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Arte Marziale o sport...?

Post n°166 pubblicato il 04 Luglio 2009 da kyokushindave

Si sente spesso parlare e discutere di discipline e sport da combattimento e di arti marziali e sulle differenze che corrono fra queste. Mi accorgo sempre più spesso, tuttavia, di un errore fondamentale e, a mio modo di vedere, molto grave, in cui incorrono i più.
Mi riferisco ad affermazioni del tipo “il karate, arte marziale e sport”, oppure “il taekwondo, arte marziale coreana e disciplina olimpica”.
Ebbene, trattasi di una contraddizione in termini!
Ho sempre pensato che una disciplina non può esse contemporaneamente Arte e Sport : e non si può passare dall’una all’altra così facilmente. Si tratta di sue mondi molto diversi, anzi totalmente all’opposto e che si fondano sui principi assolutamente antitetici.
Mi sono ricordato di un testo della mia fornita biblioteca che spiega molto bene questo concetto : è uno dei libri scritti dal M° Kenji Tokitsu, ovvero “Lo Zen e la Via del Karate”.
In quel testo si fa riferimento alla dicotomia Karate arte marziale/Karate sport e al grosso fraintendimento che sta alla base di questa.
Riporto alcuni passaggi che ben rendono l’idea di quello che voglio dire.
Una premessa : nel libro si far riferimento al Karate, ma tutto il ragionamento è facilmente rapportabile anche al Tae Kwon Do, dato che si tratta di una disciplina che dal primo deriva e che nasce e si fonda sui medesimi principi (annientati poi dalla sportivizzazione); si parla poi del karate goshinjutsu o goshindo: anche qui è facile adattare il ragionamento alla nostra arte, se si pensa che il goshin, che in giapponese definisce le tecniche di difesa personale, corrisponde all’hoshin del taekwondo, ovvero al concetto di difesa personale della nostra disciplina; in ultimo si parla del budo, che non è altro che il concetto di Mudo che troviamo alla base delle Arti Marziali coreane (quasi sconosciuto ai più! ma che il sottoscritto ha posto a fondamento della sua Scuola, Mudokwan, appunto, con tutto quello che comporta la importanza di questo concetto).
Il Maestro Tokitsu parte dall’idea di Budo (Mudo) :
“il budo è una disciplina che fonde insieme tecniche pratiche di combattimento (bu) e una modalità di esistenza (do) elaborata dall’ordine dei Guerrieri dell'epoca feudale giapponese”; trattasi quindi di una “integrazione dialettica di due pratiche che presentano un certo numero di elementi contraddittori”.
Abbiamo già parlato della traduzione letterale del termine budo/mudo e quindi vi rimando agli articoli scritti in precedenza; il M. Tokitsu, poi, nel descrivere il significato del budo si duole della difficoltà di applicare i suoi principi nell’epoca odierna :
“Noi possiamo solo riadattare il budo alla nostra epoca ricostituirne un equivalente nelle società attuali. Al giorno d'oggi, non c'è più nessuno che viva come il guerriero d'oggi, non c'è più nessuno che viva come il guerriero di una volta. È estremamente difficile arrivare alla massima vetta del budo (checché ne dicano certi presunti “fondatori”, anche nostrani, di arti marziali dai nomi improbabili ancorché buffi – n.d.A.). I maestri che vi riuscivano, fino alla fine dell'epoca feudale, adottavano una pratica empirica, evitando però certi errori che erano stati commessi e poi corretti nel corso di una pratica tradizionale trasmessa direttamente. Il budo era inoltre profondamente impregnato del modo di vita e dei valori dominanti della loro epoca. Anche in queste condizioni i maestri del budo erano assai poco numerosi, poiché l'apprendimento empirico era molto selettivo. Attualmente, .a causa del grande divario che intercorre tra il budo e la vita quotidiana, diventa molto più difficile, se non addirittura impossibile, raggiungere la perfezione tramite una pratica empirica simile a quella degli antichi maestri (non basta quindi, come fanno alcuni, fare allenamenti in montagna e fingere di meditare sotto un albero… n.d.A.).
L’Autore, poi, si sofferma sul significato del termine “do” applicato al Karate (karate-do) : noi possiamo benissimo leggervi anche “taekwon-do”, perché nulla cambia.
“In giapponese la parola karate è spesso accompagnata dalla parola do nell'espressione karate-do. Questa nozione di do è comune non solo alle arti marziali tradizionali, come il tiro con l'arco (kyudo), la spada giapponese (kendo), il judo, l'aikido ..., ma anche ad altre arti della vita di tutti i giorni, come l'arte di disporre i fiori (kado), la cerimonia del tè (sado), la calligrafia (shodo ) ... È infatti propria della cultura giapponese (alla quale la cultura coreana è necessariamente legata, non fosse altro per la vicinanza geografica, per i sessant’anni di dominazione spietata e per il fatto che entrambe le culture sono debitrici alla grande cultura madre cinese – n.d.A.) l'idea che tutte le arti a un certo livello di profondità si riuniscano in un medesimo ambito spirituale. Tale ambito, cui è possibile arrivare mediante ogni singola disciplina, è l'essenza di tutte le arti. L'approfondimento di una disciplina è considerato indispensabile per aggiungere una situazione in cui la capacità personale non sia limitata a un solo campo, bensì sia estesa a un campo molteplice, universale. (…) La nozione di do è dunque intesa nella cultura giapponese come quella di una via diretta a uno stato spirituale e libera le facoltà umane nei diversi campi artistici; e tale stato spirituale può essere raggiunto tramite l'approfondimento di ogni singola disciplina. (…) Il termine do viene abitualmente tradotto con parole quali: “Via, cammino, disciplina”, ma nessuno di questi termini copre interamente il significato culturale del do. on esiste, a mia avviso, nella cultura occidentale, una rete o una trama culturale che consenta di intendere in profondità la nozione di do. Questa infatti non è solo un'idea astratta, ma piuttosto una morale o l'orientamento di un sistema di vita: è dunque un prodotto sociale storico, permeato dai costumi, dalle religioni, dai valori collettivi antichi”.
Secondo il Maestro Tokitsu, quindi, elle arti marziali giapponesi introdotte nei paesi occidentali sotto il nome di budo, come il judo, l'aikido, il kendo, il karate-do, il kyudo, ma anche quelle coreana, come il taekwondo, il kongsoodo, il tangsoodo, l’hapkido, etc., la nozione di do resta in superficie del fenomeno come un'idea astratta, de. formata da elaborazioni razionalistiche o mistificatrici, mentre la pratica corporea di queste stesse arti marziali si evolve come pratica sociale di sport e violenza. In Giappone, invece, nonostante la esistenza di una tendenza sportiva, questa nozione di do resta associata alla pratica di quelle arti marziali in relazione a determinati metodi per ottenere concentrazione e forza fisica e psichica, nonché a determinate regole sociali e modelli di comportamento.
Per il Maestro Tokitsu, quindi, l’avvento delle Arti Marziali in Occidente ha prodotto una idea distorta del Budo/Mudo : è stato, di fatto, assimilato alla idea di sport.
Nel testo citato, pertanto, vengono poste in rilievo alcune differenze fondamentali tra i due concetti, comprensibili già al livello della pratica, e che contraddistinguono la pluridimensionalità del Budo/Mudo e la unidimensionalità dello sport.
Nel far questo, Tokitsu riprende un brillante ragionamento fatto da un altro autore giapponese, Tsugumasa Nango, nel bellissimo libro “Budo no rinon (La teoria del Budo)” scritto nel 1972.
In quel teso, Nango contrappone il karate goshinjutsu al karate sportivo (noi che pratichiamo taekwondo, dovremmo leggere taekwon-hoshinsul / taekwondo sportivo) : egli descrive quindi le due opposte concezioni del karate (tuttora esistenti più che mai, purtroppo) per far risaltare la importanza della scelta di una di esse fin dall’inizio della pratica (ed è lo stesso ragionamento dal sottoscritto seguito nel fondare la sua scuola).
Nango afferma che il karate (leggi taekwondo o korean karate) può essere inteso nel senso di sport, e quindi di competizione agonistica, o nel senso di goshin-jutsu, che possiamo tradurre come “tecniche di autodifesa” (leggi, in coreano, hoshin-sul, tecniche di difesa personale, appunto).
La differenza che corre tra le due accezioni è abissale : in primo luogo, il risultato delle competizioni sportive in generale è determinato, indipendentemente dallo svolgimento dell’incontro, dalla differenza del totale dei punti guadagnati prescindere dal contenuto del match, che il risultato sia di trenta a ventinove o di trenta a uno “il vincitore è quello che ha totalizzato più punti” : questa regola non fa eccezione il principio della competizione sportiva nel karate (leggi taekwondo).
Ebbene, la definizione di karate/taekwondo come goshinjutsu/hoshinsul richiede un atteggiamento fondamentalmente diverso nei confronti degli errori commessi nella pratica.
Nel libro di Nango leggiamo : “Se oggi venissi attaccato da qualcuno e ci rimettessi un occhio, sarebbe inutile che proclamassi coraggiosamente: « Domani non lo perderò di sicuraggiosamente: «Domani non lo perderò di sicuro». Una volta perduto, l'occhio non si recupera più” : ragionamento ovvio ma fondato!
Allora, nel goshin-jutsu/hoshinsul, ciò che conta è la sicurezza assoluta e non la proporzione dei combattimenti vinti. Lo scopo è «non perdere, e non sempre l'obiettivo è quello di riportare la vittoria in combattimento. Ciò non significherebbe nulla se dopo aver vinto ci si trovasse gravemente feriti. Lo scopo fondamentale è quello di salvaguardare se stessi».n secondo luogo, nel caso di una competizione sportiva di karate, lo scopo è vincere, cioè, come si è detto, totalizzare un numero di punti superiore. Anche se l'avversario segna il primo punto, potremo risultare vincitori 'se soltanto segneremo due punti prima della fine della gara. conseguenza, esiste la tendenza a trascurare, nell'allenamento, le tecniche che non si utilizzano nella competizione o nel combattimento sportivo. Al contrario, nel karate-goshin-jutsu/taekwon-hoshin-sul non esiste l'arbitro e quindi non sempre occorre fare uso di tecniche visibili dall'esterno. Nella pratica si presuppone che tutti gli attacchi dell'avversario possano produrre lesioni gravi e addirittura mortali : perciò nel corso dell'addestramento occorre annettere la massima importanza alla difesa, mentre le tecniche di attacco non sempre rivestono un'importanza determinante. Poiché nella realtà non esiste squalifica (ma attenzione, esiste il codice penale…! Ma questo è un altro discorso che faremo in seguito) gli attacchi ai punti vitali e di conseguenza le difese dei punti vitali sono essenziali durante l'addestramento. Tutte le parti deboli o i punti vitali del corpo umano possono essere oggetto di attacchi, perciò l'addestramento deve necessariamente comprendere la loro protezione mediante le più diverse tecniche di difesa e di parata, le quali assumono, quindi, un’importanza assoluta : nello stesso tempo, le tecniche di attacco, che certamente non impariamo allo scopo di uccidere, devono essere però a tal punto efficaci che, se volessimo, potremmo servircene per eliminare il nostro avversario.
Nango afferma, dunque, che nella pratica quotidiana del karate goshinjutsu (leggi taekwon hoshinsul), deve essere sempre presente il pensiero che ogni attacco può essere mortale e che un errore può significare la fine : ebbene, appare ovvio che un approccio a tale tipo di pratica caratterizza la direzione dell’addestramento e segna l’orientamento del progresso in direzione di un certo tipo di perfezione che differisce sensibilmente a quella a cui si tende nella pratica sportivo-agonistica.
Ecco perché il sottoscritto insiste da sempre al ritorno degli allenamenti tradizionali e al ridimensionamento della pratica sportiva!
Ora, senza voler arrivare a tali estremi, la vita o la morte, è chiaro che l’atteggiamento di oggi verso le arti marziali è per lo più errato e confonde la dimensione sportiva, che oggi è quella dominate, con quella marziale.
E’ una distinzione che dobbiamo sempre tenere a mente per non falsare la nostra pratica quotidiana ed ingannare noi stessi con falsi miti : chi annuncia corsi di difesa personale, antiaggressione, arte marziale complete e perfette, pur continuando a restare nell’ottica sportiva, con le sue metodologie e i suoi programmi agonistici, dimostra solamente la propria ignoranza ed appare risibile e biasimevole.
A presto!

Davide.

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casadelviandante
casadelviandante il 09/07/09 alle 17:13 via WEB
Ciao, vorrei avere più tempo x apprendere queste arti marziali, ma sono una sognatrice, scrivo le sfumature del mio animo. Grazie x la visita al mio blog.. Se sei un sognatore, visitami ogni tanto.kiss Rosanna
 
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