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Ventisei - Un Addio

Post n°27 pubblicato il 13 Settembre 2009 da passato_per_caso

Il giorno che finì disse:-“Questa è l’ultima”- e lo fece senza dolore. Gli parve strano nel non sentire amarezza fra la lingua ed il palato, nel non sentire un buco dentro cuore o il respiro trattenuto o mancare. No. Quella era stata l’ultima volta che aveva lasciato scorrere l’amore dentro di sé. Non ne era pentito., non era rassegnato.

 

Guardò passare uno dopo l’altro tutti i giorni passati e passò oltre poi, andando ancora più lontano dentro i trascorsi addii. Li accarezzò mentalmente uno ad uno sorridendo, nessuno di loro produceva più alcuna sofferenza o alcun rancore.

 

Si avvicinò allo scaffale dei dischi ne cercò fra le copertine più consunte una che la sua memoria avrebbe riconosciuto.

 

Lo ritrovò fra i tanti dei tanti anni prima e s’emozionò nel risentirlo ancora con la stessa passione di allora.

 

S’era sentito solo quella mattina, per la prima volta da quando l’aveva incontrata. S’era sentito incompreso, non capito e così, certamente, s’era sentita anche lei.

 

Ci sono bivi a volte nella vita in cui due corpi che diresti nati per trascorre assieme il resto dei propri giorni, si dividono.

 

I primi passi pensi che sia per gioco, ancora odi le voci dell’altro e i suoi richiami, ancora ti par di scorgere fra i rami le sue dita che ti cercano, poi, a poco a poco, quando la vegetazione s’innalza e s’infittisce,  le parole dell’altro si perdono e non ne capisci più il senso né il significato. Avverti la sua mancanza eppure la strada avanti ti chiama e la percorri mentre sai perfettamente che gli altri passi si susseguono su un altro percorso.

 

Così si arriva al punto in cui il verde attorno ti pare smisurato e il bosco sembra fattosi una foresta. Arrivi al punto in cui ascolti solo il battito del tuo cuore,  resosi ormai solo. E pensi che quel cuore, quello stesso organo, fino a poco tempo prima, attimi ,secondi, tempo, sembrava dover battere in eterno accordato all’uno dell’altra.

 

Sono tristi gli addii ma ancor di più lo è il sentirsi soli quando accanto ci si ritrova chi vorresti amare.

 

Pensò a lei che se ne andava ed alla sua vela gonfia di qualche vento fra ricordo, rammarico e temporale.

 

 

Pensò a lei con amore, lo stesso che lo aveva animato quella mattina presto, o il giorno prima e tutti i giorni ch’erano passati assieme. La pensò con quello stesso amore, immenso infinito che ti fa immaginare che nulla dopo potrebbe più assomigliargli. La pensò con quell’amore immenso e proprio per questo la lascò andare, passare come sabbia fra le dita, affascinato da quelle sue movenze, persuaso dell’ineluttabile bisogno d’esser per lei sabbia e lui mano, d’essere lei libera di plasmarsi e ricoprire col suo velo leggero e caldo le forme dove il vento l’avrebbe condotta. Libera e non costretta.

 

Alzò il palmo verso il cielo un filo di sole filtrava fra i rami alti. Frappose il palmo a quei raggi invadenti e poi iniziò a giocare al vedo e non ti vedo con quel filo di luce.

-“Così viviamo – pesò – alternando luce e buio in sequenze che appaiono casuali”-  Sentì il silenzio attorno, era di nuovo solo, ma aveva vissuto. Lei lontana da lui avrebbe col tempo trovato nuova pace. Lui lontano da lei avrebbe trascorso il tempo ad immaginarla ricordandone il sorriso.

 

Così vanno le storie lungo i sentieri che s’incontrano per il cammino, così le racconta il vento quando ti fermi e lo resti ad ascoltare.

 

 
 
 
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