles-Quint 333, 1083 Ganshoren, Belgium
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