Non dunque distruggere
ma restaurare, ricostruire in modo migliore. Se non ricordo male
un quinto o un sesto delle aziende con cittadinanza a San Marino saltarono
per aria. Creammo dunque un danno terribile a San Marino, ma in fondo
anche a noi stessi. Tutto, per non avere impostato allora, dei principi impostabili.
Tant’è che tre mesi fa in modo fluido e senza fare delle rivoluzioni
copernicane quel problema è stato risolto (con l’uscita dalla black list,
ndr). E io oggi penso che potesse essere risolto già allora. Penso che quelle
misure messe in campo dall’Italia dovevano contenere anche una soluzione
e che non era opportuno inserire San Marino nella black list, ma
che si dovesse piuttosto far passare il messaggio che se la Repubblica non
avesse cominciato a rispettare determinate regole, sarebbe stata inserita
in questa lista. Si dovevano dare a San Marino sei mesi di tempo, nove
mesi di tempo, per adeguarsi.San Marino si sarebbe adeguata e non sarebbe
accaduto quello che poi è successo. Ciò che dico oltre a essere una
autocritica, vuol e essere anche un messaggio perché è come vorrei che
fosse intesa la stampa, la sua essenza. La stampa non
può essere solo un elemento di distruzione, utilizzata per fare saltare per aria
le aziende, farle chiudere. Perché la lentezza con cui si costruisce un successo
economico, non è mai pari alla velocità con cui lo si può distruggere
ed alla lentezza con cui si avrà l’opportunità di riedificarlo. Se io costruisco
una casa, ci metto un anno a costruirla, poi do un colpo di ariete,
questa casa si distrugge in un secondo. A costruire nuovamente ci metterò
un anno ed è difficile che la costruzione sia piena come lo era in precedenza.
Dunque prima di distruggere bisognava dare il tempo alle Istituzioni
di mettersi in regola.
Formalmente, allora, a San Marino fu dato questo termine temporale,
ma solo formalmente. Fu dato un tempo ma non era stata individuata
una soluzione fattibile in quel lasso temporale. Bisognava non solo dare
una scadenza, ma dire che cosa si doveva fare e dare il tempo di fare
quella cosa che veniva imposta. Che da parte di San Marino le intenzioni
fossero buone poi, lo dimostra il fatto che sebbene in quattro anni, le cose da fare sono poi state
effettivamente fatte. E quindi se tutto fosse stato impostato dall’Italia sapientemente
e in mani era non punitiva nei confronti di San Marino, io credo che il risultato
si sarebbe potuto tranquillamente raggiungere in sei mesi. Bastava avere avuto
le idee chiare allora.In definitiva Penso dunque che formalmente
sia la stampa che lo Stato italiano si siano comportati in maniera
ineccepibile, ma nei fatti abbiano fatto un grave torto a San Marino, perché
non si doveva creare un danno all’economia, non solo sammarinese
ma anche italiana: non si deve mai distruggere la ricchezza a vanvera.
A distruggere sono capaci tutti, a ricostruire invece poi ci vogliono gli anni”.
Qual è oggi l’immagine che avete di San Marino?
“San Marino è stato un Paese con relativa stabilità
politica negli anni in cui l’Italia ha attraversato un continuo tornado.
Oggi San Marino è entrata
nella white list, un risultato che dimostra che cosa è davvero questo Paese:
un popolo, un gruppo di dirigenti consapevoli,
di gente che sa fare il proprio mestiere. In questo anno 2014 posso dire
che l’immagine di San Marino non è mai stata così luminosa. Oggi ha
un’ ottima immagine per l’economia anche se penso che l’accaduto non sarà
sanato in tempi rapidi. Penso che non si tornerà mai al passato, le centinaia
di aziende chiuse pesano e rimane l’autocritica fatta poc’anzi sul
danno procurato. Col senno di poi sarebbe forse stata meglio un po’
meno luminosità, accompagnata da una migliore situazione produttiva”.
Secondo lei Tremonti non si è fatto pubblicità sulla pelle di San Marino?
“Tremonti era anticamente anche un collaboratore
del Corriere della Sera. Penso che Tremonti proprio perché era stato
consulente di San Marino, forse temeva di essere additato come troppo
buono nei suoi confronti e accusato di usare due pesi e due misure: nella
migliore delle ipotesi si può avanzare questa idea. Io come già detto, avrei
accompagnato un provvedimento che indicava la via di uscita. Faccio un
esempio: se io mi accorgo di qualcuno che non ha pagato delle tasse perché
non sapeva che si dovevano pagare, devo dare innanzitutto la presunzione
di innocenza, e in secondo luogo devo offrire l’opportunità di mettersi
in regola e dimostrare la propria buona fede. Se io rovino invece questa
persona, faccio una cosa che non va bene, seppure nel nome della giustizia.
Detto questo non mi piace criticare gli altri, semmai critico me stesso.
Critico la stampa per essere andata dietro al governo e aver scritto, andando
un po’ troppo per le spicce, che tutto quanto fatto contro San Marino andava fatto punto
e basta. Il rimprovero che faccio a me stesso come Direttore e non a Tremonti,
è di non essermi posto il problema che i sammarinesi posero, ovvero quello
di indicare una via di uscita, perché si stava facendo un danno enorme. E
di non avere prodotto neanche dieci righe per un’ idea su come uscire da quella
situazione che avrebbe evitato il colpo di pistola all’economia sammarinese”.
DA LA TRIBUNA SAMMARINESE di DAVID ODDONE
Inviato da: orgogliosammarinese
il 10/01/2013 alle 20:19
Inviato da: orgogliosammarinese
il 18/12/2012 alle 15:37
Inviato da: orgogliosammarinese
il 07/12/2012 alle 18:45
Inviato da: gife1958
il 07/12/2012 alle 18:35
Inviato da: orgogliosammarinese
il 14/11/2012 alle 17:19